Una domenica su un ferro da stiro di Leandro Benincasi

IMG_4145Annuario 2013 – Salita sullo spigolo nord-ovest
dei Pizzi Gemelli

Un improvviso schianto ci scuote dalla concentrazione dell’arrampicata… Alla nostra destra una frana (sassi, ghiaccio?) precipita nell’orrido canalone che ci separa dall’enorme parete ovest del Cengalo … L’ambiente è così grandioso che stentiamo a visualizzare la frana, forse un puntino nell’immensità … Dopo un attimo di imbarazzante titubanza, la concentrazione torna a focalizzarsi sulla salita, lasciando però un piccolo strascico di inquietudine …

Ieri sera, al rifugio, ci hanno raccontato dell’enorme frana che un anno fa si staccò dalla parete ovest del Cengalo, arrivando a lambire, con il suo nuvolone di detriti, perfino il nostro spigolo … Possibile?… Mi sembrava la classica storiella alpinistica che serve a spaventare i bambini (invece è stato proprio così, alcuni ripetitori lo hanno poi confermato su alcuni siti di montagna: i primi tiri dello spigolo erano ricoperti di un sottile strato di sabbia) … Preoccuparsi? … Ma no, oggi l’aria è mite, il cielo è splendente, l’arrampicata piacevole … E noi riprendiamo tranquillamente a salire.

La grande montagna! Le grandi pareti! Che ambiente fantastico! Ma in questi ultimi anni, devo confessare, avevo deciso francamente di farne a meno. Troppa fatica, troppo stress … Il freddo della mattina, della sera … La preoccupazione del tempo, degli orari … Il vestiario pesante, l’attrezzatura indispensabile la cui dimenticanza può risultare compromettente E poi … il peso dell’età, il più pesante tra gli zaini… Ed allora ecco inventarmi un nuovo teatro d’esperienze: il mare-monti! Ovvero salite in montagna a due passi dal mare, dove la mattina si arrampica e il pomeriggio si fa il bagno… I luoghi ideali: Sardegna e Corsica! Salite anche molto difficili, ma in maglietta e calzoncini corti, dove la maggiore preoccupazione è quella di portarsi dai due ai quattro litri d’acqua per non finire stecchiti … Oggi invece eccomi qui, sullo spigolo dei Gemelli, di ritorno sulle grandi montagne, al cospetto del Pizzo Badile, del Cengalo, della Sciora, della Punta Pioda.

Dopo i primi tiri di corda (quattro o cinque, a seconda dell’itinerario scelto) facciamo sosta su di una comoda cengia. Usciamo dalla parte in ombra dello spigolo e siamo baciati dal caldo sole mattutino. Sopra le nostre teste si rivela lo spettacolo da lungo tempo sognato: lo spigolo che s’innalza per un centinaio di metri in un’unica, estesa e arrotondata placca, luccicante sotto il sole che la sovrasta. Oggi non ci fa paura, abbiamo visto di peggio in questi ultimi anni, ma la sensazione è fortissima, quasi allucinante. Il primo tiro di questa enorme placconata è facile, quasi un assaggio e un invito alla progressione che verrà. La placca, a un primo esame visivo, sembra priva di appigli, ma è sufficiente fare qualche passo per trovare una piccola presa, e rendersi conto che la scarpetta, in aderenza su nette scaglie o grossi cristalli, tiene! I tiri successivi sono più impegnativi, le prese si fanno più rare e più esili , ma l’aderenza, su questo ruvidissimo granito, è sempre garantita. Il sole splendente, la temperatura mite, il breve tempo fin qui impiegato, la relativa tranquillità che ci accompagna nella salita, tutto questo è così piacevole e spensierato, da rendere questa salita un puro divertimento. Tutto così facile? Verrebbe quasi da dire: tutto quasi banale? …. Sembra proprio di si … Ma ora è facile dirlo, ora che tutto procede bene. Ora che il ghiacciaio lasciato questa mattina appare piccolo e lontano. Ma fino a qualche ora prima la visione delle cose non era così tranquilla. Qualche preoccupazione ce la siamo dovuta inventare …

IMG_4133

Questa primavera è trascorsa all’insegna dell’allenamento su roccia. E le Apuane sono state, come sempre, il banco di prova più adeguato … Qualche palestra, qualche falesia, qualche parete su cui non ero mai stato. Ma per l’estate non c’era alcun progetto di salita, o di luogo dove passare le vacanze. Poi una domenica io e Giorgia abbiamo raccolto l’invito di Eriberto, Cristiana e Brenno e siamo andati con loro sulle Alpi Marittime, a fare la cresta sud-ovest della Cima Saint Robert. Salita di media difficoltà ma … d’ambiente, come si usa dire, ovvero con avvicinamento lunghissimo e ritorno massacrante. Era da qualche anno che non tornavo sulle montagne vere, e devo dire che la fatica è stata notevole. Però per me è stata l’occasione per saggiare la mia resistenza, e convincermi a tentare un’ascensione cui tenevo moltissimo: lo spigolo nord-ovest dei Pizzi Gemelli, il cosiddetto “Ferro da stiro”, così chiamato per la sua caratteristica forma.

