“Santa Fiora, gioiello dell’Amiata” di Cristina Marrani

Annuario 2008

Tra i borghi montani di Toscana abbiamo scelto Santa Fiora per raccontare questa realtà  che a molti nostri lettori sarà capitato di visitare qualche volta, percorrendo le strade del Monte Amiata.

(Padre Ernesto Balducci nel ricordo di Roberto Masoni)

Santa Fiora si affaccia sul versante a sud-est del Monte Amiata, in provincia di Grosseto. Il borgo, insieme alle 4 sue frazioni (Bagnolo, Marroneta, Bagnore e Selva) oggi conta circa 3000 abitanti. E’ suggestivo visitarlo in un periodo dell’anno in cui l’affluenza turistica è minore. Si avverte una tranquillità curiosa: la natura prevale sull’uomo che in questi luoghi cerca una convivenza utile, equilibrata, armonica. Addentrandosi nel borgo dalla porta di accesso ci troviamo immediatamente in Piazza Garibaldi, dove si innalza la torre Aldobrandeschi, simbolo della signoria di questa illustre famiglia che avviò la costruzione delle prime fortificazioni cittadine fin dal 1082. Gli Aldobrandeschi garantirono una certa stabilità al loro feudo fino al XV, facendo diventare Santa Fiora uno dei centri più importanti della bassa Toscana. Dal XV, grazie al matrimonio di Cecilia con Bosio Sforza, la famiglia Aldobrandeschi, divenuta Aldobrandeschi-Sforza, mantenne i propri possedimenti, assicurandosi anche importanti carriere militari ed ecclesiastiche proprio a seguito di matrimoni strategici con la famiglia del Papa Paolo III Farnese.
Nel XVII la famiglia Sforza cedette numerose proprietà del suo feudo amiatino e solo grazie al matrimonio con una ricca ereditiera romana (dal 1674 la famiglia era divenuta Cesarini-Sforza) poté fronteggiare le conseguenze derivanti dalla perdita di molti privilegi, a seguito della politica antifeudataria di Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana. Oggi il Palazzo Cesarini-Sforza ospita la sede comunale ed il Museo delle Miniere e dei Minatori.
Fermarsi a Santa Fiora significa essenzialmente immergersi nella storia di una comunità che ha vissuto una grande epopea: quella dello sfruttamento delle miniere di cinabro, utilizzato sia come colorante – il rosso porpora – fin dai tempi degli etruschi e dei romani, sia per l’estrazione del mercurio. L’epoca dello sfruttamento minerario intensivo ha però inizio nella seconda metà del XIX secolo: gli operai occupati nelle miniere del bacino mercurifero del Monte Amiata passano da poche unità del 1860 a circa 1000 unità della metà degli anni ’70 del secolo scorso, con punte anche di oltre 3000 occupati intorno agli anni ’20. Lo sfruttamento delle miniere, il lavoro duro e pericoloso con i rischi mortali immediati ed indiretti sulla salute della popolazione, hanno favorito lo sviluppo della coscienza socialista a cominciare dagli anni ’20 del XX secolo, con conseguenti iniziative di resistenza antifascista a cavallo tra le due guerre e discreta radicalizzazione politica nei successivi primi anni di esperienza repubblicana.
Santa Fiora annovera tra i suoi cittadini illustri, nobili, prelati, attrici ed una figura ancora oggi straordinariamente attuale: Padre Ernesto Balducci. Ebbene sì, questa terra difficile dove la sopravvivenza dell’uomo è legata strettamente alle risorse offerte dalla natura, mai semplici ed immediate da fruire, ha forgiato il carattere, le convinzioni ed il temperamento dell’uomo Ernesto.  La sofferenza, la lotta per l’esistenza, il duro lavoro, la solidarietà umana tra simili, le disuguaglianze e le feroci ingiustizie, quando non respingono l’uomo alla sua primitiva brutalità, lo innalzano a livelli di pensiero superiori.
Di tutto questo non c’è traccia nella natura che ti accarezza lo sguardo mentre raggiungi Santa Fiora. Immensi boschi di castagni accompagnano la corsa della macchina che, curva dopo curva, paese dopo paese, conduce al nostro Borgo. Tutto appare così tranquillo e ciò che si percepisce è serenità, armonia. Non si può immaginare questi luoghi diversi od ostili, rispetto a quanto si mostrano semplicemente attraversandoli. Che luogo ospitale! Quali sottili e ben orchestrati suoni emette la natura che adula il visitatore con mille promesse di tranquillo benessere!

