“1938 – 2008” di Roberto Masoni

Maggio 2008

Grandes Jorasses (foto L. Benincasi)

31 luglio 1938, ore 8 di un limpido mattino. Due giovani un pò rozzi, non molto alti ma sicuramente ben messi, entrano nel Rifugio Torino e chiedono a Leone Bron, il custode, dove si trovi il Rifugio Leschaux. Bron è un personaggio concreto nel modo di fare e di agire, i due non lo esaltano più di tanto, taglia corto … da loro qualche indicazione del tipo “in fondo al ghiacciaio a destra … “.

Dentro di se non può fare a meno di pensare “Ma dove vanno questi due … speriamo bene, là in fondo, con tutti quei crepacci … ”. Il ghiacciaio non li spaventa, arrivano al Rifugio Requin, trovano Jules Burnet, anch’egli custode del rifugio, al quale ripetono “Scusi la Gran Gioras?”. “Par la …” risponde sbrigativo Brunet coltivando gli stessi dubbi di Bron. Ne hanno visti passare di alpinisti veri, loro, Giusto Gervasutti, Pierre Allain, Armand Charlet, Rudolf Peters, nessuno dei due può immaginare che quei giovanotti saranno i primi a tracciare una via che farà epoca, una via sulla nord delle Grandes Jorasses, sullo sperone Walker, l’ultimo dei problemi delle Alpi. I due giovani sono Riccardo Cassin e Ugo Tizzoni.

Ugo Tizzoni e Riccardo Cassin poco dopo la conquista dello Sperone Walker (da: Grandes Jorasses Sperone Walker di A. Gogna Edizioni Tamari 1969)

Cassin non ha mai messo piede nel Massiccio del Monte Bianco. Sa però delle Grandes Jorasses per averle viste su una cartolina inviatagli da Vittorio Varale, giornalista di cui è amico. E’ con quella cartolina in mano che Cassin arriva al Rifugio Torino, sulla foto una vaga traccia indica lo Sperone Walker.
Negli anni ’30 i grandi “problemi” delle Alpi erano tre, guarda caso tre pareti nord: Cervino, Eiger e Grandes Jorasses. La nord del Cervino fu la prima ad essere conquistata, nel 1931, dai fratelli Franz e Toni Shmidt. Qualche anno dopo, nel 1938, in un clima di follia generale che porta odore di guerra in Europa, mentre le truppe tedesche fanno il loro ingresso in Austria, viene conquistata anche la nord dell’Eiger. Cassin viene da alcune conquiste di formidabile valore alpinistico ma non ha mai messo piede in Alpi Occidentali. Nell’agosto del 1934 ha tracciato una via di rara bellezza alla Torre Trieste, nel Gruppo del Civetta; nell’agosto del 1935 ha aperto un itinerario alla parete nord della Ovest di Lavaredo, ancora oggi, una delle classiche più desiderate; nell’agosto del 1937, seppur con grande dolore per la morte di alcuni compagni, è riuscito in un’impresa che ancora oggi fa scalpore, la conquista della parete nord-est del Pizzo Badile.
Agosto, agosto, agosto … contrariamente alla sua fama di alpinista rude, Cassin è un po’ uomo alla Vinatzer, sempre alla ricerca delle migliori condizioni. Anche le Grandes Jorasses furono conquistate in agosto così come il Gasherbrun IV, in Karakorum, vinto nell’agosto del 1958. Unica eccezione, fra le sue conquiste più celebrate, il Mc. Kinley, vinto nel mese di luglio, poco prima.
Torniamo a noi, alla nostra storia. Nel 1937 Sandri e Menti muoiono nel tentativo di raggiungere la cima dell’Eiger, il tentativo si trasforma in tragedia. Mosso dal desiderio di conquistare quella tetra parete, il 24 luglio del 1938 Cassin torna con Esposito e Tizzoni alla base dell’Eiger, ma è troppo tardi. Heckmair – il grande Heckmair, uno tosto – è già in parete, ha attaccato il 20 luglio ed è già nel terzo superiore della nord. Con lui il fido compagno Ludwig Vorg e l’austriaco Fritz Kasparek, alpinista di talento. Con loro anche un quarto compagno, tale Harrer, che nemmeno si era portato i ramponi. Per fortuna però c’è Heckmair; il 25 luglio 1938 uscirà sulla vetta dell’Eiger. Per Cassin è un brutto colpo, l’Eiger è saltato! Il giorno stesso del suo arrivo a Grindenwald torna a Lecco per concentrarsi sull’altro obiettivo già programmato: lo Sperone Walker.

