Vie normali dimenticate di Sandro Caldini

Annuario 2011

Croda Rotta

Mi piace andare in Dolomiti alla ricerca dell’avventura; vedo molte persone che la trovano all’estero, in paesi lontani ma si può trovare facilmente anche dalle nostre parti allontanandosi poco da sentieri battuti e senza spendere soldi per costosi (e, perché no, talvolta pericolosi) viaggi aerei. Le vie normali che vi presento sono tutt’altro che difficili ma non possono attagliarsi a tutti gli escursionisti. Le consiglio tuttavia a chi vuol cercare qualcosa di più del solito carnaio dei rifugi alpini, basta avere una conoscenza di base dell’arrampicata e, per una di queste cime, un compagno che ti fa sicura.

Torre Nord del Vajolet (mt.2.810)

E’ una tozza cima nella diramazione Nord delle famose torri del Vajolet (Stabeler, Delago, Winkler); da quest’ultime appare del tutto silenziosa visto che pochissime persone la visitano per ammirarne i suoi scoscesi meandri e credo che si possano contare con la mano le persone che la salgono ogni anno. Il punto di partenza per la torre Nord è Gardeccia (mt.1.949), facilmente raggiungibile con i pulmini da Pera oppure salendo in funivia a Ciampedie da Vigo di Fassa e poi seguendo per poco più di 30 minuti il sentiero n. 540. Da qui si segue il sentiero n. 546 per i rifugi Vajolet e Preuss (mt.2.242) e li raggiungiamo in circa 40 minuti (sentiero estremamente frequentato nelle belle giornate estive). Adesso continuiamo a salire nell’alta valle del Vajolet verso il rifugio Passo Principe. Si segue il sentiero n. 584 per circa una quindicina di minuti, giusto guadagnando un ripiano da cui appare a sinistra l’angusto passo del Vajolet delimitato a N dalle Cime d’agnello e a S dalla Torre del passo. Ci si alza perciò dal sentiero seguendo la traccia di sentiero e i relativi ometti; si guadagna quota fin sotto il suddetto passo ma non lo si raggiunge poiché s’imbocca a sinistra la cengia che fascia la Torre del Passo e successivamente le altre.

Torre Nord del Vajolet

Questa cengia è in genere abbastanza ampia ma presenta tre strozzature da passare in corrispondenza dei canaloni di scolo (fare attenzione al primo canalone per il salto sottostante; un tempo esistevano due chiodi per fare sicurezza ma personalmente non li ho mai usati tranne che nel 2001 quando il canalone si presentava ai primi di luglio ancora intasato di neve). Passati questi punti insidiosi, continueremo a salire seguendo la cengia che si fa man mano sempre più larga. Si arriva quindi al punto d’attacco vero e proprio (circa 1 ora dal rifugio Vajolet; ometto con bastone di legno). Siamo sotto l’inclinato versante Est e dobbiamo tenere a mente che ci sono un’infinità di ometti che possono fuorviare l’escursionista. Si deve stare, nel salire, abbastanza a sinistra prendendo come riferimento svariati e bizzarri pinnacoli. Lasciandoceli sulla destra (I/I+) arriveremo a una cengia da cui a sinistra parte la bella Via Marina (Battisti-Colli, IV) alla Torre Est del Vajolet. A questa cengia si può anche pervenire seguendo un canalone appena più difficile (II) salendo a destra dei pinnacoli. Adesso dobbiamo cercare di raggiungere la forcella Nord (mt. 2.740) stretto passaggio tra la nostra cima e la Torre Principale; si seguono sempre gli ometti e si devono superare due passaggi un po’ più difficili di quelli affrontati sin qui: una paretina e un canalino con sasso incastrato ci impegnano non oltre il II. Raggiunta la forcella si procede verso destra (N) salendo una cengia, un poco esposta, e addentrandosi nel cuore della parete della Torre Nord. Si punta a un canalino che ci permette di arrivare in poco tempo in vetta (II-, un po’ friabile).

 Stupenda visuale sull’acrocoro delle Torri. Vicine appaiono la Torre Principale e la Torre Est, anche queste silenziose come la nostra (circa un’ora e 15 minuti dall’attacco della cengia). Per il ritorno in genere serve più tempo per districarsi nel labirinto di ometti di sassi.

Croda Rotta (mt. 2.670)

E’ questa una cima dimenticata del ramo ampezzano del Gruppo del Sorapis. Non è molto alta, è vero, e pochi ne conoscono il nome quando stanno salendo verso la Sella di Punta Nera. Tuttavia ha un aspetto svettante se vista dal rif. Tondi al Faloria. Poi, quando si sale dal sentiero n.215, assume man mano un aspetto un po’ più tozzo. E’ una montagna selvaggia e il nome anticipa ciò che troveremo nei suoi paraggi: roccia più che marcia ma senso unico di vetta standoci sopra. Se qualcuno ha la costanza e la voglia di andarci, vedrà che quanto scrive la famosa guida dei monti d’Italia del Berti (Dolomiti Orientali vol.1 parte 1° pag.502) è del tutto inesatto: “Facilmente accessibile, preferibilmente dalla forcella tra Croda Rotta e Punta Nera per terreno in gran parte erboso”. Mi domando dove sia il terreno in gran parte erboso e questo potete evincerlo dalle immagini allegate al presente articolo. Dalla forcella si vede solamente la montagna (ma non la cima che rimane dietro) ed una placca inclinata non protetta (non ci sono chiodi) piena di pietrisco. E’ probabile che qualcuno sia passato col diserbante per ridurla così…

