“I cent’anni anni del Bollettino” di Roberto Masoni

Maggio 2010
Dire di non provare un forte senso di orgoglio e di appartenenza nell’essere Direttore della nostra Rivista, in questo particolare momento nel quale se ne celebrano i 100 anni di vita, sarebbe una falsità. Confesso umanamente di esserne contento.
Ne sono contento perché è un traguardo importante, un obiettivo inseguito con grande tenacia e grande passione. Da me, da tutti noi che facciamo parte dell’attuale Redazione, come da tutti coloro che ci hanno preceduto in questo compito. Tutti coloro, cioè, che negli anni, in questo lungo secolo di vita del nostro Bollettino, hanno profuso energie, continuità e inossidabile vitalità per coronare questo obiettivo. Voglio ringraziarli tutti, uno ad uno, a nome di tutti i Soci del CAI Firenze. Fra costoro vi sono nomi noti e nomi meno noti, ma ciascuno di loro, nessuno escluso, merita il ringraziamento dei nostri associati.
100 anni. Un obiettivo che non deve sembrare scontato. Il DNA della nostra Rivista è composto da tante piccole, ma importanti tessere destinate a mutare e mutarsi fra loro nel corso del tempo, nello scorrere delle stagioni, nell’indirizzo e nell’umore dei Consigli Direttivi della Sezione, nelle disponibilità economiche. Un mutare che ripercorre periodi luminosi e non. “Fare” il Bollettino, proprio per questo, non è un compito facile. Per più motivi. Il primo, forse il più importante, risiede nel fatto che il Bollettino è l’unica, dico l’unica, attività (se così vogliamo chiamarla) che raggiunge tutti i Soci della Sezione, nessuno escluso. Cosa impossibile per qualunque altra forma di attività, per quanto ammirevole e per quanto si ponga, senza risparmio di energie, l’obiettivo di avvicinare quanti più Soci possibili alla frequentazione del CAI e della montagna più in generale. Il fatto di entrare in tutte le case dei nostri Soci comporta altresì una responsabilità non comune, il Bollettino come dimostrazione concreta degli sforzi organizzativi del Club Alpino Italiano, della nostra Sezione in particolare, come testimonianza, e lo dico senza alcuna perplessità, delle nostre capacità rispetto a molte altre realtà. Mi si accusi pure di partigianeria ma nessuno, dico nessuno, ha la preparazione, la professionalità, l’abilità, la tradizione del CAI. In tutti i settori: lo sci, l’alpinismo, la speleologia, l’escursionismo ma anche l’alpinismo giovanile, le attività culturali, il canto, la letteratura, la biblioteca, la segnatura dei sentieri, l’attività dei Gruppi e delle Sottosezioni, l’insegnamento, il rispetto dell’ambiente, la condivisione di certi valori imprescindibili per chi si avvicina a frequentare così come per coloro che la Montagna la frequentano già. In una parola, la promozione di un agire concreto che è sempre di alto livello e di concreta consapevolezza. Perché questo facciamo, abbiamo fatto e dobbiamo continuare a fare indipendentemente dall’appartenenza ad un Gruppo piuttosto che ad un altro, indipendentemente dal fatto di far parte di una determinata Sezione piuttosto che un’altra. Il CAI è fatto di Soci, non dimenticatelo. Anche la stampa, anche il nostro Bollettino deve quindi essere una risorsa per tutti e la testimonianza di una presenza sul territorio disponibile a tutti, anche a coloro che Soci del CAI non lo sono.
Gli altri motivi risiedono, più in generale, nell’ambito di un filone logico che deve ispirarsi al significato di due banali, se vogliamo, ma importanti principi che, anche in futuro, devono servire da traino al lavoro dei membri di una Redazione: equilibrio e ambizione culturale di conoscenza. Due prerogative, queste, che, in questi primi 100 anni di vita, non sono mai venute meno e che, credo, non verranno mai meno. Buon Bollettino a tutti.


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