S.V.T – Dott.ssa Alessandra Camilli

Annuario 2012 – Supporto Vitale di base al Traumatizzato

foto C. Barbolini

L’obiettivo dell’S.V.T. è la riduzione della mortalità e degli esiti invalidanti nel politrauma. L’evento traumatico rappresenta in generale la prima causa di morte in soggetti di età inferiore ai 40 anni e spesso, purtroppo, lascia esiti più o meno invalidanti. Nel soccorrere un soggetto traumatizzato dobbiamo riconoscere e trattare i ‘danni primari’ (cioè quelli legati al trauma) ed impedire che si instaurino i ‘danni secondari’ quali ipossia, ipercapnia, ipotermia, ipotensione-shock secondario ad emorragie, lesioni dovute a scorrette manovre di mobilizzazione del ferito, ecc., che si aggiungono e peggiorano i primi. La mortalità dopo un evento traumatico mostra un andamento in tre fasi, abbiamo cioè 3 picchi di incidenza:

– il primo picco è rappresentato dalle MORTI IMMEDIATE. Da solo raccoglie il 50% di tutte le morti, si realizza entro pochi secondi o minuti ed è la conseguenza di lesioni gravissime a carico del sistema nervoso centrale (a livello di testa, collo, rachide) e/o del sistema circolatorio (cuore e grossi vasi). Sono quelle morti NON EVITABILI. Unica possibilità di agire su questa percentuale è pertanto la ‘prevenzione’ dell’evento traumatico, quando ciò sia possibile.

– il secondo picco è rappresentato dalle MORTI PRECOCI. Corrisponde al 30% circa dei decessi, e si realizza nelle prime ore successive all’evento traumatico. I soggetti, pur presentando lesioni non immediatamente incompatibili con la vita (ad esempio: ematomi intracranici, rottura di organi interni, gravi problemi respiratori, fratture scheletriche con copiose emorragie- una frattura di femore può comportare una perdita ematica anche di 1-1,5 litri….) vanno incontro a morte per un trattamento non adeguato. Sono quindi MORTI EVITABILI. La sopravvivenza è legata alla rapida stabilizzazione dei parametri vitali del paziente, quindi ad un trattamento qualificato, ma soprattutto tempestivo. La prima ora dall’incidente è in questo senso, quella più importante (GOLDEN HOUR): infatti i trattamenti effettuati nei primi 60 minuti sono quelli che incidono in modo più rilevante sia sulla riduzione della mortalità che sugli eventuali esiti invalidanti.

– il terzo picco è rappresentato dalle MORTI TARDIVE. Copre il rimanente 20 % dei decessi e si realizza a distanza di giorni o di settimane dall’evento traumatico come conseguenza di complicanze infettive o di una insufficienza d’organo pluriviscerale (M.O.F.).

Il soccorso pre-ospedaliero quindi è quello che agisce sul secondo picco ed è quello che può evitare la morte di circa 1/3 dei traumatizzati. Il fattore ‘tempo’ è fondamentale, ma anche la capacità del soccorritore di attuare adeguate manovre di immobilizzazione al fine di poter garantire un corretto spostamento del ferito. Un errore in questa fase, infatti, può provocare ulteriori elementi lesivi che vengono ad aggiungersi a quelli già presenti nel paziente stesso, diventando causa di morte o di invalidità.

foto C. Barbolini

Nella ‘catena della sopravvivenza’ al trauma, si prevedono quattro punti:

1) attivazione della centrale operativa del 118;

2) – a) valutazione della scena dell’incidente – b) “triage”, quando vi siano più feriti (cioè scelta della priorità di trattamento) – c) trattamento sul posto (mantenimento funzioni vitali e immobilizzazione);

3) trasporto verso un adeguato ospedale di destinazione;

4) trattamento ospedaliero.

