“Pratomagno, mon amour” di Marco Gori

Gennaio 2008

Era il 1929 e Dario Mazzoni scriveva un simpatico manualetto dedicato a tutti gli iniziati alla (allora) difficile arte dello sci, in anni in cui lo sci iniziava la sua fortunata storia di pratica sportiva dopo essere stato per secoli appannaggio esclusivo di cacciatori norvegesi e coraggiosi alpini per i quali la velocità era, più che uno spasso, una possibilità di sopravvivenza. Di impianti non se ne parlava, rare erano le piste battute e il confine tra sci e sci alpinismo, come oggi lo conosciamo, era del tutto ignoto: l’obiettivo era cercare un pendio innevato, salirlo, quindi discenderlo, oppure traversare da una cima all’altra, da una valle a quella successiva, con una tecnica non molto diversa da quella di un cacciatore di camosci di un secolo prima.
L’opuscolo concludeva con alcuni consigli sulle località relativamente vicine a Firenze adatte per sciare: la lista includeva località che oggi non vedono più che una sporadica spolverata bianca a Febbraio, ma tra queste spiccavano gli itinerari di Vallombrosa e del Passo della Consuma, relativamente alte in quota e sempre innevate. A nessuno verrebbe in mente oggi di cercare piste sciabili intorno a Vallombrosa, ma il massiccio della Secchieta e Pratomagno offre comunque inaspettate possibilità di godersi una montagna a due passi da casa: in fondo, solo 30 Km separano Firenze da Reggello, uno dei comuni ai piedi della montagna. L’Arno scende verso Arezzo per poi tornare sui suoi passi, creando le due vallate del Casentino e del Valdarno Superiore, e il Pratomagno sta lì, in mezzo alle due, con le sue forme morbide e le sue modeste vette che di poco superano i 1500 metri.
I suoi versanti sono coperti di rigogliose foreste di faggi e castagni che offrono rifugio a cinghiali, caprioli e persino qualche esemplare di lupo appenninico, mentre verso l’alto antichi disboscamenti hanno lasciato ampie praterie sommitali. Tantissime le possibilità di escursioni: le varie sedi e sottosezioni del CAI (tra cui il gruppo Namastè di Montemignaio) hanno compiuto un accurato lavoro di tracciamento e manutenzione dei sentieri che, insieme alle strade forestali perfettamente integrate nel paesaggio, offrono numerosi itinerari per quasi tutti (rimangono esclusi gli amanti dei ghiacciai di alta quota!).
A nord di Reggello la Comunità Montana della Montagna Fiorentina ha istituito l’area protetta della Foresta di Sant’Antonio, una meravigliosa vallata attraversata da torrenti e punteggiata di vecchi casolari (presso Case Sant’Antonio è anche possibile bivaccare, con tanto di focolare). I sentieri CAI della zona, dal 14 al 17, si raccordano in alto con lo 00 permettendo di compiere larghi anelli per alcune ore di cammino: il sentiero 14 è davvero adatto a tutti, e lungo il suo percorso alcuni pannelli svolgono un importante ruolo informativo sulla natura e i processi di antropizzazione della montagna. Il sentiero 16bis, che partendo poco sopra Reggello va ad incrociare più in alto il sentiero 17, è per me uno dei più suggestivi dal punto di vista paesaggistico, sale lungo il Borro di Ponticelli con vista stupenda su tutto il vallone.

Il sentiero 17 percorre verso l’alto un crinale secondario che va ad intersecarsi a quello principale del Pratomagno in corrispondenza di Poggio Uomo di Sasso. Mi capitò un giorno di percorrerlo nel tratto di Monte Acuto con un forte vento di grecale che spazzava la neve e intasava di ghiaccio le fessure della roccia, e fu davvero singolare trovarsi impegnato in tratti di misto su questa montagna dal profilo così dolce.Anche il versante casentinese, a monte di Montemignaio, offre numerose possibilità di sentieristica ma poiché mancano ampie zone protette l’escursionista sarà a volte in (indesiderata) compagnia di quad e fuoristrada, cacciatori e motocrossisti. In compenso il pendio è decisamente meno ripido, e la rete di strade forestali che attraversano i bei castagneti di questo versante offrono belle occasioni per lunghi giri in mountain bike, mai troppo impegnativi: molti di questi partono proprio da Montemignaio raccordandosi con lo 00, sul crinale, attraverso percorsi tortuosi e incredibilmente vari. Alla pagina www.vongoren.com/mtb/ita.php viene descritto uno di questi itinerari per MTB: ancora una volta, occhio a quad e fuoristrada.
Potrebbe sembrare incredibile, ma su questi dolci pendii si arrampica. La falesia di Massanera è una bellissima parete di una ventina di metri, i gradi sono genericamente abbordabili a tutti e la difficoltà è spesso concentrata in un breve passo esplosivo. L’arrampicata comunque è di enorme soddisfazione, sarà difficile all’inizio fidarsi dei piedi sulle placconate di aderenza che sanno un po’ di Val di Mello ma state sicuri che le microrughette della calcarenite a cui non dareste un centesimo terranno le vostre scarpette incollate alla parete. Sulla sinistra due vie facili saranno un bell’allenamento per arrampicare con gli scarponi, oppure per usare protezioni mobili tra le fessure di questa roccia che somiglia tanto al granito. Insomma, un vero spasso e un ottima palestra per i Toscani abituati ai calcari di Monsummano e Vecchiano. Enrico Falchi riporta in un articolo su Toscoclimb (www.toscoclimb.it) la relazione delle vie di Massanera, oltre che le indicazioni su come arrivare. Lo spiazzo antistante la croce di Massanera è conosciuto dagli amanti del parapendio: si parte da qui e si punta dritto verso i monti del Chianti, ad ovest.
Più verso sud la falesia di Montelori, attrezzata a ferle a prova di elefante, è più bassa ma offre una notevole varietà di vie, dalla placca d’aderenza al muretto, dallo strapiombo al diedro e al camino. La parete è esposta a sud e potrebbe capitarvi di arrampicare in maglietta in pieno inverno, con il sole che scalda la roccia mentre pochi metri più in alto il vento da Nord toglie il respiro. Sempre il buon Enrico Falchi ha riportato nel sito della sua associazione Fuoritraccia (www.fuoritraccia.org) la relazione delle vie di questa parete, che si raggiunge da Loro Ciuffenna imboccando la  SP59 per Talla e proseguendo al bivio a sinistra per la Strada Panoramica del Pratomagno. Dopo la deviazione per Pontenano  ci si dirige verso Monte Lori arrivando ad un piazzale conosciuto come Prati di Loro. Da qui, in 15 minuti dal sentiero CAI 49 e dopo aver disceso l’ultimo tratto della ferrata, si raggiunge la falesia.
Eh si, perché il Pratomagno ha anche una ferrata: modesta e poco esposta, la via attrezzata intitolata a Romana Nesi di certo non compete con le grandi ferrate dolomitiche, ma consiglio di non sottovalutarla perché i singoli balzi, per quanto brevi, sono abbastanza impegnativi e richiedono un minimo di capacità di arrampicata, con alcuni tratti anche leggermente strapiombanti. E mentre starete mettendo alla prova la vostra attrezzatura da ferrata (obbligatori casco imbraco e kit con dissipatore, consiglio anche un paio di guanti perché il cavo è un po’ arrugginito, ma sempre comunque supersicuro) non dimenticate di girarvi ogni tanto ad ammirare il bellissimo vallone del torrente Loro e l’ampia distesa del Valdarno. E più in là, tutta la bellezza della Toscana.

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