“Le Aree protette e i Parchi dell’Appennino Settentrionale” di Marco Bastogi

Annuario 2006

Le aree protette dell’Appennino settentrionale, come tante altre zone tutelate, oltre a permettere la conservazione della natura, svolgono un ruolo fondamentale nell’educazione al rispetto …ed alla conoscenza dell’ambiente oltre che del nostro passato. Per gli escursionisti offrono certamente molteplici occasioni di piacevole svago accompagnate, nel contempo, da sollecitazioni mentali atte ad acquisire una consapevolezza indispensabile per una rispettosa ed equilibrata convivenza con la natura circostante.

Verso il Monte Rondinaio (foto S. Vannini)
Nel bidecalogo del Club Alpino Italiano, venti punti su cui si fonda l’ambientalismo del nostro sodalizio, al punto 2, dice che “i Parchi e le Riserve nascono dalla necessità di salvaguardare il significato di una zona di preminente interesse naturalistico, educativo, culturale, scientifico, non per allontanarla irrimediabilmente dagli uomini ma, anzi, per farne il modello di quello che dovrebbe essere ovunque il corretto uso delle risorse ambientali”. Tra i compiti di un’area protetta, infatti, deve esserci anche quello di sperimentare un “sistema economico” capace di conciliare, nei limiti del possibile e nell’imprescindibile rispetto della sostenibilità ambientale, forme di lavoro e reddito compatibili con la tutela dell’ambiente, favorendo le attività che garantiscono al meglio lo sviluppo in questo senso ad iniziare da quelle turistiche. E’ bene tuttavia rilevare che il turismo in un area protetta, se da un lato rappresenta un momento importante per la sopravvivenza del territorio protetto, dall’atro è configurabile come un “rischio notevole” se non poniamo attenzione alla compatibilità tra le attività che si intendono promuovere con i delicati equilibri della natura e del paesaggio che ci si prefigge di conservare. Il turismo accettabile in un parco, deve essere quello culturale, l’agriturismo in certe forme controllate, cioè in sintesi l’ecoturismo.

La ricchezza naturalistica del territorio appenninico Tosco – Emiliano è ben rappresentata nelle diverse aree protette che oggi quasi continuamente si distribuiscono lungo la catena appenninica tra Toscana ed Emilia Romagna, ad iniziare dal Parco Nazionale dell’Appennino Tosco – Emiliano, fino a quello delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna per raggiungere infine, all’estremità sud orientale, le Riserve Naturali Provinciali del Sasso di Simone e dell’Alpe della Luna nella Provincia di Arezzo. La grande espansione delle aree protette in Italia, si è registrata ad iniziare dalla metà degli anni ’70 ed ha senza dubbio contribuito alla sopravvivenza di numerose specie faunistiche rare ed alla loro espansione numerica e spaziale, si pensi ad esempio al lupo appenninico che ha rioccupato il suo originario comprensorio naturale, grazie proprio alla continuità di queste aree protette che ad iniziare dall’Aspromonte raggiungono il Parco Nazionale dello Stelvio (Cioli et al. 2002). Molto è avvenuto da quando nel 1975 la Regione Toscana istituì la prima area protetta regionale (Parco Regionale della Maremma), e la Regione Emilia Romagna nel 1982 il Parco Regionale dei Boschi di Carrega. Oggi un articolato sistema di aree protette tra cui ben due Parchi Nazionali, dodici Parchi Regionali in Emilia Romagna (alcuni dei quali già compresi nei Parchi Nazionali) ed uno in Toscana, più varie Riserve Naturali dello Stato, alcune Riserve Naturali Provinciali e qualche Riserva Naturale Protetta di Interesse Locale, costituiscono un patrimonio ambientale salvaguardato  di inestimabile valore ed estremamente qualificante per il territorio appenninico.

