In carrozza…si parte! di Cristiana Casini

Sfogliando i vecchi bollettini che documentano dal 1910 la vita della Sezione, ci viene incontro un mondo nel quale i mezzi di trasporto, a parte il treno, erano l’omnibus, il tramway, la diligenza, il barroccio.

Le gite che già da fine ‘800 avevano un’organizzazione piuttosto evoluta erano quindi condizionate da spostamenti complicati che costringevano i nostri predecessori a levatacce e solenni scarpinate già prima di arrivare in montagna.

Come ci si muoveva in Toscana in quegli anni?

A metà ‘800 la locomotiva a vapore rappresenta il progresso e la ferrovia è uno degli argomenti principali nel dibattito pubblico. Il treno porta dinamismo e stimolo per le economie locali e gli scambi di persone merci e idee.

Le ferrovie a vapore erano il massimo della tecnologia ottocentesca, ma il viaggio non era privo di rischi neppure in prima classe: scintille provocate dalle locomotive che incendiavano abiti e campi, carrozze affollatissime, per non parlare della scomodità delle vetture di terza classe che originariamente erano scoperte.

I treni poi raramente erano in orario e senza una politica unitaria non si creò tra le varie società ferroviarie un sistema integrato di orari e coincidenze. Frequenti erano anche gli attentati da parte dei proprietari ai quali erano stati espropriati i terreni e dei piccoli trasportatori che con l’avvento delle ferrovie avevano perso il lavoro. Nella zona di Navacchio, vicino a Pisa, dove per tradizione si trasportavano merci con i navicelli lungo l’Arno, si verificarono frequenti episodi: cuscinetti sulle rotaie che facevano deragliare i convogli, lancio di sassi, addirittura colpi di arma da fuoco, costrinsero la società di gestione della Leopolda a ricorrere alla protezione di guardie giurate.

La ferrovia Leopolda da Firenze a Livorno, una delle prime in Italia, inaugura il primo tratto da Pisa a Livorno nel 1844 e quattro anni dopo arriva a Firenze alla stazione di Porta a Prato.

L’impresa fu un tale successo che il banchiere fiorentino Emanuele Fenzi (il figlio Sebastiano sarà tra i fondatori della nostra Sezione), uno dei due finanziatori dell’opera, decise di immortalarla nel proprio stemma di famiglia dove una locomotiva a vapore è raffigurata fra il Duomo di Firenze e il Fanale dei Pisani di Livorno.

Carlo Lorenzini (Collodi) “Un romanzo in vapore: da Firenze a Livorno”, 1856

Sulla scelta della Classe, in cui dovete entrare, consigliatevi col vostro porta-monete.
Se amate stare in piedi, entrate in quarta classe, nuovo genere di supplizio inventato recentemente, a benefizio delle persone poco facoltose, dagli azionisti delle strade-ferrate. Se poi amate l’aria fresca, la durezza delle panche e… i reumi di Cervello, entrate in un vagone di terza classe e sarete esaudito. Volendo salvare i rispetti umani e mettersi al coperto dalla sorpresa di una pioggia improvvisa o di un colpo di sole, la seconda classe è fatta apposta. Se amate i comodi della vita, o se viaggiate per conto di qualche cliente, non c’è da esitare: la prima classe è quella che più vi conviene.

Contemporaneamente si costruisce anche la linea tra Pisa e Lucca e poi tra Lucca, Pistoia e Firenze.
Nel 1848 a Firenze si parte per Prato e per Livorno da due stazioni diverse: la Leopolda a Porta a Prato e la Maria Antonia che dal 1860 si chiamerà Santa Maria Novella.
Nel 1861 la Toscana ha una rete ferroviaria che collega Firenze con Pisa e Livorno con un doppio tracciato, via Empoli e via Pistoia – Lucca; da Empoli si va anche a Siena. Con 323 km di binari la Toscana è al terzo posto dopo Piemonte e Lombardo Veneto.
Nel 1863 il treno arriva a Pontassieve e Montevarchi, mentre il collegamento con la Maremma arriverà più tardi partendo da Asciano sulla linea di Siena, perché la diramazione non servisse solo la Maremma, zona malsana e poco popolata, ma toccasse anche i paesi dall’Amiata più ricchi di commerci e più abitati.