L’acquedotto del Fiora
A Santa Fiora ho visitato l’acquedotto che è stato realizzato nel 1966. Si tratta di

Acquedotto di Santa Fiora

una condotta lunga circa 600 mt con un diametro di circa 1,5 metri che perfora la montagna fino alle sorgenti del Fiora. Le sorgenti sono qualcosa di magico perché come tante bocche aperte nella roccia, gettano il liquido vitale in vasche semi-affioranti. Le condotte raccolgono l’acqua esplosa dalla roccia e la conducono fuori con una portata di circa 500 litri al secondo. All’inizio dello sfruttamento delle sorgenti, la portata era quasi il doppio; oggi però si è stabilizzata e gli studi condotti confermano che, dopo il calo prevedibile per la tipologia di realizzazione dell’acquedotto stesso, questa portata dovrebbe essere costante nel tempo. Le sorgenti si trovano poco sotto l’abitato di Santa Fiora, allorché il terreno argilloso dello strato superiore del Monte Amiata incontra lo strato vulcanico sottostante. L’acqua piovana, filtrando il terreno, zampilla fuori quando incontra la superficie impermeabile. Con un sistema di tracciamento chimico è stato calcolato che la goccia d’acqua, che fuoriesce dalla sorgente, ha impiegato ben due anni da quando è caduta sulle pendici del Monta Amiata prima di riemergere nuovamente dalla sorgente! Ben due anni di percorsi sotterranei, durante i quali si arricchisce di minerali; tuttavia l’acqua del Fiora non ne è eccessivamente ricca. Ciò dipende essenzialmente dagli strati di suolo che attraversa, non particolarmente ricchi di minerali. Per tale sua specifica caratteristica risulta essere un’acqua ottima da unire ad una ricca di minerali. Le sorgenti del Fiora dissetano gran parte del versante meridionale dell’Amiata, della Maremma fin quasi a Viterbo (1).