La legge Quadro nazionale sulle aree protette (L.394/91), distingue le diverse tipologie di aree protette classificando come Parchi Nazionali, quelle più vaste con finalità di conservazione degli ecosistemi di rilievo nazionale, gestiti da organi amministrativi (gli Enti Parco), nei quali sono rappresentati Stato, Enti

Vena del Gesso romagnola (da geoturismo.it)

Locali, Istituti di ricerca ed associazioni ambien-taliste. I Parchi Regi-onali, le aree di dimen-sioni inferiori alle pre-cedenti, in cui ricadono territori omogenei dal punto di vista paesag-gistico e culturale, di particolare importanza per le singolarità natu-ralistiche ed antropiche (tradizioni locali, stori-che ed artistiche). I Parchi Provinciali, presentano analoghe finalità dei Parchi Regionali, ma sono gestiti direttamente dalle Amministrazioni provinciali o attraverso aziende speciali da esse costituite. Le Riserve Naturali Provinciali e Statali, hanno invece finalità di tutela per aree che ospitano una o più specie rilevanti dal punto di vista naturalistico per la flora e/o la fauna. Si tratta in pratica di “contenitori” di biodiversità di estensione limitata, la cui gestione è di competenza provinciale o di altri enti locali; quelle statali possono essere riserve integrali, biogenetiche, di popolamento faunistico ecc. e sono affidate al Corpo Forestale dello Stato. Gli ANPIL (Aree Naturali Protette di Interesse Locale), sono invece le aree inserite in territori antropizzati, a cui necessitano azioni di conservazione o riqualificazione ambientale. La loro gestione è affidata ai Comuni e/o alle Comunità Montane, che possono costituirsi in aziende speciali.


Nel proseguo vedremo con maggior dettaglio le aree più importanti dell’Appennino settentrionale procedendo da nord ovest verso sud est.
Parco Nazionale Tosco – Emiliano
Interessa le province di Massa Carrara, Lucca, Parma e Reggio Emilia per una superficie complessiva di 22.792 ettari di cui ben 16.127 in Emilia che includono due Parchi Regionali: quello dell’Alta Val Parma e Cedra (noto come Parco dei Cento Laghi), e quello dell’Alto Appennino reggiano (noto come Parco del Gigante). Il Parco, presenta il problema della mancanza di continuità territoriale per la sua evidente frammentazione, si sviluppa per quasi 60 km di crinale appenninico e comprende la valli del torrente Parma e Baganza, fino al Passo delle Forbici. Sempre in Emilia comprende inoltre il gruppo montuoso dell’Alpe di Succiso, del Monte Cusna, la media valle del Secchia ed il rilievo isolato della Pietra di Bismantova. Nei 6.665 ettari toscani vi fanno parte le Riserve Naturali Statali del “Parco Naturale dell’Orecchiella” costituito dalla riserva statale dell’Orecchiella (215 ettari), da quella di Lamarossa (167 ettari), della Pania di Corfino (135 ettari) e la Foresta demaniale regionale dell’Alto Serchio. Il Parco è stato istituito con Decreto del Presidente della Repubblica nel 2001, e non dispone ancora di Centri Visita propri per cui è necessario fare riferimento a quelli delle strutture preesistenti citate. Nell’area del Parco sono inclusi rilievi tra i più alti dell’Appennino settentrionale (oltre 2.000 m di quota): l’Alpe di Succiso, il Monte Prado, il Monte Cusna.

Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano (da atlanteparchi.it)

La sommità dei crinali è occupata dalla brughiera e dalla prateria; la foresta di faggio, talvolta mista ad abete bianco, si concentra sui fianchi dello spartiacque appenninico tra i 1.000 ed i 1.700 metri di quota. I boschi di conifere, per lo più, furono impiantati all’inizio del ‘900 per recuperare i versanti più degradati per l’eccessivo sfruttamento forestale e dal pascolo. A quote inferiori ai 1.000 metri, predominano i querceti anche se molte di queste aree boscate sono state trasformate in castagneti da frutto spesso ancora sfruttati. Le brughiere occupano la fascia compresa tra la foresta e le praterie di alta quota e sono tipicamente rappresentate dal vaccineto, dominato dal mirtillo nero. Spettacolare variante dal sapore decisamente alpino è la presenza del rododendro in associazione con il mirtillo rosso; tale connubio è tuttavia limitato ad alcuni rilievi (Monte Vecchio e Bocca di Scala).

