Il Corno alle Scale di Carlo Labardi

Maggio 2013

Assieme al Pratomagno e Falterona il “ Corno” è la montagna simbolo della mia passione per i monti in tutte le sue espressioni .Fonte per me di gioia in ogni stagione. Da quando, studente liceale in vacanza a Torri lo vidi  per la prima volta dal monte Cicialbo.  Il “Corno” con le sue stratificazioni di arenaria mi sembrava una gigantesca scalinata e subito pensavo che un giorno vi sarei salito. Cosa che poi  sarebbe avvenuta da studente universitario, un fine di giugno durante una traversata Gavinana – Abetone, il Rifugio degli Abruzzi al Lago Scaffaiolo completamente distrutto  per gli eventi bellici.

In seguito, con la piccola Silvia in estate, ricordo, artefice Luigi, valtellinese trapiantato in toscana, rustico ma valente cuoco, una rosticciana nella valle dl Silenzio con il cane Vin che cercava di addentarla, nome dato da Luigi, buon bevitore come tutti i montanari che si rispettino, ad un bastardino adottato.

Silvia aveva messo per la prima volta gli sci sulle piste del Corno e Lei che non voleva imparare a sciare per la  fatica di scalinare. Al momento che il Maestro la portò sullo skilift del campo scuola non avrebbe più voluto smettere. La salita invernale con i ramponi dei Balzi dell’Ora è stata per me, allora giovane aspirante alpinista, una bella esperienza. Sembrava di salire una scala verso il cielo, con la soprastante croce che si avvicinava e diventava sempre più grande. Salita questa ripetuta anche più volte ogni anno. Il versante Est del Corno, imponente  bastionata soprattutto in veste invernale, mi ha sempre attratto. Ho  salito, spesso da solo,  in estate per allenarmi, prima di recarmi a qualche spedizione, il sentiero Ruffo o del Poggio di Mezzo, quasi mille metri di dislivello da Segavecchia, controllando i tempi di salita, poi ripetuto più volte in inverno  assieme ad altri canali più impegnativi sulla sua sinistra orografica, fra cui uno quasi diretto alla Croce il giorno di un mio lontano compleanno con l’amico Antonio. Quando salivo in tarda primavera il sentiero Ruffo privo di neve, fra una miriade di colori floreali, mi stupivo vedere, scendendo nella valle del  Silenzio, posta a “bacìo” , la persistenza ancora di neve nei quattro canalini del Cavone che dava loro una individualità, canalini poi saliti sistematicamente con i ramponi in tutte le salse, neve farinosa, ghiacciata, paleo duro e scesi anche  con gli sci su neve trasformata primaverile seguendo quasi sempre la traccia dell’amico Sergio.

Ma il Corno mi ha riservato ancora altri doni come la salita in veste invernale  delle cascate ghiacciate del Dardagna, una prima volta con Sergio e Claudio con il torrente  Dardagna completamente ghiacciato senza soluzione di continuità e senza che scorresse un filo di acqua. E pensare che ci eravamo andati quasi per caso non sapendo di trovare tutta quella grazia di Dio ed una seconda volta con Massimone e Umberto, ma stavolta con piolet traction su pozzi d’acqua sottostanti con questi esperti compagni ghiacciatori che assicuravano me e Sergio dall’alto. Altro dono la discesa in corda doppia dell’Orrido di tana Malia, la gola più selvaggia che ci sia come dicono i  locali, con compagni diversi di volta in volta, Plario, Gianna, Claudio, Sergio, Nelusco, Giovanna, Gianluca. Ma altre sorprese mi ha offerto il Corno che per il sottoscritto sono oltremodo gradite come trovare dei favolosi funghi porcini, setacciando a destra e sinistra del sentiero Ruffo non appena intravista a distanza una grossa cappella. La prima volta  salendo con Sergio, in una giornata tipicamente autunnale con  nebbia e pioviggine, l’ultima in un recente inizio estate quando il fosso che dovevo attraversare per arrivare al Poggio di mezzo era ostruito dai residui di una grossa  valanga con l’acqua che vi aveva scavato una galleria ed il cui attraversamento aveva dissuaso molti  fungaioli riducendo pertanto la concorrenza.

Grazie ancora Corno per avermi in tempi passati dato il “la” e perchè anche adesso continui benevolmente ad accogliermi.

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