La Montagna ed i suoi prodotti
Riemergendo dal buio della condotta dell’acquedotto colpiscono i colori intensi della montagna amiatina e la mente corre al patrimonio boschivo che ne ricopre le pendici. La tutela della montagna amiatina è affidata a vari soggetti istituzionali tra i quali vi è il Consorzio Forestale dell’Amiata, che opera nel settore forestale fin dal 1958 (2). Tra i successi conseguiti vi è la Certificazione di Gestione Forestale Sostenibile, ottenuta con il sistema PEFC (Programme for Endorcment of Forest Certification schemes). Tale certificazione forestale garantisce che le attività di produzione e di commercializzazione di legnami e lavorati sono poste in essere da aziende impegnate nella tutela ambientale, secondo criteri di buona pratica forestale, internazionalmente riconosciuti (3).
Il Consorzio gestisce il patrimonio boschivo dei suoi consociati provvedendo, mediante parte degli introiti derivanti dalla commercializzazione del legname stesso, alle opere di miglioramento e manutenzione delle strade forestali, ai diradamenti, alle ripuliture ed ai rimboschimenti secondo piani forestali di gestione.
Con le molte istituzioni coinvolte nella gestione delle foreste amiatine secondo regole europee, si dispone quindi di un notevole patrimonio di informazioni certe sui boschi gestiti. I principali nuclei forestali che appartengono alla proprietà del Consorzio e che interessano anche il Comune di Santa Fiora sono 4: la Foresta di San Martino (nel Comune di Cinigiano); il Nucleo di Monte Aquilaia e Monte Labbro; il Nucleo del Monte Amiata (dai 1000 mt s.l.m. alla vetta) ed i Nuclei del Siele/Civitella.
Il frutto principale del bosco amiatino è la castagna: ne esistono essenzialmente tre varietà: il CECIO (4), il MARRONE (5), e la BASTARDA ROSSA (6). L’Associazione per la valorizzazione della Castagna del Monte Amiata IGP (Indicazione Geografica Protetta) cura la promozione e la diffusione del prodotto del territorio fin dall’origine (7).
Per chi ama scoprire questi territori si segnala l’esistenza di una STRADA DELLA CASTAGNA DEL MONTE AMIATA. Questa consiste in un percorso che si sviluppa internamente alla fascia fitoclimatica del Castanetum (da un limite inferiore di 500 mt sino ai 1000 mt); è suddivisa in 7 itinerari che attraversano gli otto comuni del versante grossetano del Monte Amiata. Sono tutti percorribili a piedi (ad eccezione dell’itinerario di Semproniano) e rappresentano un buon modo per comprendere appieno l’evoluzione della civiltà del castagno negli aspetti botanici, agricoli, antropologici e storici8.
Infatti nella civiltà del castagno vi è traccia dello stretto legame tra ambiente naturale e lavoro dell’uomo. Padre Ernesto Balducci ricordava che “Per noi il tempo della castagnatura era una benedizione, vissuta in qualche modo, con spirito di uguaglianza. Anche chi non possedeva un suo castagneto, usufruiva delle regole comunitarie anteriori all’instaurazione del principio della proprietà privata. Lasciata la scuola, noi bambini si andava a fare greppo, in parole borghesi a rubare lungo i bordi dei castagneti, ma con qualche sortita nel folto dei marroni, minacciati dal grido tollerante dei proprietari. E le castagne, ammucchiate in casa, ci garantivano il vitto quotidiano” (9).

La Peschiera di Santa Fiora
La Peschiera di Santa Fiora è un angolo verde e rassicurante che si trova alle

La Peschiera

pendici del borgo. L’accesso è quasi a fianco della Chiesa della Madonna delle Nevi (XVII secolo), costruita per servire gli abitanti della parte bassa del borgo e per benedire le sorgenti d’acqua. Infatti i recenti restauri della chiesa hanno portato alla luce le sottostanti sorgenti che oggi possono essere ammirate passeggiando proprio all’interno della chiesa. La Peschiera oggi è un gradevolissimo parco pubblico, arricchito da uno specchio d’acqua dove nuotano pesci, anatre e oche.

La Trota Macrostigma nella Peschiera di Santa Fiora
Di particolare interesse è l’attività di produzione e reintroduzione della trota macrostigma (della famiglia dei salmonidae) che si pratica nella Peschiera di Santa Fiora. La trota macrostigma o trota mediterranea colonizza i corsi d’acqua peninsulari caratterizzati da una forte presenza di vegetazione acquatica, con accentuate magre estive, acqua limpida a moderata corrente, temperature estive superiori a 20°, condizioni considerate al limite per la sopravvivenza dei salmonidi.
In origine questa specie era la più diffusa nelle zona mediterranea: oggi invece la sua diffusione si è molto contratta a causa delle numerose captazioni idriche, dell’inquinamento delle acque, dell’artificializzazione degli alvei fluviali, dei prelievi di ghiaia sul fondo che distruggono i nidi di frega, della eccessiva attività di pesca sportiva, dei fenomeni di bracconaggio e della competizione alimentare. Un’ulteriore causa della riduzione della trota macrostigma è “l’inquinamento genetico”, ossia i danni provocati dalla diffusione delle patologie delle trote fario, di origine alloctona. Le trote fario hanno una maggiore resistenza e le loro patologie sono causa di estinzione di quelle macrostigma, conseguentemente l’areale delle trote fario si è notevolmente espanso a svantaggio della trota macrostigma, più debole.
La Peschiera di Santa Fiora oggi funge da incubatoio. Ogni anno al suo interno vengono prodotte circa 20.000 uova di trota macrostigma mediante attente operazioni di selezione e cattura delle trote riproduttrici. Alla loro cattura segue la spremitura con la conseguente fecondazione artificiale. Le uova fecondate vengono quindi incubate in vasche californiane, fino alla loro schiusa. Gli avanotti nati, una volta riassorbito il sacco vitellino, vengono immessi nei canali dove vi resteranno fino alla maturità sessuale per poter essere quindi utilizzati come riproduttori. E il ciclo continua!