Da “Gita al Monte Amiata” in Rivista Alpina Italiana periodico mensile del CAI, 1885

Luogo squallido e deserto (la stazione del Monte Amiata), tanto deserto che a spese delle due province Siena e Grosseto vi fu costruita e si mantiene un’osteria per provvedere al caso che se qualche viaggiatore mancasse il treno sappia almeno dove ricoverarsi, tanto sono distanti borghi e casolari.

Da “Escursione dei socii della Sezione Fiorentina al monte Amiata” in L’alpinista Periodico Mensile del CAI, 1874 n. 4

Alla sera soci escursionisti erano di ritorno a Siena soddisfatti e della corsa e delle accoglienze ricevute, quantunque indignati per il pessimo servizio ferroviario da Grosseto a Siena.

Nel 1861 da Pisa si va a Viareggio e Pietrasanta, poi a Massa, Sarzana e La Spezia.

Da “Itinerario per escursioni ed ascensioni alle più alte cime delle Alpi Apuane” ,1876

Alla stazione ferroviaria di Massa si trovano sempre vetture che portano fino a Gronda; di lì oltre la via diventa mulattiera. Il prezzo, un po’ caro, è di lire 10. Consigliamo l’alpinista ad andare a piedi.
Partenza della comitiva da Firenze alle 18.20 per Massa. In vettura al Ponte di Gronda e a piedi a Resceto arrivandovi al tocco di notte. Pernottamento di tutta la comitiva (12 persone) in 3 letti, i soli disponibili a Resceto.

Dal Bollettino della Sezione, 1915

Giunti a Pietrasanta alle 20,38, telefoniamo a Ponte Stazzemese perché ci preparino le camere e ripartiamo subito in vettura a quella volta, arrivandovi solo alle 23,45 a causa delle pessime condizioni della strada e dello sgangherato veicolo che ci trasporta, costretto ad andare al passo e a fermarsi più volte per qualche riparazione. Ci corichiamo a mezzanotte mezzo vestiti per essere più pronti a metterci in marcia nelle prime ore del mattino.

Per il superamento dell’Appennino tra Firenze e a Bologna occorre arrivare alla fine del 1864 con la “Porrettana” che costituì per 70 anni il più importante collegamento tra nord e centro Italia, valorizzando le zone dell’alta valle del Reno e della montagna pistoiese.

Da “Carnevale sui monti dell’Abetone”, Bollettino della Sezione, 1910

Il viaggio che potrebbe essere comodissimo se l’automobile postale in partenza da Pracchia non cedesse il posto, durante la stagione rigida alla lenta diligenza, per quanto interessante è dati i trasbordi a San Marcello dalla diligenza al calesse e a Cutigliano dal calesse ad un terzo veicolo troppo lungo. Questo inconveniente potrebbe essere eliminato se nella ventura stagione il numero dei soci bastasse per  noleggiare un omnibus automobile.

La “Faentina”, divisa in 4 tronchi, fu costruita in circa 40 anni dalla sua ideazione: entrò in esercizio nel 1893 con la realizzazione del tratto di montagna da Borgo San Lorenzo a Marradi.
Altra storia ancora più travagliata quella della Lucca-Aulla, iniziata fino a Ponte a Moriano nel 1892, sarà terminata solo nel 1959.
Il desiderio di far arrivare i binari ovunque spinse anche i progetti di linee a “scartamento ridotto”, per risparmiare sugli espropri, ma soprattutto sulle opere più costose come ponti e gallerie, dato che treni più piccoli e quindi più leggeri potevano compiere percorsi più impervi.
Nel 1888 nasce la linea da Arezzo a Stia per rimediare all’isolamento del Casentino, raggiungibile fino ad allora da Firenze solo attraverso la strada della Consuma con almeno mezza giornata di viaggio.