Croda Rotta

 Si lascia la macchina alla vecchia stazione di Cortina (munirsi di monete) e solitamente si prende la funivia per il Rif. Faloria per poi seguire la carrareccia per il rif. Tondi (altrimenti si usufruisce del servizio navetta per raggiungerlo). Dal rifugio si segue la pista da sci che scende da poco sopra e si segue il sentiero n. 223 per la forcella Faloria (m.2309); la si doppia in una decina di minuti. Adesso si gira a destra verso il sentiero n.215 che mena verso la Sella di Punta Nera, in forte pendenza, dal lato occidentale del ramo N del Sorapiss. Sovente ci sono da affrontare brevi passaggi di I; sotto la Sella stessa, il sentiero gira bruscamente a Est e qui lo si abbandona per seguire una traccia con sparuti ometti diretta verso la Croda Rotta. In poco tempo si è sul ciglio che guarda la conca di Cortina e da qui s’imbocca uno dei tanti sistemi di cenge (consigliabile non salire troppo) in modo da arrivare all’attacco vero e proprio (lato E-NE, bastone, 1 ora circa dal rifugio). Adesso scendiamo qualche metro verso una cengia rossiccia sulla destra e la si segue facilmente anche se con cautela fino a doppiare uno spigolo sotto rocce aggettanti: da qui si procede su una rampa inclinata infida e assai friabile (II poi I) da risalire fino al suo culmine: non di rado gli appigli ti rimangono in mano e gli appoggi calano rumorosamente a valle. Dalla forcellina al culmine della rampa si sale a sinistra per pochi metri su rocce veramente rotte e instabili arrivando, in neanche un quarto d’ora dall’attacco, sull’esilissima vetta. Si raccomanda una grande cautela nello scendere.

Torre Finestra (m.2670)

Nota col nome di Fensterl-Turm nella letteratura di lingua tedesca (Santner) e Croz di S. Giuliana in quella italiana per quel curioso foro dove sta adesso una croce (“per la finestra, Santa Giuliana volò in cielo” da Guida dei monti d’Italia pag. 449), si trova nel sottogruppo della Roda di Vael nel Catinaccio. E’ salita frequentemente per lo spigolo spigolo Sud (Anhuber-Tomasi-Mitterdorf III/III+ con passaggio finale di IV) ma la normale (Christomannos-Deiori-Platz) è del tutto trascurata. Presenta difficoltà tra il II e il III e può essere un ottimo inizio per una cordata alle prime armi.

Si arriva in macchina fino al passo di Costalunga (mt. 1.745) e si scende fino agli impianti che portano al rif. Paolina (mt.2.125). Da qui si prende il sentiero n.539 per raggiungere in meno di tre quarti d’ora, il rif. Roda di Vael (mt. 2.280). Adesso si sale il prato sopra il rifugio e nel pianoro ci troviamo a un trivio. Noi prendiamo il sentiero al centro che mena al “Ciaval” dove troveremo degli infissi metallici; qui conviene mettersi l’imbraco visto che la roccia è molto liscia e usurata: uno stretto camino ci porterà nel meraviglioso catino superiore posto tra Torre Finestra, Roda del Diavolo e Masaré. Si risale il catino faticosamente con delle serpentine e, dopo aver passato lo spigolo S, ci si trova giusto sotto la parete W. L’attacco della normale è subito a sinistra di due lapidi. Il primo tiro segue un canale/camino verticale con buoni appigli soprattutto sulla sinistra; sconsiglio di uscire dopo 10 m. a destra per placca poiché non ci sono protezioni. All’uscita del canale/camino si vede subito la sosta (due chiodi con cordino); in tutto sono 20 m. circa di II+ con qualche passo di III. Da qui si prende la rampa inclinata a sinistra fino a incontrare un chiodo posto sulla parete di destra (I+/II-) e si prosegue proprio su questa parete mirando diritto alla cresta e facendo sosta su spuntoni della cresta (circa 15 m. di III-/III). Per poter raggiungere la vetta vera e propria conviene traversare sempre stando poco sotto la cresta dal lato W (II-); giunto a un risalto da scendere, fare attenzione all’esposizione (II): la sosta per le calate si trova proprio qui sotto. Si prosegue per cresta fino alla cima vera a propria (libro di vetta).

 

Croz

Per scendere si fanno due doppie: la prima (anello cementato) di 20 m. porta a un terrazzino posto sotto la finestra; la seconda (su un chiodo) di 20 m. deposita sulle ghiaie basali. In tutto circa un’ora e venti minuti.

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