Valfurva. La frana del Ruinon di Marco Bastogi

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Marco Bastogi

downloadL’estate trascorsa, dal punto di vista meteorologico, non è stata certamente una delle migliori per chi come me ha deciso di trascorrere le proprie vacanze in Montagna nelle nostre Alpi.

Visti i tanti giorni piovosi, nell’impossibilità di poter compiere escursioni impegnative, se proprio non ci si vuole limitare a leggere qualche libro, si passa il tempo a cercare funghi, a visitare villaggi di fondovalle o magari in buona compagnia cantando davanti ad un bicchiere di grappa.

Il maltempo di questa estate ha causato molte difficoltà in territorio montano, provocando ed alimentando, nuovi e vecchi dissesti che in taluni casi, purtroppo, hanno determinato, oltre a gravi danni, la perdita di vite umane.
Una estate piovosa quale quella trascorsa a messo decisamente a dura prova molti versanti delle nostre Alpi notoriamente soggetti a problemi di stabilità, rimettendo in movimento antichi accumuli di rocce, mai sopiti nel loro lento ed inesorabile movimento, che ridestano ataviche preoccupazioni tra coloro che abitano e devono vivere in questi luoghi già fortemente penalizzati da condizioni climatiche spesso disagevoli.

Mi trovavo in Alta Valtellina e la notizia diffusa dai mezzi di informazione locale sulla ripresa del movimento di una nota e minacciosa frana in Valfurva, ha risvegliato il mio interesse di Geologo invogliandomi ad effettuare alcune visite sul luogo.
La frana situata nel territorio del Comune di Valfurva (SO), prende il nome con il quale localmente viene identificata una vasta area: Ruinon. Il termine Ruinon come anche gli altri simili Rovinajo e Rovinone, riportati dalle cartografie storiche in aree limitrofe, non lasciano certo dubbi sulla “vocazione” di questo territorio. Si tratta, al momento, del fenomeno di dissesto più imponente e potenzialmente pericoloso di tutta la regione Lombardia.

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Il casotto di monitoraggio

La frana è ubicata sul versante destro idrografico della valle attraversata dal Torrente Frodolfo (Valfurva), ed interessa un tratto della strada di fondovalle di circa 2,5 km compreso tra le frazioni Santa Caterina di Valfurva e S. Antonio, ad Ovest delle Baite Confinale di Sopra (2.288 m s.l.m.).

La frana coinvolge gran parte del versante sud occidentale del Monte Confinale, avvolto fino ai 2.200 metri di quota, da una folta copertura boschiva che si attenua solo in corrispondenza della degradata area franosa, evidenziando così l’opprimente minaccia che incombe sulla valle. Le testimonianze relative al fenomeno di dissesto risalgono agli inizi degli anni ‘60 del secolo scorso, quando poco più a valle della località Confinale di Sotto (quota 2.085 s.l.m.), dalla sponda sinistra del torrente Confinale, si sviluppò una colata di detrito che coinvolse sia i terreni di copertura che il substrato roccioso, raggiungendo il fondovalle ed ostruendo temporaneamente il corso del torrente Frodolfo.

Precipitazioni piovose eccezionali hanno innescato nel 1983 altre colate di detrito sopra a Baita Plata (quota 1.700 s.l.m.), le cui tracce sono ancora oggi visibili al piede dell’area ormai quasi completamente occupata dai depositi franosi. Una riattivazione dei movimenti si ebbe durante l’alluvione che colpì l’alta Valtellina nel 1987 provocando la chiusura della sottostante strada del Passo Gavia di collegamento tra Valtellina e Val Camonica.

Dal 1996 è stata osservata una progressiva recrudescenza del fenomeno manifestata da movimenti localizzati presso la cosiddetta “Nicchia Alta”; a seguito di queste nuove emergenze furono stanziate le prime risorse per studi sul fenomeno, per il monitoraggio e per la realizzazione dei primi interventi di messa in sicurezza nell’ambito dell’integrazione del Piano Difesa del Suolo Valtellina. Un evento particolare, legato esclusivamente allo scioglimento della neve, provocò nel giugno 1998, in un momento nel quale erano assenti le precipitazioni, la formazione repentina di una colata di detrito. La causa fu individuata nello svuotamento improvviso di un piccolo invaso di origine glaciale localizzato a monte della frana, in conseguenza del crollo della soglia; le acque si incanalarono nell’alveo del torrente Confinale, raggiungendo, assieme alla massa detritica, la sottostante strada provinciale per il Passo Gavia.

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Limiti della frana del Ruinon

I fenomeni franosi si sono accentuati dal 2000-2002 quando si sono verificate colate detritico fangose, connesse a piogge intense o prolungate ed alle conseguenti maggiori portate del torrente Confinale; dalla nicchia alta si ebbero crolli di diverse centinaia di metri cubi di roccia. Ma perché questa area è così instabile?

