“Il Sentiero delle Burraie” di Gabriele Inghirami

Maggio 2009

Lo scorso 12 ottobre 2008, in una bella giornata di sole, è stato inaugurato il Sentiero delle Burraie, un percorso escursionistico ad anello che collega fra di loro quasi tutte le burraie presenti nell’Area Naturale Protetta di Interesse Locale di Poggio Ripaghera, S.Brigida, Valle dell’Inferno.
L’evento, al quale hanno preso parte quasi 400 persone, è consistito principalmente in una tranquilla passeggiata lungo parte del sentiero, visitando alcune fra le burraie più suggestive, seguita da un pranzo ed un intrattenimento musicale pomeridiano. L’inaugurazione, che ha avuto un successo oltre le aspettative, è stata però solo l’epilogo di una lunga serie di lavori che hanno richiesto più di 2500 ore complessive di tempo per essere realizzati.
Esterno della Burraia Bacio

Tutto ebbe inizio poco più di due anni fa, quando alcuni amici del Gruppo Escursionistico “Il Crinale”, di Olmo, proposero a noi della Sottosezione di Pontassieve e al Gruppo Escursionisti Organizzati di Sieci di impegnarci in quest’opera, chiedendo per la sua realizzazione un contributo all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Furono fatte così un paio di uscite per rendersi meglio conto di che cosa si sarebbe trattato, ma ci fu subito un consenso corale verso questa iniziativa. Si decise che a presentare la domanda sarebbe stato il CAI a nome di tutti, così fu chiesto al nostro presidente Aldo Terreni se avrebbe approvato questo progetto: Aldo fin da subito manifestò vivo interesse e in effetti, fino alla fine, non ha mai fatto mancare il suo appoggio. Nell’iniziativa fin da subito fu coinvolto il Comune di Pontassieve, che offrì il suo patrocinio e che contattò e si assicurò il consenso ai lavori di tutti i proprietari dei terreni interessati dal sentiero.

Brunero Berti, coordinatore di tutto il progetto, socio sia della Sottosezione che del Crinale, insieme ad altri volontari delle tre associazioni, iniziò a ricercare preventivi, a fare sopralluoghi, fotografie, rilevamenti con gps e vari conti, cosicché nel giugno 2007, grazie anche all’attenta opera di revisione finale di Annalisa Berzi, fu possibile presentare una domanda organica, ben strutturata e ben motivata, tant’è che lo scorso inverno ci fu comunicato che ci sarebbe stata concessa quasi tutta la somma richiesta. A quel punto sono partiti davvero i grandi lavori: è vero che in parte si è sfruttata la rete sentieristica esistente, ma c’erano anche svariati altri tratti molto infestati dalla vegetazione da ripulire, aree da spianare, cartelli da piantare, canalette da scavare e tanto altro ancora. I volontari più volenterosi sono diventati quasi una piccola tribù selvaggia di interesse antropologico: erano sempre lì, a tagliare, a segare, a scavare, a lottare con il caldo e con i tafani, “cum aere et nubilo et sereno et omne tempo”. In alcune burraie sono stati fatti anche alcuni interventi di recupero, ad esempio sistemando un po’ le vasche ed il circolo dell’acqua e rimuovendo dal pavimento lastricato lo spesso strato di terra accumulatosi con gli anni.
Con la preziosissima collaborazione dello storico Mario Mantovani, nostro socio, e del grafico Massimo Conti del Crinale, sono state realizzate tabelle e bacheche informative.
A coronamento di tutta l’iniziativa, è stata preparata e stampata una bella cartoguida in scala 1:10.000 di tutto il percorso, ottenendo dal Comune di Pontassieve il permesso di usare la base cartografica CTR, nonché, grazie al SIT, un notevole aiuto con i primi plottaggi della carta. Dei testi ce ne siamo occupati Mario Mantovani ed io, della grafica Massimo Conti, dei rilevamenti Brunero, SELCA ha provveduto a stampare il tutto facendo alcune rifiniture, come la sfumatura della carta, e dandoci anche alcuni consigli. Grazie a Riccardo Biffoli del GEO è stato possibile tradurre in inglese sia la cartoguida sia le tabelle e le bacheche.
Ormai sul finire dei lavori, dell’iniziativa se ne è interessata anche l’APT di Firenze, che ha patrocinato anch’essa l’iniziativa e che distribuirà nel suo circuito buona parte delle 5.000 copie della cartoguida, di cui 1.000 in inglese; nell’anno in corso dovrebbe essere inoltre realizzato un qualche evento per pubblicizzare il sentiero. Si ricorda a tutti che la cartoguida è gratuitamente disponibile per chiunque la desideri e che del materiale informativo è reperibile anche su http://www.caipontassieve.it/sb (sezione del sito da completare al momento in cui scrivo). Dopo alcuni imprevisti di vario tipo, il 10 ottobre 2008 il sentiero è stato presentato in Comune a Pontassieve, con gli interventi del nostro presidente Aldo Terreni, del Prof. Paolo Blasi dell’Ente CRF, dell’Assessore Pasquini del Comune di Pontassieve, di Mario Mantovani, che ha fatto una interessante ricostruzione storica, e con la proiezione dello splendido audiovisivo di Massimo Conti. E il 12 ottobre, come detto all’inizio, finalmente il taglio del nastro!
Fonterinalda

