Scienza ai confini del mondo di Andrea Tozzi

ACQUA

Parlare dell’acqua è sempre molto rischioso per chi si occupa di ricerca: l’acqua è un pò il Santo Graal della scienza e da sempre si è tentato di comprenderne la struttura e il funzionamento, sia da un punto di vista chimico che fisico e di capirne gli effetti evolutivi e comportamentali sugli essere viventi. Il perché di questo interesse è invece presto detto: è evidente a tutti che l’acqua è, dopo l’ossigeno, la molecola più importante per la nostra sopravvivenza e di moltissimi essere viventi che condividono con noi il pianeta Terra. Anche quegli esseri che paiono non averne bisogno alla fine in qualche modo, diretto o indiretto, ne sono dipendenti: basta per esempio guardare i Tartigradi, piccoli animaletti (non spore o batteri!) di pochi decimi di millimetro che possono resistere per lungo tempo a temperature attorno i -200°C o in totale assenza di acqua per oltre un secolo. Ma per potersi moltiplicare hanno bisogno di ritrovare condizioni ambientali più regolari e presenza di acqua, anche se solo di un velo spesso pochi decimi di millimetro su di un sasso nel deserto del Sahara che non ha visto l’acqua dalla prima guerra mondiale ad oggi.

A scuola ci viene insegnato che è proprio l’acqua a ricoprire la maggior parte della superficie del pianeta per un totale di circa il 70% della superficie. In totale abbiamo 1,4 miliardi di chilometri cubi di acqua sul pianeta! Sembra moltissima ma bisogna considerare che questo valore è praticamente relativo alla sola acqua di mare, che è salata e rappresenta il 97%della totalità di acqua presente sulla Terra. Solo il restante 3% è acqua dolce e di questa piccola porzione il 70% è racchiusa nelle calotte polari e il 20% nelle acque sotterranee profonde…. l’acqua dolce di “facile” uso è appena pari a 93 mila chilometri cubi[1]; non molti rispetto al totale per una risorsa così importante! Giusto per capire, se dividiamo la massa di acqua per tutta la massa della Terra troviamo che solo una parte su mille è fatta di acqua: nel suo complesso la Terra è secca quanto un pugno di sabbia del deserto.

Senza considerare che trattasi di una risorsa non uniformemente distribuita sul totale delle terre emerse o della popolazione e che l’acqua è pure pesante e di difficile spostamento. Gli archeologi ci dicono che proprio la gestione della risorsa idrica in Mesopotamia e la necessaria organizzazione collettiva della stessa e delle opere idrauliche, ha portato all’invenzione della “città”. Opere idrauliche alla cui realizzazione l’uomo, anche il più scriteriato, ha sempre pensato: in tempi Un bel problema quello dell’acqua, vale la pena capirci qualche cosa di più. Ma sfortunatamente l’acqua è decisamente molto sfuggente e alla fine di difficile comprensione. Tanto per dirne una, vi siete mai chiesti da dove viene? La Terra s’è creata per aggregamento di materiale orbitante attorno il nostro giovane Sole quand’era ancora una nebulosa planetaria, circa quattro miliardi e mezzo di anni fa. Dopo poco tempo ha pure subito un violento urto con un pianeta instabile dal quale è stata generata la Luna che ha plausibilmente rifuso tutto. Senza più ulteriori scontri si è poi raffreddata dando modo al materiale superficiale di solidificarsi formando una crosta: dopo di che si sono “creati “ gli oceani… qualche cosa non quadra. L’acqua non esiste allo stato liquido sopra i cento gradi centigradi (alla pressione della Terra!) e la mancanza di una atmosfera impediva che le eventuali molecole di acqua primordiali di origine endogena rimanessero sulla superficie in formazione della Terra. L’unica soluzione è che l’acqua sia arrivata da fuori, abbia cioè un’origine esogena: tutta la nostra acqua, quella che beviamo, quella in cui nuotiamo, quella che compone il nostro corpo è dunque… extraterrestre! Ma ancora non abbiamo risposto alla domanda “da dove viene”, perché è troppo semplice dire che è piovuta sul nostro pianeta. Recentissime ipotesi sono state avanzate grazie sia ad analisi isotopiche indirette realizzate studiando l’acqua presente sui meteoriti, sia analisi di tipo diretto su campioni riportati a terra da sonde automatiche che sono riuscite ad atterrare su asteroidi o comete. Addirittura analisi dirette realizzate in loco, come quelle compiute dalla recente missione ESA denominata Rosetta sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko che, con il suo spettrometro di massa ROSINA, ha monitorato la distribuzione di acqua e il tipo di molecola nel nucleo e nella coma. La ricerca consiste nel determinare se l’acqua è composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno (H2O) o se invece è composta da un solo atomo di idrogeno, uno di ossigeno ed uno di deuterio (HDO), la versione pesante dell’atomo di idrogeno che se normalmente ha il nucleo atomico composto da un singolo protone, nel deuterio ha un protone e un neutrone: questa anomalia strutturale degli atomi prende il nome di isotopo. Il Deuterio è per inciso uno dei due isotopi, insieme al Trizio, che costituiscono la famigerata Bomba H, versione esplosiva e dunque bellica della fusione atomica cui stiamo da anni lavorando come fonte di energia per l’umanità. Il rapporto fra la quantità di acqua normale, H2O, e quella pesante, HDO, è una impronta digitale dell’origine dell’acqua: sulla cometa tale rapporto assume il valore di 0,00053+/-0,00007 (una molecola di acqua pesante ogni 1890 molecole di acqua), circa tre volte in più rispetto a quello presente sulla Terra. L’acqua terrestre non sembrerebbe avere dunque origine cometaria: molto più in linea sono le misure relative all’acqua presente sugli asteroidi. L’ipotesi è che le molecole di acqua si siano formate non sulla Terra ma a bordo dell’infinità di grani e  microgranuli presente nella nebulosa planetaria che ha formato il nostro sistema solare e i diversi pianeti qui presenti: tutti gli atomi di cui sono composte le cose che vediamo e di cui siamo fatti sono stati costruite nel nucleo delle stelle, come il nostro Sole e gli atomi di idrogeno, carbonio, ossigeno sono quelli più facili da costruire e quindi più abbondanti. L’esposizione all’energia solari di questi atomi ha fatto sì che questi atomi si aggregassero formando molecole complesse come acqua e non solo che sono rimaste attaccate a asteroidi e granuli finché l’attrazione gravitazionale fattasi importante dei diversi pianeti non li ha fatti precipitare sul loro suolo ingrandendone la massa e portandovi acqua: solo sulla Terra parrebbe ci siano state le condizioni che han poi portato allo sviluppo della vita.