Andar per Borgo
Il centro storico di Santa Fiora si compone di tre terzieri:
– il TERZIERE del CASTELLO, il nucleo più antico che si sviluppa intorno alla Torre dell’Orologio e ai resti medievali della rocca degli Aldobrandeschi, al lato della quale nel 1600 circa fu costruito il Castello Cesarini-Sforza. Discendendo lungo Via Carolina si giunge alla Chiesa della Pieve o delle Sante Flora e Lucilla, che presenta sulla facciata un bel rosone in travertino. All’interno della Pieve si trova una bella collezione di terracotte robbiane.

Palazzo Aldobrandeschi

– il TERZIERE DEL BORGO, che si sviluppa lungo l’asse che collega la Chiesa di Sant’Agostino alla Chiesa di Sant’Antonio. Al termine della via principale, via Lunga, sono tuttora visibili i resti dell’antico ghetto ebraico.
Lungo la via Lunga si costeggiano le mura del MONASTERO delle CLARISSE CAPPUCCINE di Santa Fiora (10). Il convento fu fondato nel 1610 da Suor Passitea ed è rimasto attivo fino al 1990. La presenza di questo monastero e delle sue recluse ha inciso grandemente nella tradizione del paese.
Il sistema di vita claustrale era molto rigido e prevedeva una disciplina ispirata ai principi di rigorosa povertà. Le sorelle vestivano umilmente e poveramente, si cibavano di cibi semplici, osservando frequentemente digiuni e praticando la mortificazione del corpo con l’uso di cordicelle e catene metalliche con cui solevano percuotersi. A mezzanotte le sorelle si recavano in Coro a recitare il mattutino. La loro vita si distribuiva tra la meditazione, il silenzio e la preghiera. Quando non erano intente a tali attività, si dedicavano ai lavori monastici, quindi al ricamo, al confezionamento di immagini devozionali, brevi (11), lavori in ceroplastica, ostie, unguenti, fiori di seta, reliquiari di varie dimensioni e prodotti dolciari. Scrive Padre Balducci al riguardo “Al di là del muro, la grande sagoma del convento delle Cappuccine, la cui fondatrice Passitea, cinquecento anni fa, entrando nella bottega del padre falegname, aveva messo un piede sull’abbozzo di un crocifisso. Udì un gemito: “perché mi calpesti?”. Quel crocifisso, tenuto velato nel monastero e scoperto di tanto in tanto in casi di necessità, è stato il nume tutelare del paese, che in questi giorni vive una diffusa angoscia perché pare che il vescovo abbia deciso di trasportare altrove le monache rimaste. E così un’ultima reliquia della mia isola incantata se ne va: a mezzanotte, quando suonava la campanella (un suono argenteo, rapido e discreto), uscivo dal letto e mi affacciavo per vedere le finestrelle accendersi una dopo l’altra: erano le recluse che si svegliavano per andar a “mattinar lo sposo”. Si accendevano e si spegnevano le finestrelle, come lucciole, e io mi smarrivo in sogni sconfinati che lambivano il mistero che poi mi avrebbe imprigionato.”
– il TERZIERE di MONTECATINO, di più recente edificazione e che si sviluppa intorno alla Peschiera. Dalla Chiesa della Madonna delle Nevi si ammira il bel panorama della parte superiore del paese, oggi sicurizzato da interventi di consolidamento.

