di Massimo Fanfani
Quest’estate mi sono trovato sulla via italiana del Cervino, la Cresta del Leo- ne, non ero però da solo; oltre al mio compagno di cordata c’era anche almeno metà della popolazione di Cervinia in un periodo di alta stagione. Nella gloriosa Capanna Carrel ogni cm. quadrato accoglieva una parte di alpinista aspirante al meritato riposo, dove non c’era un corpo, o c’era il sacco dell’immondizia o uno zaino. Questo, non solo sul pavimento ma in ogni piano delle brande compreso il sottotetto adibito a terzo piano. La fortuna e una buona scelta dei tempi mi hanno permesso di trovare un posto comodo all’arrivo nella Capanna, ma nonostante il recupero delle forze quello che è drasticamente crollato è stato il morale. Nella parte finale prima del rifugio ci sono i passaggi un po’ più duri e obbligati dalle corde fisse è lì che ho visto cose che voi umani non immaginate neppure. Se fossi stato ad un Centro Commerciale il tutto si sarebbe risolto con qualche spallata e il ripetere “permesso” in modo compulsivo, ma sulla Cresta del Leone la cosa è un po’ diversa. Oltre a prendere qualche scarica di sassi, che ci sta se hai una cordata sopra, ho dovuto prendere addosso alpinisti interi, liberare cenge e appigli senza badare a nient’altro, solo spostarmi. Deludenti le Guide con i clienti; solo la mia velocità ha impedito che mi pestassero le mani con i loro scarponi, invece di imparare qualcosa sulla sicurezza ho visto cosa non bisognerebbe fare. Devo confessare però che solo grazie ad una di loro, la quale spiegava come passare in modo corretto la “corda della sveglia” al cliente, ho superato l’ostacolo rubando la tecnica migliore.
Mi chiedo, a chi spetta governare e regolare una via così importante e prestigiosa? Nella stagione scorsa si sono verificati vari incidenti mortali e porsi una domanda è il minimo che si può fare. Allora dopo aver visto con i miei occhi come si sale su quella montagna, ho trovato una mia risposta. Nessun divieto o numero chiuso potrà funzionare, gli alpinisti hanno la facoltà di giudicare la situazione e scegliere di non salire. Tra le oltre cento presenze di quella notte, solo due italiani hanno deciso di rinunciare asserendo che per loro frequentare la montagna è tutt’altro che fare un giro al Luna Park, come lo credo anch’io. Mi è rimasta impressa qualche immagine sublime che solo da lassù si gode e l’amarezza che anche lì si può dare il meglio di noi stessi come l’amicizia del mio compagno e il peggio, come ha fatto chi mi ha rubato i bastoncini utilissimi per la discesa al Duca degli Abruzzi.