“Quadri di un’esposizione, la montagna in musica” di Giuliano Pierallini

Annuario 2007

Non deve stupire che mare e montagna siano i due ambienti naturali che più abbiano suggestionato la fantasia e stimolato l’estro dei compositori  …
.. parlo di quelli di musica classica anche se, nel corso della citazione verrà spontaneo riferire di espressioni tradizionali e canti alpini popolari che  nulla hanno da invidiare alla musica cosiddetta “colta”, una separazione che, a mio avviso, ha perso gran parte della sua valenza.

Io penso che esista la musica buona e quella inutile, o meglio quella che piace e quella che non suscita alcuna emozione, ognuno è libero di ritagliarsi il proprio angolo e godere di quello che risulti essere il più affine alla propria sensibilità.
Tanto per mettere un punto fermo e stabilire un inizio, sarei propenso a datare le prime espressioni musicali, riferibili all’ambiente montano, intorno al XVI/XVII sec. e più precisamente  nelle suggestive melodie prodotte dall’Alphorn (il lungo corno di legno, sino a quattro metri, con il quale pastori e valligiani lanciavano semplici richiami alpestri), le prime composizioni non scritte risonanti, fra densi echi, nelle ampie vallate.

(da www.kulturserver-bayern.com)

Altra manifestazione popolare assai antica è lo jodel, una tipica espressione canora, particolarmente praticata dalle popolazioni di lingua tedesca, ancora oggi in voga, nelle feste e nelle sagre paesane, accompagnando il ritmato batter dei piedi sul tavolato. Nel ‘700 e più ancora nell’800 si afferma il Lied, la poesia in musica, composizione classica, in genere per voce maschile o femminile ed accompagnamento di pianoforte; il genere ha un gradimento esplosivo ed in breve la letteratura diviene assai ponderosa, poeti, uomini di lettere e musicisti si trovano riuniti in una produzione che trova, ben presto, nel mondo alpestre, stimoli di grande suggestione espressiva. Tanto per fare qualche nome, fra i “parolieri” citerei Goethe, Schlegel, Scribe, Kerner, Lenau; mentre fra i musicisti non c’è che l’imbarazzo delle scelta: R. Strauss, Mahler, Dvorak, Schoeck (autore di oltre quattrocento brani), Schubert, come si vede il gotha dell’armonia risulta ben rappresentato insieme a tanti altri; l’ambiente montano suggerisce sovente momenti di grande delicatezza o di intensa partecipazione sottolineati dal lirismo del verso e dall’impareggiabile suggestione sonora cui la voce, il più perfetto degli strumenti, da intensa passione. Ma qualcosa di più impetuoso ruggiva nei petti investiti dall’ondata travolgente di Romanticismo, neppure Beethoven, così allergico ai richiami della “moda” ne rimase esente; la sua sinfonia Pastorale, più che alla montagna è un’ode alla natura, ma è talmente pregna di richiami agresti che mi risulta impossibile non citarla, anche perché l’Autore, nelle sue passeggiate solitarie, alzava sovente gli occhi ed accarezzava con lo sguardo quei monti che non avrebbe mai calcato, che però erano profondamente impressi nel suo cuore visionario. Direi che Mendelssohn fu il primo vero “montanaro” che scrisse della montagna, in particolare nelle sinfonie giovanili per archi, accennando richiami forse uditi e poi ben radicati, nel corso dei numerosi viaggi in Svizzera, ed in quel coro maschile op. 59 nel quale si celebra la Valle della Quiete, un desiderio agognato forse mai realizzato.

Berlioz, nel suo Aroldo in Italia, tratteggia in più episodi il protagonista byroniano che compie un viaggio in Abruzzo, lo vediamo in azione tra le montagne, al tempo praticamente sconosciute, poi lo vediamo incrociare una colonna di Pellegrini, probabilmente in marcia verso qualche Santuario, quindi assiste ad una “Serenata di un montanaro abruzzese alla sua innamorata”; avventura, misticismo, tradizione, le componenti del più genuino Romanticismo ci son tutte ed il maestro francese, con la sua tavolozza di suoni rutilanti, ne è indubbiamente uno dei profeti.

Richard Strauss (www.gaffurio.it)

Ancora Byron, con il Manfred, offre a Cajko-vskij l’ispirazione per un poema sinfonico che, nei suoi quadri, è un continuo richiamo all’atmosfera montana; il musicista russo, memore anch’esso dei trascorsi svizzeri, all’epoca tanto di moda, disegna un percorso didascalico che trova puntuale riferimento nei titoli della partitura: “Vagabondaggio inquieto nella Alpi, vita semplice, libera e pacifica dei montanari, Manfred e la fata delle Alpi”, un racconto che, arricchito da grande saggezza orchestrale, richiama seducentemente, motivi alpini.

