Annuario 2006

Anche il camminatore meno incallito non tarda a rendersi conto come eremi, monasteri e luoghi di culto siano una presenza quasi costante dell’ambiente che lo circonda nelle sue escursioni. Certo più facile trovarne in montagna che non in mezzo al traffico delle città o aggrappati a qualche sperduta scogliera. Questo proprio perché è la Montagna a conciliare il bisogno di riflessione con un ambiente che raffigura il mutare delle stagioni, dei colori e degli eventi in un’ambito di rumoroso silenzio, come qualcuno lo ha voluto definire, nel quale dedicarsi alla contemplazione, alla meditazione. Se, da un lato, la bellezza naturale e la ricchezza di espressioni della Montagna affascina chi non crede, si trasforma invece, dall’altro, in testimonianza mistica se solo la si considera come dono e bene del Creatore. Un legame forte che condensa e giustifica un po’ tutte le testimonianze dell’esperienza religiosa eremitica. Segni di un rapporto spirituale, talvolta vecchio di secoli, che conserva modalità tipicamente monastiche nate in un contesto storico e culturale così superato rispetto al nostro vivere quotidiano ma che esprime, ancora oggi, un messaggio capace di influenzare le nostre scelte. Secoli nei quali si è sviluppato un pensiero religioso esclusivo, ma distinto nelle sue forme, e che ha impreziosito di conoscenze culturali, letterarie e visive, quel patrimonio storico di grande valore che oggi conosciamo. Questo il motivo del proliferare di luoghi di culto un po’ ovunque, nell’arco alpino così come nelle zone pedemontane e, naturalmente, lungo tutta la dorsale appenninica. Di pari passo con la nascita degli eremi e dei monasteri nascono talvolta ordini religiosi, cioè comunità per le quali il Vangelo è la suprema regola di vita, che attingono alla stessa fede e che hanno in comune la preghiera quale forma di devozione.

culto e di penitenza. Francesco vi tornò spesso fino a ritirarvisi, ormai stanco ed ammalato. Qui, poco prima di lasciare la vita terrena, ricevette le stimmate, avvenimento di cui anche Dante scrive “nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo, che le sue membra du’ anni portarno” (Paradiso X/,106-108). Sul portone d’ingresso, con le parole: “Non est in toto sanctior orbe mons” viene condensata la rilevanza della Verna nella regola francescana. Una regola che non si distingue solo per la santità della loro vita ma anche per la fedeltà alla loro dottrina che contempla l’ideale rinuncia al mondo ed una particolare attenzione al tema della povertà. Sui resti delle vecchie capanne di frasche e legname viene costruita la Chiesa di Santa Maria degli Angeli che divenne il nucleo centrale del complesso monastico. A questa seguì l’edificazione della Basilica (o Chiesa Maggiore), ultimata solo nel 1509 grazie alle offerte degli iscritti all’Arte della Lana di Firenze, ed al cui interno si possono ammirare le preziose terracotte di Andrea della Robbia nelle quali, narra la leggenda, se ne conserverebbe il segreto della loro fabbricazione. Con l’ultimarsi della Basilica si concluse anche la costruzione della Foresteria che fu ultimata grazie all’aiuto della famiglia dei Medici.

Quello dei monaci con la foresta è un rapporto spirituale di assoluta esclusività, parlare di questo rapporto significa aprire un’orizzonte dall’arco temporale lunghissimo, circa nove secoli. Secoli nei quali la foresta ha rappresentato, e ancora oggi rappresenta, uno dei maggiori veicoli di spiritualità e di comunione con il creato. Un rapporto con l’ambiente che è stile di vita e che non dovrebbe essere esclusivo patrimonio dei monaci ma di ciascuno di noi se solo riuscissimo ad identificare la natura come scelta fondamentale di un cammino al quale solo la salvaguardia dell’ambiente può darci completezza. Al governo del bosco i frati si sono sempre prodigati senza risparmio di energie, basti pensare alla sostituzione del faggio con l’abete bianco, una sostituzione ancora oggi non ben chiaramente compresa ma da porre sicuramente in relazione con i problemi economici che legavano l’abete bianco, di particolare pregio, al maggior guadagno. Quasi in simbiosi con la cura della foresta nasce l’altra prerogativa dei monaci camaldolesi, la creazione e la conservazione di una importante moltitudine di documenti che proprio riguardano la manutenzione e la cura del patrimonio boschivo di Camaldoli: prezzo del legname, fatture di segherie, note per il pagamento dei barrocciai che curavano il trasporto del legname fino all’Arno, tariffari ed altri tipi di documenti. Si aggiunge anche tutta una serie di carte riguardanti i rapporti di vicinato con le confinanti proprietà dell’Opera del Duomo, rapporti con il Granduca, rapporti con lo Stato Italiano, incartamenti riguardanti tutta la congregazione. Insomma un patrimonio di grande pregio che testimonia la grande cura con cui, nei secoli, è stato conservato.