IMG_4099Siamo partiti da Firenze, io e Giorgia, in una calda, caldissima mattina estiva. Le previsioni del tempo sono date per buone, salvo un eventuale peggioramento nel pomeriggio della domenica. Se riusciamo a essere veloci in arrampicata, dovremmo farcela, semmai ci becchiamo la pioggia mentre scendiamo. Arriviamo nel paesino di Bondo alle 17. Dopo aver pagato il ticket d’ingresso alla strada bianca, arriviamo in località Laret, dove lasciamo la macchina e cominciamo a salire verso il rifugio Sciora. L’inizio è tranquillo e piacevole, con la vista dei giganti di pietra inondati dalla calda luce pomeridiana, poi però il sentiero diventa ripido e infinitamente lungo. Chissà perché mi ero fatto l’idea che fosse sufficiente un’ora e mezzo per arrivare al rifugio. Eppure ci sono salito diverse volte da queste parti: la potenza della rimozione! Insomma, ci arrivo sfinito in due ore e mezza, e non c’è neanche il tempo di riposare un momento che è già l’ora di cena. Al rifugio facciamo conoscenza con alpinisti bergamaschi, con i quali condividiamo reciproche conoscenze, ma la discussione scivola su contenuti allarmistici. Non so se per divertimento o per premura, ma ci mettono in guardia sulle cattive condizioni del percorso di avvicinamento allo spigolo… Ci dicono che hanno qualche dubbio che il nevaio, con questo caldo, possa tenere o invece venga giù tutto … e fare attenzione alla seraccata che incombe sulla testa durante l’attraversamento del canalone d’attacco … e ricordatevi dell’enorme frana di un anno fa … Grazie per l’incoraggiamento!

Fuori dal rifugio il sole sta tramontando e la montagna, che fino a qualche istante prima era una tavolozza di caldi colori, s’irrigidisce, si spegne, si fa livida, e su tutto cala una sorta di silenzioso brivido. O almeno così a me pare. E mi pare anche dell’altra roba: cresce in me la preoccupazione per la via d’accesso allo spigolo. Anche a detta del rifugista, non sembra che la marcia d’avvicinamento sia così agevole come speravamo: le copiose nevicate di quest’anno hanno creato nevai e scivoli ghiacciati là dove in altre occasioni si potevano incontrare solo rocce scoperte e pulite. Dopo cena prepariamo le ultime cose per la salita e ci infiliamo a letto, domani è un altro giorno, vedremo.

Partiamo alle 6 di mattina, neanche tanto presto. Il cielo è ingombro di nuvoloni. In altri tempi, con un tempo così incerto, sarei ritornato a letto, ma oggi non ho titubanze. L’avvicinamento è inizialmente tranquillo, basta seguire la segnaletica del sentiero del “Viale”, poi lo si deve abbandonare e puntare in direzione dello spigolo. Si calzano i ramponi, s’impugna la piccozza e si risale un lungo nevaio di neve dura, poi delle facili placconate, e infine un canalino di neve e un diedro di rocce bagnate, sgradevole ma senza patemi (passaggio di III grado) fino a raggiungere la cengia d’attacco. Insomma, nessun problema. Tutto qui? E pensare che mi ero preoccupato così tanto per questo avvicinamento!

IMG_4117

L’incominciamento mi risulta sempre antipatico, i muscoli sono rigidi, e la roccia è un elemento estraneo e un po’ ostile. Ho con me una relazione che ho scaricato da internet, mi dice di salire un po’ a destra e poi di puntare dritto verso lo spigolo. Mi avverte anche che a destra c’è una variante (che definirei peggiorativa) che risale un tratto strapiombante con passaggi di VI. Ovvio che voglio evitarla. Ovvio invece che mi ci vado ad infilare come un tordo. Mi lascio fuorviare dall’andamento della struttura rocciosa che mi spinge proprio nella direzione della variante. Spiacevoli sensazioni … Comunque ne usciamo, seguiamo un diedro ben manigliato, e poi con facile traversata riprendiamo il giusto itinerario. I tiri di corda che seguono sono di una piacevolezza estrema. A rendere ancora più gradevole la salita, la presenza di fix nuovi su tutto il percorso, distanziati secondo giudizio. L’arrampicata è quella tipica su “ghiandone”, il caratteristico granito del gruppo del Badile, ruvido e compatto. Quando arriviamo sul filo dello spigolo, davanti alla grande placconata liscia, cedo il comando della cordata a Giorgia, che ha così modo di sperimentarsi “da prima” su di una grande montagna. Quando arriviamo in cima allo spigolo, quasi dispiace che sia già finito. Che bello sarebbe se ce ne fosse ancora altrettanto! Dopo un breve spuntino, eccoci impegnati nella discesa, che si effettua lungo lo stesso itinerario di salita. Ci preoccupiamo un po’ delle prime calate, perché lì la parete è molto coricata e concrezionata e temiamo che le corde s’incastrino durante la manovra di recupero, invece tutto procede bene ed in breve torniamo all’attacco.

La giornata è finita, la salita tanto desiderata è stata realizzata Poi il ritorno sui nevai, i blocchi di granito, il rifugio, il sentiero, e giù fino alla macchina … Non ci resta che tornare a Firenze … L’autostrada pare interminabile, ma all’una di notte rientriamo a casa … Il caldo, le zanzare, i rumori della strada … Tutto ritorna come prima, come d’abitudine … Alle sette suona la sveglia … Caffè, colazione, partenza per il lavoro … Ma davvero siamo stati al Ferro da Stiro?

 

Condividi questo articolo attraverso i tuoi canali social!