Prima di passare ad altro, trovo giusto ricordare e ringraziare quanti fra i nostri soci non sono stati citati finora, ma che hanno contribuito alla realizzazione del progetto: Lorenzo Boninsegni, Paolo Dini, Giuseppe Maccianti, Patrizia Masi, Dario Miniati, Giuliano Giovannini, Adele Loscalzo, Pietro Mercanti, Pierluigi Ottanelli, Rosalba Ugolini ed i tantissimi amici del Crinale e del GEO, troppo numerosi per essere elencati tutti, capitanati rispettivamente da Paolo Sorbi e Giuliano Marranci. Un doveroso ringraziamento anche a Elisa Spilotros e Gianna Piccardi, del Comune di Pontassieve, ai proprietari delle burraie che hanno dato il loro benestare, agli amici della Sezione che hanno preparato con perizia i cartelli, in particolare Pasquale Parcesepe e Piero Lazzerini, nonché, infine, a Enrico Sani che ha seguito tutta la parte amministrativa e contabile per conto della Sezione. Chiedo sentitamente scusa a chi avessi dimenticato!

Le burraie
Fontassenzio

Dopo tanto parlare su cosa è stato fatto e da chi, parliamo adesso un po’ delle protagoniste del progetto: le burraie. Avrei voluto buttar giù un pezzo io, per non farlo uguale alla cartoguida, ma, dato che esperti non ci si improvvisa, piuttosto che esibirmi in una brutta copia preferisco riportare fedelmente quanto lì scritto da Mario Mantovani. Nello sviluppo storico dell’economia pre-industriale, dominata dall’agricoltura, i terreni marginali, e gran parte dei boschi, erano originariamente indivisi, cioè “comuni”, non appartenendo a singoli proprietari ma ai gruppi di famiglie che risiedevano in questo quel villaggio vicino. Oltre a ciò, le comunità agrarie del passato potevano contare, soprattutto in montagna, anche su vari diritti che potevano far valere sui terreni dei privati: da quello di poter raccogliere la “legna morta” a quello di pascolare ovini e suini nei campi o nei castagneti dopo la raccolta, e altri simili, variabili da zona a zona secondo gli usi tramandatisi nei secoli.

