Il concetto di turismo in montagna: una questione di sensibilità

Piangrande di Catelluccio, in cammino verso Forca Viola.

Testo di Gherardo Lombardi
Foto di Neri Baldi

Appassionato di montagna, da poco ho frequentato il corso di escursionismo della neonata Scuola Intersezionale di Escursionismo
“Lupi dell’Appennino”. Siccome svolgo a Firenze la professione di avvocato, mi è capitato, recentemente, di imbattermi nella lettura di una interessante sentenza, che vorrei condividere con voi, perché credo che contenga più di uno spunto di riflessione relativamente al diritto di ciascuno di noi di godere della montagna e dell’ambiente in generale.

La sentenza di cui intendo scrivere è stata pronunciata dal Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte e riguarda la vicenda del proprietario di alcuni immobili situati ad alta quota nella Valle d’Otro, il quale adiva il giudice amministrativo per ottenere l’annullamento del provvedimento con cui il Comune aveva negato l’autorizzazione al volo in elicottero per raggiungere le proprie abitazioni.

L’autorizzazione veniva negata dal Comune in forza di quanto disposto dal regolamento comunale, adottato a seguito della approvazione della legge della Regione Piemonte n. 1 del 7 febbraio 2017, che ha introdotto un divieto generalizzato di utilizzo dell’elicottero per il trasporto di persone in montagna ad altitudini superiori ad 800 metri, salvo deroghe eccezionali (ordine pubblico, attività di soccorso, protezione civile etc).

Il ricorrente, a sostegno delle proprie ragioni, proponeva al Tribunale una interpretazione costituzionalmente orientata della norma regionale che, di fatto, ha vietato il sorvolo delle zone di montagna, al fine di garantire la salvaguardia dell’ambiente naturale e la difesa dall’inquinamento acustico. Secondo l’interpretazione  del  ricorrente la disciplina contenuta nel regolamento comunale e nella legge regionale dovrebbe cedere di fronte alla “tutela del diritto incomprimibile di ogni cittadino di accedere alla propria abitazione, diritto tute- lato sia dall’art. 2 della Costituzione (che garantisce i diritti della persona in tutte le sue dimensioni, da quella più intima a quella sociale e collettiva), sia dall’art. 32 (che tutela il diritto alla salute di ogni individuo, per tale intendendosi non solo quella fisica ma anche quella psicologi- ca, declinabile nel caso di specie come diritto a godere della propria abitazione e dell’ambiente circostante in un luogo montano incontaminato), sia dall’art. 16 (che garantisce il diritto di ogni individuo di circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, tanto più quando si tratti della propria abitazione), sia infine dall’art. 3 (che afferma il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, e che nel caso di specie implica il diritto di ogni cittadino di accedere alla propria abitazione a prescindere dalla ubicazione di quest’ultima e dalla condizione personale del suo titolare, senza ingiustificate disparità di trattamento)”.

Il Tribunale non ha accolto le ragioni del ricorrente affermando che “Non sussiste la violazione dei principi costituzionali richiamati dal ricorrente, dal momento che il “il diritto incomprimibile” di  quest’ultimo a raggiungere e a soggiornare nelle proprie case di villeggiatura e a godere di queste ultime e dell’ambiente circostante non è stato conculcato con l’entrata in vigore della contestata norma regionale, ma solo ricondotto entro limiti di esercizio compatibili con i superiori interessi pubblici perseguiti dal legislatore regionale, tenuto conto che gli immobili sono tuttora accessibili – com’è da tempo immemore – attraverso “il ripido ma facile sentiero n°3 che, in circa un’ora di cammi- no, conduce alle frazioni di Otro”” (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 26 settembre 2018, n. 1060).

Paesaggio lunare nel vallone d’Antermoia, posto a pochi kilometri in linea d’aria dall’affollatissima Val di Fassa ma accessibile solo a piedi.

