Zaino in spalla di Sergio Cecchi

Gennaio 2012

In gennaio, 2 uscite a distanza di cinque giorni; questa estate, mentre si preparava il programma 2012, noi del gruppo sci-CAI avevamo deciso di correre questo rischio.

La prima in rifugio, classica, con le auto, “Epifania sulla neve” dal 5 a domenica 8. La seconda, in pullman con pernottamento in albergo a Tarvisio, in 4 comprensori diversi: Sella Nevea, Bovec (Slovenia), Villach – Klagenfurt (Austria) e per finire Tarvisio; una specie di «gita delle 3 nazioni»; questa da venerdì 13 a lunedì 16. Naturalmente, Daniela avrebbe fatto l’accompagnatore alla seconda ed io alla prima, senza contare che la domenica 22 iniziava il corso di sci al Corno alle Scale.

C’era effettivamente il timore che una delle due uscite potesse «cannibalizzare» l’altra, giacché non si poteva pensare che i nostri amici più assidui potessero essere presenti a entrambe; e, infatti, abbiamo avuto una quindicina d’iscritti ciascuna, mentre l’anno scorso a Innsbruck eravamo quasi quaranta. Certo, il luogo aveva un fascino diverso e in più avevamo saltato l’Epifania in rifugio per fare la gita promozionale «nonni e nipoti». In realtà, non è possibile rinunciare ad andare a sciare insieme per l’Epifania, avendo come base un rifugio situato direttamente sulla neve, e questo a partire dai tempi del glorioso rifugio Firenze per continuare con il Gabiet, il Cai-Uget, il Lagazuoi, il Teodulo … e non vorrei dimenticarne qualcuno!

Fin dai tempi della Val Gardena, quando l’accompagnatore era il precedente leader dello sci-CAI, Giancarlo Dolfi, il mio maestro, hanno sempre partecipato alcuni istruttori di sci-alpinismo per fare con noi la prima uscita dell’inverno, anche perché spesso per il ponte dell’otto dicembre ancora non c’è neve; con grande vantaggio per noi perché, oltre a essere persone squisite, ci possono sempre dare degli utili insegnamenti. Recentemente abbiamo avuto con noi Aldo, Franco, Arrigo e altri del consiglio direttivo. Quest’anno sono venuti Alfio, per me come un secondo fratello, Carlo e la moglie Franca, alcune nuove socie e tre amici del Valdarno oltre ai nostri «aficionados» come Silvia, Marco, Richard, Tommaso … e qui mi fermo per non fare l’elenco della spesa. I nostri amici ricorderanno l’Epifania del 2010, quando, all’ora del rientro al rifugio del Teodulo in alta Valtournanche, ci furono varie disavventure — in pratica, tutti i pomeriggi ci eravamo scontrati con l’orario del rientro — fortunatamente risolte, una volta con l’intervento delle motoslitte svizzere; il fatto è che, con il rifugio in posizione così elevata e con l’orario degli impianti così ristretto, dalle 13 in poi bisogna tenere d’occhio l’orologio. Il primo giorno successe che verso le tre andammo a prendere gli zaini alle auto e successe il pasticcio: gli ultimi quattro a salire, fra cui io che ero il capo-gita, arrivarono alle 15,59 all’ultimo impianto che chiudeva alle 16, persero l’attimo fuggente e restarono bloccati a Plan Maison. Litigammo con tutti, telefonammo al rifugio, chiedemmo pietà ai conducenti delle motoslitte e dei «gatti delle nevi» … ma non ci fu niente da fare, fu necessario trovare una sistemazione per la notte. In conclusione dell’uscita, al momento della partenza, due delle nostre auto non si misero in moto a causa del gasolio «congelato» dopo tre notti all’aperto a 15 gradi sotto zero.

Bene, il titolo di questo pezzo potrebbe essere «quest’anno non è successo nessun casino». La base delle nostre escursioni era il rifugio «Giorgio Graffer», nelle Dolomiti di Brenta subito sotto il passo del Grostè, a monte di Madonna di Campiglio e di tutti i suoi comprensori: Grostè/Spinale, Pradalago/Cinque laghi, Pinzolo/Doss dei Sabion, Folgarida/Marilleva, ben collegati far di loro. Tutti da noi visitati, almeno in parte, sempre andando a cercare le piste nere e spesso trovandole chiuse per carenza di innevamento; alla fine, l’unica zona che non abbiamo scalfito con le nostre lamine sono stati i campi-scuola di Carlo Magno; tutti i pomeriggi siamo riusciti a regolarsi per il ritorno e non abbiamo mai perso l’ultima corsa dell’ovovia che partiva da “Fortini” alle 16,10, ma questo l’ho già detto.

Il rifugio Graffer è della SAT e il gestore è un famoso alpinista, Roberto Manni, guida alpina che ha al suo attivo almeno 6 «ottomila» himalayani oltre ad alcune spedizioni in Sud America. Il personale del rifugio è efficientissimo e il soggiorno qui è parecchio confortevole. Insomma, siamo stati bene e il gestore ci ha anche offerto il brindisi dell’ultimasera. Anche come compagnia, siamo stati bene insieme, senza quei piccoli screzi che di solito accompagnano le convivenze. Inoltre, quasi ogni sera, al rifugio si festeggiava un compleanno: gruppi che salivano prima della chiusura degli impianti e scendevano a valle dopo la cena, con le pile frontali, sciando accompagnati dal gestore in moto-slitta. La zona è uno spettacolo di panorami, sufficiente dire che dietro di noi c’erano la Cima Brenta, la bocchetta di Tuckett e la Cima Tosa e che di fronte avevamo l’Adamello e la Presa nella; più oltre, il gruppo Ortles/Cevedale. È stato anche possibile, per chi si era portato le pelli di foca, organizzare un paio di salite in zona.

Ci alzavamo presto per scendere dal Grostè sulla pista «vergine» prima dell’arrivo degli altri sciatori che salivano con gli impianti. La neve non era particolarmente abbondante ma giusta dappertutto e una notte ha fatto un po’ di bufera, cosa che ci ha regalato una decina di cm. di neve fresca su cui divertirsi il giorno dopo. Alla fine di quest’uscita, non dimenticheremo, oltre alle belle discese, lo spezzatino con polenta, le grappe del rifugio, la luna piena che sorgeva alle 5 del pomeriggio, l’aurora del 7 gennaio con le nuvole rosa, il piacere di stare insieme anche fra persone che si sono conosciute il 5 mattina.

 

 

 

Condividi questo articolo attraverso i tuoi canali social!

Lascia un commento