“Quella voglia di volare che ti cambia la vita” di Stefano Rinaldelli (Capo della Stazione Falterona)

Annuario 2007

E’ sempre cosi, ti stai per mettere a tavola e il telefono suona, quello blu, quello del soccorso… e mio figlio Matteo, come sempre, dice: “eccoci!” Un disperso … 0ramai una frase abituale in casa mia.  “Dove?” mi domandano. “Reggello” – dico io. Un parapendio che non è rientrato. Poi, come al solito, mando un moccolo quando mi dicono l’ora della scomparsa, le 16 circa! Ora sono quasi le 20. Ma, dico io, ma non capiranno mai! Parlo di certi organi istituzionali e degli amici dello scomparso, perchè anche pochi minuti vogliono dire la vita e la morte, anche fra le colline ad est di Firenze. Ma questa volta la volontà di una persona sarà più forte del tempo. E questa è la storia…

I Carabinieri mettono in moto la macchina dei soccorsi e come sempre, anche se siamo pochi a coprire un territorio molto vasto, siamo fra i primi ad arrivare ed a prendere in mano la situazione. Il territorio è molto impervio, parlo della zona del Saltino Vallombrosa, per chi non conosce bene il territorio. Si capisce subito che l’unica possibilità di ricerca sono gli elicotteri, e dopo aver fatto un programma di volo il primo ad alzarsi è il Robinson, del podere Pilano, con alla guida un nostro volontario. Segue l’elicottero dei VV.FF e in seguito l’elicottero dell’antincendio della Regione Toscana.

Le condizioni meteo non sono buone a causa del forte vento, causa della sparizione del parapendio, il giorno prima. Giovedì, per di più. Una cappa di nebbia impedisce di perlustrare il crinale sopra i mille metri. E passa il venerdì, con  l’alternanza di falsi avvistamenti e i progetti di delimitare le zone di un eventuale caduta. Ma della vela bianca e rossa di Antonio nessuna traccia.

Sabato ore 5, si ricomincia con le stesse condizioni meteo, con più gente da gestire in maniera molto attenta per il terreno molto impervio. Continua la danza degli elicotteri che si alternano durante tutto il giorno… ma alla sera il risultato è sempre negativo. Domenica mattina: oggi sono rimasto a casa passando il comando delle operazioni a Giuseppe e Massimo, ma sono pronto ad intervenire in elicottero con il medico Giovanni, pronto anche lui con lo zaino in macchina. La giornata è bellissima, la nebbia – mi dicono – è scomparsa ed, infatti, poco dopo che l’elicottero della Regione si è alzato in volo, scorge la vela. Rientra alla base e carica due volontari del Soccorso scaricandoli il più vicino possibile al punto del caduto. Tutti pensiamo di dover recuperare un codice quattro, ma appena arrivano sul luogo Antonio, come per miracolo, risponde ai soccorritori. La situazione non è rosea, lui è attaccato a circa 15 metri dal suolo e la cosa più brutta … è a testa in giù.

Suona il cellulare, mi dicono di intervenire. Dopo circa 30 minuti arriva l’elicottero che carica me e Giovanni, il medico. Un’altra mezzora di volo e ci verricellano a circa dieci metri dal caduto. La situazione è un pò scappata di mano a tutti, perchè in un’ora sono riusciti a far arrivare solo delle scale corte che non arrivano fino ad Antonio che continua a rimanere a testa in giù. In certi momenti non c’è tempo di pensare, bisogna agire e, come dicevo all’inizio, pochi minuti possono fare la differenza. Viene montata la scala, salgo su fino a nove metri e la assicuro all’albero che in quel punto ha un diametro di circa 25 cm. Poi, assicurato da terra, comincio a scalare l’albero in artificiale. Per chi, come me, ha passato tante domeniche in Faentina a fare staffe, salire su un faggio è un gioco da ragazzi! Raggiungo Antonio e mi rendo conto che è attaccato solo con una fettuccia di 2 cm. Cerco di tranquillizzarlo, dicendogli che lo calerò da lì, il prima possibile. Taglio con le forbici la sacca del paracadute d’emergenza, non è facile raccapezzarsi in mezzo a tutti quei cordini che penzolano. Salgo sopra di lui un metro e faccio una sosta veloce dove con un moschettone vi rimando la corda di servizio che mi avevo portato con me. Passo il triangolo di evacuazione ad Antonio e dico da terra di tirare. A quel punto, quando la posizione di Antonio assume un miglior baricentro, taglio, anche se con un pò di apprensione, la fettuccia.

Lo faccio calare a terra il più in fretta possibile, il resto è un gioco da ragazzi. Giovanni si prende in carico il ferito e lo stabilizza per poter poi essere vericellato. Cosi avviene, prima io, poi Giovanni insieme ad Antonio in barella, veniamo tirati a bordo dell’elicottero, e da lì, al rendez-vous con l’altro elicottero del 118 che porterà Antonio in ospedale. Antonio se l’è cavata, anche se ha avuto una lunga degenza in ospedale. L’operazione di recupero, dal momento che siamo stati verricellati al passaggio di Antonio all’elicottero del 118, è durata circa un ora. Ribadisco ancora il concetto che è sempre meglio avvisare il Soccorso Alpino il più in fretta possibile, per aver modo di pianificare le operazioni e avere dei volontari professionalmente in grado di gestire un’operazione di soccorso e avere più  chance fra la vita e la morte di una persona.

Nel caso di Antonio la grande volontà e il fisico hanno fatto sì che si compiesse il miracolo. Ringrazio tutti i volontari della stazione Monte Falterona del Soccorso Alpino per la loro, sempre presente, disponibilità e professionalità.

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