La traccia dello scialpinista di Marina Todisco

Annuario 2011

Quindici anni di direzione dei corsi SA2

Finalmente è finito l’SA2!” era sulla bocca di tutti. Perchè? Il corso di Scialpinismo Avanzato ha messo a dura prova tutti noi allievi, sia per il programma denso e impegnativo, che per le attitudini richieste. Si accede per invito, e, valutati i risultati personali al corso SA1, solo un manipolo di eletti è stato ammesso a quest’appuntamento biennale.

Le lezioni teoriche sono cominciate con il ‘classicone’ del materiale tecnico necessario per l’attività montana “più completa” che si possa fare; così il direttore: “Avete tutti quanti sci, scarponi, pelli, rampanti, bastoncini, piccozza, ramponi con chiavetta (un mistero!), moschettoni, cordini corti… e lunghi, piastrina, caschetto, imbrago, gamelle… e fornello? Naturalmente anche sacco a pelo invernale… e sacco lenzuolo, ma non dimentichiamo il fondamentale: ARTVA, pala e sonda...”. Il dramma è stato mettere tutto nello zaino da 32 litri. L’impresa impossibile non è riuscita a nessuno, e così partivamo come profughi, con gamelle e materassini e quant’altro, appesi sconsideratamente allo zaino, verso la nostra prima lezione pratica all’Alpe di Succiso: la truna.

Sono in ansia” era la frase che andava per la maggiore fra i commenti di posta elettronica, ma chi poteva dissentire? La prospettiva era di venti chili di zaino da trasportare in salita e in discesa sugli sci, e, a seguire, un freddo sonno, in un freddo buco, scavato da noi stessi nella neve, la truna appunto. Per fortuna, dopo il tè offertoci con simpatia dagli istruttori, (i quali alloggiavano nel comodo e caldo rifugio Rio Pascolo…), non era poi così freddo lì in truna e la cena, inoltre, era perfetta, anche perchè, per noi due, ha cucinato Claudia! In conclusione, la salita al Succiso, per la cresta nord del Torrione ci ha infine lasciato con l’immagine di sci e ramponi su misto, in perfetta armonia per il raggiungimento dell’obiettivo. La prova ARTVA a secco, sotto un fantastico sole invernale a Maiano, ci ha svelato come ritrovare più di un sepolto in tempi record con i nostri moderni ARTVA digitali. Forse passando di lì, quel sabato, ci avrete visti disseppellire fino a cinque sacchetti di plastica in pochissimi minuti; no, non partecipavamo a ‘sentieri puliti’… Stupiti sarete rimasti anche, nel vederci arrampicare in falesia su roccia con gli scarponi da sci, esercitazione per le uscite pratiche a seguire.

Le lezioni teoriche si sono fatte via via più complesse e dense di concetti, toccando la nivologia in tutti i suoi aspetti, la catena di assicurazione e la progressione in cordata, la medicina di montagna, la glaciologia, l’autosoccorso negli incidenti da valanga, con tanto di prove scritte finali a domanda chiusa da completare e riconsegnare seduta stante al direttore: “Ognuno scambi il foglio con il vicino ed evidenzi gli errori”…“Caspita, su sei ne ho sbagliate quattro, please, non lo dire a nessuno”… ”Ma le domande erano a trabocchetto”…” Tu cosa hai messo alla cinque?”… ” Che sonno! Ah, ma si corregge ora, qui?”.

La teorica più utile, per me, è stata la lezione in cui il direttore ha evidenziato il percorso migliore (in verde) e quello peggiore (in rosso) sulle foto di alcune montagne: “Lo scialpinista, dovuto al suo procedere con gli sci, non può seguire la linea di massima pendenza. Per evitare di tagliare il pendio, deve fare una traccia a zig zag che tocchi isole rocciose, che sono ancoraggi naturali per il manto nevoso, mantenersi a ridosso delle pareti dove d’uopo, e scegliere dorsali, piuttosto che valli o pendii sottovento con cornici, dove la neve può essere non assestata...”. Che bello, per aprire gli occhi ci può volere tanto tempo, ma quando li hai aperti, ci vedi benissimo…eccola lì, la traccia dello scialpinista!

L’uscita pratica nella zona del Similaun ci ha insegnato la disciplina: “Ogni momento perso nel togli-metti le pelli, nell’aggancio dei ramponi, nella gestione del tempo in salita” potrebbe precludere l’agognata vetta. “Il meteo, stabile al mattino, può cambiare rapidamente, obbligandoci a rientrare; ogni minuto è prezioso”; per fortuna, un’alta pressione ci ha accompagnati in tre salite da sogno (sogno ancora quei dislivelli…): Cime Nere mt. 3.624, Punta di Finale mt. 3.514 e il famoso Similaun mt. 3.597. E’ seguita la discesa a valle attraverso la lunga e perigliosa Val di Fosse, dove ci siamo distinti per aver adottato al momento giusto “la discesa su ghiacciaio alla Whimper”, mi riferisco, cioè, a scivolare sulle natiche sterzando e frenando con la piccozza. Questa parte della nostra traccia era molto ben visibile ancora da valle.