Gli ambienti più ricchi dal punto di vista della flora e della fauna, sono le praterie sommatali e gli ambiti rupestri; sui crinali dove le arenarie delineano l’ossatura dei rilievi, la flora è alquanto caratteristica e molto più simile a quella delle nostre Alpi, che di  quella appenninica, con endemismi importanti. La presenza delle specie alpine (relitti glaciali), dipende dalla vicinanza con le Alpi che si è accentuata durante le ultime glaciazioni quaternarie. Nelle foreste di quercia e faggio, vivono cinghiali, caprioli e cervi. Aquile reali, Gheppi, Poiane e Falchi pellegrini, hanno nelle praterie sommatali i loro territori di caccia, mentre per i nidi prediligono luoghi più riparati ed a quote più basse. Il lupo è ormai presente in modo stabile, grazie alla protezione ed alla disponibilità di prede quali caprioli, cervi e mufloni.

Una particolarità di questo spettacolare territorio da segnalare è la torbiera di Lamarossa, in cui sopravvivono specie relitte delle glaciazioni, una delle poche testimonianze di torbiere presenti nella catena appenninica. La sua origine dipende dalla presenza delle argilliti rossastre (da cui il nome Lamarossa), facenti parte della formazione geologica degli Scisti Policromi, che per la loro impermeabilità, trattengono le acque che discendono e circolano nelle fratture del soprastante rilievo arenaceo del Monte Orecchiella. Un’altra caratteristica geomorfologica del Parco, è la presenza sui versanti esposti a settentrione, di valli e circhi glaciali, depositi morenici e laghetti di circo e di morena. Si tratta di testimonianze delle glaciazioni quaternarie di 200.000 – 10.000 anni fa, oggi riconoscibili in Val di Parma, alle Porraie, nell’Alpe di Succiso, nella valle del Lagastrello e presso Monte La Nuda.  Le Riserve Naturali Biogenetiche dello Stato Abetone, Campolino e Pian degli Ontani

Si collocano sull’Appennino pistoiese ad una quota compresa tra 1.100 – 1.850. L’accesso alle Riserve Naturali dell’Abetone (584 ettari) e Pian degli Ontani (590 ettari) è libero, mentre l’accesso alla Riserva di Campolino (98 ettari) è disciplinato dal Corpo Forestale di  Abetone che impone una propria guida per accompagnare i visitatori. La zona è dotata di un ampia rete di sentieri C.A.I. e della Comunità Montana che dall’Abetone si snodano raggiungendo il rifugio Selletta, il Monte Gomito, il Monte Cimone, il  Libro Aperto e l’Alpe Tre Potenze. I bacini dei torrenti Lima e Sestaione sono coperti da fitti rimboschimenti di abete rosso, faggio e abete bianco; è proprio la conservazione di questa ultima specie che ha sollecitato l’istituzione della Riserva Naturale dell’Abetone nel 1977. La Riserva di Campolino, è famosa per la presenza dell’unica stazione spontanea di abete rosso dell’Appennino, specie relitta delle ultime fasi glaciali, scesa dalle Alpi ed in generale dalle regioni artiche.
La fauna annovera cervi, caprioli e daini. E’ presente stabilmente anche il lupo oltre che martore e puzzole.  Astori, poiane e sparvieri popolano le foreste, l’aquila reale ha il suo territorio di caccia nelle zone più elevate e prive di vegetazione.

