“Il valore educativo dell’andare in montagna” di Marco Ugolini

Annuario 2006

Non credo che chi vada per monti sia migliore di chi si dedichi ad altre attività ricreative, ma credo che colui che si diletta nei terreni di avventura offerti dalla montagna trovi in essa uno strumento che lo aiuta ad essere una persona migliore.Questo è in sintesi il pensiero che mi ha portato a scrivere le seguenti note. Poiché la natura è una ricca e potente risorsa di informazioni relative alla nostra identità personale, culturale e biologica essa gioca un ruolo significativo e di grande valore nella autodefinizione su tutti i livelli del comportamento e della personalità umana.

Partiamo allora da una domanda che noi tutti ci siamo posti, almeno una volta, o che almeno stiamo per porci proprio ora: quale è la motivazione che spinge un individuo a salire una vetta, a guardare oltre ciò che  conosce ed a scoprire nuovi orizzonti. Cosa ci attrae istintivamente verso l’alto. Perchè per alcuni di noi è necessario avventurarsi in terreni impervi, esposti, infinitamente piccoli di fronte alla maèstosità dell’ambiente montano, alle intemperie ed ai pericoli delle pareti e delle crode? Quale è il tornaconto, la gratificazione di un’attività faticosa, talvolta rischiosa e apparentemente inutile? Mi permetto di affermare che il tornaconto c’è.
Secondo Viktor E. Frankl, l’uomo ha bisogno di tensione, e soprattutto di quella tensione benefica che si stabilisce nel campo di forza polare fra sé e uno scopo che si prefigge. L’uomo al quale oggi biologicamente è richiesto troppo poco, organizza spontaneamente, artificialmente e intenzionalmente, delle necessità di genere più elevato, esigendo da sé qualcosa, privandosi e rinunciando a qualcosa. Immerso nel benessere egli si procura situazioni di bisogno; nel bel mezzo di una società dell’abbondanza egli inizia, per così dire, a costruire isole di ascesi. E tornando all’arrampicarsi: in contrapposizione all’uomo moderno che, biologicamente considerato, vive risparmiandosi, l’alpinista sceglie nella montagna la via della sofferenza e della fatica, spesso della solitudine.

È certo inoltre che le attività svolte in terreni d’avventura in generale e l’attività alpinistica ed escursionistica in particolare abbiano un valore educativo. L’uso di queste attività finalizzato alla crescita personale, a pratiche terapeutiche, educative e di sviluppo di capacità di leadership è ormai ampiamente diffuso in paesi come Stati Uniti e in diverse nazioni del Nord Europa dove sono disponibili centinaia di programmi educativi sia nel settore pubblico che privato, detti Wilderness Adventure Programs o Adventure Outdoor Education Programs. Ciò è inoltre comprovato dalla ingente letteratura prodotta in articoli di riviste scientifiche, atti di conferenze e workshoop, monografie, libri e tesi universitarie. Esiste addirittura una rivista inglese che si intitola Journal of Adventure Education and Outdoor Learning ed esiste un European Institute of Outdoor Adventure Education. La rivista, nata nel 2000, ospita articoli che trattano di argomenti quali le implicazioni educative di una spedizione artica in Groenlandia o le motivazioni reali ed apparenti nell’arrampicata. L’European Institute for Outdoor Adventure Education and Experiential Learning, fondato nel 1996, è un organizzazione non governativa che riunisce iscritti ed enti provenienti da 22 paesi.

Ritengo che in Italia, secondo un mio personale parere, le attività oggetto di insegnamento in corsi, stage, campi estivi ecc., connesse ad un terreno d’avventura in ambienti naturali ed in particolare in quello montano siano prevalentemente praticate fine a se stesse. Ad esse viene cioè riservato il fondamentale ed indiscutibilmente importante obiettivo di acquisire abilità sportive o più in generale capacità tecniche specifiche di discipline quali l’arrampicata, la progressione su roccia o su ghiaccio, l’escursionismo ecc, mentre viene trascurato o non rappresenta uno dei principali obiettivi didattici, l’aspetto che attiene più specificatamente alla crescita personale dell’individuo.

Come ben descrive Bunting Camille nel suo “Experiences in the Wilderness: Opportunities for Health”, ormai da tempo è noto il valore educativo delle varie esperienze ed attività svolte nella natura. Molte ricerche hanno ormai dimostrato i positivi esiti del contatto con l’ambiente naturale così come gli effetti benefici di molte attività che sono praticabili in un ambiente selvaggio lontano dagli stimoli e suggestioni del contesto urbano in cui si svolge la nostra vita quotidiana. Sembra che in una esperienza di avventura a contatto con la natura vi siano due aree di impatto positivo sulla nostra personalità : l’ambiente naturale stesso e le attività intraprese come sfide naturali che possono essere vissute in tale ambiente. Anche secondo Miles (1987) il terreno di avventura in ambiente naturale, offre opportunità uniche per la crescita personale, permette lo sviluppo di nuovi comportamenti virtuosi e può contribuire a sviluppare importanti aspetti della personalità quali umiltà, capacità di stupirsi, la capacità di effettuare associazioni di idee.

