Annuario 2006
Scendiamo dalla seggiovia al termine della salita e ci incamminiamo verso il bordo della piazzola di neve battuta prima di iniziare la discesa. Su un cartello è scritto che la società di gestione degli impianti non garantisce la sicurezza di coloro che …sciano fuoripista e che ci può essere pericolo di valanghe. L’aria del mattino è frizzante, il sole è alto, il cielo sfuma dal celeste all’azzurro intenso, il panorama davanti a noi è immenso. Dopo un attimo di fisiologica titubanza superiamo la barriera e iniziamo la discesa. Dapprima le curve sono fatte con una certa prudenza per un certo timore reverenziale nei confronti della grande montagna ma poi la sicurezza aumenta e ci lasciamo andare sul pendio di neve immacolata. Le serpentine che disegniamo sulla neve fonda come un prezioso ricamo sono il segno della nostra gioia. Ogni tanto ci fermiamo a guardarci intorno e per assaporare lentamente la discesa. Arriviamo in fondo stanchi ma appagati con l’intima voglia di ritornare su, ma sappiamo che ognuna di queste discese è unica. La prossima volta che la rifaremo sarà sicuramente un’altra storia.
Sciare fuoripista è semplicemente meraviglioso, i pendii di neve soffice, gli spruzzi di neve, il silenzio e la solitudine, la traccia profonda che si lascia nel manto bianco. La ricerca delle linee di discesa fra le rocce o nel bosco, della neve migliore, sono alla base della ricerca di intense e sempre nuove emozioni che riservano il fascino dell’avventura da vivere completamente. Sciare in libertà nel ritmo serrato delle serpentine, nella velocità dei grandi paralleli, oppure nel corto raggio saltato ma lasciando sempre la propria “firma” effimera sul manto bianco, è il senso più alto del vivere la montagna invernale ma è anche senza dubbio un’attività che può presentare dei pericoli: le condizioni del tempo e della neve, la lontananza dagli impianti e dalle piste comportano rischi che devono essere conosciuti ma solo se affrontati con le dovute conoscenze tecniche e di sicurezza, sono riconducibili entro limiti molto accettabili.
L’evoluzione
All’inizio le piste come oggi le conosciamo non esistevano e lo sci era soltanto su neve non battuta. Il fuoripista poi è restato solo come una variante dello sci di pista riservata solo ai più bravi perché difficile e faticosa. Per molti altri che volevano provare l’emozione della neve fonda l’esito era pressoché scontato: poche curve e tante cadute. L’attività per molto tempo è stata considerata solo come complementare allo scialpinismo con i limiti della tecnica e dell’attrezzatura. Oggi grazie anche alla grande evoluzione dei materiali (sci in particolare) e della tecnica sciistica, lo sci fuoripista si è trasformato in uno sport immerso nella natura, rivolto da chi inizia a sciare a sci paralleli allo sciatore esperto. I percorsi si estendono dai “semplici” tracciati ai lati delle piste ai veri e propri itinerari che iniziano dove terminano gli impianti e finiscono in fondo valle passando a volte anche su ghiacciai. Tutto questo in genere è possibile sulle nevi delle Alpi ma negli ultimi anni queste sensazioni è possibile provarle anche sul nostro Appennino per le nevicate abbondanti degli ultimi anni. Negli ultimi anni la diffusione dello snowboard con la sua facilità di apprendimento e la semplicità con cui si conduce l’attrezzo anche in nevi più varie, ha fatto si che aumentassero i praticanti del fuoripista. La galleggiabilità sulla neve della tavola permette di passare a volte anche su punti spesso difficoltosi per gli sci. È evidente che se per un aspetto la tavola permette di avventurarsi con facilità sulla neve fresca, per l’altro se l’approccio non è corretto i rischi che si corrono sono molti.
Differenze fra sci fuoripista e sci alpinismo
La differenza tradizionale fra fuoripista e scialpinismo legata soltanto al tipo di attrezzatura utilizzata o all’idea che lo scialpinismo si fa salendo con le pelli di foca, mentre il fuoripista si fa con gli impianti e l’attrezzatura da discesa, oggi è superata. Rimane la sostanziale differenza nell’obiettivo: per lo sciatore fuoripista è solo la discesa nella sua bellezza e complessità, mentre per lo scialpinista è una parte fondamentale della gita che è rivolta al raggiungimento o traversata di una cima, definito appunto alpinismo con gli sci. Esistono peraltro ampie aree di sovrapposizione delle due attività; gli scialpinisti usano spesso gli impianti per ridurre il dislivello di salita, gli sciatori fuoripista, dopo aver raggiunto la stazione a monte della seggiovia o funivia, a volte salgono a piedi o con le pelli di foca e gli attacchi da scialpinismo per raggiungere pendii dove la neve è ancora farinosa. Negli anni ’80 e ’90 nel momento del risveglio della tecnica, con il termine fuoripista si intendevano anche gli itinerari di sci estremo. In questo caso l’obiettivo è il superamento delle difficoltà in discesa. Poi l’evoluzione della tecnica ha ricondotto vari itinerari estremi al rango di sci ripido le cui discese sono intorno ai 40° di pendenza.