Da “Il Casentino e la sua storia” di Ella Noyes, 1905

Da qui si sale a Borgo alla Collina. Questo tratto di strada è di grande interesse, non per le memorie storiche, che io sappia, ma per le cose pittoresche che vi si possono vedere. La forte pendenza della strada richiede molta abilità e ingegnosità da parte dei barrocciai e dei vetturini che debbono affrontarla coi loro veicoli. E’ necessario un “trapelo”, un’originalissima combinazione di bestie e di finimenti. Quasi ogni essere vivente, dall’uomo in giù, presente in questi paraggi, viene coinvolto in questa operazione, che rasenta l’assurdo. Il barroccio, un tipo di carro basso e a due ruote, caricato dal carrettiere con un mucchio enorme di merci accatastate, sale lentamente, trainato da tre cavalli di taglia e di altezza diseguali, con finimenti a pettorale, con un asino attaccato con una corda a fianco del veicolo e un paio di buoi attaccati davanti come “trapelo”. Così si viaggia verso Firenze; le bestie extra vengono staccate in cima alla lunga salita della Consuma, il resto dell’equipaggio viaggerà lentamente nella notte lungo la strada di montagna, spesso sul ciglio di scarpate a precipizio: i barrocciai addormentati sopra al carico, i cavalli ormai abituati, che si fanno da parte quando incrociano qualche raro veicolo che sale.

Qualche dettaglio merita la più caratteristica delle ferrovie toscane, quella di Vallombrosa, anche per la singolare storia del suo progettista.

L’ingegner Giuseppe Telfener di origini gardenesi, ma nato a Foggia, aveva costruito la più lunga linea ferroviaria dell’America meridionale, la Córdoba-Tucumán e progettato la  New York-Città del Messico con l’idea di utilizzare manodopera italiana qualificata alla quale poi affittare a buon prezzo la terra adiacente, per il controllo e la manutenzione della linea. Telfener assunse circa 1.200 operai tra lombardi e trentini che arrivarono in Texas agli inizi del 1881, ma dopo aver realizzato la prima tratta, battezzata “Macaroni Railroad” dalla scritta stampata sui sacchi di pasta che arrivavano dall’Italia destinati ai lavoratori, è costretto per problemi politici e finanziari ad abbandonare l’impresa.
Tornato in Italia nell’estate del 1890, soggiorna a Vallombrosa e resta così affascinato dalla bellezza del luogo da decidere di costruirvi un grande albergo in stile svizzero (l’Hotel Stazione, oggi Grand Hotel Vallombrosa) e progettare una ferrovia per rimediare al disagio dei villeggianti che potevano arrivare solo in carrozza e dopo quasi 5 ore di viaggio.
Il percorso viene inaugurato  il 2 ottobre 1892 dopo solo 4 mesi di lavori: otto chilometri in 57 minuti, pendenze del 22% e due fermate intermedie, Donnini e Filiberti che oltre alla salita dei passeggeri servono al rifornimento di acqua e carbone. Parte una grande campagna pubblicitaria che parla di Vallombrosa come della“Svizzera italiana a 1000 metri sul mare, con secolari foreste di abeti, clima balsamico e splendido panorama”

Così scrive Edith Wharton di un suo viaggio verso Vallombrosa:

Da S.Ellero dove il treno viene sostituito da una piccola funicolare piuttosto primitiva, un motore ansimante che doveva essere costantemente raffreddato con lunghi rabbocchi d’acqua ci spinse a balzelloni su per la collina. In una giornata così splendente comunque era impossibile lamentarsi della lentezza dell’ascesa. A metà della salita, i ripidi pendii di querceti che avevamo costeggiato lasciarono il passo a un pianoro rivestito di vigneti e campi da alberi da frutto in fiore; poi ancora un’aspra salita in mezzo alle querce e al letto prosciugato dei torrenti di  montagna e ancora su per pendii di ginestre ed erica fino ad arrivare alla cengia più elevata dove termina la cremagliera. Su questa cima si trova Saltino, un gruppetto di case che sembrano di paglia, disposte come scatole su uno scaffale  e uno sfondo di chalet svizzeri. 

