“Budden, apostolo dell’alpinismo” di Marco Bastogi

Maggio 2008

Le radici del Club Alpino Italiano raccontate dal naturalista Antonio Stoppani dalle pagine del suo libro più celebre:“Il Bel Paese”

La storia del Club Alpino Italiano ha ormai compiuto 145 anni ed è ricca di numerose commistioni con quella del giovane Stato italiano. Proprio a Firenze che diventa la Capitale dello stato italiano, nel 1868, soci Piemontesi e Toscani,

danno vita alla prima Sezione del C.A.I. a sud delle Alpi, la seconda Sezione dopo Torino. Nel 1871, l’Abate Antonio Stoppani, scrisse la sua opera più celebre: “Il Bel Paese”.

Richard Henry Budden

Si tratta di un volume unico nel suo genere, concettualmente modernis-simo per l’epoca in cui è stato scritto e geniale nello stile propositivo. Il libro, infatti è suddiviso in ventinove capitoli che l’autore chiama: “serate” (nella terza edizione se ne aggiungeranno altre cinque); in effetti è proprio l’espediente dei capitoli/serate che permette allo Stoppani di impersonare uno “zio” precettore che narra ai nipotini le bellezze naturalistiche del territorio italiano, trattando gli argomenti in maniera estremamente semplice e piacevole per il lettore, ma non a scapito del rigore scientifico.
Il volume, fornisce uno strumento divulgativo destinato agli insegnanti, ma anche utile a soddisfare la curiosità del popolo, costituendo un connubio dell’uso corretto della lingua italiana (Stoppani è stato insegnante di grammatica) e delle sue conoscenze scientifiche nel campo geologico (nel 1861, fu insegnante di Geologia all’Università di Pavia e nel 1867, passò al Politecnico di Milano appena istituito). Il libro ebbe pieno successo tanto che non si contano gli estratti e riedizioni che si sono avvicendate fino ai nostri giorni.