L’attrezzatura per il fuoripista e lo scialpinismo è fondamentalmente la stessa. Negli ultimi anni gli sci da scialpinismo sono diventati quasi degli sci da freeride: corti, larghi e sciancrati. Questi nuovi attrezzi esaltano il piacere della discesa nelle nevi più varie e sono anche più facili da usare; anche gli attacchi sono sostanzialmente equivalenti. Negli ultimi tempi si incontrano anche snowbordisti che definirei “evoluti”, spesso questi raggiungono la cima o il colle a piedi o con le ciaspole compiendo del vero e proprio alpinismo e scendono giù nella polvere bianca con la tavola. Questa forma potremmo definirla una variante nuova allo scialpinismo. L’evoluzione della tecnica ha interessato anche il materiale di sicurezza: l’A.R.VA. (la sigla vuol dire Apparecchio Ricerca dispersi sotto la VAlanga), pala e sonda e la conoscenza del loro utilizzo.
Ma qui la situazione è diversa, l’A.R.VA. indossato e lo zaino con pala e sonda vengono utilizzati essenzialmente dai freerider che praticano il fuoripista “impegnato” cioè quello oltre i bordi delle piste ma in particolare nei comprensori alpini in Francia e Svizzera. In Italia ancora non è ancora radicata la mentalità della prevenzione del pericolo valanghe. Inoltre lo sci fuoripista, come lo scialpinismo, deve intendersi essenzialmente come attività di gruppo anche per intervenire efficacemente nel caso di operazioni di autosoccorso. Spesso l’utente è impreparato e pratica il fuoripista senza un minimo di attrezzatura e da solo.
I rischi
“Nella mentalità corrente, il concetto di rischio è poco accettato: si sente spesso dire che se una data attività comporta dei rischi questi devono essere eliminati. Forse il bisogno di certezza, che è molto radicato nell’uomo, induce la maggior parte della gente a rifiutare l’idea che vi possa essere un rischio accettabile. Purtroppo la realtà è tale che, nella maggior parte dei casi, i rischi non possono essere eliminati completamente, ma solo ridotti. Abituarsi a convivere con i rischi è qualcosa di molto difficile da accettare da un punto di vista psicologico, ma è assolutamente indispensabile capire i rischi a cui si è esposti se si vuole dare un approccio razionale a tale problema e soprattutto se si vuole fare qualcosa di reale per ridurli.” (A. Cardinale)
Nell’ambiente montano sono sempre presenti i rischi oggettivi che con le dovute attenzioni possono essere controllati e limitati, ma per far questo bisogna assolutamente evitare i rischi soggettivi. Per la riduzione dei rischi soggettivi si può tentare una semplificazione riconducendo all’analisi dei due principali temi: la tecnica e le conoscenze di comportamento.
Tecnica
L’evoluzione della tecnica è stata di pari passo con l’evoluzione degli sci. L’accentuata sciancratura degli sci ha facilitato non poco la conduzione degli sci anche in fuoripista. La tecnica in generale deve essere tale da liberare le energie per la scelta del percorso migliore, per poter assaporare al meglio il gusto della discesa. La buona tecnica rende la discesa più sicura e divertente. Ricordo che nei pendii con rischio valanghe la caduta di uno sciatore provoca un sovraccarico del manto nevoso otto volte superiore al suo peso, mentre già l’arresto per motivi di conduzione lo aumenta di quattro volte.
Condizioni della neve
Senza entrare nel merito della trattazione del fenomeno valanghe, chi fa fuoripista deve sempre documentarsi preventivamente attraverso i bollettini nivometeo. Un aspetto da considerare è quello relativo alle condizioni della neve sul nostro Appennino. Se sulle Alpi in inverno è facile trovare condizioni di neve farinosa per vari giorni, nei fuoripista dell’Appennino si trovano frequentemente condizioni di neve molto variabili che vanno da farinosa, a crostosa, a ventata, a trasformata. Una situazione presente sovente in Appennino, spesso trascurata, è il pericolo ghiaccio. I pendii innevati dell’Appennino sono sottoposti a metamorfosi in modo diverso dalle Alpi, le escursioni termiche dovute alla vicinanza dal mare favoriscono l’assestamento rapido del manto nevoso e per contro creano spesso lastre superficiali ghiacciate che possono essere pericolose se non previste.
