Giotto Dainelli, Presidente che amò la scienza e l’Italia di Marco Bastogi

Giotto Dainelli – foto CAI Firenze

Parlare di Giotto Dainelli non è affatto facile. Personaggio dotato di una forte personalità, molto variegato e di rilievo dello scenario culturale italiano compreso tra le due guerre; oltre che essere un illustre Geografo e Geologo è stato uno degli ultimi esploratori e certamente tra i più attivi del ‘900. Nacque a Firenze il 9 maggio 1878 da famiglia benestante. Il padre, laureato in medicina, era un generale che vantava illustri origini patriottiche risorgimentali e la madre era figlia di un senatore del Regno d’Italia (Adriano Mari). Il lavoro del padre per i continui cambiamenti di sede oltre che per la sua passione di viaggiare, lo tenne lontano da Firenze durante il periodo dell’infanzia. Vi tornò in sede stabile quando il padre Luigi divenne consigliere comunale di opposizione ai socialisti. Giotto Dainelli si laureò in Scienze naturali presso l’istituto di Studi Superiori di Firenze nel 1900. Il suo maestro fu un altro insigne studioso oltre che socio del nostro sodalizio: Carlo De Stefani, al tempo direttore dell’Istituto di Studi Geologici a Firenze che avviò il giovane Dainelli all’apprendimento secondo il metodo dell’osservazione di campagna. La sua tesi di laurea fu lo Studio del Monte Promina in Dalmazia, fin da allora Dainelli rimarrà molto legato al territorio della Dalmazia.

Cominciò dunque a viaggiare da giovanissimo accompagnato dall’inseparabile macchina fotografica, con la quale immortalò luoghi e persone sul Monte Bianco (1899 e 1901), si recò in Dalmazia come paleontologo ed in Bretagna e Marocco da geografo. Fu certamente di incentivo per Dainelli, la nascita a Firenze della Società di Studi Geografici e Coloniali (il 7 giugno 1895), cioè l’attuale Società di Studi Geografici e la pubblicazione della Rivista Geografica Italiana. Particolare vanto gli dette il pubblico elogio pronunciato dal Prof. Igino Cocchi, fondatore della nostra Sezione CAI ed a quel tempo, uno dei maggiori scienziati geologi.

Foto di G. Dainelli da www.himalayanclub.org

 Dopo la laurea frequentò corsi di perfezionamento all’Università di Vienna ed al Politecnico di Zurigo e nel 1903 divenne libero docente in geologia e geografia fisica a Firenze. Fu in Africa Orientale nel 1905 – 1906 in occasione del Congresso Geografico di Asmara assieme al geografo Olinto Marinelli, amico e compagno di studi ed anch’esso socio della nostra Sezione. Attraversò l’Eritrea settentrionale e la Dancalia orientale con un viaggio esplorativo dai diversi intenti: geografici, geologici, antropologici, etnologici ed archeologici, in questa occasione, scalò assieme a Marinelli, anche il vulcano Alid. Gli esiti furono decisamente favorevoli, innumerevoli i dati ed il materiale che fu portato a Firenze. Numerosi furono gli articoli pubblicati sulla Rivista Geografica Italiana; il resoconto dei due scienziati, fu pubblicato nel 1912, in un volume dal titolo: “Risultati scientifici di un viaggio nella colonia Eritrea”.

De Filippi nel suo studio

Dainelli manifestava un interesse prettamente scientifico, antropologico culturale che rispettava la dignità e l’identità delle popolazioni locali, in contrapposizione alla così detta “missione civilizzatrice” di stampo prettamente colonialista in voga al tempo; non era certamente contrario all’espansione coloniale, ma riteneva dovesse essere lenta e graduale per favorire lo sviluppo dei territori che venivano acquisiti.

Nel 1910, all’età di 32 anni, divenne il sesto Presidente della Sezione C.A.I. Firenze e resterà in carica per 9 anni, in un periodo tra i più difficili della nostra storia. A lui, che aveva capito l’importanza di stabilire un collegamento tra la direzione della Sezione ed i Soci, dobbiamo la creazione del Bollettino della Sezione che da allora, raggiunge stabilmente i soci della Sezione CAI Firenze. Fu una sua personale iniziativa quella di organizzare “carovane scolastiche”, per avvicinare i giovani al Club Alpino Italiano ed alla Montagna.

