Non solo discesa di Lorenzo Targetti

Come sappiamo sulla neve si possono praticare molti sport che esulano dalle classiche discese sulle piste lisciate dai gatti. Tra questi uno che si sta rapidamente affermando è lo sci d’alpinismo dove le prospettive sono semplicemente rovesciate rispetto allo sci classico. Si guarda le montagne dalla base e si salgono, invece di scenderle dalla cima. La fatica non è poca ma il divertimento e la soddisfazione vanno ben oltre lo sforzo. Ascendere una montagna permette di godersi la natura e gli incomparabili paesaggi con un altro ritmo, quello del nostro passo e del nostro respiro, permettendoci di assorbire le tante intense sensazioni che la natura imbiancata offre. In un mondo che ci costringe sempre più in ambiti predefiniti e delimitati da reti, paletti e divieti, dove la velocità sembra essere l’unico valore assoluto con cui misurare il tutto e la superficialità diventa la fedele compagna delle nostre relazioni con gli altri e con il mondo che ci circonda è quanto mai importante ritrovare momenti e spazi dove poter esprimere la nostra libertà e stabilire relazioni di amicizia importanti dove si affida la propria vita e la propria incolumità al compagno. Affrontare un mondo affascinante e anche difficile solo con l’ausilio delle proprie forze per raggiungere l’obiettivo che ci siamo posti, sia che sia un canalino dolomitico con 55° di pendenza o che sia una bella passeggiata tra i boschi dell’appennino con pic nic al bordo di uno dei tanti laghi gelati che impreziosiscono le nostre montagne. Il cellulare non ci puo’ aiutare, il navigatore non indica la via e nessuno può suggerirci la traccia di salita giusta, se non il nostro spirito, la nostra capacità di leggere la natura e vivere in essa. Salire le montagne è una disciplina sportiva di alto livello atletico che coinvolge tutti i muscoli del corpo, può riservare scariche di adrenalina molto intense e sensazioni di pura esaltazione ma è anche un esercizio di introspezione e meditazione che aiuta a ritrovare le radici di se stessi e le radici del mondo, vivendo un rapporto così intimo con la montagna e le energie che la compongono. Anche nella competizione più serrata, nel momento di massima tensione agonistica non si perde il contatto con il paesaggio che ci avvolge e non si dimentica il vero motivo per il quale siamo lì e facciamo quello che facciamo: sentirci intensamente vivi e in unione con il creato.

Uggioso pomeriggio domenicale di metà novembre, le temperature non accennano a calare e la neve per ora è ancora un miraggio lontano, cerco di placare la tensione sfogliando le foto dell’ultimo numero di ski alper ma è peggio che mai. Come faranno tutti questi free raider a essere sempre lanciati in discese mozzafiato con neve polverosa. Alle spalle una lunga estate di corse nei viottoli tracciati dal CAI, metri e metri di dislivello positivo per farsi trovare al meglio della forma al cadere dei primi fiocchi di neve tanta energia pronta ad essere dispiegata al contatto con la tanto amata neve.

Squilla il telefono, il mio amico e compagno di molte avventure Iacopo all’altro capo.

Lorenzo dobbiamo programmare la stagione…..è anno di Mezzalama….facciamo il bis?

Cavolo, avevo promesso alla famiglia che dopo quello del 2013 avrei appeso gli sci da gara al Come glielo spiego un altro inverno a pensare solo ad una gara…. E poi l’altra volta è stata una gran fatica, bello ma duro non so’ se ho voglia di ripetere”.

Sento il mio compagno silenzioso, sta riflettendo sulle mie sagge parole, è andata, quest’anno poca fatica, stiamo diventando vecchi basta gare dure…..faremo le vecchie glorie dello ski alp raccontando ai malcapitati gitanti nei rifugi di quando eroici affrontavamo le vette del Cervino.

Ok Lorenzo hai ragione…. Allora facciamo l’Adamello ski Raid sono solo 43 di sviluppo e 4.000 mt. D+ E’ più duro del Mezzalama ma siamo su uno dei ghiacciai più grandi d’Europa“.

