Annuario 2012 – Storie e leggende dei nostri monti
Molto è stato scritto, nei nostri “annuari”, sulle strade che attraversavano il nostro Appennino, alcune delle quali tuttora in esercizio, e che furono realizzate, nei secoli passati, per i più svariati motivi: la via dei Remi per rifornire i cantieri navali di Pisa di legname per la fabbricazione di remi per le navi militari; la via della Foce, più nota come Strada del Duca per collegare Modena a Lucca. Voluta da Maria Luisa di Borbone, reggente il ducato di Lucca, per conto del figlio Carlo Ludovico ma costruita, in cambio di acquisizioni territoriali, dal Duca di Modena Francesco IV. Una curiosità: a quei tempi, la Via della Foce era detta, erroneamente, la Baciocca perché si riteneva fosse stata realizzata per incontri amorosi tra la “Baciocca”, sorella di Napoleone e moglie di Felice Baciocchi, con il duca di Modena.
Meno note ma pur sempre importanti, per le epoche in cui furono tracciate, altre strade hanno percorso, nei secoli, il nostro Appennino superandolo al Colle dell’acqua Marcia, al passo del Cancellino e dello Strofinatoio, strade che sono state argomento di vari articoli, un argomento che non è ancora del tutto esaurito.
Vorrei, infatti, parlare dell’antenata della famosa Strada Ximenes – Giardini o Via Regia Modenese: l’attuale S.S. del Brennero, quella dell’Abetone. Ma è una fissazione! Esclamerà, ne sono sicuro, qualche lettore. Esternazione comprensibile ma, come spero, accompagnata dalla curiosità di conoscere il motivo del continuo parlare, così a lungo, di queste “vie”che hanno interessato la nostra regione ed in particolare la zona alta del Pistoiese.
La risposta è semplice. Si tratta della passione che ho di ripercorrere, per quanto possibile, vecchi tracciati e cercare di capirne il perché, una passione che mi ha portato e mi porta molto indietro nel tempo, fino a quello lontanissimo della preistoria. Se l’argomento v’incuriosisce seguitemi, partiamo insieme per una meravigliosa passeggiata attraverso i secoli. La frequentazione più assidua di queste montagne è stata individuata a circa 10.000 anni fa, dopo l’ultima glaciazione, supportata da ritrovamenti archeologici che testimoniano la presenza di persone o il loro transito in corrispondenza di valichi di sorgenti o corsi d’acqua. Forse cacciatori o tribù nomadi provenienti sia dal versante padano sia da quello toscano. Ma tralasciamo la preistoria ed avviciniamoci un po’ ai “nostri” tempi, cerchiamo di capire l’importanza che questo territorio, ed in particolare l’alta valle della Lima, ha avuto nel medioevo.
Da Pistoia, ubicata in una pianura a ridosso dell’Appennino, dipartivano, e dipartono, a raggiera delle valli che, orientate verso la montagna, raggiungevano l’Appennino nelle zone più basse, lo scavalcavano per proseguire poi in altre regioni. Tre le direttrici principali: a Ovest verso una dorsale secondaria che, superata in corrispondenza del Serravalle, raggiungeva il Ducato di Lucca; a nord verso l’alta valle della Lima verso il Ducato di Modena; ad est, lungo la valle del Limentre, per superare la catena montuosa al passo della Collina e collegarsi con lo Stato Pontificio e con Bologna. Quindi Pistoia ed il suo territorio ebbero negli anni lontani del medioevo una grande importanza per i commerci con l’Italia del nord con i cosiddetti “lombardi”.
Fin dal medioevo la direttrice preferita e quindi più frequentata dai gia citati “lombardi” fu la via modenese. Queste popolazioni, infatti, giunte a Modena, invece di proseguire per Bologna, preferivano percorrere e risalire la valle del Panaro, la prima valle che incontravano, che da Modena raggiungeva direttamente la valle della Lima e quindi il territorio pistoiese. Se facciamo attenzione, noteremo che, dal Libro Aperto si stacca una dorsale che, inglobando il Cimone, scende verso la pianura, verso Modena. Ebbene questa dorsale forma due vallate: quella del torrente Leo che nasce dal Cimone e quella dello Scoltenna, più a occidente, che con il suo affluente, il torrente Le Motte, arriva direttamente al crinale, all’attuale passo dell’Abetone. Questi due torrenti, Leo e Scotenna, si riuniscono poi insieme formando il Panaro. Dunque risalendo la valle del Panaro, e del suo affluente Scoltenna, si poteva raggiungere la valle della Lima. Questo il motivo per cui, fin dai tempi antichi, la via modenese fu preferita ad altri itinerari e continuò a influenzare le decisioni che poi, nel corso degli anni, furono prese.