La valutazione dello scenario dell’incidente:

Il primo compito del soccorritore è quello di valutare attentamente il luogo dell’incidente prima di intervenire e di compiere qualunque manovra, sia per non esporre se stesso che altri, eventualmente presenti, a rischi di qualunque genere. L’avvicinamento al ferito dovrà realizzarsi solamente dopo un’accurata (ma rapida) valutazione di tutti i rischi, escludendo con ragionevole certezza, la presenza di pericolo per i soccorritori. Neppure la necessità di un intervento rapido per evitare al traumatizzato il peggioramento delle sue condizioni, autorizza il soccorritore a mettere in pericolo la propria vita o quella degli astanti.

Il primo soccorritore può trovarsi ad affrontare vari problemi che richiedono capacità decisionale rapida e sicura: il luogo dell’intervento non è agevole o addirittura è pericoloso (massi in caduta, per es.); il paziente non è collaborante (perdita di coscienza) oppure è agitato, fino a offrire resistenza al soccorso; sono presenti più feriti, anche con lesioni diverse per tipologia e gravità; vi sono stanti emotivamente coinvolti e/o di intralcio.

La valutazione della dinamica dell’incidente:

Successivamente sarà utile, quando possibile, una attenta valutazione della dinamica dell’incidente in quanto questa può fornire importanti elementi orientativi riguardo il tipo e la gravità delle lesioni subite dal/i ferito/i. Inoltre anche quando la vittima è apparentemente incolume, una valutazione della dinamica dell’evento può orientare sulla reale energia traumatica entrata in gioco e quindi sui possibili danni presenti. Ad esempio una caduta da un’altezza superiore ai 5 metri e/o un impatto ad alta velocità, è da considerarsi un trauma cosiddetto “a dinamica maggiore”.

La vittima di un trauma a dinamica maggiore è da considerarsi SEMPRE un politraumatizzato anche quando non si rilevino palesi ferite esterne. Come tale dovrà essere ospedalizzato per gli accertamenti e le cure del caso. (NB: si definisce “politraumatizzato” il soggetto che ha subito due o più lesioni a carico di organi vitali).

Valutazione rapida: il triage

Quando vi siano coinvolte più persone in un incidente, il soccorritore dovrà anche provvedere ad un ‘triage’ ossia ad una valutazione della priorità di intervento e all’assegnazione di un ‘colore’(rosso, giallo, verde). Utile l’acronimo C.E.S.I.R.A.= Coscienza, Emorragia, Shock, Insufficienza respiratoria, Rotture (fratture) ossee, altro.

La vittima è cosciente? Se sì, si tratta di un codice rosso. Ha un’emorragia? Se sì, rosso. E’ in stato di shock? Se sì, rosso. Ha segni d’insufficienza respiratoria? Se sì, rosso. Ha rotture ossee evidenti? Se sì, giallo. Altri problemi o patologie? Se sì, giallo. Questa valutazione dovrà essere eseguita in modo rapido, al fine di identificare situazioni d’immediato pericolo di vita per la vittima. Quando vi sia una sproporzione tra le risorse presenti e immediatamente disponibili e il numero dei pazienti coinvolti, spetta al soccorritore decidere in che ordine, questi saranno soccorsi. Una volta stabilita la gravità e attribuito il colore, le vittime andranno soccorse in modo progressivo, dalla più grave alla meno grave (rosso —>giallo).

Valutazione primaria:

Può essere eseguita anche da personale non medico. Il compito di questa fase del soccorso extraospedaliero è quello di evitare i primi due punti della TRIADE DELLA MORTE:

1) acidosi/ipossia

2) ipotermia

3) disturbi coagulativi)

Una buona ventilazione e il mantenimento della funzione circolatoria, infatti, permetterà di prevenire quadri ipossici e acidotici. La valutazione primaria dovrà essere ripetuta più volte in attesa dell’arrivo della squadra medica, attraverso frequenti rivalutazioni dell’ABCDE (vedi sotto).