Ne “Il Bel Paese”, vi è una intera “serata” (la seconda), dedicata ad una vera e propria rivoluzione di costume per quegli anni: lo sviluppo dell’alpinismo moderno e la nascita del Club Alpino Italiano. E’ bene ricordare che l’Abate A. Stoppani è stato un personaggio di spicco anche nell’ambito del nostro sodalizio dato che nel 1874, ha coperto la carica di Presidente della nascente Sezione C.A.I. di Milano. Si tratta proprio di uno dei primi capitoli, (la seconda serata) che lo Stoppani ha voluto dedicare interamente a chi ama la Montagna ed ai pionieri dell’alpinismo europeo, una passione travolgente che in quegli anni si stava diffondendo anche in Italia. In questo importante e significativo capitolo del Bel Paese, Stoppani riporta notizie particolarmente care ed importanti anche per la nostra Sezione fiorentina nella figura di uno di suoi primi presidenti: Richard Henry Budden (Foto 2).
Voglio riproporre una parte di questo capitolo, particolarmente interessante per la viva descrizione che viene fatta della figura di R. H. Budden, Presidente ed educatore della nostra Sezione per oltre 20 anni (dal 1874 al 1895) una sorta di istantanea dello spirito montanaro ottocentesco che voglio riproporre, così come Antonio Stoppani l’ha scritta.  “… gl’Inglesi s’invaghirono tanto delle Alpi e delle salite alpine, che, essendo abituati ad associarsi per ogni ménomo intento, istituirono un’apposita società anche per le salite sulle Alpi. Questa società si chiama Alpiner club, che vuol dire Associazione per le Alpi. I soci si chiamarono alpinisti, ed in mezzo a loro avrebbe dovuto arrossire chiunque non potesse raccontare pericolose avventure, né avrebbe potuto aspirare al grado di presidente (se mi fu detto il vero) chi non avesse piantato la bandiera del Club sopra una vetta non ancor tocca…
… dopo l’istituzione del Club alpino inglese, le corse sulle Alpi si fecero così frequenti e con esiti così felici, che in breve nessuna valle rimase inesplorata, nessuna cima inaccessa. Il Monte Bianco, che fino a’ dì nostri serbò non disputato il vanto di segnare il punto più culminante d’Europa, è ormai ridotto cosi domestico che il salirlo è per gli alpinisti una partita di piacere. La fierissima Jungfrau non è più da lungo tempo la vergine intemerata, che suona il suo nome. Il Monte Rosa, che s’imporpora al primo raggio d’oriente, vide improntato di orme umane il suo candido cappuccio; e non poté alla lunga sottrarsi all’ardimento degli alpinisti nemmeno il Cervino, che rizza ignudo il suo corno dai campi delle nevi eterne come le piramidi dalle sconfinate arene del deserto.
… Quintino Sella fu il primo a levare il grido della riscossa, e riuscì a fondare il Club alpino italiano, che gli valse l’onore degli scarponi ferrati di cui lo vedete calzato sempre nei nostri giornali di caricature. Il Club alpino italiano ha la sua sede a Torino, e le secondarie in Aosta, Varallo, Domodossola, Agordo, e, stupite! a Firenze ed a Napoli. Vanta a quest’ora valorosi proseliti, emuli dei più arditi Inglesi, e fra essi quell’ingegnere Giordano che fu ad un pelo di rapire agl’Inglesi la palma della, prima ascensione al Cervino. Se il Club alpino italiano ha degli adepti, ha pure un apostolo: quello di cui ho promesso parlarvi. Ma… non tacerlo; inarcate pure le ciglia, spalancate pure la bocca; la cosa è così: l’apostolo del Club alpino Italiano è un Inglese. Scommetto che appunto per questo vi pizzica ancor più forte la curiosità di conoscerlo e di ascoltare un pochino del suo vangelo. Egli non voleva certo venir meno alla sua missione, mancando al congresso di Agordo,  a cui vi ricordate ch’ero presente anch’io.
“Vedete là quell’ometto, dall’occhio vivo, pieno d’intelligenza e di bontà, con un visetto paffuto, tinto di vermiglio carico sopra un fondo morbido e bianco, tra due pizzi candidi come la neve? Quello è Mister Budden in persona
”. Per me credevo d’aver fatta onorevolmente la parte mia, attraversando a vapore mezza la Lombardia e la Venezia per non mancare al convegno; ma Mieter Budden c’era venuto difilato da Londra, e ci sarebbe venuto io credo, anche se avesse dovuto fare il giro del mondo. Noi Italiani ci sforziamo spesso d’invaghirci di tutto; l’Inglese invece s’innamora d’una sola cosa che pone in cima a’ suoi pensieri, e le consacra le sostanze, gli affetti, la vita, finché (vivo o morto non monta) giunga alla meta. “Badate un poco alle mosse di questo signor Budden. Egli si accosta a quel giovinotto, di cui non conosce né il nome, né la patria, né la condizione; ma gli avrà letto in viso i segni della vocazione