O poveri soldati … di Marco Bastogi

Annuario 2012

Termine di confine presso il Passo del Cancellino foto: S. Saccardi

Vale la pena spendere qualche parola su un nuovo canto popolare che il Coro La Martinella, ha aggiunto da poco tempo al suo repertorio. Si tratta di un canto raccolto dalla tradizione orale sulla Montagna Pistoiese, ben radicato a questo territorio per i toponimi che in esso si citano. Alessandro Fornari raccoglie il testo a Pianosinatico da Osvaldo Seghi e lo pubblica nella sua raccolta di canti popolari: “Cartacanta” nel 1976. Anche il musicologo Sergio Gargini, intraprende, nei primi anni ’70, per il territorio pistoiese una raccolta sistematica dei canti popolari che pubblica nel 1986, con il titolo “Non son poeta e non ho mai studiato, cantate voi che siete alletterato. Canti della tradizione popolare ed altre notizie e documenti raccolti” a cura del Comune di San Marcello Pistoiese.

Il testo di questo canto si trova anche nel volume “Canti popolari della Provincia di Pistoia, incisione discografica e testi”, a cura di S. Landini e M. Landini del 1978. Il canto si inquadra in un ben determinato periodo storico, quando il Granducato di Toscana era governato da Ferdinando III d’Asburgo Lorena e racconta delle tribolazioni dei soldati preposti alla guardia del confine appenninico pistoiese con il Ducato di Modena e Reggio.

La melodia, in verità piuttosto monotona e mesta che nell’elaborazione del Coro è cadenzata dai colpi di un tamburo, contribuisce a esprimere la situazione di solitudine e di precarietà che opprime le guardie di confine. I lunghi silenzi della montagna sono interrotti di quando i quando dal rumore dei bovini che il pastore conduce al pascolo e dal rumore di tuoni e fulmini che accompagnano l’estenuante attesa di un nemico che non si fa scorgere e l’unico conflitto al quale sovente si assiste è quello causato dal turbinare dei venti. Il canto descrive un luogo certamente non ospitale; si dorme male nei casotti di guardia su di un tavolone con un sasso che fa da guanciale e per mangiare c’è solo il “pan di legna”, un “pane” fatto con la farina di castagne così che non è lievitato ed è quindi piuttosto duro.

Vadano in fumo le Capanne ed i capannini”, è il grido accorato con cui si sfoga il povero soldato che poi conclude manifestando il suo totale disinteresse per i confini di Modena e per Cutigliano, l’Abetone ed il Cimone di Fanano, ma lo spirito toscano è forte come forte è anche l’attaccamento per beneamato sovrano, ed allora evviva Ferdinandone grande!! evviva i sergenti, i capitani e gli ufficiali delle bande del Granduca. I soldati probabilmente provengono dalla pianura, lo si capisce dalle continue allusioni ad una montagna minacciosa ed all’ambiente poco ospitale: … “se fulmina e se tuona di qui si sente” …., dalla presenza di “un sasso che fa da capezzale e che qualcuno ha portato dall’Appennino” … Si ironizza sulle poche cose di cui si dispone: “l’acqua bona” da bere, di cui la zona è ricca e viene da pensare alla nota “Fonte del Capitano” che sgorga a 1450 m sotto Monte Taufi conosciuta da tutti gli escursionisti per la piacevole freschezza delle sue acque. Il nome ricorda un non ben identificato ufficiale (non sappiamo se estense o granducale), che giunto fino a qui con i suoi soldati, trovò la morte per aver bevuto troppa acqua fredda, probabilmente per congestione. I riferimenti storici sono molto interessanti e degni di attenzione anche se la storia, nel nostro canto, è filtrata attraverso lo spirito popolare.

Le “Capanne ed i capannini” di cui il canto parla, non sono altro che le dogane e le garitte dei soldati. Ancora oggi toponimi come Casotti di Cutigliano, Doganaccia, ricordano questa storia passata che ha come direttrice principale, la Strada Regia Modenese voluta dal Granduca Pietro Leopoldo.

Alla fine del ‘700 (nel 1766), per migliorare gli scambi con il settentrione, venne costruita la strada Regia Modenese che da Porta al Borgo in Pistoia, raggiungeva il tratto più basso dell’Appennino chiamato dai toscani Bosco Lungo e dai modenesi Serrabassa, creando il passo dell’Abetone, il confine del compartimento fiorentino e della toscana granducale, con la provincia del Frignano e quindi per Modena. Il progetto fu curato da Pietro Giardini per la parte modenese e da Leonardo Ximenes per quella toscana. La strada fu inaugurata il 1 maggio 1781. In precedenza, dal periodo medioevale, il collegamento tra Pistoia e Modena era assicurato da una strada che passava dal passo Croce dell’Alpe oggi noto come Croce Arcana che metteva in contatto il Pistoiese con il Monastero e l’ospizio di Fanano per i pellegrini benedettini. E’ certo che nel 1255 ad Ospitale fu stipulata una convenzione tra Modenesi e Pistoiesi per il mantenimento in efficienza della strada (la via Mutina – Pistoria) che permetteva di raggiungere il passo.

