“Il Conio, l’alta valle della Lima” di Carlo Marinelli

Annuario 2008

Una gita fantastica nel XVIII secolo.

Dopo una riposante notte, trascorsa a Cutigliano, di buon’ora mi metto in cammino …Il cielo è limpido e l’aria frizzantina, il sole non fa ancora capolino dagli alti monti. E’ mia intenzione raggiungere il crinale, al colle dell’Acqua Marcia, colle che divide la Cima Tauffi dal monte Balzoni.  Prendo una mulattiera, una strada ben curata, atta anche al trasporto materiali con Tregge , che partendo da case Cornia, dal nome di una fortezza che domina Cutigliano, costeggia a lungo Pian di Chiavello e con un’erta salita finale, giunge alla parrocchia del Melo. Da qui la strada si fa più ripida e guadagna quota fino ad arrivare in prossimità del rio Conio dove biforca: mentre la mia prosegue in salita, quella sulla sinistra porta alla Borgata del Conio.

Borgata del Conio nell'estate del 1963

La curiosità di vedere questo borgo, noto per aver dato i natali a Beatrice Bugelli, la poetessa pastora, fa sì che faccia una deviazione. Oltrepasso il Rio, giungo ad un fontanile, poco prima del Conio. La strada che mi ha portato al Conio prosegue e dopo aver superato gli ultimi sproni del monte Lancio e del Libro Aperto arriva al podere Tauffi. D’origini sconosciute, forse ricovero in

Conio allo stato attuale

tempi passati di contrabbandieri (siamo in territorio dello Stato Pontificio) che contraf-facevano la merce marcandola con falsi “coni” per poi portarla nel modenese (attività che era svolta anche nella vicina valle dell’Orsigna dove alcu-ne località come Gabel-letta o Portafranca dan-no valore a tale attività) il Conio è, l’avevo sentito dire ma ora lo vedo con i miei occhi, uno dei tanti agglomerati d’alta montagna dove la miseria si tocca con mano.

E’ situato a 1110 m/slm tra due torrenti, il Rio Conio, come detto poco fa ed il Rio Arsiccio.E’ costituito da una dozzina di case abitate da tante persone. Alcune vivono di pastorizia e di povera agricoltura altre estraggono pietre nelle cave  dei Balzoni e di Cima Tauffi. La vita è dura, lavorano dall’alba al tramonto quando, stanchi morti, rientrano nelle case dove, dopo una frugale minestra, si sdraiano sul letto per un meritato riposo. Qualche gallina zampetta tra le case, tutte di pietra con porte e finestre piccolissime ed i tetti in lastroni di pietra.

Sto per tornare sui miei passi per proseguire sulla mulattiera che ho prima lasciato e che mi porterà in alto, prima alla Croce ai Morti e poi al colle dell’Acqua Marcia, quando sento una voce femminile cantare. Impossibile non riconoscere sia la voce sia il modo di cantare.  E’ Beatrice Bugelli, la giovane pastora analfabeta che canta, improvvisando, in ottava rima. Mi fermo ad ascoltare:

Carlo Marinelli alla "Croce ai morti"

Non vi meravigliate; o giovinetti: se non sa-pessi troppo ben can-tare. In casa mia non c’è stato maestri e manco a scuola son ita a imparare. Se voi volete intender la mia scuola, su questi poggi all’acqua e alla gragno-la volete intender voi lo mio imparare? Andar per legna e starmene a zappare”. Mentre ascol-to questo cantare in versi alcune donne escono dalle case con delle gerle piene di prodotti della terra e caseari.“Buon dì a voi, dove state andando?” Domando loro. “Andiamo a vendere questi prodotti a Piansinatico” mi rispondono.“Scendiamo a Rivoreta passiamo la Lima e risaliamo dall’altra parte”.“ Buon viaggio” – dico a loro.