La sentenza è interessante perché testimonia la sensibilità della Regione Pie- monte rispetto alla tutela dell’ambiente montano ed inoltre perché contiene, a mio parere, un prezioso insegnamento che è quello secondo il quale il diritto di godere della montagna non è un diritto assoluto, incomprimibile che, in altre parole, consente di fare ciò che si vuole, ma – al contrario – è un diritto che deve con- formarsi alla esigenza di salvaguardare l’ambiente stesso. La vicenda sopra descritta mi ha portato alla mente le novità legislative introdotte in Toscana che, purtroppo, sembrano andare nella direzione opposta rispetto a quella tracciata dalla Regione Piemonte. Molti sapranno che, per effetto di una recente modifica alla legge regionale della Toscana del 27 giugno 1994, n. 48, oggi è consentito svolgere gare e manifestazione di fuori strada sui sentieri. L’art. 8, comma 2 della L.R. 48/1994, infatti, prevede che “In via eccezionale, il comune può autorizzare lo svolgimento di manifestazioni e gare ogni anno, ciascuna di durata non superiore ai tre giorni, sui per- corsi diversi da quelli indicati negli articoli 6 e 7, anche in deroga a quanto stabilito dall’art. 2”.

L’articolo, in sostanza, rimette alla discrezionalità del Comune la possibilità di autorizzare lo svolgimento di manifestazioni e gare, sebbene per un periodo limitato (tre giorni ogni anno), sui percorsi diversi da quelli dedicati a questo scopo (v.d. artt. 6 e 7), anche in deroga all’art. 2 e quindi anche nelle aree fuori strada dove è normalmente vietata la circolazione di mezzi motorizzati, che sono: le zone soggette a vincolo paesaggistico, i parchi e le riserve naturali e regionali, gli alvei dei corsi d’acqua, le zone soggette a vincolo idrogeologico etc.

È dunque consentito, purché sia autorizzato, l’utilizzo dei mezzi motorizzati nei sentieri e negli alvei dei corsi d’acqua!

Eppure l’art. 4 dello Statuto prevederebbe, fra le finalità istituzionali della Regio- ne, “il rispetto dell’equilibrio ecologico, la tutela dell’ambiente e del patrimonio naturale, la conservazione della biodiversità, la promozione della cultura del rispetto per gli animali”. La domanda che sorge allora spontanea è la seguente: qual è la ragione che ha spinto il legislatore regionale ad introdurre questa novità? L’intento è dichiarato nel preambolo della legge stessa, dove si afferma che l’opportunità di aggiornare la legge sulla circolazione fuori strada nasce “in particolare, anche con l’obiettivo di incentivare il turismo sportivo per un settore, quello degli eventi motoristici, che assume particolare rilevanza nel contesto toscano, è opportuno prevedere che per alcuni casi specifici, già previsti dalla legge regionale, previa autorizzazione del comune interessato e previa assunzione degli obblighi e delle dovute garanzie da parte degli organizzatori, vi possa essere un ampliamento delle aree in cui è consentito svolgere tali manifestazioni”.

Ma siamo proprio sicuri che vada bene così?
La scelta è politica ed etica, non giuridica: la Corte costituzionale ha da tempo espressamente riconosciuto che è legittima la compressione del diritto del singolo “in presenza di un limite non irragionevole, preordinato com’è alla salvaguardia di una pluralità di beni di rilievo costituzionale, quali l’ambiente, l’arte, il paesaggio” (cfr. Corte Cost., 17 luglio 2002, n. 355). In conclusione, da un confronto delle situazioni descritte, emerge da un lato, quello piemontese, la volontà di incentivare un turismo consapevole della particolarità  dell’ambiente  montano; dall’altro, quello toscano, una tendenza, almeno per ora, ad incentivare una forma di turismo certamente non adeguata alla fragilità dell’ambiente circo- stante e, forse, maggiormente remunerativa.





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