Le miniere
Nel Palazzo Cesarini-Sforza ha sede il Museo delle Miniere e dei Minatori del Comune di Santa Fiora. In esso sono esposti i minerali estratti nei vari siti amiatini, vi è illustrato il procedimento per l’estrazione del mercurio dal cinabro, i vari utensili utilizzati dai minatori per il loro lavoro e vengono descritti anche i lavori in superficie che coinvolgevano pesantemen-te le donne. In ultimo vi è riprodotto l’ingresso di una miniera ed il rudimentale sistema di areazione. Da no-tare il sistema di impalca-ture che veniva utilizzato per il sostegno delle gallerie, interamente realizzato con pali di legno. Ciò certamente dipendeva dalla disponibilità di tale risorsa ma anche dalla capacità del legno di adattarsi a piccoli aggiustamenti delle cavità. Circostanze queste che avvenivano con emissione di rumori e scricchiolii che allertavano gli operai che si trovavano nelle gallerie. Un rudimentale sistema di allarme, dunque! Colpisce un quadro esposto. Veniva utilizzato per rendere conto degli operai che erano ancora in miniera e di quelli che l’avevano già lasciata per far ritorno a casa. E’ suddiviso in due sezioni “MINIERA” e “CASA”. L’operaio che scendeva in miniera appendeva la propria fiche (una leggera targhetta di alluminio numerata) nella sezione “MINIERA”. Quando riemergeva spostava la fiche nella sezione “CASA”. Era quindi sempre possibile, sapere chi si trovasse ancora in miniera e chi invece l’avesse lasciata. A questo punto mi sembra interessante raccontare l’epopea di questa attività che ha fortemente condizionato il tessuto socio-economico di Santa Fiora tra la fine del XIX e la fine del XX (12). Sebbene l’attività mineraria sul Monte Amiata abbia storia antica, solo nella seconda metà del XIX, ha inizio l’estrazione industriale del cinabro, per le nuove applicazioni del mercurio nei sistemi di caricamento e sparo dei fucili. La prima società di sfruttamento delle miniere fu fondata nel 1846 a Livorno da una famiglia ebrea con il nome di “Stabilimento Mineralogico Modigliani spa”. Questa società non ebbe vita facile dato che doveva operare in un mercato mondiale monopolizzato dalle miniere di Almaden in Spagna e da quelle slovene di Idrija. Solo nel 1870, e dopo alterne vicende societarie, l’attività estrattiva nel Monte Amiata si incrementò rapidamente, sia per effetto della forte impennata del prezzo del mercurio, che per la scoperta di nuovi filoni di cinabro piuttosto ricchi di mercurio. Nel 1897 fu fondata la Società Anonima delle Miniere di Mercurio del Monte Amiata, che deteneva il controllo della miniera di Abbadia San Salvatore, la più importante del comprensorio.
Da un punto di vista geografico la realtà socio-economica del Monte Amiata si divideva nettamente: nel versante ovest (13) l’assenza del latifondo aveva favorito la diffusione della piccola proprietà fondiaria; nel versante est (14), interessato dall’attività estrattiva, sussisteva ancora un accentramento della proprietà fondiaria, di stampo feudale. Proprio in quest’ultima area iniziò a maturare il primo associazionismo di tipo operaio, con la formazione di una coscienza di classe politica e sindacale di ispirazione socialista. Il