Dainelli era un convinto nazionalista monarchico. La sua domanda di volontario di guerra, rimase inevasa vista la sua posizione di docente universitario, così che nel periodo della Grande Guerra, si dovette accontentare di essere vicino ai soci combattenti. Molto significativo è il ricordo per il grave lutto che lo tocco profondamente con la morte del suo discepolo Giovan Battista De Gasperi, un personaggio tra i più importanti tra quelli appartenuti alla nostra Sezione ed una speranza futura strappata alla Scienza. De Gasperi fu responsabile della nostra preziosa biblioteca sezionale; sottotenente del 69° battaglione di fanteria, decorato di medaglia d’argento, morì in un’azione di guerra il 15 maggio 1915 sul Monte Maronia in Trentino. Per la triste occasione Dainelli scrisse nel numero di luglio-settembre 1916 del nostro bollettino, ben 28 pagine a lui interamente dedicate. In quegli anni di guerra, la Sezione divenne un rifugio per gli alpinisti irredenti profughi di Caporetto così che si strinsero legami molto forti in particolare con la S.A.T.. Nel 1918, fu anche fondatore e presidente di una associazione fiorentina denominata “Madre Patria”, che assisteva i soldati friulani reduci dalle battaglie.

Biblioteca CAI Firenze

Dette vita a le “Memorie geografiche”, a supplemento della “Rivista geografica”, da lui diretta tra il 1907 – 1918 nelle quali inserì molte delle sue ricerche. Nel 1912 fu proposto dai moderati per una sua candidatura in Consiglio Comunale, tuttavia gli impegni scientifici, per lui certamente più attraenti della politica, lo costrinsero a dimettersi dopo pochi mesi, rinunciando anche ad un incarico come assessore.

 

Nel 1913 – 1914, sotto la guida dal medico ed esploratore Filippo De Filippi farà parte della memorabile spedizione scientifica (certamente una delle più rilevanti e fruttuose per i dati che furono raccolti), tra Karakorum ed Himalaya passando dall’India e dal Kashmir, fino a raggiungere il Turkestan cinese (l’attuale Sinkiang), per fare quindi ritorno. Della celebre spedizione facevano parte anche l’amico geografo Olinto Marinelli, l’astrofisico Giorgio Abetti che successivamente, tra 1922 e 1957, diventerà direttore dell’Osservatorio di Arcetri, i meteorologi Nello Venturi Ginori e Camillo Alessandri, due topografi inglesi dell’ufficio trigonometrico indiano, un comandante in seconda, la guida alpina valdostana Giuseppe Petigax ed il fotografo ufficiale della spedizione Cesare Antilli.

Giotto Dainelli – foto CAI Firenze

Già nei primi numeri del bollettino CAI, appaiono suoi articoli, sulla Spedizione di De Filippi in Karakorum. L’impresa ebbe come obiettivo l’esplorazione del ghiacciaio Rimu, il completamento delle triangolazioni iniziate dagli inglesi e dai russi nei rispettivi possedimenti in India e Turkestan e l’approfondimento dello studio della fisica terrestre mediante una estesa concatenazione di stazioni gravimetriche e magnetiche. Il lavoro richiedeva una notevole attività esplorativa legata all’attraversamento di zone impervie e dei grandi ghiacciai del Karakorùm orientale. Dainelli contribuì per gli aspetti geologici, ma approfondì anche quelli antropologici ed etnologici. Pubblicherà il diario della sua esperienza di geografo naturalista nei volumi editi a Firenze nel 1924, sotto gli auspici della R. Società Geografica Italiana: “Paesi e genti del Caracorùm e Vita di carovana nel Tibet occidentale”. Per completare le osservazioni compiute nel 1913-1914, tornò nella stessa area con una nuova spedizione questa volta da lui diretta ed organizzata di concerto con l’Istituto Geografico Militare, alla quale parteciparono il tenente Enrico Cecioni (in veste di fotografo che diventerà Presidente della Sezione CAI Firenze tra il 1948-1958) ed il capitano Alessandro Latini (topografo).

