“Questo Annuario 2006” – La Redazione di AF

Annuario 2006

Questo Annuario, è bene dichiararlo subito, mostra un’incongruenza iniziale: il titolo. Avremmo, infatti, dovuto intitolarlo Appennino Tosco-Emiliano Romagnolo, questo il suo nome proprio, ma con Appennino Toscano volevamo indicare, sperando di esserci riusciti, il proposito di occuparci solo del versante toscano.E’ quanto abbiamo fatto anche se, inevitabilmente, siamo talvolta sconfinati in Emilia Romagna. Ciò premesso, entriamo nell’argomento iniziando con il delineare i confini naturali di questo tratto appenninico di cui parleremo e cioè col dire che la catena appenninica è divisa in tre sezioni: settentrionale, centrale e meridionale. L’Appennino Tosco-Emiliano Romagnolo e l’Appennino Ligure compongono la catena settentrionale.

Il tratto che ci interessa inizia in coincidenza della Cisa ed è contraddistinto da tre catene montuose, disposte a quinta, culminanti con il Monte Cusna (mt.2121), il Monte Cimone (mt.2165) ed il Monte Falterona (mt. 1654). Una caratteristica costante del versante toscano, più propriamente chiamato tirrenico, è l’asimmetria con l’altro versante, cioè quello adriatico. Se, infatti, quest’ultimo degrada dolcemente verso il mare, il versante tirrenico è invece aspro, difforme e, diciamo pure, più imprevedibile. Vale anche la pena sottolineare che tra l’Appennino e la costa troviamo l’antiappennino generalmente caratterizzato da monti di altitudine più bassa: le Colline del Chianti, le Colline Metallifere, l’Argentario, il Gruppo del Monte Amiata. I valichi più importanti che tagliano la catena appenninica e mettono in comunicazione con il versante opposto sono il Passo della Cisa, quello dell’Abetone, della Futa, della Raticosa e dei Mandrioli. Questo per quanto riguarda l’aspetto geografico.

Patrimonio di cultura, tradizione e pensiero, abbiamo detto nel nostro sottotitolo. Tre elementi che si fondono bene e che abbracciano tutta la realtà di questo patrimonio. Una ricchezza di linguaggi che bene esaltano l’identità dell’Appennino Toscano. Radici, come scrive Maurizio Baggiani “che si sono fatte albero, un albero che vive da millenni, che conserva le tracce fossili delle sue età, che ad ogni mutare di stagione porta nuovi segni sul tronco e nuovi germogli sui rami”. Non poteva esserci migliore condensato di memoria. L’Appennino è, infatti, luogo di narrazione, di forme popolari le più diverse, di racconti tramandati da una generazione all’altra, di favole (“fole” come le chiamano in Garfagnana), di poesia, di pensiero … appunto. Tutti veicoli di forti emozioni nate e cresciute in una popolazione montana che, da sempre, ha dovuto combattere con un’economia povera, talvolta causa di migrazioni in cerca di un futuro migliore. Si aggiunge a ciò la formidabile diffusione di una cultura di prim’ordine nata nelle Abbazie dove si sono sviluppate esclusive forme pittoriche e scultoriche, dove sboccia e si sviluppa nei secoli la custodia e la traduzione di antichi manoscritti e, di pari passo, la creazione di opere culturali di ogni tipo: filosofiche, teologiche, letterarie.

Ecco questo è il quadro nel quale incorniciare il nostro Appennino Toscano. Non ci è stato possibile per motivi di spazio realizzare uno studio a 360 gradi. Tanti e tali, come abbiamo visto, sarebbero gli argomenti di cui trattare. Nel nostro piccolo, ce l’abbiamo messa tutta per trattare quelli più evidenti, quelli che, prima di altri, suscitano una certa curiosità anche in relazione alle nostre attività, quelle del Club Alpino Italiano. Ci auguriamo che i nostri Soci apprezzino questo nostro impegno.
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