Autosoccorso
Non essendo questa la sede la trattazione dell’autosoccorso è necessario sapere che i dispersi da valanga devono essere estratti entro i primi 15’ dal travolgimento per avere il 90% di possibilità di sopravivenza. La rapidità con cui deve essere fatto l’intervento è fondamentale. L’allenamento continuo alla ricerca è alla base del successo in caso di necessità. I localizzatori elettronici di oggi sono molto precisi ed hanno varie funzioni che permettono la ricerca con semplicità anche di più travolti. Purtroppo il costo ancora relativamente elevato, non ne consente la diffusione su ampia scala.
I bollettini nivometeo
La lettura dei bollettini nivometeo permette di valutare preventivamente le condizioni dello stato del tempo e della neve e quindi di ridurre il rischio di incidenti. Devono essere consultati sempre preventivamente prima di avventurarsi nei fuoripista ed in montagna in generale. I bollettini delle diverse Regioni e Province dell’arco alpino oggi coprono interamente le aree interessate all’attività e anche se sono differenti per veste grafica, presentano comunque contenuti comuni, frutto di accordi presi all’interno dell’AINEVA (Associazione Interregionale Neve e VAlanghe). Nelle aeree le cui Regioni non aderiscono all’AINEVA, vedi la Toscana, i bollettini emessi da Enti locali e/o Forze Armate (METEOMONT) hanno comunque le stesse tipologie di informazioni.
Le informazioni comuni a tutti i bollettini sono:
• copertura nevosa, quali altezza neve a determinate quote, distribuzione della neve nei vari versanti, quantità di neve fresca ecc. ;
• parte nivologica, con indicazioni sulle caratteristiche strutturali del manto nevoso, quali consistenza, tendenza evolutiva e segnalazioni sulla presenza di elementi che possono favorire eventi valanghivi (accumuli, neve fresca, strati deboli all’interno del manto nevoso, ecc.);
• indicazione sul pericolo attuale, cioè il pericolo al momento dell’emissione del bollettino;
• parte meteorologica, dove vengono date in dettaglio le previsioni del tempo in termini di nuvolosità e di eventi meteorici, per un periodo di validità che va dalle 24-48 ore fino alle 72 ore nel caso del bollettino del venerdì valevole per tutto il fine settimana. Inoltre vengono forniti i principali dati meteorologici e loro andamento tendenziale (quota dello zero termico, temperature, venti prevalenti, quantità e intensità delle precipitazioni).
• pericolo di valanghe previsto nei giorni successivi all’emissione, in cui vengono definiti il tipo di valanghe previste e la eventuale localizzazione in cui presumibilmente si possono verificare i fenomeni.
La scala del pericolo valanghe si su i seguenti aspetti:
• il pericolo è suddiviso in cinque gradi caratterizzati da un’aggettivazione e numerazione crescente (debole 1, moderato 2, marcato 3, forte 4, molto forte 5);
È importante ricordare che la progressione della scala non è lineare; infatti il grado di pericolo 3, pur trovandosi al centro della scala, non rappresenta un grado di pericolo medio ma una situazione già critica; ulteriori informazioni vengono diffuse in funzione delle realtà locali e necessità contingenti.
Fonte: AINEVA
La responsabilità
Si può pensare che praticare lo sci fuoripista utilizzando gli impianti di risalita, possa in qualche modo metterci al riparo degli obblighi di responsabilità civile in caso di incidenti utilizzando l’assicurazione che a volte viene stipulata con lo skipass. Non è vero. L’art. 17 della Legge 24.12.2003, n. 363, Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo. (Sci fuori pista e sci-alpinismo) – recita – 1. Il concessionario e il gestore degli impianti di risalita non sono responsabili degli incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuori pista serviti dagli impianti medesimi. 2. I soggetti che praticano lo sci-alpinismo devono munirsi, laddove, per le condizioni climatiche e della neve, sussistano evidenti rischi di valanghe, di appositi sistemi elettronici per garantire un idoneo intervento di soccorso.
E’ evidente che a legge, pur essendo mancante di alcune precisazioni, regola e chiarisce alcuni aspetti fondamentali nella pratica del fuoripista.