Fra alti e bassi, reprimenda sul nostro stato di allenamento, seguite da allenamenti ‘orsenighiani’ con litri e litri di acqua sulle spalle, su e giù da monte Morello (“ma partendo da sotto…”), incubi ‘escheriani’ di tracce di pendii ascendenti che non possono avere una fine, istruttori seguiti nella corsa dagli allievi come al cinema in Forrest Gump, extra lezioni autogestite di ripasso dei paranchi e del tracciato di rotta, scuse ufficiali per goliardici ritrovi a cena, meteo avversi che facevano rimandare e variare l’ultima uscita pratica, di cui il peggiore con “profonda saccatura” ci obbligava all’ultimo possibile patto di sangue con i familiari, per dare ancora disponibilità per il successivo fine settimana, … finalmente, ecco la notizia risolutrice che tutti aspettavamo con liberazione. “Confermo l’uscita a Sass Fee da venerdì 20 a domenica 22 p.v. Appuntamento a Novoli alle ore 6 e 00. Datemi conferma di chi parteciperà all’uscita e di chi ha le corde. Devo sapere come sono composti gli equipaggi, perchè sarà necessario da parte vostra portare due istruttori. Ricordo di munirsi di Franchi CH”.

Un 4.000 mt. e un dislivello da urlo, saremo all’altezza ora?

Fibrillazione di equipaggi creati, “... il Velo-Team è in testa con i veloci Claudia, Alessandro, Daniele insieme al direttore”; di equipaggi smontati, rifatti, ripensati, ponderati, e finalmente vincenti con la quota rosa, tutte le donne del corso, nella stessa macchina “Io e Alessandro prendiamo la macchina e abbiamo a bordo la Betta, rimangono due posti un po’ strinti … Marina puoi venire con noi! Se poi viene anche la Claudia, secondo me il Pieri se ne va perchè non ce la fa a sopportarci per tutto il viaggio”; di tutta risposta Alessandro: “Tappi per le orecchie?”, e l’automobile portata dal meccanico, resuscitata solo poche ore prima della partenza.

Il 4.000 mt. è andato! Molto bene l’ha narrato Lorenzo, vi rimando al suo racconto. Con la “piccozza a spallaccio” e con la piccozza scivolata pericolosamente lungo il pendio, con il mal di montagna, che abbiamo conosciuto nella sua triste veste di ospite imprevedibile ed inatteso, indesiderato ancor più del cumulonembo che abbiamo abilmente evitato grazie ai nostri istruttori e alla loro esperienza di montagna. Allora “Grazie! Un plauso agli istruttori!”… ma no, “Grazie agli allievi di questo corso SA2 2011, perchè quest’ultima lezione pratica è stata come un’uscita scialpinistica fra amici!”… e giù fiumi di vino, taglieri di affettati a volontà e una promessa “Sono disponibile per fare delle uscite con voi a titolo personale e fuori dal corso”. Eureka! Allora ci prenotiamo per il Rimpfischhorn, e il Dent D’Herens, ma anche… Castore e Polluce, concatenando i due Lyskam… ma quando si riparte? Adesso, con nostalgia, riguardando il nostro attestato, estorto con la forza al direttore, ci sentiamo più scialpinisti che mai.

Direttore e istruttore Marco Orsenigo, ci lasci ancora una volta il tuo contributo?

Dopo 15 anni di direzione senza interruzione dei corsi di scialpinismo avanzato (SA2) potrò passare finalmente il testimone a Lorenzo Furia, prossimamente il nuovo istruttore nazionale di scialpinismo nei ranghi della Scuola Piaz. Dunque il corso SA2 2011 sarà l’ultimo corso da me diretto e devo aggiungere subito, che è stato pure il migliore. Riandando indietro nel tempo non ho memoria di un corso che sia risultato positivo in tutti i molteplici aspetti nei quali può essere valutato. Cosa rara.

Il corso appena concluso ha creato un gruppo affiatato e compatto come difficilmente se ne vedono; gli allievi si sono dimostrati sostanzialmente omogenei sul piano tecnico nel suo complesso considerato. Ciò che più mi ha colpito è stata la partecipazione convinta ed entusiasta al corso. Con due sole defezioni su dodici iscritti, per altro dettate da motivi contingenti, i dieci allievi rimasti non hanno perso un’uscita; questa cosa più unica che rara. La voglia di imparare, di crescere alpinisticamente, è stata la ragione dichiarata della loro abnegazione.

Il corso si è concluso con il rilascio dell’attestato agli allievi e – fatto non consueto – col rilascio di un attestato degli allievi al corpo istruttori. Di me è stato certificato fra l’altro “che ho rotto un pò i maroni” ed anche qualcos’altro, aggiungo. Ringrazio per questo complimento, che riconosce il mio impegno. Un aforisma attribuito a Confucio recita: “chi non si sforza io non lo ammaestro”. Non so dire quanto siano stati ammaestrati questi allievi; però sono testimone del loro sforzo e con l’impegno s’impara sempre. Del resto il ruolo dell’istruttore non è forse stimolare l’apprendimento, pretendendo l’impegno? Ammetto che durante questo corso sono stato talvolta più esigente del solito con gli allievi: la “colpa” è loro. Questi ragazzi andavano, eccome, e dunque chiedere di più è stato naturale.

Gratificato dall’apprezzamento corale per il lavoro svolto dagli istruttori della Piaz, devo dire che col corso SA2 2011 mi sono proprio divertito”.

Condividi questo articolo attraverso i tuoi canali social!

Lascia un commento