“La discesa è in tavola” di Sergio Cecchi

Annuario 2007

Ci sono due leggende sulle origini della tavola da snowboard, probabilmente vere tutte e due. Una dice che negli anni ‘20 alcuni californiani … che d’estate facevano surf sulle onde dell’oceano e nelle altre stagioni facevano skateboard in città, d’inverno portarono i loro attrezzi a scivolare sulle nevi della Sierra Nevada.  L’altra è che nel 1963, nel Michigan, il signor Sherman Popper, per divertire i suoi figli, unì due sci, per inventare una cosa che chiamò «snurfer» ma subito si accorse che i bambini avevano la tendenza a scendere mettendosi per traverso; praticamente perfezionò la tavola e vi aggiunse una cordicella per l’equilibrio dei suoi bambini sulla neve. L’industria se ne accorse e iniziò la produzione.  Nella vecchia Francia, negli anni ’70 alcuni sciatori estremi usavano il «monoski» per discese in neve polverosa sulle Alpi, ma rivolti in avanti e con i bastoncini. Gli snowboard non erano per niente diffusi sulle Dolomiti e in Appennino fino agli anni ’90, solo in certe località piemontesi, come Bardonecchia e la Val di Susa. Eppure, già nel 1985 San Sicario ospitava le prime gare. Nel 1993 nasce il primo campionato mondiale di snowboard, a Ischgl; dal 1998, a Nagano, la disciplina diventa addirittura olimpica.

All’inizio, noi sciatori, discesisti tradizionali, abbiamo provato un certo fastidio, va detto sinceramente, al punto da desiderare che ci fossero piste separate per noi e per loro. Poi li abbiamo trovati anche fuori pista, anzi, alcuni versanti di neve fresca erano solcati quasi esclusivamente da tracce di tavole; infatti, lo snowboard si prestava bene all’uso in neve fresca, l’attrezzo era più corto e maneggevole degli sci lunghi che usavamo fino al 1998 – 99, si poteva fare «inversione» sul ripido senza problemi, era facile assaporare il senso di libertà di scendere lontano dagli itinerari battuti. Qui il problema era un altro: il rispetto dell’ambiente, la conoscenza dei rischi, l’orientamento in caso di nebbia, la prevenzione delle valanghe, l’auto-soccorso, eccetera. Dubbio sempre attuale: l’attrezzo è facile ma i ragazzi sono un minimo istruiti sui pericoli in ambiente montano? Ma andiamo avanti: voglio trascurare la parte estetica che vorrebbe i boardisti con giacconi larghi e copricapi strani, oppure la leggenda che siano più … “goderecci” degli sciatori, perché mi sembrano argomenti troppo futili. Seriamente, è vero che lo sci alpino si presta maggiormente a fare lunghe discese, percorsi da una vallata all’altra, mentre lo snowboard è più adatto a fare salti e acrobazie varie sul breve.

I due principali disturbi di cui erano accusati i boardisti era che i principianti scendevano “di traverso” in direzione perpendicolare alla pendenza, grattando la neve e rendendo sempre più dure le piste; inoltre che spesso si fermavano in mezzo, seduti nella neve. Molto bella era invece la «surfata» di quelli che avevano già imparato, una sequenza di curve a ampio raggio con rapidi spostamenti del peso. Un altro problema è la cosiddetta “zona d’ombra” che noi sciatori non abbiamo, in quanto andiamo sempre rivolti in avanti o comunque verso valle. Cerco di spiegare: lo snowboard, essendo condotto per traverso, comporta obbligatoriamente che delle due virate (verso destra e verso sinistra) una ha buona visibilità e l’altra no; la persona deve guardarsi sopra la spalla per vedere dove sta andando. Non è un angolo cieco vero e proprio, ma certo un attimo in cui la visibilità non è ottimale. Dagli anni 1999 – 2000 anche noi sciatori, i “pistaioli” prima e gli scialpinisti dopo, abbiamo avuto a disposizione lo sci «carving», uno strumento che consente l’ideale sovrapposizione dei due opposti, l’acrobazia dello snowboard e la vocazione velocistica dello sci. In seguito, il problema della convivenza è sembrato essere meno drammatico di prima. In molte località ci sono gli «snow-park» dove fare le acrobazie, la legge 363 impone di non fermarsi nel mezzo delle piste, non si usano più le tavole “hard” che – per intendersi – erano quelle dure, veloci, poco sciancrate, difficili da girare.  Lo Sci-CAI, da 5 anni, ha aperto il corso di sci ai principianti dello snowboard, con la collaborazione della Scuola Freestyle che ha i maestri; anche il CAI a livello nazionale si è aperto alle nuove tecniche, con corsi di SBA (che vuol dire SnowBoard – Alpinismo) perché bisogna essere vicini alle nuove generazioni.

Ai nostri corsi, abbiamo sperimentato che vogliono imparare lo snowboard sia ragazzi/e che sapevano già sciare, desiderosi di sperimentare, sia persone che non avevano mai calcato la neve, con risultati diversi. Gli ex-sciatori imparano alla svelta il nuovo equilibrio che la tavola richiede, mentre i novellini degli sport invernali hanno un po’ più di difficoltà, ma in ogni modo l’apprendimento è veloce anche per loro e dopo poche giornate sono in grado di levarsi delle soddisfazioni. Vorrei terminare queste brevi osservazioni con una nota di fiducia: la convivenza è possibile, addirittura io ritengo che sia un arricchimento reciproco senza false rivalità. Quello che conta è la consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti; l’incoscienza o la mancanza di attenzione non dipendono da cosa si ha sotto gli scarponi, ma dentro la testa.

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