Speriamo che piova…

Giovanni Folli

Articolo non disponibile sulla rivista cartacea. Solo online.

Testo e foto di Giovanni Folli

Speriamo che piova….
Speriamo che piova….

Recitavo con dedizione questo mio personalissimo mantra dal momento che era apparso…. lo recitavo mentalmente davanti ad un cielo che non poteva essere più blu, quasi che volesse vincere il primo premio del cielo più sereno di tutte le galassie….. il bastardo.
Salivamo dalla stradina che da Bondo portava all’inizio del sentiero per il rifugio e, proprio subito dopo l’ultima curva, eccolo li: lo spigolo nord del Pizzo Badile.
Perché, diciamocelo chiaramente, le foto sono una cosa, ma poi la realtà è tutta un’altra storia…
Era infatti questa l’ultima “invenzione” di Federico: una via di quarto/quinto grado con un dislivello di 900 metri ed uno sviluppo di 1000!
Mentre guardavo quella gigantesca lama di granito rivolta verso il cielo, come a voler affettare la prima nuvola che osasse passare di li, mi chiedevo perché dico sempre di si alle sue assurde proposte, come se non fosse bastato l’aver fatto con lui, qualche settimana prima, “Uscita di sicurezza” alla Balza della Penna (in pieno luglio con 40 gradi!) …

Il Pizzo Badile con la parete nord in ombra e lo spigolo nord che la delimita a destra. Da http://www.caimorbegno.org

Eppure è così, non ci posso fare niente: quando Federico mi dice andiamo, io, automaticamente, rispondo di si. Il fatto è che ormai lo conosco bene, quand’è sfavato è capace di ravanare sul terzo grado ma quando il gioco si fa duro e la meta è tosta, il ragazzo si rivela per quello che è: uno dei migliori compagni di cordata che si possa avere!

Eppure stavolta, guardando la montagna, mi dicevo: stavolta abbiamo esagerato..

Quella lama affilata… eppure l’avevo già vista, ah già… in foto. A casa avevo letto e riletto la relazione, quarto e quinto sono alla mia portata, pensavo, ma non sapevo che il quinto lo troverò incrostato di neve a più di 3000 metri di altitudine…
E la lunghezza? Mille metri di arrampicata. Mi dicevo, vabbè sarebbe un po’ come fare 2 volte…. cosa? due volte cosa?? realizzo che, nel mio scarno carnet alpinistico, non è che ci sono tutte ste gran vie di 500 metri..

Speriamo che piova….
Speriamo che piova….

Sono le quattro di domenica mattina, apro gli occhi, non è un risveglio, in realtà non ho dormito…
Dopo qualche attimo di distrazione (non ci fate caso, questa la capisce solo Federico) mi alzo e vado a vedere com’è il tempo…

Speriamo che piova….
Speriamo che piova….

Ovviamente cielo sereno e stellatissimo (forse c’era in giro anche il concorso per il cielo più stellato).
Si parte.
Non starò a descrivervi la salita, se è questo che vi aspettate da queste righe passate oltre.
Vi voglio dire invece che è il momento della partenza la parte più dura: il tempo delle chiacchiere è finito: ora devi decidere quanto vuoi metterti in gioco.
Ti rispondi che hai analizzato e vagliato attentamente tutte le variabili, ti racconti un sacco di belle cose ma la domanda è sempre la stessa, ed è la domanda più semplice del mondo: ma sei proprio sicuro?
La risposta è dentro di te, e però è sbagliata! (cit.)
Una volta deciso ritorna tutto semplice: il grado torna ad essere accessibile, la lunghezza comporterà una gestione oculata delle forze ed il meteo ha promesso, tramite il suo portavoce, www.meteosuisse.ch , oracolo tra i più attendibili del pianeta, tempo splendido per tutta la giornata.
Partiamo così col nostro bel carico di (false) sicurezze e, man mano che scaliamo, ci rendiamo conto che, nonostante passino le ore, l’attacco della via è sempre li e la cima sempre lassù…
In compenso un fronte nero di minacciose nuvole compare in lontananza…

Speriamo che non piova….
Speriamo che non piova….

Un pensiero è comune ed inespresso, anzi, ben mimetizzato da battute è sfottò: questa volta stiamo veramente rischiando…
E allora? Lo sapevamo. L’abbiamo sempre saputo.
Magari chi legge queste righe ci potrà chiedere: ma chi ve lo fa fare?
Citerò la risposta che un grande alpinista rilasciò all’intervistatore che gli aveva chiesto perché metteva a rischio la vita per andare in montagna: se mi fai questa domanda vuol dire che non sei in grado di capire la risposta..

Bon, è il momento di concludere, prendete queste righe per quello che sono: le mie personalissime impressioni su questa magnifica avventura.
Queste poche righe le ho scritte solo condividere con gli amici del CAI quella che è stata, per me, una dell’esperienze più forti in questi trent’anni di arrampicata, niente di più.

E poi, alla fine, è andato tutto bene: non ha piovuto.

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