Quadro di M. Bertini 1791 – Palazzo Comunale di Prato
Ferdinando III d’Asburgo Lorena
(dal sito del Comune di Prato)

Nel 1788 oltre alle dogane di seconda classe a Boscolungo, nella comunità di Cutigliano, e quelle di Lizzano e Cutigliano (di terza classe), fu deciso di costruire una nuova dogana di osservazione denominata Capanna dei soldati che tuttavia, già prima della metà dell’800 risultava ridotta ad un rudere, da qui l’origine del toponimo “Doganaccia”. Nel 1792 il Granducato di Toscana attua una revisione dei confini, identificati sul terreno mediante “cippi” o “termini” cilindrici, distanziati di 50 metri tra loro. Questi cippi, ancora oggi in buona parte conservati, sono in pietra e su ognuno di questi è scolpita la data. Nei primi dieci anni di sovranità, Ferdinando III cercò di prevenire invasioni, dichiarandosi neutrale; il 5 febbraio 1794 un trattato voluto dallo stesso Fedinando III per evitare sciagure al suo popolo, stabiliva la neutralità tra Granducato e Francia. Nel 1796 tuttavia, sulla scia della avvenuta rivoluzione, Napoleone entrò nel Granducato, occupando Livorno per sottrarla all’influenza britannica, quindi anche in Firenze occupando di fatto il Granducato, senza tuttavia arrestare il governo di Ferdinando III.Ferdinando III sentendosi minacciato, sentì la necessità per se e per il suo amato popolo toscano di fare il 30 novembre del 1798 un appello, invocando la Divina Provvidenza affinché volesse preservare da ogni disastro la Toscana che vantava diritti di riconoscenza da tutti gli altri paesi. La risposta del popolo fu quella di formare vari corpi di volontari da arruolarsi nei battaglioni delle Bande, comandati dagli ufficiali della truppa regolare, per provvedere alla difesa della comune patria. Le bande erano formate quindi da sudditi – militi che lasciavano il loro lavoro abituale per difendere il loro sovrano. Per lo più il loro impegno era limitato al servizio di ronda e vigilanza in zone vicine alle loro aree di residenza ed in particolare nelle zone di confine; i loro turni avevano cadenza quindicinale e per il loro disturbo godevano di una estinzione delle tasse fino ai 2/3.

Negli ultimi giorni di marzo del 1799, un esercito francese di 7.000 uomini, invade la Toscana senza incontrare alcuna resistenza. Il giorno 27 marzo, Ferdinando dovette tuttavia lasciare la reggia a Firenze per l’esilio a Vienna ed il sistema politico vigente nel Granducato viene integrato da nuovi organi di governo francese. Il Granducato di Toscana viene soppresso a seguito al trattato di pace (Lunéville) tra Napoleone e l’Imperatore d’Austria del 9 febbraio 1801; si crea il Regno d’Etruria dei Borbone-Parma. Con il successivo trattato di Fontainebleau del 27 ottobre 1807, cesserà anche il Regno di Etruria e la Toscana viene annessa all’Impero francese. Dopo l’abdicazione di Napoleone, si decide di ristabilire in Europa la situazione politica precedente alla Rivoluzione Francese. A gli stati venivano così restituiti i legittimi sovrani ed in Toscana ritorna sul trono del Granducato Ferdinando III d’Asburgo Lorena (17 di settembre 1814) con alcuni piccoli ma significativi ingrandimenti territoriali.

Le parole del canto:

O poveri soldati, finita è la cuccagna e su per la montagna c’è e’ quartieri.
Ci si sta volentieri si beve l’acqua bona, se fulmina e se tuona di qui si sente.
Si dorme malamente sopra d’un tavolone, il povero groppone va in fracasso.
Per capezzale un sasso, messo che sotto i’ capo, e’ ce l’hanno portato dall’Appennino.
C’han proibito il vino, sopra di questo monte c’è solo un piccol fonte d’acqua bona.
Non si vede persona, solo che d’un pastore che con grande fervore bada agli armenti.
Si sente spesso é venti combatter tra di loro e quello gli è il ristoro dei soldati.
Poveri tribolati, non sanno come fare che gli tocca mangiare senza il pane
Per levarsi la fame c’è solo il pan di legna e chi non se ne degna sta digiuno
Vada ogni cosa in fumo capanne e capannini Modena e i suoi confini non mi preme.
Con Cutigliano assieme e tutto l’Abetone e su tutto il Cimone di Fanano!
Si dice messe quiete non si spiega il vangelo ci vede dio dal cielo non è lontano
Viva il nostro sovrano sargenti e capitani e tutti gli officiali delle bande!
Ferdinandone grande con la sua faccia uliva evviva Ferdinandone evviva evviva!
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