Parco Regionale Corno alle Scale
Istituito nel 1998, è dominato dal Corno alle Scale (1.945 m), la vetta più elevata della montagna bolognese. Comprende una superficie di 2.875 ettari in Comune di Lizzano in Belvedere (BO). La parete orientale del Corno alle Scale, mostra le testate degli strati arenacei che si affacciano sulla valle di Silla. Sul lato opposto del rilievo, brughiere a mirtillo ricoprono gli antichi accumuli morenici e sono ben visibili i circhi glaciali. Il Parco limita verso sud alcune specie vegetali, in esso presenti e tipicamente alpine quali la genziana purpurea e l’aquilegia.

Sono diffusi caprioli e cinghiali, mentre i mufloni e le marmotte sono stati introdotti nel dopoguerra. Molto belle sono le cascate formate dal torrente Dardagna che nel Parco nasce. Buona parte del territorio è rivestito dai faggi e conifere di impianto. Il centro parco è in località Pianaccio e a Pian d’Ivo.
Area Naturale Protetta di Interesse Locale Alto Carigiola e Monte delle Scalette
Una superficie di 990 ettari in provincia di Prato, al confine con l’Emilia – Romagna copre un tratto appenninico meno noto e confinante, sul lato emiliano, con il Parco Regionale dei Laghi Suviana – Brasiamone in provincia di Bologna. L’area protetta interessa l’impervia valle del torrente Carigiola, affluente del Bisenzio. Domina l’area il Monte Scalette (1.186 m) ed il Monte della Scoperta (1.278 m), spartiacque col la valle del Limentra di Treppio. La vegetazione rada di roverella, carpino nero e ginepro e più in alto il sorbo montano e acero opalo, caratterizzano la zona. Relitti di foresta con tasso e agrifoglio, sono conservati in luoghi di scarsa accessibilità.  Presso l’Alpe di Cavarzano, la prateria ospita noccioli, ciliegi e castagni a ricordo di passate attività  umane. La fauna contempla, caprioli, cinghiali e cervi. I cervi si sono spostati dalla vicina foresta dell’Acquerino in cui furono reintrodotti a fine anni ’50. Il falco pellegrino nidifica sul fianco riparato del Monte della Scoperta. Nel torrente Cerigiola è ancora presente il gambero di fiume ed il raro scazzone un piccolo pesce predato dalle trote che generalmente, in altri siti, vengono immesse nei torrenti montani per la pesca sportiva.

Riserva Naturale Provinciale Acquerino–Cantagallo e Riserva Naturale Biogenetica dello Stato di Acquerino
Ricade nell’Appennino pistoiese e pratese tra le quote di 800 – 1.200. L’area è per 243 ettari Riserva Naturale Biogenetica dello Stato, istituita nel 1977 per salvaguardare un ambiente integro e promuovere forme di silvicoltura dirette anche alla produzione di semi per la vivaistica forestale, mentre per gli altri 1.867 ettari,  è Riserva Naturale Provinciale di Acquerino – Cantagallo. La riserva statale occupa il versante in sinistra del T. Limentra, affluente del Reno.

Riserva Naturale dell'Acquerino (da provincia.prato.it)

La riserva provinciale, comprende i rilievi che culminano con il Monte Buccina (m 1,204) e che segnano lo spartiacque tra l’alta valle del rio Trogola, affluente del Bisenzio ed il torrente Limentra. I boschi sono di faggio con rimbo-schimenti a conifere degli anni ‘50. I cervi, introdotti negli anni ’50, sono oggi molto diffusi ed è facile incontrarli, ma sono presenti anche daini, caprioli