Dall’analisi di numerose pubblicazioni relative all’argomento indicato in epigrafe, è possibile sottolineare che vi sono almeno tre aspetti che possono essere considerati fattori benefici, sia a breve che a lungo termine, e propulsori di un processo di crescita personale, fondamentalmente correlati agli aspetti della psicologia sociale, ovvero:

* adozione e applicazione del pensiero critico;
* incremento dell’auto-efficienza e dell’auto-stima;
* incremento dell’intelligenza emotiva.

La capacità cognitiva detta pensiero critico è secondo Brookfield (1986) caratterizzata, da due elementi distintivi che sono la capacità di identificare e sfidare convinzioni consolidate e di esplorare ed immaginare vie alternative di pensiero. Questa capacità in montagna viene stimolata ed applicata ogni qual volta si sceglie una via di arrampicata o una sua variante, un passaggio piuttosto che un’altro o il punto dove piantare un singolo chiodo. Si sceglie di proseguire o di desistere. Ritengo che la differenza rispetto ad altre attività che implicano gli stessi procedimenti concettuali stia nel fatto che in montagna vi è un elevatissimo numero di variabili indipendenti dal nostro diretto controllo (condizioni meteorologiche, condizioni intrinseche della montagna e della roccia o della neve, affollamento, ecc.) e che il livello di rischio percepito è generalmente molto alto.
La capacitàdi pensare in modo critico è importantissima nella costruzione di un bagaglio conoscitivo personale e originale. Tanto più se consideriamo la trasferibilità all’ambiente domestico e della vita sociale di queste conoscenze apprese empiricamente, attraverso l’osservazione, l’esposizione a nuove e differenti situazioni e attraverso i feedback originati sia dagli altri che dalle conseguenze delle proprie scelte (Sibthorp, 2003).

Un’altro aspetto saliente del valore educativo connesso all’attività svolta su terreni d’avventura in generale e all’attività praticata in montagna in particolare è rappresentato dagli effetti positivi sull’auto-efficienza e sull’auto-stima. L’auto-efficienza è importante per la salute mentale generale di un individuo ed è correlata con la nostra convinzione di controllare il nostro modo di agire ed essere in grado di affrontare gli eventi che influenzano la nostra vita. Essa viene acquisita attraverso un procedimento cognitivo che permette di elaborare tutte le nostre esperienze passate e trasformarle in modo che possano essere utilizzate con successo per l’assolvimento di futuri compiti. Gli studi che tentano di approfondire gli aspetti della personalità correlati all’auto-efficienza ribadiscono e provano che l’efficienza individuale aumenta immediatamente dopo un esperienza di avventura. In particolare Brody, Hatfield e Spolding (1988) hanno provato esistere un aumento diretto tra auto-efficienza e attività praticate in terreni di avventura ad alto rischio, come l’alpinismo.

Un’altro aspetto intimamente correlato alle esperienze praticate in montagna riguarda lo sviluppo di quella particolare sensibilità che viene detta intelligenza emotiva. Mentre i concetti di pensiero critico e di auto-stima ci appaiono più facilmente comprensibili quello di intelligenza emotiva sembra meno semplice da afferrare. Ma che cosa è allora l’intelligenza emotiva? Secondo Reuven Bar-On l’intelligenza emotiva è un insieme ordinato di capacità non-cognitive, competenze ed abilità che influenza le possibilità di avere successo di fronte alle pressioni e richieste dell’ambiente esterno. Questo concetto è stato reso popolare nel mondo degli affari come elemento importante per una carriera di successo ed ingrediente cruciale per un lavoro di gruppo efficace.

Secondo Cavins e Thompson (2003) esiste una correlazione positiva tra un alto livello di intelligenza emotiva e una efficacie capacità di dirigere e comandare. Gli stessi studi indicano inoltre che una intelligenza emotiva ben sviluppata determinano un aumento delle prestazioni nel lavoro, successo nella carriera, capacità di relazionarsi positivamente con gli altri. Goleman nel 1998 firmò un articolo nella Harvard Busuness Review intitolato “What makes a leader” in cui sottolineò che la formula per una efficacie e  forte leadership sarebbe stata incompleta senza considerare l’intelligenza emotiva. Non è quindi sorprendente che nelle ultime decadi l’industria dell’avventura abbia avuto un imponente sviluppo e sia stata rivolta una crescente attenzione alle attività in terreni di avventura da parte di numerose istituzioni che organizzano percorsi didattici e terapeutici, programmi educativi per giovani e da parte di imprese commerciali.

Questa breve nota su un argomento di tale complessità e ampiezza ovviamente presenta tutti i limiti dell’approccio “amatoriale” e vuole essere solo un punto di partenza per stimolare riflessioni e sottolineare l’importanza di trovare spazio, tempo e risorse per approfondire le correlazioni che esistono tra le esperienze vissute in montagna e la crescita personale dell’individuo. La conclusione di questa analisi riafferma la convinzione di chi scrive circa il valore educativo delle esperienze su terreni di avventura in aree naturali. Tali attività e in particolare quelle svolte in montagna riconducono le persone ad avere fiducia in se stesse. Le trappole della civilizzazione sono lasciate indietro e solo il proprio bagaglio conoscitivo e le poche comodità che possono essere trasportate sulla schiena divengono e sono strumenti essenziali per la propria sopravvivenza così come per il divertimento. Il confronto fondamentale con la natura ci mostra che noi possiamo essere più di quello che possediamo e di quanto abbiamo bisogno di vivere esperienze in terreni di avventura per essere facilitati in tale comprensione.
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