Grandes Jorasses - Sperone Walker - via Cassin Mario Verin nel diedro di settanta metri (foto L. Benincasi)

Chissà se il ritardo di Cassin, dipeso dalla tardiva consegna del passaporto a Tizzoni, ha modificato la storia dell’alpinismo. Se lo è chiesto anche Georges Livanos: “Quel passaporto ha modificato la storia dell’alpinismo? Chi lo può sapere … Cassin non era uno specialista del ghiaccio? Si era allenato abbastanza per esserlo … l’Eiger non richiede dei virtuosi del ghiaccio o della roccia, ma degli uomini duri, delle bestie indistruttibili … ma a che serve abbandonarsi a questo gioco di supposizioni … il peso di un passaporto, il peso di qualche foglio di carta, inclinò l’ago della bilancia.” (Cassin, c’era una volta il sesto grado di G. Livanos – Edizioni Dall’Oglio – marzo 1984).
Il 30 luglio, a notte fonda Cassin arriva a Courmayeur in compagnia di Tizzoni. Il 31 luglio, dopo le vicende di cui ho già accennato, arrivano ai piedi delle Grandes Jorasses. Le condizioni della parete non sono ideali ma Cassin non lo sa, non l’ha mai vista prima. Guarda negli occhi Tizzoni: “E’ fattibile!” dice, la decisione è presa. Il 31 luglio stesso tornano al Rifugio Torino. Leone Bron, il custode, comincia a prenderli sul serio, forse quei due non sono così sprovveduti come pensava se in giornata sono arrivati fino alla crepaccia terminale delle Grandes Jorasses ed ora sono di nuovo lì.  Il 1 agosto Cassin scende a Courmayeur, avvisa Esposito di raggiungerlo con l’artiglieria pesante.
Lo stesso giorno due grandi alpinisti, Pierre Allain e Raymond Leininger fanno il loro ingresso al Rifugio Leschaux. Allain, un vero innovatore e certamente un po’ superiore a Cassin sulla roccia pura, oggi diremmo nella libera, aveva già attaccato lo sperone l’anno prima con Edouard Frendo ma era dovuto tornare sui suoi passi. Adesso è più che mai deciso, attaccherà di nuovo, il tempo è stabile, l’umore ottimo. Ma proprio la ricerca della “libera”, senza compromessi all’artificialismo, lo condizionerà a tal punto da rinunciare anche a questo tentativo. Allain non conosceva Cassin, non lo aveva probabilmente mai sentito nominare, per lui il centro del mondo era Chamonix, un po’ come per Charlet, non sapeva che la superiorità del Riccardo era proprio quella di ricorrere senza freni all’artificiale, quando si rendeva necessario, e nella quale possedeva un’esperienza shiacciante, tecnica invece ignorata del tutto da Allain. E tantomeno sapeva, Allain, che proprio al Badile Cassin aveva dimostrato di non soffrire di mancate raffinatezze così come sulle formidabili muraglie dolomitiche dove aveva dimostrato che si poteva salire anche dove le difficoltà si susseguono una dietro l’altra, senza interruzioni. L’importante è vincere.
La nostra storia sta per finire, il resto è solo cronaca. Il 3 agosto i nostri sono di nuovo al Leschaux, il rifugio è vuoto. Il 4 agosto Cassin scrive sul libro dei visitatori “4 agosto 1938, una del mattino, partiamo per la Valcher”. Non sa nemmeno come si scrive, che il vero nome è Walker, d’altra parte la W e la K non fanno parte del vocabolario di italiano. Molti alpinisti ancora oggi la chiamano Valcher. Giusto Gervasutti e Arturo Ottoz si lanciano all’inseguimento di Cassin, dopotutto sono in due quindi più veloci di una cordata di tre e soprattutto contano di trovare qualche chiodo lasciato in parete da Cassin che faciliti loro la progressione. Ma il tempo non sarà benevolo nei confronti del “Fortissimo”, Cassin è già oltre metà sperone, Gervasutti rinuncia. Nel primo pomeriggio del 6 agosto, dopo tre giorni in parete, Cassin, Esposito e Tizzoni escono in vetta alle Grandes Jorasses nel bel mezzo di una tempesta di neve. Dovranno bivaccare ancora una volta, poco sotto la cima, il 7 agosto rientrano alla Leschaux, la sera stessa sono già ad Entreves.