I motivi di questa precaria stabilità, sono da ricercare nella intensa fratturazione che affligge le rocce di questa zona alpina. Si tratta di rocce molto diffuse nell’area compresa tra Bormio, Livigno e la Valfurva. Esse rappresentano l’antico basamento cristallino, metamorfosato durante la più antica orogenesi (orogenesi ercinica di 300 milioni di anni fa). Si tratta di micascisti e gneiss di color grigio argenteo lucente o plumbeo, spesso chiazzati di bruno rossastro per la presenza di idrossidi di ferro. Derivano da originarie rocce sedimentarie che successivamente alle energiche trasformazioni subite durante il metamorfismo ercinico, sono state nuovamente metamorfosate durante l’orogenesi alpina (ultimi 50 milioni di anni), senza tuttavia riuscire a cancellare le tracce del precedente evento.

Queste rocce a seguito di questo ultimo evento orogenico, hanno subito notevoli sforzi di frizione (fratture e faglie), che le hanno “laminate” conferendogli un aspetto così detto “filladico” (filloniti). In Valfurva queste rocce molto sgretolate sono particolarmente rappresentate soprattutto in corrispondenza del versante sinistro. Le fratture e le faglie (cioè le fratture che mostrano aver avuto uno scorrimento relativo tra i due lati della roccia, avvenuto durante le fasi di evoluzione della catena alpina), mostrano per il settore alpino centro orientale, piani verticali o comunque sempre molto inclinati. La loro origine è da ricondurre al rapido sollevamento della catena alpina avvenuto nei tempi geologici più recenti, in conseguenza del riequilibrio isostatico successivo allo scioglimento dei ghiacci che durante le glaciazioni quaternarie, ricoprivano con spessori notevoli la catena alpina. Certamente anche il perdurare degli effetti del sollevamento orogenetico, tuttora in atto, contribuiscono assieme all’approfondimento erosivo dei fondovalle, a disarticolare la roccia, condizionando la morfologia in grandi dislivelli e modellando ripidi versanti.

Le fratture e le faglie, sono disposte secondo direzioni preferenziali che spesso controllano l’orientazione dei solchi vallivi; la stessa Valfurva è orientata lungo uno di queste direttrici di discontinuità tettonica, da est-ovest ad est, sud est-ovest, nord ovest. Il fenomeno franoso del Ruinon è legato strettamente alle sopra citate discontinuità tettoniche (fratture e faglie); si tratta quindi, per questo, di una deformazione gravitativa profonda del versante. Questi particolari fenomeni franosi (Deformazioni gravitative profonde di versante, note il letteratura tecnica con l’acronimo “DGPV”), coinvolgono l’insieme crinale-versante-fondovalle e sono divenuti oggetto di studio approfondito solamente negli ultimi decenni e tuttora non è del tutto compresa la dinamica ed i fattori d’innesco (nel caso del Ruinon si pensa sia stata causata in periodo post glaciale, da scalzamento fluviale al piede del versante).

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Il versante destro della Valfurva

Si tratta di fenomeni franosi molto particolari che non possono essere riferiti ai comuni meccanismi che regolano le frane e si collocano a “metà strada” tra i movimenti franosi più comuni di tipo superficiale ed i fenomeni di tettonica gravitativa collegati alle deformazioni profonde della crosta terrestre.

La zona attorno a Bormio è tipicamente afflitta da questi fenomeni franosi; anche la tristemente nota frana della Val di Pola è legata a questa casistica. Un aspetto fondamentale che determina la pericolosità delle DGPV è che, sotto determinate condizioni, i lenti movimenti tipici di questi dissesti possono accelerare improvvisamente e dare luogo a collassi catastrofici di interi versanti.Per questi particolari fenomeni di dissesto sono ben noti gli effetti morfologici che originano forme peculiari quali: sdoppiamenti anche complessi dei crinali, la formazione di trincee naturali, contropendenze e scarpate sui versanti. Tali morfologie, si rilevano anche per il versante sinistro della Valfurva evidenziando una analoga problematica geologica comune a tutta la Valle.

Il movimento franoso del Ruinon di Valfurva, si sviluppa tra la cima del Monte Confinale (m 2.999 s.l.m.) ed il fondovalle (m 1.450-1.500 s.l.m.), per una superficie di circa quattro chilometri quadri compresa tra gli alvei dei torrenti Confinale e Cavallaro, affluenti di destra del T. Frodolfo. La frana presenta due scarpate principali, individuate come “nicchie di distacco” nel 1984. Quella superiore si estende in direzione nord ovest – sud est per più di 600 metri, a quote comprese tra m 2.100 – 2.120 s.l.m., quella inferiore tra le quote di m 1.890-1.930 s.l.m.. Il fenomeno franoso è molto complesso: la massa in frana si compone di porzioni indipendenti tra loro, soggette a rotture per scorrimento traslazionale e rotazionale. Le indagini geognostiche hanno accertato che la superficie di scorrimento più profonda è a 72 metri, tuttavia, poiché questa superficie non è continua, non emerge dal versante così che verso valle non si riconosce un chiaro limite del movimento. Le più recenti stime, fanno ritenere un volume del corpo franoso attorno ai trenta milioni di metri cubi.