Nel 1765 in Toscana, con l’ascesa al titolo di Granduca di Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, inizia il periodo delle riforme ispirate alle teorie illuministe e fisiocratiche, che portano all’abolizione di tutte queste consuetudini, assieme alle altre che limitavano lo sviluppo di un’agricoltura moderna: i vincoli alle proprietà ecclesiastiche, i vincoli testamentari, i limiti al commercio dei grani. Grazie a queste riforme, i terreni di montagna e alto-collinari, come quelli in cui si trova oggi l’ANPIL di Poggio Ripaghera, diventano interessanti per i nuovi imprenditori agricolo-forestali, che acquistano i terreni comuni messi all’asta e vi impiantano nuove cascine. La vicinanza del mercato cittadino favorisce, per queste colline, l’abbandono della millenaria pratica della transumanza degli ovini (che venivano portati a svernare nei pascoli delle maremme) per passare al nuovo mercato del bestiame vaccino. E’ soprattutto l’Ottocento il secolo che vedrà questo sviluppo, con la borghesia cittadina che si orienta sempre di più verso le carni bovine, e l’introduzione del burro in una cucina che, fino ad allora, lo aveva usato con grande parsimonia, anche per la sua difficoltà di conservazione. Nelle famiglie contadine delle basse colline, il burro era merce rara, dato che i bovini allevati dal mezzadro avevano quasi esclusivamente il compito di erogare forza motrice per l’aratro e per il carro; inoltre la tradizionale organizzazione del podere, incentrata su grano, olivo e vite, non lasciava spazio alla produzione di foraggio, limitata anche dal clima troppo arido. Così i nuovi terreni di alta collina, più freschi, potevano coprire una parte della domanda cittadina di carni e latticini, grazie alle nuove cascine (da cascio, cioè cacio, formaggio) dove, pur continuando l’allevamento degli ovini, si incrementava via via quello dei bovini. Per averne un’idea, nel 1930 una cascina di medie dimensioni ospitava da 7 a 15 vacche da latte, producendo circa 240 Kg di burro e 50 Kg di formaggio di pecora. Si allevava anche qualche suino, nutrito con lo scarto della lavorazione del burro, il latticello, e con castagne e ghiande.
I prodotti delle cascine venivano portati a dorso di mulo, o con le tregge (traini senza ruote), fino ai mercati di fondovalle; i trasporti più agevoli erano quelli dei vitelli destinati al macello, che provvedevano, ignari, a consegnarsi con le loro zampe. La produzione del burro non avveniva direttamente in cascina, ma in piccole costruzioni non lontane: le burraie. Si trattava di edifici in muratura, a piano unico, in cui si cercava in ogni maniera di garantire una temperatura fresca, la più fresca possibile. Perciò la burraia era quasi sempre scavata o appoggiata a una scarpata rivolta a Nord, in un luogo ombroso, e soprattutto doveva avere una grande disponibilità di acqua fresca, proveniente da una vicina sorgente: era indispensabile per la produzione, lavorazione e conservazione del burro. Per mantenere una bassa temperatura all’interno, le burraie non avevano finestre: c’era solo una piccola, caratteristica presa d’aria sopra la porta di ingresso. Alcune avevano due stanze, ma la maggioranza era composta da un vano unico, coperto da una volta a botte, che “penetra” nel fianco della collina nel tentativo di nascondersi dal calore del sole. Per ottenere il burro dal latte (4-5 chili da 100 litri di latte) si utilizzavano utensili in legno, mestoli e secchi, prodotti in proprio o da artigiani locali: Lo strumento più importante era la zàngola, utilizzata fin dall’antichità: un mastello in legno, alto e stretto, con un coperchio forato al centro; nel foro passava un’asta munita di uno stantuffo di legno che veniva mosso su e giù. Se la temperatura è quella giusta (intorno ai 12°) dopo 40-50 minuti di lavorazione il grasso contenuto nel latte inizia ad agglomerarsi, separandosi dalla parte acquosa (il latticello). A questo punto è necessario lavare con abbondante acqua, impastare e modellare il panetto di burro, il tutto mantenendo la temperatura ben al di sotto del punto di fusione (tra i 28 e 33 gradi). Per questo, nelle burraie si trovavano piani di lavoro in pietra, con piccole vaschette scavate e collegate fra loro da canalette dove fluiva l’acqua incaricata di mantenere il burro a temperatura costante. Alla fine del processo, il prodotto veniva immagazzinato in vasche dove, sempre grazie all’acqua corrente, si manteneva al fresco.
Sorgente Castelluccio