Mentre le donne si allontanano, il canto continua.
Mi son partita dà mi poggi appostaPer voler questa ottava dichiarare,Il cielo gli è quel pian che non ha costa,L’angiol è quel che vola senz’ale,Dio è quel sere che scrive penna ed inchiostro,e senza carta e senza calamare.Inutil gli’è volger lo sguardo in tondoDitene un’altra che io vi rispondo

Riprendo il cammino per questa bella “MULATTIERA” che sale, a volte diritta a volte con tornanti. Mentre ansimo per la fatica ecco venirmi incontro una carovana di bestie da soma cariche di pietre e lastroni di pietra: scendono dalle cave dei Balzoni e di Cima Tauffi portando a valle materiale per costruire nuove case, le lastre serviranno per le coperture. Tra i conducenti alcuni giovanotti.“Buondì a voi” dico “dove state andando?”. “Portiamo il materiale a Cutigliano, si costruiscono nuove case”. “Domani è domenica, vi riposerete, che farete di bello?”.

Andiamo a ballare ad Ospitale, ci sono tante belle ragazze chissà che un si trovi la sposa”.“Ma che strada farete?”, domando con curiosità visto che Ospitale è dall’altra parte dell’Appennino.“non c’è che una strada, saliamo al crinale e scendiamo dall’altra parte per poi, a notte, tornare a casa”. “Buona festa”, dico loro, e proseguo il cammino.
Ma che succede? Mi domando alzandomi un po’ stordito dalla mia posizione supina. Mi guardo attorno sbigottito; ma io sono in cima alla Tauffi! Mi devo essere addormentato, è stato tutto un sogno! Ho rivissuto, dormendo, quel lontano periodo quando la vita su questi monti era veramente un inferno. Oggi, ringraziando il cielo le cose sono completamente cambiate: tutto questo non esiste quasi più.

Il Conio c’è ancora, ci si arriva comodamente percorrendo la strada che,passando da Rivoreta, unisce Cutigliano a Piansinatico, e deviando poi, ad un certo punto, per una strada vicinale (percorribile in auto).Delle dodici case esistenti, ne rimangono in piedi solo tre, grazie alla passione di alcune persone che ci vanno a passare le vacanze.  Solo di recente il comune di Cutigliano, con il contributo della regione toscana, ha realizzato due” itinerari informativi” per promuovere la conoscenza della poetessa Beatrice; mentre il primo si sviluppa in località Pian degli Ontani il secondo, partendo in prossimità del Melo, conduce al Conio. Purtroppo la casa natale di Beatrice, ancora in piedi fino a qualche anno fa, è stata abbattuta perché pericolante.Poteva essere salvata trasformandola magari in museo, e dare uno scopo di vita a questa borgata, ma nessuno allora ha voluto interessarsene.

Beatrice Bugelli

Ma chi era Beatrice Bugelli? Era una povera pastorella nata al Conio il 2 marzo 1802. Rimasta orfana della madre in giovane età si abituò subito alla dura vita della campagna, aiutando anche il padre nel lavoro. Si sposò col pastore Matteo Bernardi di Pian di Novello trasferendosi in quella località. A quei tempi Pian di Novello faceva parte della parrocchia di Pian degli Ontani e per questo la pastora fu chiamata Beatrice di Pian degli Ontani. Morì nel 1885. I suoi versi, come ho gia detto era analfabeta, furono raccolti da Niccolò Tommaseo dal Giusti dal D’Azeglio e tanti altri. L’amicizia con Francecsa Alexander (Esther Frances) una ricca fanciulla di padre americano e madre inglese che andava a passare le estati all’Abetone fece sì che le sue poesie fossero tradotte e pubblicate sia in Inghilterra sia in America.
Ma cos’è questo cantare poesando in ottava rima? Forse lo saprete ma voglio spiegarlo lo stesso.