periodo della Grande Guerra comportò l’affermazione del comprensorio amiatino come il primo polo estrattivo mondiale, superando anche la miniera di Almaden, ma alla fine della guerra emerse  la necessità di riconvertire gli impianti minerario-siderurgici su livelli funzionali a periodi di pace. Anziché procedere a licenziamenti di personale si mantenne una produzione piuttosto costante con accumulo di scorte, la crisi economica comunque provocò consistenti tensioni sindacali nella zone estrattive.
Nel ventennio fascista il polo minerario conobbe anche l’affermarsi delle componente fascista che, ottenuto il potere, domò le resistenze dei minatori, restituendo ai proprietari le terre occupate dalle cooperative e dalle leghe. In questo periodo l’attività estrattiva del mercurio continuò intensa anche per la forte richiesta dell’industria bellica. Al termine della II Guerra Mondiale ed in occasione dell’attentato a Palmiro Togliatti (15), la protesta operaia assunse caratteri insurrezionali, con disordini che sfociarono in scontri violenti e con l’uccisione di un agente e di un maresciallo della Polizia di Stato.
Nell’epoca della ricostruzione post bellica, l’attività estrattiva amiatina conobbe una nuova crisi che si innestò sulla più generale crisi congiunturale del mercato mondiale (per il progressivo abbandono del mercurio nell’innesco degli armamenti e per i provvedimenti antinquinamento che escludevano il minerale estratto dalla produzione di fertilizzanti chimici). Tuttavia il polo estrattivo manifestò un ritardo tecnologico del suo apparato industriale che lo portò in breve ad uscire dal mercato competitivo.
La crisi produttiva e la conseguente riduzione del personale di miniera provocò forti conflitti sindacali.Riguardo alle prospettive di sviluppo dell’attività mineraria, intorno alla metà degli anni ’70, il Governo abbandonò definitivamente la ripresa di questa attività, scegliendo di far diventare il Monte Amiata una sorta di laboratorio di sviluppo socio-economico basato su un modello integrato:
– nel versante est nacque il Progetto ENI, funzionale al riassorbimento e alla riqualificazione professionale degli ex minatori,- nel versante ovest nacque il Progetto AMIATA, funzionale alla riconversione dei forestali in esubero e alla crescita occupazionale.
L’attività estrattiva cessava definitivamente il 2 settembre 1982. Al problema occupazionale, tuttavia,  si era data solo una parziale risposta, con una  politica assistenzialistica, fondata sulla Cassa Integrazione Guadagni, sulla mobilità lunga, i prepensionamenti e i sussidi di disoccupazione. Con la chiusura dell’epopea mineraria, che aveva sfamato 5 generazioni, cessava anche lo sfruttamento “coloniale” del territorio. I siti minerari e gli stabilimenti metallurgici sono stati lasciati a se stessi con azioni di bonifica solo parziali
La monoeconomia mineraria e gli indirizzi di riconversione economica lontani dalla vocazione naturale del territorio non hanno contribuito a garantire strategie efficaci per lo sviluppo socio-economico di questo territorio che, ancor oggi, si muove tra i residui di un passato controverso ed un futuro abbastanza problematico.