Parco Regionale Laghi Suviana e Brasiamone
Il Parco Regionale Laghi Suviana e Brasiamone, istituito nel 1995, occupa 2.096 ettari nelle adiacenze di due ampi bacini realizzati dall’inizio del ‘900 per la produzione di energia elettrica. La dorsale formata da Monte Calvi e Monte Stagno (circa 1.280 m), separa le valli del torrente Brasiamone, tributario dell’omonimo lago, dalla valle del torrente Limentra di Treppio che alimenta il lago di Suviana. Boschi misti di querce, faggi e rimboschimento di conifere rivestono i versanti, popolati da caprioli, cinghiali e cervi.I cervi che rappresentano la specie più importante del Parco, sono particolarmente bene ambientati, provengono dalla riserva Acquerino e vi arrivano durante la stagione degli amori. Testimonianze medievali sono conservate nei diversi nuclei abitati montani.
Parco Storico Regionale di Monte Sole
Istituito nel 1989 su una superficie di 2.539 ettari, tutela i rilievi della dorsale compresa tra i torrenti Reno e Setta. Oltre a rappresentare memoria storica dei tragici fatti dell’autunno 1944, possiede un patrimonio di biodiversità che lo pone ai primi posi tra le aree protette emiliane. E’ segnalata la presenza del pino silvestre, specie nordica che nel parco raggiunge il suo limite meridionale. Il leccio costituisce qui una rarità ed una curiosità vista la sua lontananza dalla macchia mediterranea. Tra la fauna si segnalano cinghiali, caprioli, daini e cervi. Numerosi sono le testimonianze storiche medievali sparse nel territorio.

Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna
Istituito nel 1993, occupa 36.000 ettari divisi in equa misura ed a cavallo tra i due territori regionali. Nei primi dieci anni di vita, è riuscito a qualificarsi come un vero e proprio “laboratorio di sostenibilità” per le molteplici realizzazioni apprezzabili sotto il profilo ambientale. Il Parco ha aiutato le aziende agricole con incentivi facendo in modo che queste aziende riconoscessero oggi l’area protetta come un soggetto che le sostiene. Il Parco ha promosso iniziative ed ha fornito aiuti economici a favore degli operatori turistici, mettendoli in rete tra
Parco delle Foreste Casentinesi (da parks.it)
loro, promovendo “pacchetti di offerta”, e “esercizi consigliati”. Il Parco ha sostenuto la nascita di aggregazioni imprenditoriali (cooperative ed associazioni), e fornito opportunità di lavoro ai giovani .   Il parco fu istituito per conservare le peculiarità naturalistiche e le notevoli testimonianze storiche; nel suo cuore si inseriscono le Foreste Casentinesi (tra M. Falterona e Passo dei Mandrioli). Il versante toscano comprende una porzione del Mugello e dell’alta Valle del Fiume Arno ed è quasi completamente coperto da boschi. Il versante romagnolo, invece, è meno dolce di quello toscano e molto meno boscato a causa del passato sfruttamento della legna. E’ caratterizzato da vallate strette ed incassate, con versanti a tratti rocciosi ed in altri con boschi fitti, a luoghi si presenta anche calanchivo (Valle Santa). Nel Parco ricade l’Eremo e l’Ospizio di Camaldoli, fondati da San Romualdo nel 1024, trasformati in un secondo tempo in Monastero. L’ordine religioso si occupava principalmente di gestione forestale e favorì l’espansione dell’abete bianco. Il santuario francescano della Verna, è invece localizzato a sud del Monte Penna circondato da una rigogliosa foresta lasciata alla sua evoluzione naturale con faggi, abeti bianchi ed arbusti di agrifoglio e tasso. Il rilievo più alto in esso compreso è il Monte Falco (1.658 m). Il Parco è attraversato da una rete ben organizzata di sentieri C.A.I., di varie lunghezze e grado di difficoltà. Sono stati realizzati anche nove Sentieri Natura e sono stati creati dall’Ente Parco undici Centri Visita. Le molte specie di animali che popolano il Parco fanno di questa area una delle più interessanti di tutto l’Appennino Tosco Emiliano. Sono presenti Il lupo, il tasso, la donnola, la puzzola e la faina, mentre tra gli ungulati: cervi, caprioli e cinghiali (specie autoctone). Il muflone ed il daino sono stati introdotti. Tra i rapaci è da segnalare lo sparviero e l’astore, legati agli ambienti forestali, il falco pecchiaiolo, lodolaio e gheppio, tra quelli legati agli spazi aperti. E’ presente, durante la migrazione, anche il falco pellegrino, mentre l’aquila reale nidifica nelle balze impervie del versante romagnolo.