Ma Iacopo questo significa duri allenamenti notturni all’Abetone, gare nei week end in posti sconosciuti, lunghe ore di acclimatamento passate a quote improbabili spersi sulle vette dell’arco alpino…perfetto esattamente ciò che amo facciamo pure l’iscrizione…”.

Mi ero infatti ricordato di aver letto che i matti quando delirano vanno assecondati e poi la gara era a fine aprile, sai quante scuse per non farla potevo E inoltre è a numero chiuso, figuriamoci se avrebbero mai preso noi…..

Domenica 12 aprile, ore 4:00 del mattino, tra poco suonerà la sveglia, non che serva, la tensione pre gara si è già impadronita di me, ripenso al colloquio di quel fine novembre dove ho assecondato il progetto folle del mio compagno…. Oramai non posso più tirarmi indietro, alle 5:30 saremo con gli sci ai piedi alla partenza di una cavalcata che nelle previsioni durerà 11/12 ore se non ci fermano prima ai cancelli orari. Ci sono tutti i big di questa disciplina, visto che l’Adamello Ski Raid vale come tappa di coppa del mondo e come gara del circuito Grand Course e poi ci siamo noi due cittadini infiltrati per sbaglio in mezzo a 350 squadre di veri atleti agguerritissimi. Ripenso con un sorriso ai volti sbigottiti di quelli con cui abbiamo dialogato nei momenti del briefing e del ritiro pettorali quando scoprono che veniamo da Firenze e alla loro domanda ricorrente: e dove cavolo vi allenate…..?

E’ stato un bellissimo inverno, parco di neve ma ricco di belle manifestazioni e allenamenti, tante ore in quota a Livigno, il bellissimo week end passato al rifugio “caduti dell’Adamello” a scoprire il percorso di gara nel maestoso scenario del ghiacciaio. Ripenso alle divertenti gare fatte: La Transcavallo (nome orribile per una bellissima due giorni di neve), il Sellaronda (un appuntamento mondano oltre che agonistico) e altre minori ma non meno pittoresche e intense. Siamo pronti, allenati e forti o almeno così mi dico per farmi coraggio. L’emozione e la tensione è tanta ma anche la voglia di misurarsi e capire se fai parte del gruppo che alla fine taglierà il traguardo. E’ l’ora di alzarsi, Lella anche lei ski alper bravissima e moglie perfetta di Iacopo, sta già preparando il gustoso piatto di spaghetti che divoreremo per colazione se nutrirsi alle 4:00 del mattino con pasta in bianco può definirsi tale. Il tempo sarà magnifico e la temperatura perfetta per una gara di endurance ad alta quota è il momento di indossare zaino e scarponi e andare.

Lo scenario della partenza alla base dell’ovovia dell’Adamello è impressionante: 700 atleti con le loro tute colorate, il pubblico numeroso nonostante l’ora, la musica assordante e la pista di partenza rischiarata da globi luminosi che danno un aura di mistero al tutto. In lontananza l’aurora si sta annunciando. Ci aspetta la prima fatica, una salita costante per i primi 1.400 mt. di dislivello dal Tonale fino al Passo Presena dove ci aspetta il primo cancello orario a 2h10’. Decidiamo di partire legati per non perdersi nella confusione dei primi chilometri e per non disperdere energie nel cercare il passo insieme. Le prime salite presentano subito delle inattese difficoltà, la neve gelata nella notte tiene pochissimo e sono tanti gli atleti che cadono e scivolano ci passa accanto di tutto: sci, bastoni, guanti, persone spalmate a pelle di leopardo. Iacopo è bravissimo nello scegliere le giuste traiettorie siamo al massimo dei giri, il cuore alto ma progrediamo bene e costanti a testa bassa attenti a non sbagliare. Arriviamo al primo cancello in meno di due ore, vedere Lella che ci aspetta con rifornimento di frutta secca e altri generi di conforto è un gran piacere, stiamo bene, concentrati e determinati cominciamo a credere nelle nostre forze anche se ancora siamo a niente. Finalmente si scende, via veloci su un rapido muro con neve dura, mi dimentico di avere gli sci da gara e la giusta prudenza da adottare in discesa su fondo duro, risultato: battezzo il primo muro dell’Adamello con il mio fondoschiena. La scivolata non finisce mai, finalmente mi fermo, rapido controllo agli arti e all’attrezzatura, nessun danno si va!