L’800, il secolo dei grandi amori e delle grandi passioni, è stato indubbiamente quello che, al connubio musica montagna, ha portato tormentosamente il maggior contributo; i quadri forti, la libertà degli spazi, i silenzi e le tempeste selvagge, le albe gelide ed i tramonti folgoranti, il sole cocente e la soffice, candida neve, i furiosi torrenti e lo scorrere dolce dei rivi, la violenza delle valanghe: questi gli ingredienti principali e l’uomo, lanciato alla scoperta di nuovi scenari e temerarie avventure, ne risulta attratto come non mai.
E così Liszt, uno dei geni della musica descrittiva, in particolare nei brani pianistici, ove la sua traccia resta fondamentale, più che in quelli sinfonici, porta anch’egli il proprio contributo; nel primo degli Annèes de Pèlerinage “Suisse”, come si vede la Svizzera è veramente la musa ispiratrice, ci offre tutta una serie di immagini delicate, all’interno delle quali, l’espressività del pianoforte, utilizzato da una mano talentuosa, scava come un bulino sino a formare modelli talvolta più incantevoli di quelli reali. Il musicista è un escursionista attento, non un camminatore frettoloso, si ferma, ascolta, contempla, schizza, annota e poi, seduto alla tastiera del suo magico strumento, di sette note fa una tavolozza caleidoscopica dalla quale emergono a sbalzo laghi, gole, brillar di pleniluni, gorgogliar d’acque, attoniti silenzi; mai nessuno era arrivato a tanto.

Il belga Franck nel 1846 scrisse “Ce qu’on entend sur la montagne”, poema sinfonico poco noto e poco eseguito ma importante ai fini della nostra indagine perché l’Autore si pone nei panni di uno di noi che viva, con la sua sensibilità, la sua giornata negli spazi montani, cercando di riportarne sensazioni non superficiali; dello stesso musicista ricordiamo il superbo Oratorio Les Bèatitudes che ha per filo conduttore “Il discorso della Montagna” a conferma che, altitudine e Divinità, coesistono da sempre nell’immaginario collettivo.

I tedeschi Brahms e Wagner e gli austriaci Bruckner e Mahler formano un blocco che trae grandi ispirazioni dall’ambiente naturale in generale, con preziosi accenti per quanto attiene le meraviglie montane, do solo alcuni esempi: per Brahms si pensi al Trio op. 40 ove il corno gioca un ruolo d’eccellenza, per Wagner al Mormorio della Foresta, inutile aggiungere di più, per Bruckner ai Trii della Quinta e dell’Ottava sinfonia, per Mahler, appassionato frequentatore di montagna, famosi i suoi soggiorni a Dobbiaco, valga quella summa espressiva che è la monumentale Terza sinfonia, una grande epopea dell’ambiente che più aveva suggestionato il musicista.

Vincent D’Indy scrisse nel 1905 un grande lavoro in tre tempi intitolato “Jour d’etè a la montagne”, una composizione di tipo impressionista che prende a prestito, come spesso avviene nei lavori a programma, temi popolari; il fatto che Debussy, nello stesso anno, terminasse il celeberrimo Poema sinfonico “La mer”, lascia attoniti; notavamo all’inizio come mare e montagna appaiano ambienti d’elezione, in questo caso ne abbiamo una prodigiosa conferma. Eine Alpen sinfonie op. 64 di Richard Strauss, il più sublime Poema sinfonico dedicato alla montagna, chiude questa necessariamente concisa rassegna che si propone di suscitare un certo interesse nelle persone che della montagna hanno fatto la passione di una vita, forse tralasciando questo particolare genere che potremmo anche riprendere, con serate d’ascolto, in Sezione. La sinfonia delle Alpi è, come la Divina Commedia, espressione massima del suo genere, sia da un punto di vista espressivo, sia per la capacità tecnica di rendere udibili le sensazioni che l’Autore racchiude nella mente e nel cuore. Poco apprezzata dalla critica chic e stranamente snobbata dallo stesso Strauss, la composizione realizza invece, a mio parere, tutto quanto si prefigge al massimo grado; dalle montagne hanno tratto impressioni i pittori, gli scrittori, i poeti, questa è la risposta che la musica consegna alla sensibilità umana. Pur non mancando i momenti di prezioso intimismo, sono, come mi pare ovvio, i grandi scenari a prevalere e, fra tutti, quel temporale che richiama accenti biblici di inaudita violenza, l’autentico scatenarsi della natura, come ben conosce chi abbia vissuto, sperando al riparo, la virulenza degli elementi e contemporaneamente lo stridore del vento che si espande nei solchi vallivi.

Se omaggio alla montagna doveva essere non c’è che da inchinarsi e concludere che, di più, proprio non si poteva fare, il connubio geniale ispirazione-tecnica ha prodotto il miracolo. Vorrei concludere questo scarno intervento con un accenno alla fondamentale presenza, nel panorama indicato, dei Cori Alpini, e non, che cantano la Montagna nelle forme più varie, con grande passione emotiva, raccogliendo ovunque reale coinvolgimento, nobilitando la musica popolare sino a raggiungere livelli espressivi travolgenti testimoniati da gioia ed affetto che accompagnano sempre le esibizioni di ogni livello; i canti di montagna sono divenuti ormai un patrimonio comune per i Soci del Club Alpino, certamente rappresentano qualcosa di più di visceralmente sentito.

E non posso chiudere che rivolgendo un sincero omaggio al nostro Coro sezionale, a La Martinella che, da oltre trent’anni, ci ha accompagnato nei momenti più sentiti riuscendo ad imporsi in ogni manifestazione ed a farsi apprezzare ovunque. Un sentito ringraziamento ai vari Maestri, a tutti i Coristi ed un’umile richiesta: ragazzi non cessate di amare le montagne, quello è il vostro pane, da quelle traete ispirazione, quelle sono le vostre origini, cantate come sapete e potrete sempre contare sulla nostra affettuosa presenza. Per chi volesse saperne di più consiglio un delizioso volumetto scritto da Andrea Gherzi, intitolato La Musica delle Montagne, nella collezione I Tascabili della CDA (Centro Documentazione Alpina), vol. 5°.

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