“Fede e tradizione della gente di montagna” di Carla Mecocci

Annuario 2006

Nei primi decenni del secolo scorso, quando i paesi dell’Appennino tosco-emiliano erano molto popo-lati, l’attaccamento della gente alle varie manifestazioni religiose era forte.La pratica di queste funzioni era vissuta da alcuni come un vero e proprio atto di fede, da altri come una tradizione ereditata dal passato, e ci si partecipava con profondo rispetto. L’aspetto religioso era parte integrante della vita dura che si conduceva in questi luoghi; in un certo senso aiutava la gente a sopportare la fatica della lotta quotidiana per sopravvivere. In Casentine molti paesi erano formati da frazioni sparse, se pure poco distanti fra loro, ed era frequente trovare tra le case un tempietto o una piccola cappella. In ognuna di esse si custodiva l’immagine della Madonna o dei Santi, quasi sempre i più conosciuti e venerati nel luogo. La cura di queste piccole strutture religiose era affidata alle donne che provvedevano a tenerle sempre adorne di fiori. I paesani vi si riunivano spesso per pregare, in occasione di festività o per pura devozione.
Montemignaio faceva parte di questo insieme. Nei suoi borghi gli abitanti lavoravano nei campi e allevavano bestiame, per lo più ovini, anche se a Ottobre si trasformavano quasi tutti in carbonai e andavano a svolgere un duro lavoro in montagna, che li teneva lontano da casa fino alla Primavera successiva. Al loro ritomo, durante il periodo Pasquale, si svolgevano delle processioni molto sentite dalla comunità, chiamate Rogazioni che, nell’antico culto cattolico, avevano carattere penitenziale. Esse erano accompagnate dalla recita di litanie e vi partecipava almeno un componente di ogni famiglia. Le processioni percorrevano tutto il paese, fermandosi davanti ogni piccola chiesa o tabernacolo, si recitavano preghiere allo scopo di propiziare la fecondità della terra e il buon raccolto e, prima di proseguire il cammino, il parroco benediceva la campagna circostante. Queste funzioni religiose si svolgevano la mattina presto, così la gente si poteva recare al lavoro nei campi senza perdere troppo tempo.

Dopo la riforma liturgica fatta dal Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-65) la pratica delle Rogazioni è stata abolita. In questo periodo era in atto un massiccio esodo dai paesi del Casentine verso la città, alla ricerca di quel benessere che ben presto ha mostrato tutte le sue contraddizioni. D’altra parte vivere in montagna significava fatica e sacrifici, inverni lunghi in case fredde, disagi di ogni genere; quindi questa conclusione era inevitabile quanto prevedibile. Tuttavia stiamo assistendo a qualche timido ritomo, chissà non sia l’inizio di una inversione di tendenza.

Far conoscere e tramandare le tradizioni e la cultura della gente di montagna ci sembra un modo per farle rivivere, perché non vadano perdute testimonianze che sono parte della nostra storia e patrimonio comune.

 

 

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