“Un pacemaker per amico” di Sergio Rinaldi

Annuario 2006

Una testimonianza vera per capire quanto conta l’amore e la passione per la montagna.

Col passare degli anni anche i miei amici di montagna si saranno stancati di sentirmi rammentare sempre i tre principali fattori che contribuiscono …alla buona riuscita di una gita alpina. Ma perdonate la mia presunzione, dovuta all’età e alla mia lunga esperienza di 60 anni passati tra i monti, se voglio qui brevemente rammentare questi miei tre principii che sono sempre stati per me fondamentali e determinanti :

Il lato umano
che non necessita alcun commento perché nasce spontaneo nel rapporto e nella reciproca comprensione e stima tra i partecipanti alla gita.

Il lato meteorologico
di cui è evidente documentarsi preventivamente per non avere sgradite sorprese e  per non essere coinvolti negativamente nello svolgimento della propria attività all’aria aperta. Ma la sindrome di questa metereopatia non dovrebbe incidere più di tanto sul nostro umore esistenziale arrecandoci inevitabili fasi alterne ora di avvilimento col maltempo e ora di eccitazone col sole. E’ chiaro che se le condizioni presenti del tempo fossero all’80% negative allora sarebbe più opportuno rinunciare al progetto.

La gita scelta
è indispensabile prevederne l’orientamento verso una meta al momento più interessante e che possa preventivamente garantire un motivo di entusiasmo generatore di emozioni sia singole che collettive, secondo la propria preparazione ed attitudine. Le condizioni così variabili della montagna influiranno decisamente sulla riuscita della gita programmata, sia essa una salita alpinistica, scialpinistica od escursionistica.

Queste tre considerazioni io credo che siano sempre state implicitamente seguite da tutti gli amanti della montagna ed è doveroso rispettarle sia con la testa che con le gambe, ma soprattutto col … cuore . A proposito ora ho aggiunto un nuovo fattore che si inserisce ovviamente come cappello importantissimo ai tre menzionati fattori : la salute. Penso che senza questa condizione qualunque attività motoria venga compromessa od annullata. Solo con la fiducia in noi stessi, con la propria forza di volontà ed un pizzico di fortuna, potremo risalire e superare l’erta di una deprecabile ed imprevista defaillance esistenziale. Ecco che ora passo a raccontarvi di quando, all’inizio dell’anno 2005, dopo quasi 75 anni di ottima salute il mio cuore ha iniziato a fare le bizze con una aritmia fuori della norma. Dopo alcune visite cardiologiche mi convinsero che il mio cuore aveva bisogno di un aiutino per colpa di certe extrasistole e di alcune pause che a volte raggiungevano i 5 secondi di stop. Sembrò che il cielo mi crollasse improvvisamente addosso. Non riuscivo a prevedere come la mia residua vitalità, un po’ goliardica seppur nella terza età, potesse subire un declino od un arresto così brutale e repentino.

Da destra: Lorenzo Carciero, Sergio Rinaldi, Carlo Labardi, Sergio C.
Cercai di pensare in positivo sperando che dopo l’intervento per l’applicazione di un PACEMAKER le mie pulsazioni e fibrillazioni sarebbero tornate alla loro regolare normalità e, con questo aiuto amico, secondo i medici forse avrei potuto riprendere in seguito l’attività e gli sforzi di prima, magari con un cuscinetto di gomma piuma posizionato sotto lo spallaccio sinistro dello zaino. Certo, solo perché uno non è più giovane, non gli si può impedire di tentare una terapia riabilitativa sperando in una graduale ripresa delle proprie energie, né si può condannarlo a rimanere inerme a piangersi addosso e inattivo fino alla conclusione dei suoi giorni terreni. Sarebbe come chiudere in gabbia un falco pellegrino abituato alla libertà e condannarlo ad una vita sedentaria e di rinuncia. Così decisi di sottopormi alle cure e alle prestazioni dei dottori sperando sempre che un mese dopo l’intervento potessi ritornare al mio amato scialpinismo. Ma i mesi del 2005 passarono lenti e inesorabili e così se ne andò anche il periodo niveo da me prediletto. Finalmente alla fine di Maggio un bravo cardiochirurgo di Careggi si decise di alzare le mie fasce muscolari pettorali di sinistra e nascondervi sotto la clavicola un defibrillatore con due fili interni che penetrarono, come elettrodi rigeneratori di pulsazioni, fino al mio ventricolo. Poi richiuse l’apertura suturando con parecchi punti l’intervento.
Dopo l’applicazione i miei battiti cardiaci si erano regolarizzati a 70 al minuto, mentre prima erano irregolari sui 55 essendo bradicardico. Ma le cose non furono troppo semplici perché per arrivare al PACEMAKER dovetti sottopormi ad altri tre interventi come l’ablazione del flutter atriale per rimuovere, con tre cateteri inseriti dall’inguine e scosse radiocomandate, le fibrillazioni ventricolari presenti; passai  poi un altro esame del sangue definito eco-transefageo per via orale, assai fastidioso, e per ultimo un esame anestetizzato di cardioversione che con una scossa elettrica ad alto potenziale penso abbia rimosso le residue fibrillazioni. Ho sopportato tutto questo stress piuttosto serenamente sperando in tempi migliori ed in una graduale ripresa. Nel frattempo il mio fisico si era indebolito per l’inattività di questo periodo prolungato che aveva  ridotto soprattutto la massa muscolare delle mie gambe. Il mio amico dott. Carlo Labardi mi disse allora che non dovevo pensare troppo a questo apparecchio e che la “cosa” si sarebbe stabilizzata gradatamente. Un po’ alla volta mi tuffai a nuotare in mare, riacquistando in parte i ritmi fisici perduti. Ripresi a correre a Monte Pelato sopra Castiglioncello dove ho l’abitazione estiva, ma verso la fine del mese di Agosto e dopo avere programmato una prima uscita sulle rocce delle Apuane mi capitò di inciampare per disattenzione e così cascai rovinosamente a terra mentre correvo, lussandomi parecchie costole. Come se non bastasse dopo tre giorni, per un doloroso disturbo all’addome mi ricoverarono all’Ospedale di Cecina dove mi operarono d’urgenza asportandomi la cistifelia con quattro calcoli ed una briglia intestinale, chiudendo tutto con una serie fitta di punti metallici a mò di cerniera lunga circa un palmo.

