Maggio 2009
Il “Sergente nella neve” è “andato avanti”, all’età di 86 anni. In silenzio, lievemente senza rumore come il cadere della neve sui boschi della sua Asiago, in modo riservato come da sua volontà. Nella chiesetta del cimitero di Asiago non più di dieci persone, la moglie, i tre figli, i due nipoti ed il fratello; nessuna autorità ne amici. Era nato ad Asiago il 1 Novembre 1921; qui trascorse la sua infanzia e giovinezza tra i pastori e la gente di montagna dell’Altipiano di Asiago e del Trentino.
A guerra finita scrisse: “Per i lavori aiutavo in casa o nel negozio di generi alimentari che avevamo sulla piazza centrale del paese. Ma c’era anche da preparare la legna per l’inverno, tagliare il fieno…. Io la terra trentina l’ho amata fin dalle elementari, attraverso una canzone che ci faceva cantare ogni mattina la maestra. Era la canzone del cieco di guerra sull’Ortigara, che guardava Trento da lontano. Non poteva vederla, ma oltre le cime la indovinava, la sognava”.
Nel 1938 si arruolò volontario negli Alpini; ha combattuto nella Seconda Guerra mondiale durante la quale è stato insignito della Medaglia d’argento al valore militare. Entrò alla Scuola Militare Alpina di Aosta e, più tardi, combattè nel Battaglione Vestone in Francia, Grecia, Albania, Russia con il grado di sergente maggiore; qui sperimentò la tragedia della ritirata, dell’abbandono e della morte nel gelo e nella neve. Fatto prigioniero dai tedeschi allorchè l’Italia firmò l’armistizio dell’8 Settembre ’43, fu trasferito in un lager in Prussia orientale. Rientrò a casa a piedi il 5 Maggio ’45. Ritornato dopo la guerra nella sua Asiago, che non ha più lasciato fino alla sua morte, fu impiegato del Catasto comunale fino al 1970 e poi si dedicò interamente al “mestiere” di scrittore, romanziere e giornalista di fama collaborando con “Il Giorno” e “La Stampa”. Socio onorario della Società Alpinisti Trentini, la Sat, si considerava da sempre grande amico del Club Alpino Italiano.
Ebbe infatti a dire: “Ricordo che in quei giorni difficili, mi tornò prepotente quella voglia di andare pacificamente per montagne a dispetto di tante amarezze, di tanta disperazione. Così ci rimettemmo insieme a progettare nuove escursioni grazie alla sezione del C.A.I. e presto ritrovammo il contatto che desideravamo con la natura alpina e con noi stessi. Quale migliore antidoto dopo tanti veleni? E senza più dovere sparare fucilate contro il nemico…”. Rigoni Stern considerava significativamente la Biblioteca della montagna nel Palazzo Cesarini-Cresseri, sede della S.A.T., il “rifugio” più bello e duraturo costruito dai consoci. “Il Sergente nella neve” del 1953 segnò l’esordio letterario di Rigoni Stern e divenne immediatamente un classico vincendo il Premio Viareggio; nel libro raccontò la tragica storia della ritirata di Russia del 1942/1943 con tutti i suoi strazi e tristezze. Tradotto in diverse lingue e utilizzato in tutte le scuole italiane come testo di lettura: è una storia straordinaria per il lettore ed un grandissimo atto di amore per gli alpini, ma anche per tutte le vittime della guerra, compreso “il nemico” russo rappresentato sempre senza odio e con profonda umanità. Ricordo che sui sussidiari delle scuole elementari e sui libri di italiano delle medie erano pubblicati brani tratti dal suo capolavoro; essi mi facevano immaginare cosa avvenne in Russia e ricordo addirittura una interrogazione volontaria su uno di questi brani. Da allora ho letto tutti i libri di Rigoni Stern. Personalmente l’ho visto la sera del 16 Marzo 2006 al Teatro Puccini di Firenze quando intervenne alla rappresentazione teatrale di Marco Paolini “Il Sergente” tratto dal suo libro più famoso appunto.
Mi apparse stanco, affaticato quasi malinconico, come se non potesse più sostenere il fardello del peso di quella brutta avventura che senz’altro ha segnato il suo cammino umano. Alla fine dello spettacolo volle fare un piccolo commento di apprezzamento sullo spettacolo di Paolini, e ricordo che ad un certo punto i suoi occhi diventarono lucidi nel ricordare ciò che nel suo libro aveva raccontato e vissuto personalmente in quella tragedia, ormai lontana nel tempo ma immagino sempre vicina dentro di lui. Successivamente Rigoni Stern ha pubblicato molti altri libri vincendo i premi Campiello e Bagutta con “Storia di Tonle“ ed il Grinzane Cavour per “Le stagioni di Giacomo”.
Leggendo i suoi libri ed articoli ho sempre avuto l’impressione di un uomo dotato di una straordinaria umanità e bontà; pensate che ha salvato la vita a più di un soldato ma anche di un uomo solitario; viveva con la famiglia in una villetta appartata all’orlo di un bosco in località Valgiardini, che spesso ha descritto nei racconti, che lui stesso si costruì nei primi anni ’60 grazie al milione di lire ricevuto in premio al concorso letterario Puccini-Sinigaglia con il libro”Il bosco degli urogalli”.
Aveva una carattere buono e mite e non gli interessavano i convegni. “Domando tante volte alla gente – ha scritto -:avete mai assistito a un’alba sulle montagne? Salire la montagna quando è ancora buio e aspettare il sorgere del sole. E’ uno spettacolo che nessun altro mezzo creato dall’uomo vi può dare, questo spettacolo della natura”.
In molti dei suoi libri Rigoni Stern descrive la natura dell’Altipiano di Asiago, dei boschi e degli animali che ci vivono e trascorrono l’alternarsi delle stagioni da un anno ad un altro, in modo poetico, di chi ama la propria terra e la natura che la animano. Del suo Altipiano ebbe a dire in modo a mio parere meraviglioso: “Così ampio, con questi boschi e queste colline sopra la pianura veneta, così a picco e così isolato, eppure così aperto e così largo, questo paesaggio ce lo portiamo dentro: non aspro come una montagna incombente, ma dolce e malinconico, denso”. Un amore che viene dal profondo del cuore e dalla profonda umanità. I valori che amava della sua terra erano la tradizione, la coralità familiare, gli usi e costumi della Reggenza dei Sette Comuni, valori che ha difeso fortemente quando si è schierato contro il referendum consultivo per il passaggio dell’Altipiano dal Veneto al Trentino.
E’ stato anche autore delle parole di un canto armonizzato da Bepi De Marzi che potrete ascoltare sul CD dei Crodaioli di Arzignano “I Crodaioli 9” ed intitolato “Volano le bianche”. Il canto è ispirato alla battaglia dell’Ortigara del 1917 e dalla follia della guerra. Poi dalle pietre, come colombe della Pace, volarono le pernici bianche. Il testo esatto molto breve ma significativo è il seguente:
Volano le bianche
Dal silenzio dell’Ortigara.
La montagna è rifiorita!
E’ l’alba sull’Ortigara.
Volano le bianche, le bianche,
le bianche
Se ne è andato un grande amante delle montagne, della sua terra e del CAI. Il modo migliore per ricordarlo è leggere i suoi libri
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