In un paziente traumatizzato occorre sempre tenere presente la possibilità di un trauma spinale, e procedere quindi ad una stabilizzazione in posizione neutra del rachide cervicale. Questa sarà inizialmente solo manuale e, appena disponibile, tramite applicazione corretta del rachide cervicale. Attenzione: la suddetta manovra deve essere eseguita solo da personale esperto e adeguatamente addestrato in merito!

L’IMMOBILIZZAZIONE, infatti, è una parte fondamentale del soccorso al traumatizzato e va eseguita SEMPRE. Prevede primariamente l’immobilizzazione del rachide cervicale e quindi quella di tutto il corpo. Si procede quindi con la sequenza A-B-C-D-E: Airway, Breathing, Circulation, Disability, Exposure.

A: vie Aeree

Il primo obiettivo è la pervietà delle vie aeree. Occorre quindi distinguere se il paziente è cosciente oppure no. Nel primo caso la capacità di articolare suoni o di parlare, conferma sia la pervietà delle vie aeree che la presenza di una funzione respiratoria autonoma. Nel secondo caso, occorre invece una valutazione da parte del soccorritore che dovrà, qualora sia confermata l’ostruzione, risolvere la stessa e poi garantire un’adeguata ventilazione qualora questa non sia più autonoma. A parte la possibilità di corpi estranei, come protesi dentali o simili, che possono rendersi causa di ostruzione meccanica delle prime vie aeree, non va dimenticato che nello stato d’incoscienza la lingua tende normalmente a cadere indietro e a impedire così il passaggio dell’aria!

A tal fine, al paziente NON traumatizzato viene attuata la classica manovra di ‘iperestensione della testa’ che permette automaticamente il ripristino della pervietà aerea. Nel paziente traumatizzato invece, va assolutamente evitata questa manovra, dovendosi invece garantire la stabilizzazione manuale del rachide cervicale in posizione neutra. Sono invece consentite le manovre di apertura della bocca, di sollevamento del mento e di spostamento della mandibola sempre, ovviamente, a patto che un soccorritore garantisca l’immobilità del rachide mentre il secondo opera in tal senso.

Attenzione: anche il collare cervicale non garantisce un’immobilizzazione completa del rachide cervicale stesso, pertanto si dovrà ugualmente garantire la posizione neutra manualmente anche con questo presidio, fino a che il ferito non sarà definitivamente immobilizzato su una tavola spinale.

B: il Respiro

Dopo aver garantito la pervietà delle vie aeree occorre valutare la presenza di un respiro spontaneo. Si applica il G.A.S.: Guarda, Ascolta, Senti. Si Guarda se il torace esegue movimento legato all’atto respiratorio, si Ascolta, ponendo l’orecchio vicino alla bocca, se vi sono rumori respiratori, si sente se vi è uscita d’aria dalle vie respiratorie (e si può sentire con la mano se la gabbia toracica si muove). Se non vi è respiro spontaneo occorre iniziare la ventilazione assistita (respirazione bocca-bocca).

C: la Circolazione (e, nel traumatizzato, il controllo delle emorragie)

Nel traumatizzato occorre ovviamente bloccare le emorragie esterne. Andrà eseguita una compressione diretta evitando di usare i lacci emostatici (possibile in caso di emorragie dagli arti) a meno che l’emorragia non sia assolutamente incontrollabile con la sola compressione .

Si valuta quindi la presenza di circolo, attraverso la ricerca del polso radiale: se presente, questo indica una pressione arteriosa sicuramente superiore agli 80 mmHg. Se non presente, occorre passare alla ricerca del polso carotideo. Qualora sia assente anche questo, occorre iniziare le manovre di rianimazione cardiopolmonare. (MSC: massaggio cardiaco esterno).

D: lo Stato Neurologico

Si usa il metodo A.V.P.U.: Allert, Verbal, Pain, Unresponsive.

