Sentieri … quasi selvaggi di Adolfo Ciucchi

Annuario 2011

E’ presto, sto guardando fuori dalla finestra della casa che ci ospita e vedo il Sassolungo appena toccato dai raggi del sole. Penso che sia molto meglio di una tazza di caffè per svegliarti. Sto lavorando anche al pezzo che dovrò scrivere sollecitato dal mio presidente. Non è facile, molti argomenti si affollano alla mente ma tutti o molto seri o che non portano da nessuna parte. Anche la penna che sto mordicchiando per trovare l’ispirazione non ha un buon sapore, ma poi ad un certo punto si accende una lampadina. Essendo un patito del camminare, anche se con l’avanzare dell’età si cammina sempre più con la memoria, posso scrivere di una cosa importante, direi necessaria per farlo. Mi par di sentire che subito pensiate al fiato, giusto ci vuole anche quello, ma io pensavo ai sentieri.

Anche se il poeta Antonio Machado, che non mi risulta sia mai stato iscritto al CAI, dice: “O viandante, sono le tue orme /Le sole cose che/formano il sentiero. / O viandante, non esiste il sentiero, /il sentiero viene fuori mentre vai”, i sentieri esistono e sono importanti. Certo il più delle volte ci interessa la meta più che il mezzo per raggiungerla. Quanti si soffermano a vedere nel sentiero che percorrono tutta la sua importanza per raggiungere quella meta che sarebbe molto più complicato raggiungere se non ci fosse. E non molti mentre col fiato corto avanzano pensano alla sua origine, alla sua storia. Tutti i sentieri hanno una origine che certamente non è ludica come pensiamo o come è diventata, e tutti avranno avuto storie che magari non hanno fermato il mondo, ma piccole grandi storie quotidiane di fatica, paura o devozione. Penso ai pastori che l’hanno percorso dietro le loro greggi, ai mulattieri con le bestie cariche della soma, al mercante che magari lo percorre pensando al guadagno mentre dietro alla curva l’aspetta il brigante, al pellegrino che spinto dalla fede si trascina col bordone e la conchiglia di san Giacomo o alle soldataglie avide di preda e di violenza.

Forse faccio troppi voli di fantasia e d’altra parte tutto questo non c’èsegnato sulla cartina quando programmiamo l’escursione, allora ci si preoccupa solo del numero, della lunghezza e del dislivello. Quando poi lo si percorre ci si augura che sia ben segnato, non troppo infrascato, direi comodo. E comunque rimane il mezzo e solo il mezzo per raggiungere una meta. E’ sempre stato cosi e sono solo io che mi illudo che ci si possa soffermarci anche sul mezzo e non solo sulla meta. Questo succede per una scalata in cui è importante la vetta ma anche la via di arrampicata con le sue difficoltà, i passaggi difficili e tutto il resto. Ripeto per una escursione il sentiero ha importanza solo per il dislivello e la lunghezza, peccato.

Ma credo, anzi sono sicuro, che ognuno di noi ha il suo sentiero preferito, quello che ricorda più spesso, quello che l’ha colpito e che se gli ritorna in mente è capace ancora di farlo sognare e di staccarsi per un momento da questa vita convulsa ed insensata, come una conchiglia che salta fuori da un cassetto e ricorda la spiaggia assolata su cui l’ha raccolta, e ti fa rivivere quel momento magico che ti ripaga di tante amarezze quotidiane e illumina anche una giornata grigia e invernale.

Io ne ho tanti e li tengo cari, tutti racchiusi dentro di me. Sentieri che mi hanno colpito, che hanno saputo far scattare la molla dell’emozione. Ricordi che mi sono preziosi e da conservare preservandoli dall’oblio. Risento ancora, ricordandoli, i miei passi, il profumo delle piante o l’ombra bene accetta in una giornata estiva. Forse la mente o il cuore ha idealizzato questi miei ricordi ma per me sono tutti veri e reali, solo io sono cambiato. Ognuno di noi, anche senza pensarci, ha il suo. Magari lo ha percorso da ragazzo o da adulto, solo o in compagnia, allegro o triste, ma sempre qualcosa ha fatto che quel ricordo non si cancellasse mai. Guai a chi li percorre senza pensare, senza guardarsi intorno, senza perdersi in lui con la certezza che comunque conduce sempre dove devi andare. Ho catalogato i “miei” sentieri in varie categorie: c’è quello da meditazione che mentre lo percorri ti permette di pensare a qualcosa di bello e che ti mette una gran calma, il panoramico, il misterioso perché si snoda nel profondo del bosco e non se vede la fine, ma tanto sai che c’è, e altri ancora. Anche un grande scrittore aveva il “sentiero dei nidi di ragno”. Certo idealizzare una cosa terra terra come è un sentiero può essere frutto di una mente bislacca, a voler essere caritatevoli. Per rifarmi al poeta con cui ho aperto, il sentiero è un po’ la similitudine della nostra vita: la si percorre ed è a seconda dei momenti bella, triste o drammatica, ma sempre degna di essere percorsa fino in fondo e di goderne di quello che a ogni passo ti offre.

Naturalmente, tanto per tornare con i piedi sul sentiero, non si può non considerare il lavoro duro e ingrato ma molto importante svolto dal CAI nel segnare, ripristinare, insomma tenere in ordine la rete dei sentieri. Ci saranno zone in cui il lavoro è stato fatto meglio e altre in cui, non per cattiva volontà ma per la carenza dei mezzi e dei volontari, le cose lasciano a desiderare. Io sono sempre molto grato al CAI specialmente quando indeciso sulla direzione da scegliere scorgo il mitico, eterno segnalino rosso-bianco-rosso. In un mondo cosi privo di regole e soprattutto privo di una direzione precisa, è, quel segnale, garanzia e sicurezza di essere sulla strada giusta. Buona passeggiata e buon sentiero a tutti voi.

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