17 Novembre 1225. A Ospitale si riuniscono i rappresentanti della città di Modena e di Pistoia per concordare, con un atto pubblico riportato dal Muratori nel suo “Antiquitates Italicae Medii Aevi”, la realizzazione di una strada tra le due città. Il tracciato prevedeva di transitare per Cireglio, le Piastre, Pontepetri per poi superare il valico dell’Oppio.Da qui il tracciato si indirizzava verso Gavinana e San Marcello per raggiungere Lizzano Pistoiese che era il centro più importante dell’alta valle.Da Lizzano Pistoiese il tracciato risaliva i fianchi del Cornaccio per raggiungere il crinale al passo della Calanca, passo che più tardi, nel 1791 con la “confinazione” altre volte citata, acquisì il nome di passo dei Tre Termini dal fatto che in quel punto si incontravano i confini dello Stato Pontificio – del Ducato di Modena e del Granducato di Toscana.
Da questo passo la strada proseguiva verso il lago Scaffaiolo. Il lago Scaffaiolo! Un nome che incuteva grandi paure e, come oggi, anche a quei tempi sorsero contestazioni sul tracciato. Non per motivi “politici” o di confini ma solo per la credenza ad alcune leggende del tempo che ritenevano pericoloso avventurarsi nei pressi del lago.Si raccontava, tra le tante leggende, che il lago comunicasse nientemeno con l’inferno e se qualcuno avesse avuto l’ardire di gettare un sasso nelle acque si sarebbero scatenate le anime dei dannati che risalendo in superficie avrebbero creato un turbinio simile ad una tremenda tempesta capace di sradicare anche enormi alberi. Di questo lago s’interessarono poi molti illustri uomini di cultura che oltre a dare spiegazioni sulle antiche leggende studiarono le dimensioni, la profondità e l’origine delle sue acque. Uno di questi, Antonio Matani, nel 1762 nella sua opera “Delle Produzioni Naturali del Territorio Pistojese” (Biblioteca I. Cocchi – CAI Sez. Fiorentina) scriveva: “E’ per altro molto considerabile il Lago Scaffaiolo, o Scalfagiolo circondato da piccoli ponticelli riempiuti di Erbe, che lo rendono di una teatrale vaghezza.Ei risiede sovra i più alti Appennini, che dividono la Itali, ed mentovato da alcuni bene avveduti Naturalisti, e particolarmente dal Gesnero, e dall’Agricola, a quali si aggiunge il Boccaccio, quantunque delle Naturali cose non fosse posseditore eccellente…. lo voleva misurarne la profondità; ma dessa fino al presente si è renduta occulta tanto a me, quanto ad qltri, sebbene tentasse misurarla nell’Anno 1658 il Cardinale Girolamo Farnese”. Prosegue poi analizzando l’antica leggenda sul lago dicendo: “che si sollevi nelle Acque di questo Lago una orribile Tempesta allorché cada in esso una Pietra, o un Legno con violenza; il che non è certamente inverisimile, conforme parlando appunto di lui asserisce il Padre D. Claudio Fromond Professore di Fisica nella Università Pisana. In fatti il racconto di un tale fenomeno, che dovrebbe corrispondere a i movimenti Lunari, non è nuovo; avvengachè dicano vari Naturalisti accadere ciò in altri laghi…”
Altro studioso che s’interessò del lago fu Emanuele Repetti nel suo “Dizionario Geografico Fisico Storico di tutti i luoghi del Granducato” del 1835. (Biblioteca I. Cocchi CAI Sez. Fiorentina). Dice il Repetti: ”E’ forse il Lago alpino più celebre di tutti gli altri posti sul dorso dell’Appennino toscano ed è più di ogni altro rammentato dagli scrittori … A comprendere poi in qual modo il Lago Scafajolo sia costantemente coperto di acque, è da sapere, che lo alimenta una sorgente perenne, e che vi scolano le acque e le nevi della parte occidentale del Corno alle Scale, e dei poggi più prominenti, dai quali è contornato”.
Ma riprendiamo il nostro “cammino”. Dal lago l’itinerario prevedeva di raggiungere Ospitale, Fanano per raggiungere poi la pianura nei pressi di Modena. Il tracciato della strada sommariamente descritta, e relativa a quanto deciso nella riunione del 17 Novembre 1225, col passare degli anni subì variazioni di tracciato. Secoli più tardi un altro centro della valle assunse più importanza di Lizzano Pistoiese: Cutigliano. La strada transitò allora da questo paese per poi superare l’Appennino al Passo della Croce Arcana che mette direttamente in comunicazione con Ospitale. Ma anche questo tracciato fu successivamente variato. Da Cutigliano, infatti, la strada proseguì per il Melo, Rivoreta per valicare l’Appennino alla Foce di Serra delle Motte (l’attuale Verginetta), scendere a Fiumalbo, Pievepelago e ricongiungersi poi al vecchio tracciato. Ormai il futuro era indicato: la Ximenes-Giardini, o Via Regia Modenese, inaugurata nel 1781, ricalcherà, da Pistoia al Passo dell’Oppio, la vecchia strada modenese e da qui proseguirà direttamente per San Marcello Pistoiese seguendo il torrente Limestre fino al ponte alla Lima da dove risalendo il lato destro della Lima arriverà Passo dell’Abetone (chiamato prima che arrivasse la nuova strada Serra Bassa).