Anche sul come funziona questa semplice molecola abbiamo diversi problemi: se di per se la molecola è semplice, come si comporta quando è insieme a tante altre molecole identiche, cioè sempre, è qualche cosa che non è affatto chiaro. Studi recentemente fatti, fra l’altro da un gruppo di ricerca fiorentino, dimostra come nell’acqua coesistano aggregati di molecole che mostrano comportamenti tipici dell’acqua avente densità più alta e più bassa, come se parte dell’acqua fosse più allo stato liquido di un’altra. Certo da qui a sostenere che l’acqua abbia pure una memoria delle sostanze con cui è entrata in contatto nel passato, ce ne corre, ma di fatto l’argomento è tuttora oggetto di studio da parte di gruppi di ricerca i cui risultati sono poi pubblicati anche su riviste scientifiche… più o meno serie, oltre che essere sbandierato come “risultato ineccepibile” a favore dell’omeopatia durante il recente Expo 2015 di Milano.

Ha un comportamento elettrico curioso: se ad un filo d’acqua che esce dal rubinetto avvicinate senza toccarlo una bacchetta di plastica precedentemente strofinata su della lana, vedrete che questa fa spostare il filo d’acqua: i tre atomi che compongono le molecole  di acqua mostrano una polarità e si dispongono tutti in una medesima direzione se avvicinati ad un campo elettrico, così come si mettono in serie +- +- +- tre batteria di una torcia elettrica. Fenomeno interessante… ed utile! Se togliete la bacchetta le molecole ritornano a posto generando un piccolo campo magnetico temporaneo la cui individuazione è alla base della risonanza magnetico nucleare che usiamo come metodo diagnostico… visto che siamo fatti per la maggior parte di acqua!

Curiosa è pure la sua trasformazione tra i tre stati più comuni della materia: solido, liquido e gassoso. Senza addentrarci vale la pena segnalare che è una delle rare molecole in cui il solido ha densità minore del liquido. Curioso! Il solido è strutturalmente organizzato in una maniera tale da occupare più spazio del liquido, per cui è meno denso e può galleggiare sulla sua controparte liquida: è il motivo per cui i ghiacciai scivolano sopra uno strato d’acqua, tanto più che il ghiaccio se sottoposto a pressione non diventa affatto più duro, semplicemente fonde. Ed è una gran fortuna! Non perché i ghiacciai così si possono muovere, ma perché nei periodi di glaciazione gli oceani, i mari e i grandi laghi non si sono ghiacciati totalmente, ma si sono semplicemente ricoperti di una coltre più o meno spessa di ghiaccio che ha tenuto al caldo gli organismi sottostanti in attesa di una stagione più mite che desse loro modo di evolversi in organismi più complessi, noi compresi.

