“Calma” di Andrea Tozzi

Maggio 2009

Ci sono a mio avviso almeno due livelli di fruizione del piacere, di qualunque genere esso sia e da qualunque cosa sia stato generato. Che si tratti di una bella vacanza in qualche luogo a lungo tempo sognato, una gita tra monti agognati, una rilassante giornata in un Hammam turco, una nuova città visitata, un piatto dal gusto nuovo, una compagnia desiderata, una complessa teoria alla fine compresa, il rumore di un mercato arabo, l’odore del caldo estivo di una brughiera mediterranea…
foto F. Mascherini

Il primo livello è quello immediato che ti spinge a fare tutto, vedere tutto prima che sparisca, a leggere tutto, a camminare dappertutto, come se l’imminenza della fine fosse la cosa più determinante ed importante. Ti si scatena dentro una sorta di voracità, di istinto alla sazietà che poco lascia al resto. Il secondo livello è quello che necessariamente sorge dopo, che ti si diffonde addosso lento, che ti avvolge e ti rilassa e che ti permette di vedere le cose ed apprezzare il mondo. Nasce dalla voglia di assaporare le sensazioni, di capire il profondo motivo della loro esistenza, il perchè siano capaci di scatenare tanta bramosia e del perchè si sia pronti a disperdere così tante energie per inseguirle. Personalmente lo associo a rumori e sapori, a lenti discorsi quasi banali ed indolenti, al tepore di un sole noto, ad una lenta salita su per un versante innevato o una roccia fredda e bagnata. è la calma che può derivare solo dalla rilassatezza dell’animo, dalla pace con se stessi. Ecco che a quel punto, e solo a quel punto, si capisce il perchè di tanta fatica, fisica od intellettuale che sia o spesso entrambi.

Ricordo un simpatico tipo di Roma, conosciuto in Marocco mentre stava girando il sud del paese in viaggio di nozze, fresco di matrimonio della sua bella moglie marocchina che soleva dire a questo proposito “è come quando te ne torni a casa e che ‘a gente te sta a dì: Come!! Nu ci sei stato?!!” riferendosi a qualche posto che ti sei perso proprio lì, a due passi da dove sei passato te e che a detta loro era l’unica cosa che assolutamente era da non perdersi. Quasi ti senti sciocco a dirgli che non avevi la Lonely Planet con te e che magari hai preferito vagare per le viuzze strette di un mercato, tanto strette che ad un certo punto hai avuto la sensazione di trovarti in qualche angusto corridoio di una qualche casa… ed effettivamente hai scoperto che proprio di questo si trattava.
Oppure il piacere di osservare il lento muoversi della luce che filtra dalle minuscole finestrelle tonde di un Hammam mentre sei steso su di un piano di marmo che è lì da oltre mezzo millennio a far da contorno ad una perenne nuvola di vapore che annebbia la mente e rilassa il carpo. La calma di un pomeriggio passato a bighellonare per i parchi di Parigi, pregevoli opere di un pregevole città, apprezzandone la vita che ferve, le persone che si avvicendano, i cambiamenti stessi del luogo nell’arco delle ore, i colori che cambiano le ombre che si muovono.
Il lento procedere per quelle montagne che tutti gli anni ritrovi uguali ma sempre diverse, oppure nelle valli fra paesini popolati da persone che quasi si stenta a capirne il verbo tanto è forte l’accento quando proprio non si tratta di una lingua diversa. La malga scoperta per caso, il gusto del burro che quasi burro non ti pare, il vecchio che ti parla della montagna, di quanto è dura la vita lassù e del nipote che vorrebbe studiare e della scuola lontana. Degli animali al pascolo fra prati e montagne, “laggiù” ed indica un bosco che quasi non vedi. Del fornaio che d’inverno chiude e va in città e “meno male che c’è quello del comune”… di fornaio e della maestra che abita lassù e che “quando nevica… la sua è la prima strada che spazzano!”, col trattore s’intende. La serata passata nella calma sorniona e silenziosa di un rifugio alpino, il cui gestore racconta storie di gente d’altri tempi o forse di tempi in cui esisteva un altro genere di gente, non lo riesci a capire. Ma se ti fermi, magari ti rimetti in cammino un’ora più tardi del previsto, ci torni, ci parli… ecco che forse cominci ad intuire l’altro livello del piacere che non è solo quello del percorrere con successo la traccia o il sentiero che ti sei studiato per tutta una settimana o un mese intero, del gesto atletico, per quanto piacevole ed appagante, lo so! Il mondo attorno può apparire in modo diverso da quel che sembra se riesci a trovare la calma, quella interiore, non necessariamente legata a movimenti lenti o a giornate passate a bighellonare come poc’anzi detto. Talvolta la calma segue percorsi strani, difficili da individuare e contraddittori, che posson passare attraverso frenetiche conversazioni, assurdi dialoghi o spericolati accostamenti di persone: niente è certo se si ricerca la Calma! Il rumore del vento che ti soffia attorno, la corda che si tende pericolosamente, il fiato che ti vien meno e il cuore che si ferma per un istante, il freddo che ti si condensa sui baffi, l’appiglio che non trovavi e ti appare sotto le dita, la neve farinosa che piano piano risali, il vuoto attorno a te di una ripida discesa, il colore tenue dell’alba e lo sfrigolare dei cristalli di ghiaccio sotto gli sci, il caldo del fiato che respiri e che ti appanna gli occhiali e riempie del suo suono il cappuccio del tuo tecnico guscio in GoreTex GTX, talvolta ti portano quella calda sensazione di Calma e ed ecco che allora il salire non ti pare così assurdo o perlomeno ti appare meno assurdo di quando qualche amico ti chiede del perchè ti piaccia “andare in montagna” salendo anche quando non ce n’è bisogno. Chi ha provato ad arrampicare, anche quel poco che ho fatto io, sa quanto la Calma interiore sia importante per trovare gli appigli, gustarli e farli diventare parti di se come se fossero gli scalini di una comoda scala, ognuno nel suo piccolo, scoprendo il proprio VI grado, con Calma lo si trova… alla fine, “this is the end”, come dice la canzone che ascolto in questo preciso momento…
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