La Frana del Ruinon è dunque una frana attiva ed in forte evoluzione con uno spiccato carattere stagionale. Esiste infatti una forte correlazione tra il movimento e gli afflussi meteorici (sia quelli dovuti alle piogge che alla fusione nivale) che si manifesta, anche in tempi brevi, con l’accelerazione del movimento (accelerazione in estate e in autunno e decelerazioni in inverno). Questa relazione si osserva molto bene nel periodo tardo primaverile in cui si registra la concomitanza di entrambi i fattori (precipitazioni e fusione nivale), determinando una ripresa ed accelerazione rilevante del fenomeno; è per questo che sono stati condotti molti studi idrogeologici, finalizzati alla possibilità di costruire un’opera di deviazione delle acque superficiali appartenenti al bacino del Torrente Confinale.

Nel 1997, in seguito a gravi crolli, la Regione Lombardia iniziò a predisporre una rete di monitoraggio in sito manuale ed automatica costituita da diversi strumenti quali: inclinometri, estensimetri, strumenti topografici di misura nonché ricevitori GPS.Nel 2000, in accordo con la Regione Lombardia, il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienza della Terra dell’Università di Firenze ha condotto la prima campagna sperimentale di monitoraggio mediante GBInSAR (ground based interferometric syntethic aperture radar); si doveva verificare applicabilità di tale tecnica alle locali condizioni del sito. I risultati furono decisamente incoraggianti e fu deciso di proseguire.

Il sistema GBInSAR utilizzato per monitorare la frana del Ruinon, è basato sulla tecnologia LISA Sviluppata dal Joint Research Centre (JRC) e permette di misurare e seguire nel tempo il comportamento e le deformazioni del terreno. In estrema sintesi, il sistema consiste in un’antenna trasmittente che invia onda elettromagnetiche verso la superficie del terreno, parte di queste onde, subendo riflessione, tornano in direzione dell’antenna così che il radar è in grado di riceverle e determinare il ritardo temporale tra l’istante di trasmissione e quello di ricezione da cui ricava la distanza, in questo modo è possibile determinare spostamenti millimetrici (deformazioni) su una distanza chilometrica con un accuratezze dell’ordine del millimetro.

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Ruinon provinciale e Frodolfo

Tale tecnica di monitoraggio è divenuta permanente in Valfurva dal 2006. Il sistema radar interferometrico terrestre è stato posizionato sul versante opposto a quello dell’area di frana (mediamente a 1.400 metri di distanza) e grazie alla trasmissione via radio in tempo reale, permette l’acquisizione dei dati rilevati da parte della sala operativa del Centro di Monitoraggio Geologico ogni 12 minuti. Il sistema radar istallato è in grado di misurare i movimenti dell’area di frana senza la necessità di accedere fisicamente alle aree osservate ed in qualsiasi condizione atmosferica e di visibilità restituendo mappe di deformazione della frana con notevole frequenza temporale. Il sistema radar rende possibile valutare l’evoluzione del fenomeno nel suo complesso ed in particolare l’interazione della frana nel tempo, a seguito della variazione dei fattori esterni. Le informazioni fornite dal sistema, una volta implementate ed integrate con i dati provenienti dalla restante strumentazione di rilevamento presente nell’area franosa, permettono di studiare e configurare il comportamento e le possibili evoluzioni del fenomeno. La frana del Ruinon rappresenta un considerevole rischio per gli abitanti della valle di Santa Caterina di Valfurva che in questa piovosa estate hanno manifestato in più occasioni le loro forti preoccupazioni. Le precipitazioni che hanno preceduto la settimana di ferragosto (e buona parte del mese di luglio), hanno determinato una significativa ripresa dell’intensità dei movimenti del versante come non si registrava dai primi anni del 2000. Il Centro di Monitoraggio Geologico della Regione Lombardia (ARPA), ha attuato un presidio continuativo nell’arco delle 24 ore che si è protratto per ben 12 giorni (dal 13 al 25 agosto 2014). I dati provenienti dalla rete degli estensimetri automatici, dalle due centraline meteorologiche e dal sistema radar interferometrico terrestre, sono stati elaborati ed hanno permesso di circoscrivere un’area di circa 65.000 mq che dal 13 al 19 agosto, ha evidenziato spostamenti medi di oltre 1,4 metri; in certi casi gli spostamenti, su settori di migliaia di metri quadri, hanno raggiunto addirittura i 3,3 – 4,3 metri.