Peraltro la giurisprudenza attuale relega la responsabilità delle decisioni relative alla sicurezza e delle rispettive conseguenze a chi conduce il gruppo e sceglie il percorso. Questi può essere un professionista del settore (guide alpine e maestri di sci) ma anche un istruttore, ma in assenza di queste figure viene individuato comunque colui che è considerato come maggiore esperto del gruppo. Anche le Amministrazioni pubbliche ci mettono del loro per rendere più complessa la gestione dell’attività. Il principio cautelativo (pur giusto) nel preservare l’incolumità di chi frequenta le piste e gli ambiti controllati in genere, spesso limita fortemente la pratica corretta del fuoripista senza distinzioni fra chi lo svolge con prudenza ed intelligenza e chi rischia senza preparazione. Sono di questi ultimi anni le ordinanze comunali che vietano la pratica del fuoripista in alcune aree delle Alpi e dell’Appennino.
CONCLUSIONI
Come è già stato precedentemente descritto, il fuoripista è comunque un itinerario di montagna, per questo motivo rientra negli obblighi morali e statutari del CAI insegnarne i dettami del comportamento. Il fuoripista che deve essere insegnato nelle scuole del CAI ma anche dai professionisti della montagna deve essere rivolto fondamentalmente a favorire la conoscenza completa delle problematiche per praticare la disciplina in sicurezza, inserita in una più generale conoscenza e rispetto dell’ambiente montano.
ITINERARI FUORIPISTA IN APPENNINO:
Nell’Appennino Tosco Emiliano a causa delle limitate elevazioni delle cime e del relativo dislivello degli impianti, non ci sono molti itinerari fuoripista. Si possono individuare vari fuoripista a lato delle piste ma sono decisamente pochi gli itinerari che hanno uno sviluppo autonomo dalle piste. Fra gli itinerari a lato delle piste è da segnalare la discesa nel bosco partendo dall’arrivo della Selletta scendendo verso l’Abetone che costeggia più o meno la pista della Selletta. Se l’innevamento è favorevole, il bosco rado fatto da grosse piante di alto fusto, permette una bella discesa a condizione che sia abbia un buon controllo degli sci. Nel comprensorio dell’Abetone una zona votata per eccellenza al fuoripista era fino a qualche anno fa l’area di Campolino, ma da quando gli impianti non sono più attivi non è più possibile usufruirne almeno dal punto di vista del classico fuoripista. L’area, orientata prevalentemente a Nord con condizioni di neve spesso ottimali, permetteva discese fantastiche sia nel bosco rado sottostante la bidonvia di Campolino che dall’arrivo dei due skilift paralleli. Un progetto prevede la riapertura del tratto basso con la costruzione di una nuova seggiovia biposto ed in alto una nuova seggiovia triposto ma al momento non si conosce quando sarà realizzato. Altre discese possibili sono dal crinale M. Gomito – Selletta nel versante verso Sestaione, ma essendo di particolare impegno non sono oggetto di questa trattazione. Nel comprensorio del Corno alle Scale si segnala il classico Strofinatoio che dalla cima del Corno scende nella zona delle Polle. É possibile scendere per i canali sul versante N del Corno, lato Cavone, ma sono discese impegnative già nell’ambito dello sci ripido. In alternativa mi sento di consigliare tre itinerari, relativamente semplici, molto belli in zona Abetone perché coniugano ambiente e divertimento a patto che siano percorsi con condizioni di neve sicura e con buona visibilità. Si ricorda di consultare oltre alle condizioni nivometeo, l’esistenza o meno di Ordinanze emesse dai Sindaci dei vari Comuni delle aree interessate, sul divieto di percorrere itinerari oltre le piste.