Da “Gli sport invernali dei nostri soci”, Bollettino della Sezione, 1910:

Chi non conosce Vallombrosa e non sa che delizioso soggiorno estivo essa sia?  E chi di noi non ripensa con gioia le verdi sommità della Secchieta e del Pratomagno dagli aperti orizzonti sul Valdarno e sul Casentino?
Ebbene quest’anno si è scoperta Vallombrosa nella sua veste d’inverno e si può con sicurezza presagire che le è riserbato un fortunato avvenire come stazione invernale. [..] La strada che unisce il Saltino a Vallombrosa ci vedeva scendere armati di tutto punto dalla vettura della ferrovia a cremagliera e mettere immediatamente in opera in nostri Ski  con varia fortuna è vero, ma sempre con eguale divertimento. Qualcuno degli albergatori di Vallombrosa ha già dimostrato di apprezzare l’importanza della nostra iniziativa per il vantaggio di quella località. e la direzione della Ferrovia S. Ellero-Saltino con uno slancio che le fa onore non ha voluto aspettare l’anno venturo, ma quest’anno stesso ha concesso ai nostri soci durante la stagione invernale la riduzione del 40% sulle tariffe.

Da “Gruppo skiatori”, Bollettino della Sezione, 1911

Per gentile concessione della società della Ferrovia S.Ellero-Saltino la Sezione disporrà di una sala nello stabile della stazione al Saltino. Vi si troveranno le racchette, le slitte e gli sky di proprietà della Sezione, che i soci possono noleggiare. I soci potranno depositarvi attrezzi e indumenti di proprietà personale.

Ma gli eventi bellici e la neocostituita SITA, Società Italiana Trasporti Automobilistici che già prima della guerra aveva inaugurato dei trasporti di prova per Vallombrosa, portarono nel 1924 alla chiusura della linea.
La Ferrovia Alto Pistoiese, ovvero il “trenino di San Marcello” da Pracchia a San Marcello Pistoiese, iniziò il servizio nel 1926 (quindi già elettrico), fu realizzato per scopi industriali, ma contribuì allo sviluppo turistico di San Marcello e delle zone attraversate mettendole in comunicazione con la “Porrettana” che arrivava a Pracchia..
Nello stesso periodo nel quale si afferma la ferrovia, nei centri maggiori sono istituiti servizi pubblici di trasporto sia individuali che collettivi come complemento del treno.
Con i vetturini in attesa alle stazioni iniziano i primi problemi con i prezzi… In una famosa guida turistica del 1869 si legge che al contrario di quello che accade in Francia, Germania e Svizzera, da noi il viaggiatore è preda di facchini e vetturini che hanno l’abitudine di chiedere più del dovuto.