Le principali manifestazioni della tradizione di Santa Fiora
Santa Fiora è anche un Borgo con forti tradizioni, ancor oggi apprezzabili nelle numerose manifestazioni che si svolgono ogni anno. Credo importante darne breve conto anche per segnalare le azioni che si compiono per far sopravvivere e tramandare quanto è iscritto nella cultura sociale di un territorio, prima di tutto conservata nell’uomo.
Canto del Maggio: Nella frazione Selva, il canto del Maggio è un’antica tradizione legata al mondo contadino. Il canto è accompagnato da chitarre e da altri strumenti e verte sul tema del risveglio della natura e degli animali, ma anche sulla preghiera ai padroni di casa a fare una generosa offerta per quelli che passano a “piantare il Maggio”: (maggio); Festa delle Croci: Fiera di merci e vendita in Piazza del tradizionale “Cedro degli innamorati” per lo scambio di doni tra innamorati (cedro/biscotti); tradizionale “Processione dei Tronchi” per le vie del paese: (maggio). Questa processione, che si svolge ogni anno il  tre di maggio, celebra il SS. Crocifisso del Monastero della Pieve delle Sante Flora e Lucilla e ricorda un episodio miracoloso avvenuto nel 1778 durante un terremoto. I forti ondeggiamenti provocati dal sisma crearono fratture nei muri e caduta di mattoni che furono arrestati, come sospesi nell’aria privi di gravità, dall’invocazione di tre devote cappuccine del Nome Santissimo del Crocifisso Signore. Anche il terremoto cessò di colpo e la popolazione, per ringraziamento, fece voto di eseguire ogni anno una solenne processione del Crocifisso che l’aveva salvata. (16) Festa Nazionale del Pane: Dimostrazioni e spiegazioni delle tecniche di elaborazione del pane e degustazioni in piazza con stand allestiti da fornai provenienti da tutta Italia: (maggio);Meeting Amiatino FIAT 500 (luglio); Festival Internazionale Santa Fiora in Musica:  importante evento culturale per il paese di Santa Fiora e per tutto il comprensorio del Monte Amiata. La cittadinanza, i turisti e gli appassionati di musica hanno la possibilità di assistere gratuitamente a quasi tutti gli spettacoli del Festival. Ogni anno sono organizzati dei corsi di perfezionamento con la partecipazione di giovani musicisti provenienti da tutta Italia. In collaborazione con il Maggio Musicale Fiorentino vengono realizzati spettacoli di altissimo livello artistico (luglio/agosto); Fiera delle Sante Flora e Lucilla: (luglio) Fiera di San Rocco: Tradizionale fiera delle merci (16 agosto); Palio dei Somari: Tradizionale corsa dei somari (agosto); Sagra dell’Acquacotta: . Stand gastronomici con degustazione dell’Acquacotta, piatto “povero” della Montagna a base di pane e verdura (agosto); Festeggiamenti in onore della Santa Patrona del Bagnolo: Processione religiosa, festeggiamenti popolari e fiera (settembre);Sagra del Fungo Amiatino: Mostre e convegni micologici, concorsi e degustazione del fungo porcino dell’Amiata (ottobre); Sagra del Marrone Santafiorese: percorso alla scoperta del paesaggio del castagno e delle attività in esso presenti. Degustazione di prodotti tipici a base di castagne, visite guidate nei boschi di Santa Fiora e nei luoghi tradizionali della lavorazione dei marroni: i seccatoi (ottobre); Festeggiamenti in onore di Santa Barbara: Patrona dei Minatori (dicembre); La Fiaccolata: La Festa del Fuoco risale all’epoca medievale. La fiaccola, volta ad illuminare i sentieri che conducevano alla principale chiesa del paese, la Pieve, segna il rito di iniziazione all’età adulta per i ragazzi del paese. Lungo le vie del bellissimo borgo medievale di Santa Fiora e nelle frazioni del Paese (Selva, Bagnore, Bagnolo) si procede all’accensione delle“Fiaccole” per tutta la notte del 30 dicembre; vengono allestiti stand gastronomici per la degustazione di prodotti tipici locali.
In ultimo, rivolgo un ringraziamento particolare al Sindaco del Comune di Santa Fiora, Renzo Verdi, che ha avuto la gentilezza di accompagnarmi nella mia visita a Santa Fiora, illustrandomi le azioni, le prospettive e le problematiche che l’amministrazione pubblica deve oggi affrontare, sospinta dalla necessità di innovare il territorio per dare prospettive di crescita alla propria popolazione senza perdere l’identità e le radici della propria tradizione. Un ringraziamento va inoltre a Sylvia e Davide per la competenza e la disponibilità ad assecondare tutte le mie curiosità sui mille aspetti di questo Borgo. Non mi resta che mandare un saluto a tutti gli amici del Cai che sicuramente avranno già avuto occasione di visitare  Santa Fiora e, qualora così non fosse, mi auguro davvero di aver suscitato un po’ della loro curiosità.