all’alpinismo. Lo piglia per un bottone, per un occhiello, per la falda dell’abito… non saprei bene; ad ogni costo eccolo nelle sue mani, e non può più scapparne finché non abbia digerita intiera la predica. State sicuri che l’apostolo gli va sfoderando tutti gli argomenti possibili per indurlo ad iscriversi fra gli alpinisti. Gli dirà dei difetti de1 viaggiare ‘sulle Alpi, della robustezza e della salute che si avvantaggiano di questo laborioso esercizio; gli dirà che il Club alpino giova a far conoscere e sviluppare tutte le risorse della grande regione delle Alpi, così ricca di minerali e di piante, così fornita di popolazioni gagliarde e intelligenti; gli dirà… Ma osservate, il volto si anima, i suoi gesti si fanno più espressivi, la voce cosi alta che possiamo intenderne le parole. Uditelo: “ L’uomo che sfida la fatica ed i pericoli, è un uomo che si fa conoscere. Un giovine italiano che compisse un’ascensione difficile si guadagnerebbe la stima di tutta l’Inghilterra. La istituzione del Club alpino è forse quella che darà perfezione alle altre istituzioni italiane. L’Italia crescerà col crescere del Club alpino; da questo dipende ch’ella sia gloriosa anziché dimenticata, che prosperi anziché deperire.
Gl’Italiani, educati alla scuola del Club alpino, diverranno forti, e l’Italia diverrà quindi un popolo di forti. (qui innanzi riferisco le proprie parole di Mister Budden, come ricordo di averle intese dalla sua bocca. Queste poi si possono leggere in parte nel n.228 (25 settembre 1871) del Giornale di Udine). “Siamo, per esempio, in viaggio (ed io posso dirlo perché mi ci son trovato): s’incontra un passeggero che non ha mai sognato in vita sua né Alpi, né Club alpino. Mister Budden gli si affaccia, lo ferma e gli predica li su’ due piedi in mezzo alla strada il suo piccolo vangelo. Chi sa mai? forse quel passeggiero è già un neofito.. diverrà fors’anco un apostolo… Ciò lo conforta, e: avanti! – “ Dov’è Mister Budden? –  Mah! egli è entrato in quell’alberghetto là in fondo. – A far che? – Bella! l’apostolo. Ha preso in disparte l’oste e l’ostessa, e sta predicando il vangelo del Club alpino, che assegna agli osti una parte principalissima nel ministero del nuovo culto delle Alpi. – Signori, – dice Mister Budden all’oste e all’ostessa attoniti, – codesto dell’albergatore non è un mestiere; è una nobile professione, è una missione. La classe degli osti sta di pari a qualunque più nobile classe della società.
L’oste è l’amico dei viaggiatori; a suo tempo il fratello, il padre, la madre. Il nome di un bravo oste si stamperà sulle nostre guide e diventerà una celebrità per tutto il mondo. – Non so se gli osti italiani vorranno intenderla; e sarebbe pur bene che la intendessero così, ma posso assicurarvi di aver trovato in Germania ed in Iscozia, degli osti alla Budden. Questi frattanto ha rovistato l’albergo da cima a fondo, ha fatto ad occhio l’inventario di ciò che vi è o che vi manca, e conclude colla raccomandazione. – Bisogna far questo, provveder quello. –
“ Né questo modo di raccomandare è un’insolenza, come può parere alla prima. Un pò pareri, un pò  denari, dice il proverbio: e se l’oste si mette ai servigi del Club alpino, troverà chi gli fornisce i mezzi necessari per introdurre nel proprio albergo un pò di quell’insieme di comodità e di agi che rendono modestamente gradita e salubre la vita, e che gl’Inglesi chiàmano confort. Così se voi, quando sarete grandi, darete il vostro nome al Club alpino, dovrete pagare una piccola contribuzione annuale; ma ne avrete largo compenso dal gusto d’incontrare in ogni angolo delle Alpi colleghi ed amici che vi accoglieranno come fratelli, e di essere invitati alla festosa adunanza che si tiene ogni anno dai soci in questo o in quel paese delle Alpi.
”…
Ecco in questo breve brano tratto dal celebre libro che è stato oggetto di innumerevoli ristampe durante il secolo scorso,  l’opportunità per affacciarci ad una finestra aperta sulla nostra storia, una storia che ci tocca molto da vicino. La storia ultrasecolare del Club Alpino Italiano che si è sviluppata grazie al volontariato ed all’entusiasmo dei Soci; è grazie ai Soci che è stato possibile operare a favore della Montagna, realizzando rifugi, bivacchi, sentieri, rimboschimenti ed altre opere di utilità sociale. Lo scenario di oggi, è certamente molto diverso e si è evoluto seguendo i ritmi incalzanti della vita moderna, ma parlando di Montagna si ha comunque l’impressione che nei confronti della passione che ci distingue in fondo non è mai cambiato niente.

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