Mario Verin sul "Ghiacciaio Triangolare" (foto L. Benincasi)Un’ultima annotazione la riservo alla linea d’attacco seguita da Cassin poiché sono in molti ad averne discussa l’eleganza e allora, se permettete, nel mio piccolo, voglio farlo anch’io. Andando all’attacco dello sperone Cassin aveva ovviamente trovato le tracce lasciate da Allain in occasione dello sfortunato tentativo di qualche giorno prima. Scrive Gogna: “Cassin ha commesso un solo errore, che è stato fatto passare per abilità. Il primo risalto è stato da lui superato direttamente, senza usufruire del diedro Allain superato pochi giorni prima e perdendo quindi un mucchio di tempo. Naturalmente la sua soluzione è più diretta, e più a filo sperone. Ma è illogica … chi dice che la sua soluzione è più elegante parte dal criterio che più una via è diretta e difficile, e più è bella. Io invece considero più elegante … il diedro Allain, che sfrutta il punto più debole della parete … il non essersi accorto che a sinistra c’era un passaggio più conveniente, non segue la tradizione … di un genio … degli accorgimenti come Cassin” (Grandes Jorasses – Sperone Walker di A. Gogna – Edizioni Tamari – maggio 1969).
Per quanto scritta da un grande alpinista, quale è Gogna, mi si consenta di non condividere questa teoria. Mancanza di logica e mancanza di eleganza sono, per una via di montagna, due cose completamente diverse. Almeno io la penso così. Spesso l’eleganza di una via è tale anche a dispetto della logica, tutte le vie realizzate, ad esempio, nel periodo della “goccia d’acqua” sono illogiche se vogliamo, ma molte di loro sono estremamente eleganti, così come tutte le vie fatte nel periodo del “nuovo mattino” sono quasi sempre logiche ma molte non sempre eleganti. Può anche darsi che il diedro Allain sia una soluzione più elegante, se così la vogliamo chiamare, ma chiariamo una cosa: Cassin ha dato prova lungo tutto lo sperone di saper trovare la soluzione migliore a tutte le difficoltà: passaggi complicati, pendoli, cose che spesso nemmeno i ripetitori sono stati capaci di realizzare. Si sarebbe sbagliato proprio all’attacco della via? La parete non era certo in buone condizioni, lo dimostra la ritirata di Allain solo qualche giorno prima, Cassin avrebbe dovuto seguire le tracce di Allain con il rischio di dover tornare sui suoi passi senza guadagnare nemmeno un metro di quota? Aveva un bel diedro davanti che si innalzava direttamente, forse alpinisti meno sicuri delle proprie forze l’avrebbero ignorato ma non Cassin. Qui si parla di Cassin ragazzi … Come scrive Livanos ci troviamo di fronte ad un “errore logico, ecco la novità”, la estrema abilità, aggiungo io, di un uomo straordinario. A dimostrazione di ciò dirò che cinque anni dopo, nel 1943, un certo Gaston Rebuffat in compagnia del solito Edouard Frendo – due nomi che fanno rabbrividire circa le capacità alpinistiche di ognuno di loro – tenteranno la seconda ascensione che realizzeranno dopo un ulteriore tentativo. A dimostrazione che il diedro Allain non era poi la scelta più “giusta” attaccheranno ancora più a sinistra lungo una linea di fessure e placche che richiederanno loro un uso incondizionato di chiodi e staffe. Solo nel 1945, sette anni dopo la prima salita di Cassin, riusciranno a realizzarne la prima ripetizione.
Per concludere dirò che sia la nord dell’Eiger sia la nord delle Grandes Jorasses hanno segnato in maniera indiscutibile la storia dell’alpinismo. Tutto ciò lo dobbiamo a due alpinisti formidabili, eccezionali: Anderl Heckmair e Riccardo Cassin.

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