Il paziente viene valutato e attribuito ad una ‘lettera’ a seconda di uno stato neurologico, progressivamente sempre più compromesso. Viene attribuita la lettera A, (alert) se è sveglio e ben orientato nel tempo e nello spazio. La lettera V (verbal) se invece risponde alla stimolazione verbale (il paziente è cosciente ma confuso, oppure incosciente ma reagisce allo stimolo verbale). Viene assegnata la lettera P (pain) se invece non risponde neppure allo stimolo verbale ma solo a quello doloroso. Si assegna la lettera U (unresponsive) quando nessuno degli stimoli suddetti riesce a risvegliare il paziente.

Attenzione: la valutazione tramite stimolo doloroso richiede che questo sia di intensità e di durata adeguata. Inoltre nel paziente traumatizzato, considerando la possibilità di lesione midollare cervicale e di lesioni neurologiche periferiche, è necessario ripetere lo stimolo in modo bilaterale sia a livello del distretto cefalico, cioè in sede sopra orbitale, sia a livello del tronco che sul letto ungueale.

E: Exposure

Per la corretta valutazione delle ferite occorre spogliare il paziente e osservare tutti i segmenti del corpo. Occorre togliere i vestiti tagliandoli in modo da evitare ogni spostamento non assolutamente necessario del ferito stesso. Quindi occorre ispezionare e palpare cautamente la vittima procedendo in modo sistematico dalla testa verso i piedi, alla ricerca di ferite, di fratture o di segni di emorragia interna. La valutazione del dorso andrà effettuata solo al momento del caricamento sull’asse spinale. Attenzione: occorre proteggere il ferito dal freddo. L’ipotermia può essere fattore aggravante; quindi ricorrere, dopo la valutazione, all’uso dei teli termici metallici o di coperte o altri presidi, se questi non sono disponibili.

VALUTAZIONE SECONDARIA

Mentre la valutazione primaria può essere eseguita anche da personale non medico, la secondaria viene eseguita solo dal medico e solo dopo la prima. Permette di individuare quali necessità diagnostiche e terapeutiche siano presenti nel caso specifico e quindi stabilire la destinazione ospedaliera più consona.

PRECISAZIONI SU SITUAZIONI PARTICOLARI NELL’ EMERGENZA TRAUMATICA:

Emorragie

– Emorragie esterne: il controllo dell’emorragia deve essere effettuato attraverso compressione diretta della ferita evitando finché possibile l’applicazione di lacci emostatici che possono rendersi responsabili di lesioni ischemiche secondarie quando trattenuti troppo in sede o quando mal posizionati.

-In caso di emorragie da ferite agli arti, è possibile anche associare alla compressione, il sollevamento dell’arto (previa immobilizzazione del moncone di frattura). Il soccorritore deve sempre tenere presente il rischio di contaminazione quando si realizzi il contatto con liquidi biologici infetti e dovrà provvedere alla autoprotezione. Ogni ferito dovrà pertanto essere considerato come potenzialmente tale, fino a prova contraria. L’uso di guanti o di altri mezzi di protezione risulta pertanto auspicabile in ogni situazione di soccorso.

Amputazioni di arti

Nel caso di un’amputazione traumatica di un arto intero o di un suo segmento, oltre al controllo della emorragia, occorre anche provvedere al lavaggio del moncone di amputazione attraverso uso di soluzione fisiologica ( acqua in mancanza di altro), e quindi alla copertura dello stesso con telo, possibilmente sterile.

Occorre anche ricordarsi di recuperare la parte amputata, che andrà lavata e quindi riposta in un sacchetto di plastica; poi conservata a bassa temperatura evitando tuttavia il contatto diretto con il ghiaccio che provocherebbe lesioni tissutali da ‘freddo’. Il mantenimento in buone condizioni del segmento amputato, può permettere, qualora le condizioni del moncone lo permettano, il reimpianto dello stesso.

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