Al rifugio del Mandrone nuovo cambio di assetto rimettiamo le pelli per andare alla Lobbia Alta. Il Mandrone è un bel rifugio a bordo di un lago ed è un’ottima base di partenza per le escursioni sul  ghiacciaio dell’Adamello, si raggiunge con l’uso degli impianti e una gradevolissima discesa. Dal rifugio si ha un buon accesso a tutti i percorsi, unico difetto che   essendo in valle non ha la vista che si gode dal più noto rifugio dei “caduti” alla Lobbia Alta. Ed è proprio lì che giungiamo in 4h e 30’ dopo essersi goduti in discesa aiutati da corda un canale piuttosto panoramico di discreta pendenza tra rocce verticali, una delle chicche del percorso. Alla cresta del cannone ci aspetta una brutta sorpresa: lo stretto passaggio su roccia deciso nel percorso di questa edizione è molto estetico e ideale per le riprese televisive ma ha creato un tappo di concorrenti infinito. Staremo in vetta sulla cresta per due ore, nonostante sia una giornata di sole con poco vento e che indossiamo tutto quello che abbiamo nello zaino il freddo si impadronisce di noi. E’ comunque una bella occasione per fare amicizia con gli altri atleti in attesa del passaggio, in questo sport lo spirito agonistico fortunatamente non riesce a soffocare lo spirito di solidarietà e amicizia, tutti consapevoli di quanto siamo fortunati a essere in vetta ai monti, a godere della neve e della natura.

Il tempo stringe, con due ore di ritardo il vantaggio accumulato per il terzo cancello svanisce, dall’alto della vetta del cannone osservo la via di casa – vicina – e la strada che ci porta alla prossima vetta, il mitico Adamello, infinitamente lontana. La tentazione è tanta…. arriva il cedimento:

Iacopo torniamo a casa, il cancello oramai non lo passiamo e lì sotto c’è il tè caldo, la crostata, la  birra. E poi, come faremo ad arrivare fino a laggiù e poi così in alto…. manca ancora un’infinità di strada…. Dai inforchiamo gli sci e molliamo questa cosa che è priva di senso e contro ogni logica….”

Il mio compagno, che mi conosce forse meglio di me stesso, mi guarda con espressione serafica e con tutta la serenità e semplicità che solo anni di vette e migliaia di metri percorsi in salita possano dare mi elargisce la sua perla di saggezza:

Lore, e si farà come sempre…. Tricche-tracche-tricche- tracche… un passo alla volta arriviamo in cima che problema c’è ..”

Iacopo….. tricche-tracche-tricche-tracche hai detto? Lo sai che abbiamo 30 minuti al cancello e dobbiamo fare un percorso che avevamo programmato di fare in un’ora e .. dovranno essere dei tricche-tracche parecchio svelti…..”

Dal Cannone in discesa e poi per tutta la traversata del ghiacciaio voliamo, dando tutto quello che abbiamo e passiamo il cancello, niente e nessuno possono più fermarci. Affrontiamo grintosi la vetta dell’Adamello con salita a piedi piuttosto verticale e magnifica discesa sulla dorsale, poi Passo degli Italiani, il lungo traverso fino al Passo Venezia e finalmente la discesa molto divertente per chi ama la sciata un pò tecnica che ci porterà alla linea del traguardo a Ponte di Legno dopo 10 h e 50 min. di gara. Arriveremo 261 esimi felici di non essere gli ultimi, lo spirito con cui si fanno queste gare è quello di vivere a pieno l’esperienza che offrono e non quello della classifica!

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