Pure sul colore dell’acqua ci sarebbe molto da scrivere e capire: che sia trasparente e apparentemente incolore pare evidente a tutti, ma allora il blu del mare o del ghiaccio che qualcuno di noi ha magari notato fra qualche crepaccio, da dove viene? In prima approssimazione si può dire che il mare è blu perché riflette il colore del cielo, che per effetto dello scattering Rayleigh della luce del sole vediamo principalmente essere tale. Mhhhh, ma allora perché può essere colorato di azzurro il mare o un ghiacciaio antartico anche durante una giornata plumbea in cui il cielo neppure si vede? Per la comprensione del colore dell’acqua e del ghiaccio dobbiamo la risposta al fisico indiano Chandrasekhara Venkata Raman, premio Nobel nel 1930 proprio per i suoi studi sulla diffusione della luce nei mezzi densi: durante un suo viaggio in mare di ritorno dall’Inghilterra rimase affascinato dal colore azzurro del nostro mediterraneo, colorazione che ebbe modo di notare anche in assenza di cielo blu. Raman era a conoscenza del  fenomeno dello scattering Rayleigh, ma non gli parve essere la spiegazione corretta  dimostrando che il massimo dell’emissione fra il blu del mare e il blu del cielo era differente.

Tornato in India approfondì la questione e scoprì che il fenomeno della colorazione blu del mare era legato a quello che nei primi anni Venti chiamò “diffrazione molecolare” presente non solo nell’acqua ma in molti materiali organici e non; oggi lo chiamiamo “effetto Raman” e a differenza della fluorescenza che avviene solo per determinate lunghezze d’onda, questo effetto avviene indipendentemente da questa e sposta di fatto verso il blu il colore della luce che genera il fenomeno di eccitazione. Stessa cosa avviene nel ghiaccio. In entrambi i casi maggiore è l’effetto se possiamo guardare attraverso il materiale verso la sorgente di luce: in acqua se ne siamo immersi in profondità, nel ghiaccio, se siamo all’interno del ghiacciaio. IN questo caso lo vediamo ancora più blu perché le molecole dell’acqua sono fortemente assorbenti nel vicino infrarosso e nel rosso che viene di fatto tolto come colore alla luce che attraversa le molecole di acqua.

’acqua è, per questo motivo, uno dei maggiori ostacoli a chi compie osservazioni nell’infrarosso, come fanno gli astronomi: alcune ampie zone dello spettro elettromagnetico, di cui l’arcobaleno rappresenta solo la parte visibile, sono assorbite dall’acqua. Per osservare le stelle o galassie nella zona infrarossa bisogna necessariamente posizionarsi fuori dall’atmosfera terrestre o rinunciare a vederne una parte.

Questa traccia infrarossa di assorbimento viene però anche usata dagli astronomi per studiare la presenza di acqua nei pianeti extrasolari, nel mezzo interstellare, sulle comete o quant’altro. “Follow the water” recita il motto della NASA che si è posta il problema di cercare a vita fuori dal nostro pianeta e l’acqua lascia tracce ben identificabili, anche se non molto comuni. L’acqua la stiamo cercando anche in maniera diretta sui pianeti vicini: su Marte ci sono dei rover che stanno sondandone la superficie allo scopo di cercare tracce di questo prezioso liquido che si ritiene essere stato presente sulla superficie di questo pianeta e adesso, nella migliore delle ipotesi, intrappolato sottoterra o forse dovremmo dire “sottomarte”, parola che il mio correttore ortografico mi segnala di rosso, non avendola… per adesso. Pare esserci acqua su Europa, uno dei satelliti di Giove, su Encelado, un satellite di Saturno e la si stà cercando sul pianeta extrasolare Kepler-22b il cui nome assomiglia a Kepler-452b, la “gemella della Terra” scoperta quest’estate, perché è stato il telescopio satellitare Kepler ad individuare entrambe. Parte adesso la gara a chi troverà per primo tracce di acqua su questi remoti pianeti e potrà rispondere all’eterna domanda se siamo soli nell’Universo (e vincere il premio Nobel).

A proposito del poc’anzi nominato arcobaleno, debbo di nuovo citare il fenomeno delle glorie, che da Whimper in poi, visto poi il centocinquantenario della conquista del Cervino durante la cui discesa sostiene di averne viste, fa da cornice a chi frequenta l’alta montagna: pure lei trova la sua spiegazione nelle molecole dell’acqua e nel loro comportamento di gruppo all’interno delle gocce d’acqua. Per non parlare poi dei macro effetti collettivi che questa molecola ha su tutti gli essere viventi e non in termini di precipitazioni, oceani, mari, ghiacciai, fiumi, erosione del terreno, frane, nevicate, tempeste e relative coltivazioni, condotte di vita, gestione del territorio e chissà quant’altro: basta guardare quel che sta accadendo in questa nostra torrida estate italiana!

L’acqua è insomma ancora oggetto di studio appassionante ed attuale ed è curioso constatare come tutto parta da tre microscopici atomi, due dei quali i più semplici che si possa pensare, che legati tra loro generano una molecola che può solo oscillare, ruotare, allungarsi eppure è capace collettivamente di influenzare, nel bene e nel male, miliardi di essere viventi.

 

Non rendendo l’effetto in bianco e nero si consiglia di osservare la foto di Alex Cornell al link:

www.thisiscolossal.com/2015/01/a-rare-flipped-iceberg-in-antarctica-photographed-by-alex-cornell

[1] Earth Water Distribution” Distribuzione dell’acqua sul pianeta Terra Fonte: U.S. Geological Survey)

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