Questa missione, che raggiunse zone ancora inesplorate, fu descritta da Dainelli in “Il mio viaggio nel Tibet Occidentale” (Mondadori, Milano, 1932), ed è ben descritta anche negli aspetti meno appariscenti, in un articolo di Bausi e Caciolli, pubblicato nel maggio 1998 sulla rivista dell’Istituto Geografico Militare, “L’Universo”, grazie al ritrovamento del diario della spedizione, manoscritto dal marchese Venturi Ginori, conservato presso la biblioteca del C.A.I. di Firenze (insieme a testi preziosi già appartenenti a J.A. Spranger, socio della Sezione C.A.I. Firenze).

I risultati scientifici di grande valore furono raccolti in due serie distinte: la prima comprendente ben 18 volumi che uscirà tra il 1922 ed il 1934 (Relazioni scientifiche della spedizione italiana De Filippi nell’Himalaia, Caracorum e Turchestan cinese), mentre la seconda serie, coordinata da Dainelli stesso, comprenderà 12 volumi che usciranno nello stesso periodo (1922 – 1934), con il contributo di altri insigni studiosi non direttamente partecipanti alla sedizione. E’ sulla base di questa grossa esperienza che vinse, nel 1913, il concorso per la cattedra di Geografia presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Napoli, passando tuttavia per chiamata dall’Università di Pisa; manterrà la cattedra fino al 1921. A seguito della morte del suo maestro Carlo De Stefani, nel 1924, assunse a Firenze la cattedra di Geologia e Paleontologia fino al 1944; la riprese, nel secondo dopoguerra, fino al 1953, quando al compimento del settantacinquesimo anno di età, si ritirò dall’insegnamento, stabilendosi a Roma.

Nel 1919, “The Geographical Review”, segnalerà Giotto Dainelli, tra i maggiori geografi europei riferendosi in particolare alla collana delle “Memorie Geografiche”, agli Studi sulla Dalmazia e su quelli demografici della Toscana; nello stesso anno diventerà socio dell’Accademia dei Lincei. Su incarico dell’Accademia d’Italia, tornerà In Africa tra il 1936 – 1937, ed in particolare in Etiopia, nel Corno d’Africa, con una missione esplorativa, da lui diretta ed organizzata, al lago Tana. A seguito di questa esplorazione pubblicherà, nel 1939, un volume dal titolo “La Regione del Lago Tana”. Raccolse oltre 6.000 fotografie e molti documenti che ancora oggi costituiscono un patrimonio inestimabile per lo studio geografico ed etnografico delle regioni del Corno d’Africa.

Non c’è dubbio che le spedizioni scientifiche esplorative ed i viaggi di studio lo resero decisamente famoso. Nel dicembre del 1943, fu nominato podestà di Firenze, nei tragici mesi della Repubblica Sociale Italiana. Contrario in un primo tempo per le sue convinzioni monarchiche ad accettare questo incarico, fu investito ufficialmente di questo ruolo nel febbraio ‘44, a seguito di un decreto formale che di fatto lo obbligava ad accettare per spirito di disciplina. Concepì questo ruolo come servizio di protezione civile di fronte all’emergenza per proteggere la popolazione fiorentina dai bombardamenti e per preparare un passaggio indolore tra l’occupazione tedesca e quella oramai probabile anglo-americana. Dopo l’assassinio di Giovanni Gentile, nei primi di maggio del 1944, su mandato della Repubblica di Salò, fu proposto per diventare presidente dell’Accademia d’Italia. Dainelli non accettò la nomina, sostanzialmente per la sua nota reticenza ad accettare incarichi che lo allontanavano dalla scienza e dalla ricerca, tuttavia la nomina gli fu formalizzata ugualmente il mese successivo.

Nonostante la sua volontà di condurre l’Accademia d’Italia non certamente da gerarca, ma da intellettuale a tutto vantaggio della Scienza, nel 1945 cominciarono ad arrivare da Firenze pesanti critiche che lui, senza rinnegare le proprie convinzioni nazionaliste, respinse ritenendole ingiuste. Per Dainelli comincia un periodo molto difficile per la sua compromissione con il fascismo, viene giudicato indegno di far parte dell’Accademia dei Lincei e quindi espulso.