Da “Gita al Pisanino”, Bollettino della Sezione, 1910

Partiamo alle 4.45 da Firenze…. A Massa un rubicondo automedonte ci avvicina, si esamina un tantino la brenna  che ci deve trascinare per le ben conosciute pessime strade Apuane e ci guardiamo l’un l’altro preoccupati dallo stato  miserando del povero ronzino. Chi più chi meno ci avviciniamo tutti agli 80 chili e non possiamo concepire come l’infelice animale ci possa portare fino al Ponte di Gronda.
A Firenze il servizio delle carrozze pubbliche a cavalli era stato regolamentato nel 1830, quando fu emanata anche una tariffa dettagliata per evitare che i fiaccherai approfittassero della «libertà del commercio» e dell’«arbitrio» per depredare i «forestieri, ai quali si permettono di alterare i prezzi a loro capriccio e talvolta anche di ingiuriarli, e maltrattarli nelle pubbliche vie se non è loro dato ciò che domandano».
Ogni sei mesi era prevista una severa ispezione per controllare che i fiaccherai rispettassero i posti numerati loro assegnati nelle piazze e che le vetture e i cavalli fossero in buono stato. A coloro che non erano in regola poteva essere ritirata la licenza, ma nonostante questo, gli abusi erano molto frequenti, tanto che nel gennaio 1849 il gonfaloniere Ubaldino Peruzzi si vide costretto a invocare il rispetto della normativa vigente, per «restituire alla Nostra Bella Firenze quell’ordine, sicurezza e comoda viabilità, la cui mancanza è da tanto tempo l’oggetto delle giuste e ripetute lagnanze dei Cittadini».
Il servizio collettivo a Firenze è legato al trasferimento della Capitale da Torino, con conseguenti trasformazioni urbanistiche economiche e sociali.
Nel 1865 l’amministrazione decide quindi di istituire un servizio pubblico urbano per rispondere alle crescenti esigenza di spostamenti in città che erano effettuati a caro prezzo dalle oltre 500 carrozze private. Si aprono 4 linee cittadine in servizio dalle 8 alle 22 con 60 omnibus, 160 cavalli, 48 cocchieri e 37 conduttori (il conduttore sedeva di solito fuori e dietro alla vettura). I primi Omnibus di colore verde, a carrozzeria vetrata in inverno e aperta d’estate, erano trainati da due cavalli e avevano i cartelli di colore diverso fra linea e linea (per favorire i numerosi analfabeti dell’epoca) per indicare il capolinea di destinazione .
Potevano trasportare fino a 12 persone, la corsa costava 10 centesimi, mentre le vetture di piazza costavano da 1,60 a 2 lire a seconda del numero dei cavalli del tiro. Gli Omnibus erano già usati per i percorsi extraurbani in quanto più capienti di una diligenza e cominciarono a circolare anche fuori porta proprio perché il treno era limitato a poche direttrici e molti paesi importanti ne restavano fuori.
Dove però c’era un miglior sviluppo economico il trasporto era affidato ai tramway: nella seconda metà dell’800 si realizzano tranvie a cavalli e poi a vapore posando le rotaie anche sulle strade ordinarie extraurbane, mentre nelle città si afferma presto la trazione elettrica, meno inquinante.
Firenze ebbe il maggior numero di tranvie a vapore della Toscana: prima fu collegato Prato, Poggio a Caiano, il Chianti e poi Signa, Sesto Fiorentino, Fiesole e alla fine dell’800 anche Bagno  a Ripoli, Rovezzano e Settignano. Nel 1895 c’erano a Firenze 92,7 km di tranvie extraurbane e 27,8 km di tranvie a cavalli.

Gita a Monte Morello,  Bollettino della Sezione, 1914

Partenza col tramway fino a Sesto, poi in diligenza a Calenzano e la Chiusa, quindi a piedi a Leccio, la villa e salita del monte dal lato occidentale. Colazione al sacco. Discesa pel Poggio del Giro, le Lepricine a Rifredi e Firenze.

La tranvia elettrica per Fiesole fu la prima in Europa, sostituiva una tranvia a vapore che dal centro di Firenze arrivava a San Domenico, da dove a causa del forte dislivello, partiva una diligenza a cavalli. Inaugurata nel 1890 fu una delle prime applicazioni europee del sistema di trasporto all’americana (con la corrente trasmessa per via aerea), ma a pochi giorni dall’inaugurazione, un grave incidente causò la morte di 5 passeggeri e il ferimento di altri 12 dei 36 a bordo. Durante la discesa il manovratore non era riuscito a controllare la vettura che per l’eccessiva velocità uscì dalle verghe andandosi a schiantare contro il muro della villa di Doccia.
Nel 1906 si elettrifica la rete urbana per sostituire i vecchi Omnibus: ogni vettura elettrica porta 40 persone contro le 12-16 dell’Omnibus a cavalli. Nel 1908 nasce anche la linea extraurbana elettrica per Scandicci-Vingone e per Grassina.