Note:
(1) Le Gallerie dell’Acquedotto del Fiora possono essere visitate, previa prenotazione al telefonica allo 0564/979966 oppure chiedendo direttamente al Museo delle Miniere.
(2) Il Consorzio Forestale dell’Amiata si occupa della gestione di circa 3100 ettari di bosco. Inizialmente costituito dai quattro comuni del versante grossetano del Monte Amiata (Arcidosso, Castell’Azzara, Santa Fiora e Seggiano) per la gestione del patrimonio  forestale di questi, si sono aggiunti successivamente il Comune di Castel del Piano, la Comunità Montana Amiata Grossetano, la Regione Toscana, la “Provincia Toscana di San Francesco Stigmatizzato” ed il Consorzio dei produttori di olio d’oliva di olivastra seggianese.
(3) Con la certificazione si attesta che la proprietà forestale viene gestita secondo criteri di sostenibilità ambientale. Secondariamente il legname che ne deriva viene marchiato (Marchio PEFC) come proveniente da foreste certificate e deve poter rimanere rintracciabile nelle varie fasi delle successive lavorazioni sino al prodotto finito, secondo il sistema della catena di rintracciabilità.
(4)  Frutto di grosse dimensioni con una forma globosa, di colore bruno-rossastro con striature più scure, di gusto dolce è destinato al consumo fresco o per l’industria alimentare.
(5) Frutto generalmente di dimensioni grandi di forma variabile, di colore anch’esso variabile dal rosso fulvo al marrone rossastro, dal sapore particolarmente dolce e delicato ha elevato valore commerciale ed è considerata varietà di pregio; è consumato fresco e impiegato nell’industria dolciaria.
(6) Frutto di grandi dimensioni e forma ovale con apice poco pronunciato di colore rossastro con striature marroni poco evidenti, di sapore dolce è considerato di buon pregio ed il suo impiego è sostanzialmente destinato al consumo fresco.
(7)  Nel  Disciplinare di Produzione è definita la zona geografica di riferimento, la prova d’origine collegata alla iscrizione delle fustaie di castagno da frutto in un apposito albo, il divieto di utilizzo di fertilizzanti di sintesi e il ricorso a fitofarmaci, le modalità della raccolta e l’etichettatura mediante il sigillo inamovibile che riporta la dicitura e il logo “Castagna del Monte Amiata IGP”, oltre al logo europeo IGP ed il bollo di garanzia dell’organismo di controllo.
(8)  Dal 15 settembre al 15 novembre, periodo della raccolta delle castagne, la visita si svolge con guide autorizzate per non ostacolare il lavoro all’interno dei castagneti. Per maggiori informazioni è possibile contattare l’Agenzia per il Turismo Amiata (telefono 0577/775811).
(9) Nel ricordo di Padre Ernesto Calducci.
(10) Il Nucleo devozionale del SS. Crocifisso e i lavori delle recluse del Monastero delle Cappuccine di Santa Fiora – a cura di Bartolacci, Micheli, Niccolai. Amministrazione Comunale di Santa Fiora.
(11) I brevi, molto diffusi fino a qualche decennio fa, erano piccoli manufatti di stoffa colorata che venivano appesi al collo con un cordoncino benedetto realizzato ad uncinetto. Contenevano cenere di palma, cera del cero pasquale, frammenti di paramenti sacri, schegge di statue di santi, raschiature di intonaco di muri o nicchie dove si trovavano le immagini miracolose del SS. Crocifisso e della Madonna delle Grazie, detta dell’Ansidei. Cfr.
(12) Cfr “Storia delle miniere amiatine”www.comune.santafiora.gr.it/museo
(13) Arcidosso, Castel del Piano, Seggiano
(14) Abbadia San Salvatore, Piancastagnaio, Santa Fiora e Castell’Azzara
(15) L’attentato ebbe luogo il 14 luglio 1948 ad opera di Antonio Pallante.
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