Arrampicate d’altri tempi – seconda parte di Leandro benincasi

Brevissimo approfondimento sulle ascensioni da me effettuate nei lontani anni ’70 sulle Alpi Apuane, ascensioni descritte e pubblicate nell’ultimo annuario 2015.

Chiedo anticipatamente perdono ai lettori di quest’ Annuario se torno su di un argomento già trattato nell’ultimo numero dell’annuario del CAI di Firenze, più precisamente sul mio articolo intitolato «ARRAMPICATE D’ALTRI TEMPI», dedicato alle salite da me effettuate negli anni ’70 sulle Alpi Apuane.

Il motivo è semplice: con una certa mia sorpresa ho riscontrato, da parte di alcuni lettori, un vivo interesse a quelle vicende e a quegli itinerari, con precise richieste di delucidazioni e approfondimenti tecnici sullo stile di arrampicata, sulla descrizione delle difficoltà, sull’itinerario percorso, sul numero di tiri di corda, ecc.

 

Come risposta a questo inaspettato interesse, colgo qui l’occasione per tornare brevemente sull’argomento per portare un ulteriore contributo alla conoscenza di quelle salite. Anche se purtroppo, lo dico già fin da ora, non potrò soddisfare pienamente la curiosità di quanti sono interessati agli aspetti strettamente tecnici, per due fondamentali questioni. La prima risiede nel lungo tempo trascorso da quegli avvenimenti, circa mezzo secolo, e questo fatto non aiuta certo a un più puntuale ricordo. La seconda questione riguarda la valutazione delle difficoltà, che oggi richiederebbe una rivalutazione, a causa dell’ammodernamento dell’attrezzatura alpinistica. Riguardo a quest’ultimo aspetto, è giusto sottolineare che gli enormi progressi riscontrati sui materiali a disposizione hanno spesso profondamente cambiato la stessa valutazione delle difficoltà abbattendo, in molti casi, precedenti gradazioni. Da un lato l’evoluzione delle calzature da arrampicata (a quei tempi si arrampicava anche sulle vie di roccia con grossi scarponi rigidi, i Super Galibier, come si può vedere nelle foto dell’Annuario 2015), dall’altro l’evoluzione delle piccozze, al posto delle vecchie «asce da ghiaccio» che non consentivano la moderna progressione in piolet – traction, evoluzione che ha cambiato e talvolta stravolto non solo la valutazione delle difficoltà, ma anche la scelta del percorso ottimale di salita.

Monte Altissimo – Pilastro centrale

Riguardo alla salita del versante sud, lungo il pilastro centrale, mi interessa presentare nuovamente la foto che ne descrive l’itinerario di salita. Quella proposta nel precedente numero non permette un suo eventuale utilizzo a causa della scarsa qualità di stampa.

Purtroppo non posso accompagnare questa foto con altre immagini riguardanti le varie fasi di arrampicata, perché quel giorno non portai con me la macchina fotografica (fatal error!).

Posso solo aggiungere, dal punto di vista tecnico, che le difficoltà allora valutate si aggiravano sul III e IV grado, con alcuni passaggi di V. Ma come già accennato in precedenza, la valutazione potrebbe essere rivista al ribasso, in vista di una ripetizione effettuata con le moderne calzature. Per quanto riguarda la qualità della roccia, inutile dire che siamo in presenza della tipica qualità apuana … tradotto in linguaggio meno metaforico, si può affermare che la qualità della roccia non è delle migliori, trattandosi di marmi abbastanza fratturati, ma ricordo che non trovammo neanche una qualità pessima, a condizione di seguire esattamente il filo dello sperone, evitando assolutamente spostamenti laterali verso zone apparentemente più invitanti. Per quanto riguarda lo stato di chiodatura presente, non credo che sul percorso siano stati lasciati più di due o tre chiodi, per pura testimonianza. Mi sembra di ricordare inoltre che tutte le soste furono schiodate.

L’ultima notazione utile riguarda l’itinerario di avvicinamento, oggi semplificato da nuovi percorsi che allora non esistevano. In primo luogo oggi esiste un sentierino che dal Passo degli Uncini scende alla marmifera che solca tutta la parete sud, sentierino che consente un agevole accesso alla parete partendo dalla località Le Gobbie. Inoltre è stata migliorata e resa sicura la parte terminale della strada marmifera prima menzionata, che permette un più diretto approccio all’attacco dello sperone.

 Pania della Croce – Versante ovest, via Giulietta

Questa salita ha rappresentato, per l’epoca, una certa innovazione nel campo delle salite invernali sulle Alpi Apuane. Il percorso scelto infatti non voleva essere, nelle nostre intenzioni, né tipicamente ed omogeneamente «nevoso», né prevalentemente roccioso. In sostanza andammo a cercare un itinerario che, pur utilizzando il più possibile tratti nevosi, fosse altresì costretto a superare tratti rocciosi non banali.

Sotto questo punto di vista la salita raggiunse lo scopo prefissato, anche se risultò alla fine più difficile nei tratti rocciosi rispetto a quelli nevosi.

Per una valutazione delle difficoltà, anche in questo caso occorre sospendere ogni valutazione alla luce di una eventuale ripetizione effettuata con le attuali attrezzature alpinistiche, in primo luogo con le moderne piccozze. L’utilizzo di questi strumenti potrebbe portare ad un ridimensionamento delle difficoltà (allora valutate in passaggi di roccia fino al V grado) attraverso lo stravolgimento dello stesso itinerario di salita che potrebbe privilegiare, in virtù della progressione in piolet – traction, tratti innevati e ghiacciati, evitando il più possibile i salti rocciosi.

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