Nello stesso periodo si sono avvicendate alcune campagne di misura manuali e sopralluoghi per fornire un quadro ancora più preciso della situazione coordinata dalla Prefettura di Sondrio. L’utilizzo della tecnica interferometrica radar da terra, ha permesso di seguire puntualmente e costantemente i movimenti della frana che, specialmente nell’area della nicchia bassa, sono stati molto intensi e veloci, tali da motivare uno stato di elevata criticità.

La progressiva diminuzione delle velocità che dal 25 agosto è rientrata sotto la soglia prevista dalle procedure al fine di attivare il controllo continuato dell’evoluzione del fenomeno, non ha reso più necessario il presidio continuato da parte del Centro di Monitoraggio Regionale ed ha permesso la riapertura della provinciale n°29 per il Passo Gavia, al momento, unica strada di collegamento tra Santa Cristina e Bormio. La sua chiusura nelle ore notturne, dalla mezzanotte fino alle ore 6,00, è stata stabilita per la difficoltà di effettuare il monitoraggio visivo della frana nelle ore notturne.

Il Piano di Emergenza della Prefettura ha fatto ipotizzare, per questa porzione problematica del versante, alcuni scenari di evento limite. Il crollo parziale o totale di questa frana con il conseguente sbarramento del fondovalle potrebbe generare una catastrofica onda di piena con l’interruzione della strada provinciale e gravi conseguenze sugli abitati sottostanti. I danni totali immediati sia in termini di vite umane, ma anche certamente economici, possono essere stimati in centinaia di milioni di euro, ai quali si devono aggiungere gli enormi costi per il ripristino dei collegamenti e per gli interventi di difesa idrogeologica. E’ certo che fenomeni di questa entità e con tali caratteristiche non possono essere stabilizzati; quello che è possibile fare sono soltanto interventi atti a rallentare l’evoluzione del fenomeno ed interventi destinati a diminuire l’incidenza nei confronti di crolli minori o delle insidiose colate di detrito. Il monitoraggio rimane comunque l’attività principale per poter prevenire rischi alla popolazione.

Una previsione sui tempi di evoluzione di questo fenomeno è molto difficile poiché le variabili sono tante e tra queste, in particolare, c’è quella legata alle acque, sia superficiali che profonde che nel caso specifico come sappiamo, sono in grado di modificare rapidamente gli equilibri. La probabilità che si verifichi un evento catastrofico nei prossimi anni è quindi certamente molto elevata, tuttavia un evento franoso anche molto importante, non potrebbe mai esaurire il rischio futuro perché è probabile un progressivo coinvolgimento del versante sovrastante la nicchia alta.

Sono state prospettate diverse soluzioni per mantenere efficiente, in caso di catastrofe idrogeologica, il collegamento tra l’Alta Valfurva con la Valtellina quali:
– la realizzazione di nuova viabilità sul versante idrografico sinistro della Valfurva a quote non coinvolgibili da una eventuale frana;
– la realizzazione di una galleria sotto il versante sinistro;
– la realizzazione di una galleria sotto il versante destro.

La prima ipotesi di una strada sul versante sinistro non è attuabile per incompatibilità geologica ed ambientale, ma è proprio dei primi giorni di settembre la notizia dello stanziamento di seicentomila euro da parte della Regione Lombardia per l’adeguamento della esistente viabilità forestale come via alternativa di emergenza. Analizzando il problema complessivamente, per evitare la possibile formazione di un lago e rallentare l’evoluzione del dissesto, l’ipotesi di scavare un galleria sotto la frana (versante destro), è decisamente la migliore. La galleria funzionerebbe come opera di drenaggio del versante tra le valli del Cavallaro e del Confinale, con notevoli ricadute positive sulla stabilità del versante e della stessa frana. La contemporanea realizzazione di una galleria di by-pass idraulico, permetterebbe, nel caso di un possibile sbarramento da frana del Frodolfo, di deviare le acque, evitando la formazione di un lago con i conseguenti potenziali pericoli di mobilizzare frane di scivolamento al contorno come purtroppo si verificarono nel 1987 con la frana ed il lago della Val di Pola.

Il radar
Il radar

Al momento sono state realizzate briglie e arginature lungo il torrente Confinale e presso il fondovalle muri di sostegno, gabbionate ed un rilevato in terra armata per la protezione della provinciale dalla frequente caduta dei massi. La crisi di questo agosto ha visto una forte sinergia tra Regione, Provincia e Comune di Valfurva che ha permesso anche a livello istituzionale di agire con efficienza ed in modo rapido. Questo evento critico ha tuttavia danneggiato oltre alla popolazione, anche gli operatori turistici della zona.

 

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