Pubblicò a sue spese un lungo memoriale sulla sua attività di Presidente dell’Accademia d’Italia, per spiegare la sua correttezza e di aver svolto onestamente e per il bene della scienza il suo compito. Nel frattempo anche l’Università di Firenze epurava Dainelli, segnalandolo all’Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo e richiedeva di verificare se si poteva ravvisare nel suo comportamento una chiara attività di collaborazionismo con il nazismo. L’indagine che seguì raccolse testimonianze che dimostrarono l’assoluta assenza di attività nazi-fascista, anzi, emerse l’intento positivo nella sua attività svolta per il breve periodo della sua presidenza dell’Accademia d’Italia e la totale mancanza di sollecitazione per avere la carica di Podestà di Firenze. Emerse anche una assoluta assenza di antisemitismo, alcuni ebrei testimoniarono che furono aiutati da Dainelli. La sentenza finale, pronunciata il 1° ottobre 1947, fu chiaramente assolutoria.

Gli anni successivi a Roma li passò in solitudine. Nel 1951 esprimeva al nipote la sua volontà di essere sepolto con l’alta uniforme dell’Accademia d’Italia con feluca e spadino, ornata dal distintivo del Club Alpino Accademico Italiano. Avrebbe voluto essere sepolto a Curmayeur, ma gli amministratori non gradivano ed allora optò per una chiesa come la Badia Fiesolana con una lapide su cui voleva fosse riportato: “amò sopra ogni altra cosa l’Italia la scienza e per esse l’alta montagna alpina”. Successivamente nel 1963, nelle sue volontà testamentarie, rinunciava all’uniforme, ma non al distintivo del Club Alpino Accademico Italiano, richiedendo inoltre una presenza dalmata al suo funerale. Regalò alla Società Geografica Italiana di cui fu vice presidente tra 1915 – 1919, ben 18.000 diapositive che testimoniavano la sua indubbia grandezza di scienziato che fu il suo carattere fondamentale. Tale materiale costituisce una preziosa testimonianza dell’intensa attività di questo geografo, geologo, esploratore, nonché del suo amore per i viaggi e del suo particolare rapporto con la Montagna.

Il 5 aprile del 1954, la Società Geografica Italiana, in occasione del suo cinquantennio di iscrizione lo onorò, con solennità, di una medaglia d’oro, mentre il 9 ottobre 1957 la Facoltà di Scienze Naturali dell’Università di Firenze, gli conferiva, all’unanimità, il titolo di Professore emerito. Il suo rapporto con la politica fu comunque sempre marginale e costantemente vincolato alla cultura, da fervido nazionalista quale era, servire la patria attraverso la scienza era quello che voleva. Di lui ci restano oltre 600 pubblicazioni scientifiche di carattere geologico, paleontologico, geografico, ma anche storico, scritte in un arco di tempo compreso tra il 1901 fino al 1967. Di ambito tipicamente alpino, si deve ricordare il suo libro del 1928 sul Monte Bianco che con tono prettamente divulgativo, illustra gli aspetti fisici della montagna e la vita dei popoli delle valli sottostanti. Merita menzione una monografia apparsa su “L’illustrazione Italiana” dedicata al “Mondo Alpino” ed i suoi due volumi sulle Alpi del 1963.

In occasione del 39° congresso del Club Alpino Italiano, nel 1908, fu stampato un libro sulla Toscana con il titolo “Monti e Poggi Toscani”. Si tratta di una serie di articoli redatti da vari studiosi e da alpinisti fiorentini. A suo nome risultano una trentina di specie fossili e quattro viventi e gli fu intitolata una cima dei monti Kazbek nel Caucaso georgiano. Morì quasi novantenne il 16 dicembre 1968 a Firenze, dove era da poco rientrato.

foto Marco Bastogi

E’ sepolto nel piccolo cimitero presso la chiesa di San Martino a Terenzano ad est di Settignano, vicino alla cappella della famiglia della madre che a Terenzano avevano una grande tenuta agricola. Sulla lastra tombale di travertino c’è scritto: Giotto Dainelli, Geologo, Geografo, Esploratore. “Amò soprattutto la Scienza e l’Italia”.

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