La produzione di burro in questi locali è durata fino al secondo dopoguerra poi, a partire dagli anni ’50 del ‘900, le cascine sono state progressivamente abbandonate e così le burraie che, a parte rari casi, hanno subito un inevitabile degrado. Al loro posto si usano ormai ambienti refrigerati e ognuno di noi ha ormai un frigorifero in casa.

Il percorso.
Non mi metterò a descrivere il percorso nei dettagli, per quello c’è la cartoguida, darò solo qualche informazione generale.
Il sentiero è lungo circa 16 Km, con 938 metri di dislivello in salita e, ovviamente, trattandosi di un anello, altrettanti in discesa. Il percorso è per la maggior parte ombreggiato, tuttavia, date le basse quote, si sconsiglia di percorrerlo nelle ore estive più calde. Tutte le burraie sono proprietà privata, in generale è quindi vietato entrarvi; la burraia di Rocchetta è chiusa da un cancello, mentre quella di Violana è in prossimità di una abitazione ed è tuttora usata come cantina, è quindi assolutamente necessario, una volta arrivati dinanzi alla casa, chiamare la signora Anna o suo fratello e chiedere il permesso per visitarla, solitamente accordato senza problemi se ci si mostra gentili e rispettosi.
Profilo altimetrico completo dell'anello

Le burraie di Peretola e Caprile si trovano in una azienda faunistico-venatoria, i cui proprietari, prima favorevoli al progetto, hanno poi ritirato la loro disponibilità, tant’è che abbiamo dovuto cambiare collocazione a due aree di sosta e non abbiamo potuto mettere i cartelli; la burraia di Peretola è tuttavia ben visibile, trovandosi proprio sul bordo del Sentiero delle Burraie, che in quel tratto  è su una strada con diritto pubblico di passaggio su cui corre da sempre anche lo 00, mentre per quella di Caprile ci sono più problemi perché per vederla occorre lasciare la strada per qualche decina di metri, con tutti i rischi che questo può comportare in periodo di caccia. Lungo il percorso ci sono alcuni punti in cui si può fare rifornimento d’acqua, ma generalmente non viene controllata e non se ne può pertanto garantire la potabilità. La fitta rete di sentieri presente in zona consente di effettuare passeggiate di varia lunghezza utilizzando solo in parte il Sentiero delle Burraie, con la possibilità di vari anelli a seconda del tempo a disposizione e dell’impegno che si vuol profondere nel camminare; nella cartoguida abbiamo inserito alcune proposte, ma se ne possono individuare numerose altre di sicuro interesse. Nell’ANPIL, infatti, oltre alle burraie, non mancano le attrattive: c’è il cisto laurino, o fiore della Madonna,

Interno di Fonterinalda - particolare della vasca

presente solo qui in tutta Italia, i cui candidi e fugaci fiori si possono ammirare da fine maggio ai primi di giugno, ci sono le rovine del Castello di Monterotondo, con la sua suggestiva Torre Medioevale, c’è il lastricato settecentesco della Via del Sasso, che da Santa Brigida conduce allo splendido Santuario della Madonna delle Grazie al Sasso, ci sono emergenze geologiche, ci sono ampi panorami che spaziano su Firenze, sul Valdarno, sul Mugello e su buona parte della Toscana, c’è, insomma, un piccolo angolo di paradiso a due passi da Firenze.

La facilità e la rapidità con cui si può raggiungere S.Brigida dalla città, da Pontassieve e da Borgo S.Lorenzo rende il Sentiero delle Burraie un percorso ideale per le escursioni con i ragazzi delle scuole e per chiunque cerchi un po’ di svago intelligente circondato dalla natura e dalla cultura.
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