La Riserva Integrale di Sassofratino
La riserva comprende 763 ettari ed è la prima Riserva istituita in Italia (nel 1959) a tutela di una foresta. La Foresta di Sasso Fratino, costituisce quasi tutta la riserva; si tratta dell’asse naturalistico più importante del Parco, uno straordinario esempio di bosco misto di faggio, abete bianco, aceri, frassini, tigli, sorbi agrifogli e tassi di dimensioni eccezionali; un ambiente vegetale pressoché vergine, mai intaccato da mano dell’uomo per la sua inaccessibilità. Si tratta di un paesaggio vegetale primitivo, disordinato e selvaggio.
Riserva Naturale Provinciale Alta Val le del Tevere-Monte Nero
In destra idrografica della porzione apicale del bacino del Tevere; 470 ettari di area boscata al confine tra la provincia di Arezzo e l’Emilia Romagna tra le quote di 750 – 1.234. Domina i territorio protetto, la cima del Monte Nero (1.234 m). Si tratta di una zona boscata, selvaggia e poco accessibile, ai margini della quale, si aprono prati, pascoli ed arbusteti di rose selvatiche, rovi e ginepri. I boschi di cerro delle quote minori, salendo di quota, lasciano il posto alle faggete e poi ai tassi, a gli aceri ed ai rari tigli (nostrano e selvatico). Nelle radure a primavera fioriscono i gigli martagone, varie orchidee ed il giglio rosso.  Al confine con la Romagna, sono presenti aree completamente sgombre dalla vegetazione ove la roccia marnosa ed argillitica disgregata permette a mala pena la crescita di radi ornielli carpini neri e maggiociondoli. L’aquila reale compare saltuariamente, mentre poiane e gheppi sono ben rappresentati.
Nuclei di Taxus baccata di Pratieghi
Si tratta di un’Area Naturale Protetta di Interesse Locale (ANPIL) di 62 ettari ubicata in alta val Tiberina alle pendici di Monte Zucca (1.263 m), in Comune di Badia Tedalda (AR). Si sviluppa tra 880 – 1.225 metri di quota, in destra idrografica del torrente Matteraia (un affluente del Marecchia). Comprende alcune piccole valli boscate sottoposte a tagli periodici, di faggi, cerro, aceri e

Taxus baccata (da wikipedia.it)

carpini. L’emergenza più importante che motiva il valore naturalistico dell’ANPIL, è la considerevole presenza del tasso (Taxus baccata), una specie vegetale che dall’inizio del Pleistocene, a causa della diminuzione delle temperature, ha via, via ridotto a sua presenza nel territorio appenninico. I tagli boschivi che lasciano queste piante allo scoperto ne hanno limitato fortemente la sopravvivenza. I Tassi crescono soprattutto in valle Buia e nel fosso Grande; in questa ultima zona crescono tassi molto vecchi di oltre 10 metri di altezza con diametri del tronco di oltre 30 centimetri. Nel sottobosco della faggeta si trovano gigli (martagone e rosso) ed il rusco maggiore, una specie di grosso pungitopo. Tra le specie faunistiche più interessanti, il picchio (maggiore, rosso e il verde), la poiana, lo sparviere ed il tritone alpestre che vive nelle pozze dei torrenti montani.