Così pensai che era ormai giunta l’ora di dare l’addio ai monti tanto sognati. Dopo l’ultimo intervento è seguito un periodo di inappetenza di circa un mese dove il mio cruccio principale fu curiosamente quello di essere diventato “astemio” perché i due bicchieri abituali di vino a pasto risultavano per me repulsivi e furono sostituiti da acqua normale, di cui non ne conoscevo prima la necessità e le virtù.

Nel frattempo il mio cuore aveva ripreso a battere regolarmente ma non sapevo ancora come questo importante muscolo del nostro corpo si sarebbe comportato sotto sforzo. Ad Ottobre sono ritornato, con titubanza, su per la via dei monti con i miei amici più cari, trascurando per il momento l’alpinismo attivo. L’esperienza mi ha insegnato a dosare lo sforzo attingendo energie, anche se ridotte, da quella riserva fisica che bisogna avere sempre a disposizione nel proprio organismo come margine di sicurezza. Dopo ogni salita ho ritrovato le forze a poco a poco tanto che mi hanno battezzato “uomo bionico” per quel macchingegno stabilizzatore di battiti cardiaci all’interno del mio corpo. Insomma ho imparato a convivere ed avere fiducia in esso, regolando le mie prestazioni e il mio bioritmo al disotto delle mie possibilità teoriche. La fiducia nel mio PACEMAKER è cresciuta come se esso fosse legato sempre in cordata con me da vero amico. Ora ho seguito quel consiglio di Carlo ed a volte mi dimentico della sua esistenza comportandomi con indifferenza nei suoi confronti. Così penso di avere spostato un po’ in avanti l’orologio del tempo vincendo con decisione il limite del mio organismo e ritardando il processo inevitabile dell’invecchiamento precoce delle cellule con la passione per lo sport, per la neve e per la montagna. Nell’anno 2004 i miei medici mi avevano consigliato di smetterla con lo scialpinismo perché considerato troppo impegnativo e ormai dovevo rassegnarmi all’impianto del PACEMAKER, ma io, testardo, non detti molto peso alla …cosa, così, pur limitandomi, alla fine dei sei mesi dove le montagne sono coperte di neve scoprii con stupore mio e dei miei sanitari di avere salito con gli sci 26 mila metri di dislivello, nonostante il mio “cuore matto” e le prescrizioni negative dei dottori. Ho scritto queste due righe perché è importante che i giovani riflettano e apprezzino il rapporto generazionale inteso non come conflitto di antagonismo o di indifferenza ma come esaltazione dei valori positivi dove ciascuno possa trovare il metro più adatto per misurare le proprie azioni. I più giovani troveranno in quelli più avanti con gli anni motivi di esperienze dirette già vissute, programmando nuovi e più interessanti orizzonti, mentre i meno giovani si esalteranno nel confronto attingendo nuovi stimoli ed energie latenti superando le eventuali proprie difficoltà psicomotorie e ottenendo così da questo accordo armonico la massima soddisfazione reciproca. Per chi debba superare momenti esistenziali difficili o debilitanti ricordo che la vita è sempre una cosa bella e va saputa vivere intensamente a lungo con gioia e amore, nonostante i suoi momenti bui. Rimontare la china non vuole dire solo salire una cima ma anche riuscire a superare i propri dolori, le fatiche e le traversie quotidiane per vivere meglio e socializzare con gli altri. Spesso i sogni si avverano aumentando l’effetto adrenalinico derivato dall’ impegno specie quando esso è condiviso con una amicizia sincera. Ricordiamo il vecchio motto dei nostri nonni : “ Per aspera ad astra“.

Da parte di tutti quelli che si arrampicano per una via o lasciano  una traccia sulla neve o ripercorrano un sentiero si dovrà sempre avere un pensiero riconoscente rivolto verso coloro che ci hanno preceduto permettendo a noi di seguire le loro orme. Continuiamo ad osare nel rispetto della montagna e dei suoi vincoli senza sentirci troppo eroi ed evitando di spostare troppo oltre i limiti delle personali possibilità, non dimenticando che le cime sono sempre lassù ad attenderci un gradino più in alto di noi.
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