1. DAL M. GOMITO PER IL VALLONE N CHIAMATO “PRIMAVERA” VERSO LA VAL DI LUCE.
La discesa è dalla cima del Monte Gomito 1892 mt. verso la Val di Luce 1480 mt. L’orientamento è N e poi O. Il vallone non è molto evidente da sotto per cui non è molto frequentato. Questa discesa ha il vantaggio che può essere fatta anche più volte in una giornata essendo all’interno del comprensorio della Val di Luce. Non ci sono particolari difficoltà se non quella che ci deve essere l’innevamento abbondante e sicuro dato che il traverso sopra la Val di Luce è fatto su una pietraia. L’itinerario deve essere percorso soltanto con condizioni di neve assestata e non deve essere assolutamente ghiacciata pena rischi molto elevati. La partenza è dal punto di arrivo dell’ovovia del Gomito e della seggiovia che sale dalla Val di Luce. Uscendo dall’impianto si scenda per un tratto sulla pista 3 verso il Pulicchio. Quando la pista devia verso destra ci si leva gli sci e si percorre la cresta in leggera salita per circa 100 metri fino alla croce del M. Gomito. Ci si mette gli sci e si scende nella direzione opposta per altri 100 m. tenendosi leggermente sulla dx, attenzione a non andare ancora avanti perché la parete scende bruscamente con rocce esposte. Tenendosi sempre un po’sulla destra e si entra in un vallone evidente senza alberi che scende verso N, lo si segue fino al limitare del bosco. L’ambiente è particolare, per un po’ non sembra di essere tra le piste, ma in un altro ambiente molto lontano dalla confusione. Si attraversa ora un boschetto rado e si esce sul pendio convergendo a sinistra e traversando tenendosi alti sopra la Val di Luce. Quando siamo all’altezza del campo scuola, quello più basso, ci si butta giù godendo delle ultime curve prima di rientrare sulle piste tra gli sciatori schiamazzanti e la musica diffusa dagli altoparlanti.
2. DALL’ALPE DELLE TRE POTENZE DALLA VAL DI LUCE VERSO LA VALLE DEL SESTAIONE.
La discesa è dalla cima dell’Alpe delle Tre Potenze 1940m e la discesa è nella valle del Sestaione che termina al piazzale dei vecchi impianti Sestaione – Selletta – Capolino 1400m. Orientamento prevalente NE. Questa discesa è un vero e proprio fuoripista essendo in ambiente solitario e lontano dalle piste, quindi va percorso tenendo presente tutti i crismi della sicurezza. La discesa dal Lago Nero al piazzale degli impianti di Sestaione si svolge nella Riserva Naturale di Capolino in una delle più belle foreste di abete rosso dell’Appennino. La partenza è dall’arrivo della nuova seggiovia quadriposto Val di Luce – Tre Potenze. La difficoltà è concentrata essenzialmente sul tratto alto delle Tre Potenze fino al pianoro del lago Nero per la pendenza. L’itinerario deve essere percorso soltanto con condizioni di neve sicura e non deve essere assolutamente ghiacciata pena rischi molto elevati. Dall’arrivo dell’impianto senza sci si percorre in salita la cresta NO dell’Alpe delle Tre Potenze fino alla cima. Circa 100m di dislivello. Si continua senza sci e si traversa scendendo sulla cresta S con molta attenzione per circa 100 m. Dove le condizioni della neve e del pendio lo permettono, si rimettono gli sci e ci si butta sul versante E verso il Lago Nero nel versante della valle del Sestaione. La discesa fino al lago Nero dove vicino c’è l’omonimo rifugio (incustodito), è semplicemente stupenda, nella parte alta la pendenza max non supera i 30°, dipende da dove si inizia la discesa. Dal pianoro del rifugio in funzione delle condizioni della neve si può scendere in mezzo agli alberi tenendosi prevalentemente sulla sinistra della valle, oppure traversando a sx si raggiunge la vecchia pista che scende verso il piazzale degli impianti del Sestaione al momento in disuso. Da qui ci si può farsi venire a prendere con l’auto attraverso la strada che collega la SS12 con Pian di Novello.
3. DALLA CIMA DEL MONTE GOMITO VERSO LA VALLE DEL SESTAIONE
La discesa è dalla cima del Monte Gomito 1892 mt. verso la Val del Sestaione che termina al piazzale dei vecchi impianti Sestaione – Selletta – Capolino 1400m. L’orientamento è SE e poi NE. Per fare questo itinerario è necessario che ci sia un buon innevamento e un buon fondo dato che nella parte inferiore sono presenti salti di roccia altrimenti impraticabili. Come per gli altri itinerari non ci devono essere condizioni di neve dura. La pendenza non oltrepassa i 30° all’ingresso del canale. L’itinerario si svolge nell’ampio canale a SE immediatamente sottostante l’arrivo dell’ovovia. Dall’arrivo dell’impianto, si scende per circa 50 mt per la pista “Zeno1”, poi in prossimità di un varco naturale sul crinale, si supera la rete di protezione alla destra e si entra nel canale in questa parte molto ampio. Nella parte alta non ci sono difficoltà particolari se non quella di trovare la neve migliore. Il canale ha i lati esposti a E e a S, per cui la neve è diversa nei due versanti. Nella parte inferiore quando il canale si restringe decisamente e in funzione dell’innevamento si consiglia di uscire a dx in mezzo agli alberi e scendere fino a ritrovare la vecchia pista di raccordo verso il piazzale di Sestaione.
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