Due parole su Castelluccio

di Laura Caradonna

La primavera e i campi fioriti portano un messaggio di speranza in una terra profondamente scossa dal terremoto

Chi non conosce Castelluccio, almeno per sentito dire?
Castelluccio è però sicuramente qualcosa di più
di un impersonale 42°49’44’’ N 13°12’21’’ E o
delle tante foto della policroma piana fiorita o
ancora, perché no, delle sue gustose lenticchie.

Siamo sul bordo di un altopiano carsico-alluvionale dell’Appennino Umbro-Marchigiano, relitto di un antico lago prosciugatosi, sul versante umbro dei Monti Sibillini, ai piedi del Monte Vettore (Cresta del Redentore). L’altopiano, posto all’incirca a quota 1.350 m s.l.m., si sviluppa in tre distinte realtà che coprono quasi 15 km², convenzionalmente diviso in Pian Grande e Pian Piccolo (in provincia di Perugia) e Pian Perduto (in provincia di Macerata). Nella parte più meridionale del Pian Grande, secondo più vasto altipiano appenninico dopo quello di Campo Imperatore, si trova il Fosso dei Mergani, una vasta dolina che termina in un inghiottitoio ove finiscono le acque meteoriche dell’altopiano. Già solo queste scarne notizie sarebbero sufficienti ad incuriosire per una visita: l’accesso è da Visso a nord,
da Forca Canapine a sud, da Forca di Presta a est.
Ciò detto, una mattina ci troviamo sul camper per andare a fare una girata in zona. I panorami sono splendidi, affascinanti; la natura è incontaminata, ben nota a tutti gli escursionisti e a chi pratica lo sci alpinismo: “uffa che
barba!”- penso. Mio marito, amante della montagna, mi avrà ripetuto mille volte: “che bellezza la Cresta del Redentore! … e poi La virgola… che discesa! Noi siamo scesi proprio da li!”. Non ce lo diciamo, ma resta un dubbio di fondo: “ancora oggi sarà davvero tutto così?”.

Ultimi preparativi subito sotto la cresta del Redentore prima di affrontare la discesa della Virgola, affascinante intaglio del Vettore fino al Pian Grande

Man mano che ci si avvicina alla meta i paesi appaiono vuoti, deserti, diroccati, quasi fatiscenti, alcuni addirittura cancellati dall’atlante geografico perché ridotti a solo cumuli di macerie a causa del terremoto dell’agosto e poi dell’ottobre del 2016.

Che botta è stata per la gente del luogo! Ma la natura non è né benigna né malvagia:  dobbiamo  soltanto  assecondarla, magari capirla e comunque rispettarla nel migliore dei modi. Sono passati neanche due anni da quel giorno, eppure sono rimasta contenta perché ho visto la tenacia della gente del posto, e che voglia di ricominciare: sulle pendici del poggio di Castelluccio i campi sono tornati ad esser quasi tutti coltivati con le famose lenticchie; in prossimità del paese sono allestiti piccoli banchi con esposti prodotti alimentari del luogo (lenticchie, cicerchie, farro) e manufatti di vari tipi (a cominciare da quelli di bambini dell’età da 8 a 13 anni). Un po’ tutti quelli con cui abbiamo scambiato due parole ci hanno detto (o fatto capire): “Castelluccio c’è sempre, noi ci siamo sempre … venite, non ci dimenticate!”:

Il primo margine del Pian Grande visto da Castelluccio

Dovevamo andare a Forca Viola ma, avendo trovato l’ambiente davvero affascinante, abbiamo preferito girovagare sugli stradelli fra i campi fiordalisi di papaveri e fiordalisi, con la consapevolezza che la natura ha sempre ragione. I fiori trionfano sempre, basta saperli apprezzare, magari in silenzio con solo il vento che ti ronza nelle orecchie, e non solo quelli più appariscenti che tutti vanno a fotografare ma anche quella splendida prateria d’alta quota che copre la parte del Pian Grande più vicina all’inghiottitoio.

Un consiglio, se avete una giornata libera merita fare una gita per questi luoghi.
Però un avvertimento: meglio un sentiero in meno e 5 minuti in più a chiacchierar con la gente di lì.

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