Da “Una salita invernale alla Falterona”, Bollettino della Sezione, 1910

Così avvenne che la mattina dell’8 marzo salivo in treno delle 7 per portarmi a Pontassieve e di qui, col rapido e comodo omnibus automobile a S.Godenzo dove scendevo alle 9.20.

La rete di Firenze fu caratterizzata da un servizio assai intenso di merci e viaggiatori, ma negli anni ‘20 a causa dell’aumento dei costi esercizio, iniziarono le chiusure di diversi tratti extraurbani.
Le tranvie collegavano anche le zone di maggior sviluppo attorno a Livorno, Pisa, Lucca e in Versilia, dove i tram a vapore raggiungevano gli scali marittimi per l’esportazione del marmo. A Lucca c’era la linea per Ponte a Moriano prima che sullo stesso itinerario fosse costruita la ferrovia della Garfagnana.

Da Rivista Alpina Italiana: periodico mensile del CAI, 1894 n. 6

Forzato al ritorno per impegni miei, la sera stessa a mezzanotte colla guida Efisio Vangelisti scesi a Piazza al Serchio: Arrivai a piedi a Castelnuovo di Garfagnana la mattina del giorno successivo alle 7.30 cioè appena in tempo per salire sul baroccio del postino di Lucca e pel freddo e per la strada gelata ebbi la consolazione di dover percorrere un buon quarto della strada a piedi e la poco edificante sorpresa di cadere in una fossa murata a pochi passi da Borgo a Mozzano col cavallo e con tutta la compagnia.

Da “Al Monte Matanna e a Palagnana”, Rivista Mensile del CAI, 1898 n.8

Ma il tempo stringeva, tre baroccini medioevali, altissimi, a sei posti, ci riservano l’ultimo sforzo ginnastico della giornata e su essi partivamo alla volta di Ponte a Moriano, spiacenti di lasciare d’un tratto quella simpatica popolazione alpestre. Si proseguì ancora per Lucca sugli stessi incomodi baroccini non essendo giunti in tempo a prendere il tram.

In Versilia la prima linea fu la Viareggio-Camaiore del 1900, mentre una vera rete tranviaria venne costruita dal 1916 all’interno del Forte dei Marmi dove l’attività estrattiva richiedeva un sistema di trasporto meccanico come quello realizzato a Carrara con la ferrovia marmifera, anche se qui avrebbe dovuto fare anche servizio viaggiatori.
I lavori iniziarono nel 1913, ma l’intero tracciato fino ad Arni venne ultimato solo nel 1926  con la diramazione più lunga e più orograficamente difficile che richiese, fra le altre opere d’arte, la costruzione della galleria del Cipollaio, tutt’oggi utilizzata dalla strada provinciale. Nelle intenzioni dei progettisti la linea che presentava le caratteristiche di una vera e propria ferrovia di montagna, avrebbe dovuto essere prolungata fino a Castelnuovo Garfagnana.
A Massa la tranvia fu aperta a fine ‘800  fino a Marina con servizio viaggiatori nei mesi dei “bagni” e poi fino a Forno dove il cotonificio arrivò ad impiegare più di 1000 operai.
Le tranvie vissero prospere fino alla fine degli anni ‘20 servendo in modo capillare il territorio ed essendo più economiche del treno.
Dalla metà degli anni ‘20 si estende il trasporto su gomma, le autolinee iniziano ad avere rilievo sociale, nascono le prime autostrade: nel 1933 si apre la Firenze-Mare.
Ecco che anche per le gite si utilizzano: corriere, autobus, vetture private, torpedoni, autocorriere.

