Maggio 2013
E’ sempre emozionante vedere gli animali selvatici nel loro ambiente naturale e la vista di un cinghialino che a Piglionico, alla Cappella in ricordo dei partigiani caduti durante la lotta di liberazione, viene incontro fiducioso al nostro gruppo (Nelusco, Carlo, Guidino e Sandro, soprannominati Casa di Riposo S. Biagio, a causa dell’età) mentre sta mettendo le pelli agli sci, ci ha piacevolmente sorpresi.
Dopo avergli fatto alcune foto, ci siamo caricati gli zaini con gli sci ed abbiamo iniziato a percorrere il sentiero per la Pania. La sorpresa è aumentata quando ci siamo accorti che il cinghiale, anziché proseguire per la propria strada, ha iniziato disciplinatamente, come un cane, a seguirci. Scherzando gli rivolgevamo dei richiami e si è posta la necessità di dargli un nome; non so come ne perché ma è stato subito battezzato “Silvio”. Vieni Silvio, vieni…. e quello trotterellava disciplinato in coda al nostro gruppo. Poi qualcuno ha notato che l’animale non era dotato di quegli attributi, ben visibili, che distinguono i sessi; sempre senza motivo l’abbiamo chiamata Nicole e quella ha continuato a seguirci anche quando abbiamo inforcato gli sci e iniziato a procedere sulla neve fonda.
Non che tutto andasse per il meglio; ogni volta che posavamo gli zaini il cinghiale cercava di grufolarci dentro e non era possibile lasciare niente per terra perché lo avrebbe rovinato con i morsi. Ha cercato di mordere anche le pelli quando al Rossi ci siamo tolti gli sci per una breve sosta. Ad un certo punto, per evitare un irto pendio di neve, siamo saliti per ripide roccette verticali, niente di complicato, passaggini di I e II, ma impossibili per il cinghiale. Rimasto sotto alle rocce ha iniziato a lamentarsi, sembrava che piangesse; pensavamo di averlo scaricato, ma con nostra grande sorpresa ha trovato il modo di evitare l’ostacolo e riunirsi al gruppo. Nel Vallone dell’Inferno, nella neve fonda, ha continuato a seguirci nonostante avvertisse la stanchezza; tremava, si lamentava e non si staccava da Guido, l’ultimo della fila, nel quale cercava conforto.
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Appena raggiunta la cresta non ha voluto più proseguire. Si è posto davanti a Guido per impedirgli il passaggio. Allora, per amor di cinghiale, abbiamo tolto le pelli, rinunciando alla vetta.
Durante la discesa, bellissima, con il Vallone dell’Inferno e la Borra completamente innevate, il cinghiale non tollerava di rimanere solo, aspettava che anche l’ultimo di noi partisse, era Guido che ormai lo aveva adottato, e si lanciava a rotta di collo all’inseguimento del gruppo con un continuo, struggente lamento.
Raggiunto di nuovo il bosco l’animale ha smesso di lamentarsi e di tremare ma ha continuato a seguirci, come fossimo il suo branco, fino alla macchina e anche quando siamo partiti, dopo averlo rifocillato cedendogli un po’ delle nostre provviste, si è lanciato all’inseguimento dell’auto. Solo aumentando la velocità siamo riusciti a far perdere le tracce a questo nostro affezionato, occasionale amico. Sull’autostrada, sulla via del ritorno, ci siamo chiesti i motivi di questo strano comportamento animale. Probabilmente, ci siamo detti, il cucciolo avrà smarrito la famiglia e non ancora esperto degli umani ci avrà identificati con il proprio branco.
Del resto anche noi che ci infrattiamo in impervi canali, ci infiliamo in boschi fitti, saliamo erti pendii nevosi, siamo un pò cignali.