Una giornata speciale dedicata all’arrampicata di Eleonora Bettini

«Arrampicare si o arrampicare no con i pazienti della Salute Mentale? Proviamo prima in palestra oppure andiamo direttamente in cava…?» sono le domande che spesso ci siamo posti durante le riunioni  del Gruppo di Montagna per Tutti.

L’impatto che può avere questa attività multi-sensoriale non è quantificabile, determina un’esperienza visiva forte che può stravolgere la prospettiva usuale; il contatto diretto con la roccia, l’impegno propriocettivo del corpo che si sposta nello spazio con movimenti diversi dal solito, la sensazione del vuoto e dell’altezza rendono difficile prevedere le reazioni personali e soggettive di ciascuno dei partecipanti.

La prima volta che si propone un’attività diversa dalle altre si hanno sempre tanti timori, e la pioggia della notte prima dell’uscita ci lascia perplessi ancor di più. Eppure bisogna prendere una decisione, il materiale è in macchina e l’avvicinamento alla Cava Grigia di Monsummano è breve, quindi insisto: proviamoci!

Tutti ascoltano affascinati le spiegazioni di Aldo, ancora di più colpiscono i cordini colorati e i moschettoni che Stefano porta sull’imbrago. I miei sono pochi e sbiaditi dalla polvere delle grotte, le spiegazioni le esaurisco in Cava Rossa entrando nel «saggio di estrazione» ad esplorare il buio e ad osservare i pipistrelli. Decido così di rimanere in catena e dare una mano dall’alto. La visuale è stupenda, finalmente è uscito un bel sole, tutto intorno è bianco, verde e azzurro, la piana si apre all’orizzonte con un fascino tutto suo. Qualche decina di metri più sotto osservo il gruppo: qualcuno è eccitato, altri scherzano, uno si è addormentato disteso in terra, un altro cammina tutto intorno e ci osserva con la coda dell’occhio, ma non si decide a provare, ognuno ha un suo tempo e va rispettato.

Passiamo così la giornata, io in catena, Aldo a metà via, Stefano &Stefano a far sicura. Sono sorrisi, tensioni, urla di incitamento, provano i pazienti ma anche gli educatori. C’è chi arriva in catena teso, felice, sudato, di corsa o lentamente, chi sottovoce mi dice: «sono arrivato, ma come faccio a scendere..?» Per scendere devi camminare all’indietro, fidarti del compagno che ti fa sicura, della corda a cui sei assicurato, è una prova impegnativa, lo è stata per tutti la prima volta. Appena toccano il terreno con i piedi parte un applauso, ma il più caloroso è riservato a chi, dopo pochi metri, chiede di scendere. Salire quelle decine di metri o anche il solo provarci determina un’azione creativa, un’espressione del linguaggio e dell’azione del corpo che a noi accompagnatori intuiamo soltanto. Siamo lontani dal procedere quotidiano, ma speriamo che questa attività motoria e ludica allo stesso tempo, diventi espressione di una maggior sicurezza e competenza. A noi fa un poco questo effetto, immersi come siamo in questo scambio di relazioni, un rapporto che non si deve banalizzare con il semplice accompagnare, ma che spesso è il veicolo di un modo nuovo di comunicare l’esperienza della montagna.

Tornati al parcheggio mi chiedo se questa giornata possa essere piaciuta, è diversa dalle altre escursioni, abbiamo camminato poco e non tutti hanno sperimentato il buio o l’arrampicata, conosco posti molto più affascinanti dove cimentarsi con le corde e il gri-gri, e poi siamo rimasti sempre dentro le cave, e queste, si sa, non vanno d’accordo con la mia anima speleo. Invece dai primi commenti si percepisce che tutti sono soddisfatti ed elettrizzati dall’esperienza, il posto è piaciuto molto e io mi sforzo di osservarlo con altri occhi.

Mai ci saremmo aspettati la mail arrivata qualche giorno dopo, e che riporto per intero, mail che ci emoziona e che sottolinea quelle tematiche riabilitative del lavoro degli educatori che ben si amalgamano con le nostre conoscenze e competenze. Poche righe che ci ripagano del tempo che dedichiamo ai nostri progetti di Montagna per Tutti, e alla fine siamo noi a ringraziare commossi.
GRAZIE CAI

Cari Aldo, Stefano, Stefano, Eleonora…
ancora un grazie per la bellissima giornata di venerdì scorso.
Le uscite mensili con “le guide CAI” sono un momento molto atteso dal 
nostro gruppo di Camminata Sportiva. Le domande che i nostri 
partecipanti si fanno mentre veniamo al punto di ritrovo sono “Che 
posti nuovi vedremo ? Sarà faticoso? Ce la farò? Mi sarò vestito in 
modo adeguato…” e tante altre. Ed è proprio questa piccola tensione 
emotiva che è importantissima nel lavoro riabilitativo perché mette la 
persona di fronte a dei piccoli gradini, fatti da difficoltà emotive e 
pratiche che, una volta superate, permettono alla persona di sentirsi 
più abile, più capace.

Difatti il lavoro educativo è l’esatto opposto di quello socio-
assistenziale: se quest’ultimo accetta l’esistente il primo intende 
modificarlo. E le piccole/grandi sfide che ci proponete nelle vostre 
uscite fanno esattamente questo: mostrarci che è possibile sentirci 
capaci di cose che prima non pensavamo di riuscire a fare o sentire.
La prova di arrampicata di venerdì poi ha aggiunto valore al valore. 
Mettersi alla prova in una esperienza che intimoriva ha permesso di 
realizzare quella che in ambito educativo viene chiamata “peak 
experience” o esperienza picco. Si tratta di esperienze che riescono 
a creare importanti risonanze emotive nella persona, profondo senso di 
appagamento e sentimenti di autorealizzazione, consapevolezza, capaci 
realmente di far sentire sè stessi diversi, più abili, più 
entusiasti… Ma molte ancora possono essere le componenti, 
potentemente educative, da evidenziare in quell’esperienza. Ad esempio 
quando scendendo in bilico sulla parete di roccia ci avete invitato a 
lasciarci andare” – anzi addirittura ad allargare le braccia 
staccandole dalla corda fidandosi del compagno che a terra ci teneva in 
sicurezza: è stata una prova difficile per tutti ma ha permesso di 
accrescere il senso di fiducia negli altri. Questa maggiore fiducia 
può essere trasferita, ad esempio, verso l’equipe curante e verso il 
percorso terapeutico proposto. 
E non occorrono tabelle di valutazione o di verifica del valore di 
queste esperienze: basta vedere i sorrisi e ascoltare le frasi di 
soddisfazione e di felicità che tutti esprimono quando torniamo col 
pulmino verso casa.
Ancora un grazie a voi tutti.
Bernardo Accordi
Michela Picciullo
Centro Diurno “F. Chellini”
Salute Mentale Adulti 3- FI

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