Dalle “Avvertenze” per la escursione a Castiglion dei Pepoli da effettuarsi con “automobili private e celeri autobus”, Bollettino della Sezione, 1928

I Soci proprietari di automobili faranno cosa graditissima mettendole a disposizione della Sezione per facilitare il viaggio agli altri Soci. A tale scopo sono pregati darne notizia alla segreteria entro il 20 corrente, indicando il numero dei posti che potranno essere occupati in ciascuna vettura, oltre quello che verrà occupato dal socio proprietario e, eventualmente dal suo chauffeur.

Nell’immediato dopoguerra i servizi pubblici vanno riprendendo la loro l’attività, ma le corse domenicali hanno orari poco funzionali alle escursioni.

Da “Alpinismo, collettivo, individuale e…notturno” , Bollettino della Sezione, 1947 n. 2

Infinitamente più logico e suggestivo partir la sera del sabato, per esempio per Pracchia o per l’Abetone o per Cutigliano o per S.Brigida o per le Apuane, cenare all’arrivo in una gargotta o al sacco e poi prender fra le gambe la strada o il sentiero che ci farà compiere con tutta pace la marcia di avvicinamento nel fresco delizioso della notte, sotto la luna o sotto le stelle, nel silenzio dei monti rotto solo dalla cadenza del nostro passo. E vedremo l‘alba imbiancare il cielo non di fra i tetti della città o mentre siamo stipati in un camion, ma già in alto vicino ai crinali. E avremo davanti a noi ore lunghe da goderci in alto, senza l’assillo del ripartire quasi appena arrivati. E torneremo a casa dopo un’immersione un poco più completa nel magico mondo della montagna, un po’ stupefatti di aver rivissuto, così a buon mercato, una di quelle notti di guerra e di colonia che non si dimentican più, un po’ trasognati di un piacere fisico e spirituale che non hanno pari per chi li sa intendere.

E’ interessante però constatare come nonostante le difficoltà negli spostamenti e i disagi nel trovare punti d’appoggio e mezzi per andare per monti dei nostri predecessori, è comunque immutato lo spirito col quale si va e soprattutto quello col quale si torna, come si legge nelle parole di John Alfred Spranger socio della sezione di Firenze e studente del Politecnico di Milano, al termine di un fine settimana di alpinismo in Apuane nel 1913.

“Scendiamo all’Aronte dove per una buona oretta stiamo sdraiati sull’erba con la pipa in bocca ad ammirare il panorama. Spente le pipe scendiamo la pittoresca strada della Vettolina e verso le 7 ritroviamo la nostra carrozza al Ponte di Gronda. Un buon pranzo all’Albergo Giappone, passeggiatina per la piazza e le vie adiacenti ed alle 10,55 partenza alla volta di Milano per la via di Genova.
Arriviamo a Milano alle 7 di lunedì mattina e qualche minuto dopo le 8 entriamo nel portone del Politecnico per incominciare un’altra settimana di vita resa solo sopportabile da ricordi e da speranze.”.

 

Bibliografia

S.Maggi A.Giovani: Muoversi in Toscana: Ferrovie e trasporti dal Granducato alla Regione. Il Mulino, 2005.
E.Bertini, I. Triglia: Itinerario per escursioni ed ascensioni alle più alte cime delle Alpi Apuane. Tip. Della Gazzetta d’Italia, 1876.
E.Noyes: Il Casentino e la sua storia. Ed. Fruska, 1995.
Carlo Lorenzini: Un romanzo in vapore – Da Firenze a Livorno  – Guida storico-umoristica” . Tip.Mariani Firenze,1856.

Bollettini della Sezione.
L’alpinista.
Rivista Alpina Italiana.
Rivista Mensile del CAI.

Sitografia

“A giro per Firenze con i fiacre”, http://wwwext.comune.fi.it/archiviostorico/narratives/000004/000022.html.
“I trasporti pubblici: dall’omnibus al tramway”, http://wwwext.comune.fi.it/archiviostorico/narratives/000004/000023.html.
“Quando l’uomo più ricco d’Italia era il foggiano Giuseppe Telfener”, http://letteremeridiane.blogspot.it/2015/12/quando-luomo-piu-ricco-ditalia-era-il.html

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