Ma forse abbiamo corso un po’ troppo, torniamo al Lago Scaffaiolo, pieno di storia, parte della quale ci riguarda direttamente. Tutti lo conosciamo, ma forse tutti non sanno da cosa derivi il suo nome. Nel linguaggio montanaro “Scaffa” significa “avvallamento”, per questo Scaffaiolo altro non è che un avvallamento del terreno.
E veniamo alla storia che, come ho detto, ci riguarda da vicino. Nel N° 35, 3° Trimestre 1878, del Bollettino del Club Alpino Italiano, della sede centrale (il nostro notiziario vedrà la luce molti anni dopo, nel 1910), fu data notizia, con un lungo articolo, dell’Inaugurazione del Rifugio al Lago Scaffaiolo per opera della Sezione Fiorentina del Club Alpino Italiano. L’articolo inizia dicendo “Riproduciamo dal giornale La Vedetta di Firenze, numeri 184,185 la seguente relazione dell’inaugurazione di un rifugio nell’Appennino……”
Il 30 giugno 1878, infatti, il Presidente della sezione Fiorentina Cav. Riccardo Enrico Budden, preceduto da un intervento del dott. Luigi Cacci in rappresentanza del Municipio di Cutigliano, inaugurò ufficialmente il nuovo rifugio pronunciando il seguente discorso: “Signori alpinisti ed abitanti della montagna pistoiese. Sono lietissimo di potermi trovar presente a questa festa alpestre, la quale, secondo me, non consiste in una semplice cerimonia dell’inaugurazione di un Ricovero Alpino, ma in quella più importante di dare una prova pratica del buon volere del Club alpino italiano nell’incoraggiare i lodevoli sforzi degli abitanti dell’Appennino toscano e modenese a facilitare ai viaggiatori forestieri il percorrere queste belle montagne………Nessuno può negare che in questi ultimi anni il gusto di percorrere le montagne è cresciuto molto in Italia, grazie alla propaganda fatta dalle 34 sezioni del Club alpino italiano e la compilazione di guide per l’uso dei viaggiatori… Io ammiro l’entusiasmo degli abitanti della montagna pistoiese in favore della festa d’inaugurazione, ma come presidente della Sezione Fiorentina del Club Alpino italiano ed uno dei promotori del ricovero, credo mio dovere di fare un caldissimo appello a tutte le persone presenti e che non hanno ancora contribuito a voler concorrere con le loro offerte alla sottoscrizione iniziata per la costruzione di codesto rifugio,onde colmare il relativo deficit che esiste ancora…”
La cerimonia terminò con la lettura di un atto nel quale la società amministratrice dei boschi di Fanano concedeva l’uso di 40 metri quadri di terreno in comune di Fanano per la costruzione del ricovero. Lo stesso atto conferiva l’incarico di sorveglianza e manutenzione ai Municipi di Pistoia, San Marcello, Cutigliano alla suddetta società, all’ispettore forestale di Boscolungo alle Sezioni CAI di Firenze e Bologna.
Troppi responsabili, troppi! Il Ricovero non ebbe vita lunga e fu gravemente danneggiato. Nel 1881, dopo un nuovo restauro, la Sezione di Firenze decise che la porta d’ingresso rimanesse sempre aperta. Ma a niente valse quest’accorgimento e il vandalismo si accanì nuovamente procurando nuovi danni. Il segretario del comune di Cutigliano, di sua iniziativa, si attivò per reperire i fondi oltre che presso le sezioni C.A.I. citate anche presso i villeggianti di questa località, per la costruzione di un nuovo rifugio che fu aperto il 23 Agosto 1902. Ma la “maledizione” sembrava avesse preso di mira questo rifugio che nuovamente, nel giro di pochi anni, subì nuovi danni sia per le avverse condizioni meteorologiche sia per l’incuria sia per opera di atti vandalici.
A seguito del ripetersi di questi fatti incresciosi, nel 1911, la Sezione di Firenze, su decisione del consiglio e dell’allora Presidente, Prof. Giotto Dainelli, rinunciò a qualunque titolo di proprietà sul ricovero; e qui termina il nostro “interessamento” per questo rifugio. Per pura cronaca la Sezione di Bologna inaugurò il 17/09/1911 un nuovo rifugio che ebbe la stessa tragica sorte. Con caparbietà e grande passione fu realizzato, sempre dai bolognesi, un altro rifugio che fu inaugurato il 29/09/1926.
La “maledizione” era però in agguato: il 3/11/1943 il nuovo edificio fu incendiato e distrutto da militari tedeschi.
Da qui in avanti è storia dei nostri giorni.