E’ il linguaggio dei cantastorie: le ottave appunto. Esse si compongono di otto (ottave) endecasillabi dove i primi sei versi sono legati a rima alternata, mentre gli ultimi due chiudono con la stessa rima (rima baciata). Se esaminiamo attentamente i versi citati possiamo verificare quanto detto. La grande differenza tra Beatrice e i cantastorie dell’epoca è che mentre questi niente creavano perché mettevano in poesia vecchi motivi d’arcadia lei, pur senza alcuna nozione della lingua  riusciva con le sue doti naturali a creare, improvvisando, argute poesie. Ritorniamo però alla nostra “MULATTIERA”.

La casa di Beatrice Bugelli

Questa è ancora oggi visibile, sia pure in parte, e percorribile (ovviamente a piedi). Non inizia più da Cutigliano, gran parte di essa è andata distrutta per consentire la costruzione di altre strade. Adesso la incontriamo sulla nuova strada che dal Melo porta alla fattoria dei Tauffi (le vecchie case Tauffi sono un monte di pietre) e precisamente in prossimità di ciò che resta della vecchia casa colonica del Pollastro; la percorriamo comoda-mente (il tracciato è molto chiaro) salendo in un bosco di faggi. In molti tratti  resti di“opere di ingegneria” per il sostegno della strada e scolo delle acque piovane. Troviamo ancora resti di pavimentazione a pietra (nei punti più delicati del tracciato )e solchi dovuti al passaggio di carri o tregge.

Arriviamo così al termine del bosco, dove inizia il prato. Pochi metri sotto di noi la Croce ai Morti. Qui  la strada è scomparsa ma una brevissima risalita  ci porta in cresta:  al Colle dell’Acqua Marcia (così chiamato per un ristagno d’acqua, oggi non più presente). A proposito di questo valico, vale la pena accennare, che nel 1764, dopo che era stata costruita la Via Ducale, meglio conosciuta come via Vandelli, dal nome del suo progettista, che consentiva al Ducato di Modena di raggiungere il mare, senza passare attraverso lo Stato Pontificio, il Ducato di Lucca ed il Granducato di Toscana (il Ducato di Modena comprendeva oltre che all’attuale provincia anche la Garfagnana e la fascia costiera di Massa e Carrara), si pensò ad una nuova via che collegasse il modenese con la toscana.  Uno degli studi di fattibilità prevedeva che il Colle dell’Acqua Marcia fosse il più idoneo per scavalcare l’Appennino (forse perché da entrambi i versanti esistevano gia dei tracciati); ma sia la situazione politica di allora (quasi tutta la sinistra orografica della Lima ricadeva sotto lo Stato Pontificio e l’attraversamento di tale territorio avrebbe comportato il pagamento di una tassa) sia la natura geologica del terreno che non dava garanzie per la stabilità di una strada fecero sì che il Granduca di Toscana desse inizio alla costruzione di una strada sul lato destro della Lima, in territorio del Granducato, lasciando così decadere l’ipotesi del Colle dell’Acqua Marcia.

La realizzazione di questa strada, la Ximenes-Giardini (l’attuale statale del Brennero inaugurata nel 1781)  che avrebbe collegato la Toscana col Modenese (senza passare per i territori dello Stato Pontificio)  fu così chiamata dai nomi dei due progettisti: Leonardo Ximenes per il Granducato di Toscana e Giardini per il Granducato di Modena.
Concludendo mi pongo una domanda: “come mai  il tracciato di questa vecchia  MULATTIERA non è stato preso in considerazione dagli Amici che curano al sentieristica C.A.I.” ? .  E’ pur sempre un bellissimo sentiero senza alcuna difficoltà, quasi tutto in un  bosco di faggi che porta sul crinale, ad un valico dal quale possiamo proseguire poi in direzione del Corno alla Scale o del Libro Aperto. Nella zona in esame non ci sono sentieri “segnati”. Il numero 8 che porta alla fonte del Capitano, e poi al crinale, passa molto lontano, vicino alla fattoria dei Tauffi.

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