“Grazie Romano” di Giuliano Pierallini

Maggio 2008

Da quando ci ha lasciati è passato un bel po’, forse avrei dovuto farmi vivo prima, ma io non sono capace, quando un grande amico ci abbandona, … di reazioni immediate, ho bisogno di pensarci su, di ripercorrere tutto un cammino fatto insieme, di rivivere i vari momenti in cui ci siamo incontrati, ci siamo parlati, ci siamo capiti.
Ora dialogo con te come se ti avessi di fronte, come le tante volte in cui siamo stati insieme, passato il funerale, la visita al cimitero, tutte cose che non fanno parte del mio modo di pensare e di essere, ti parlo semplicemente come si fa con un amico vero col quale non si hanno ritrosie o difficoltà di sorta. Noi tutti siamo destinati ad un’apparizione più o meno lunga su questo palcoscenico che è la vita, e così come, di noi, non v’è traccia prima, così, questa è la mia idea, non rimarrà traccia poi, salvo il ricordo che seguiterà a vivere per qualche tempo in chi ci ha conosciuti, un ricordo che sarà più o meno profondo a seconda di quello che avremo saputo seminare nel breve arco che avremo avuto modo di percorrere. Caro Romano, ti confesso che ti devo tantissimo e non parlo solo della montagna che ci ha fatti incontrare, ma di tutte quelle doti che, frequentandoti, ho scoperto tu possedevi ed eri capace di mettere a disposizione di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerti per non più dimenticarti.
Caro Romano, quando uscivamo insieme per accompagnare un gruppo, ed è successo tante volte perché io ti venivo a cercare e tu non ti sei mai negato, ti ho invidiato quella facilità che avevi di rapportarti con le persone di tutte le età, di incantarle in maniera suadente e garbata, di modo che l’escursione, in una qualsiasi località, finiva con l’essere l’escursione di Romano ed il ricordo rimaneva fissato ai tuoi interventi che coglievano sempre nel segno.
A noi tutti, Accompagnatori di Alpinismo Giovanile, coi ragazzi che portavamo in gita, capitava spesso di avere qualche problema di relazione, di mancata attenzione, di indisciplina da dover, in qualche modo, sanzionare; quella che per noi rappresentava talvolta un’occasione frustrante, per te era un momento nel quale davi il meglio di te stesso.
Iniziavi a parlare con la tua voce bassa e pacata ed immediatamente si faceva silenzio, l’attenzione si focalizzava rapidamente su quanto andavi dicendo e più parlavi più l’interesse cresceva, non c’era bisogno di alcun intervento perché sapevi dare a ciascuno quello che più richiedeva, senza che si notasse stanchezza alcuna.
Caro Romano, sono contento che la montagna, per qualche tempo, ci abbia accumunati, ho scoperto come, per entrambi, rappresentasse tantissimo, ho capito grazie al tuo esempio, quanto importante fosse il rapporto con il gruppo, quale fosse la forza della solidarietà, il vincolo dell’amicizia, la buona parola offerta nel momento giusto. Penso che le persone come te, Romano, sempre più rare, abbiano fatto grande il CAI, siano state quelle che abbiano lasciato veramente un segno consono agli ideali della nostra Associazione.
Penso anche che la Sottosezione di Pontassieve, alla quale sono approdato nel lontano 1992, transfuga da Firenze, ti debba tutto, in primis la propria esistenza; ci hai lasciato un’eredità pesante che io, ricevutala dalle tue mani, ho cercato di portare avanti come meglio potevo, rendendomi conto che mai avrei potuto eguagliarti. Hai lasciato in tutti quelli che ti hanno conosciuto un grande vuoto perché nessuno, come te, era un punto di riferimento certo, un amico dal quale ci si poteva sempre aspettare una parola buona, un personaggio di grandissima umanità.
Ti ricordo con grandissima commozione, spero che la Sottosezione vada avanti nel tuo segno, quanto ci hai lasciato ci stimola ad impegnarci per far sì che il tuo esempio non vada dimenticato.
Grazie Romano, grazie di tutto, grazie di vero cuore.

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