Riserva Naturale Provinciale di Sasso di Simone
Si estende per circa 1.600 ettari al confine tra Toscana e le Marche, tra le Province di Arezzo e Pesaro. La riserva confina con il Parco Naturale Sasso Simone e Simoncello delle Marche. Si tratta di due grandi rilievi carbonatici dalla sommità piatta che si innalzano fino a 1.200 metri di quota, staccandosi da un paesaggio ondulato conferito dalle sottostanti argille. Le due rupi si sono formate con gli accumuli di resti organogeni (briozoi, madreporari ecc.), circa 10 milioni di anni fa. Il sasso di Simone ricade per metà in territorio Toscano e per metà nelle Marche, il Sasso di Simoncello ricade interamente nel territorio marchigiano. Il versante Toscano è caratterizzato da pascoli e calanchi, quello marchigiano è coperto da bosco di cerro, faggio, carpino bianco e nero ed orniello. Sulla sommità delle rupi, le praterie sono interrotte da faggi con aspetto a cespuglio. E’ segnalata la presenza del lupo e della puzzola; nei boschi il falco pecchiaiolo  nidifica ed anche la poiana e lo sparviero.
Riserva Naturale Provinciale Alpe del la Luna
Comprende una porzione appenninica di 1.540 ettari in Provincia di Arezzo, tra Monte dei Frati e Monte Maggiore e le valli Tiberina e Marecchia a quote comprese tra 560 e 1.503. La riserva è coperta quasi interamente da boschi e sono completamente assenti insediamenti umani e strade. La parete rupestre della Ripa della Luna, è il cuore della riserva, una parete di 250 metri di altezza composta da strati di arenaria intercalati a marne ed argilliti. La vegetazione delle quote inferiori è dominata da cerro e carpino nero, salendo troviamo il faggio, il nocciolo, il tasso e gli aceri. E’ presene il lupo ed è facile osservare il daino. Tra le specie ornitiche è presente l’astore e lo sparviero, la poiana, il gheppio ed i picchi. Molto importante è la presenza dell’aquila.

Riserva Naturale Provinciale Bosco di Montalto
Si tratta di una piccola riserva di 20 ettari, localizzata sul versante settentrionale del rilievo di Montalto (1.061 m), in sinistra idrografica del Tevere, nel comune di Pieve S. Stefano. Nell’area prevale una morfologia dolce coperta da pascoli e praterie, in contrasto con i boschi che ricoprono le pendici di Montalto. Poiane ed atri rapaci sono frequenti abitatori di questa riserva. Riserva Naturale Orientata Onferno. Istituita nel 1991, tutela il piccolo complesso carsico dei gessi ed altri ambienti della valle del Conca (contrafforti arenaci della Ripa delle Morte ed i calanchi), per complessivi 129 ettari. Particolarmente interessante la grotta presso i ruderi del castello di Inferno che contiene spettacolari concrezioni, ed ospita la più importante colonia di pipistrelli della regione.
Riserva di Montalto (da parks.it)
Le aree protette che abbiamo passato in rassegna, sono certamente le più importanti per questo tratto di Appennino, ma non esauriscono i settori di territorio appenninico soggetti a tutela. Vi sono infatti ancora diverse oasi naturali e molti ANPIL che tutelano specie rappresentative della fauna e flora del nostro Appennino; oltre a questi si inseriscono le aree individuate dalle due Regioni nell’ambito della realizzazione di una Rete Ecologica Europea denominata “Natura 2000” prevista, per gli adempimenti attuativi, nelle direttive “Habitat” 92/43/CEE e 79/409/CEE,  “Uccelli selvatici”. Tutti noi comunque, dovremmo avere chiaro in mente che tutelare l’Appennino: la nostra montagna significa assicurare benessere non solo per chi vi abita, ma anche per le popolazioni della pianura. Le montagne sono la riserva d’acqua, costituendo il principale serbatoio di quella potabile, contengono le foreste, proteggendo il suolo da gravi dissesti idrogeologici e costituiscono l’ultimo rifugio per molte specie di fauna e flora.
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