Alla scoperta delle Marmarole

Testo e foto di Manuela Pollazon e Gabriele Bianchi

La nostra passione per la Montagna è nata così: l’amore per la Natura e per l’avventura, la ricerca di un momento per uscire dagli schemi della vita quotidiana, la voglia di quella boccata d’aria fresca, quella ventata di gioia che poco o tanto che possa durare ti fa stare bene. Così tutte le volte in cui ci è possibile, partiamo verso nuovi sentieri da scoprire e questa sarà la volta delle Marmarole, aderendo alla proposta della Sottosezione di Scandicci. 

Antelao visto da Rifugio Baion

Il caldo della città e la stanchezza della settimana lavorativa si fanno sentire, ma il rito di preparazione dello zaino sembra già alleviare queste sofferenze. 

Abbiamo bisogno di silenzio, di spegnere i cellulari, di immergerci nella Natura e di liberare la mente. Ed inconsciamente sappiamo che questi nostri desideri si avvereranno. 

Il viaggio sembra interminabile ma serve per scambiare due chiacchiere con amici che non vedevamo da tempo e per inquadrare le persone sconosciute che saranno i nostri compagni di avventura per i successivi tre giorni. È in questi momenti che inizia a crearsi la “cordata”, iniziamo cioè a legarci l’un l’altro con una corda invisibile, che è la passione per la Montagna. 

Arrivati ad Auronzo di Cadore, finalmente è il momento di mettere lo zaino sulle spalle e di stringere gli scarponi. Il primo dei sette rifugi che tocchiamo durante l’anello, Rifugio Monte Agudo, è adagiato su una spettacolare terrazza panoramica naturale. Dopo un breve spuntino consumato contemplando questa prima “cartolina” che i Monti Pallidi ci regalano, apponiamo sulla cartina il primo timbro del nostro “percorso del cuore” e ci incamminiamo verso il rifugio dove pernotteremo. Il primo tratto nel bosco è già magnifico, l’odore dei pini ci dà il benvenuto e tutti felici proseguiamo di buon passo. Qualche stop per le foto e continuiamo la nostra ascesa, perché oggi il percorso, seppur breve, prevede 650 mt. di dislivello. 

Abbandonata la pineta, si aprono davanti a noi prati verdi con mucche e cavalli al pascolo; da qui saliamo al rifugio Ciareido per il secondo timbro, ci riposiamo qualche minuto e iniziamo la breve discesa verso il rifugio Baion, nostra destinazione finale per la prima giornata. Il rifugio Baion è una splendida malga a Col de San Piero dove regnano pace e tranquillità; decidiamo dunque di rilassarci sorseggiando una bella birra fresca, anzi due! Siamo tutti soddisfatti e già pensiamo al giorno successivo e a quello che ci attende; sarà infatti il giorno più faticoso ma anche quello più gratificante, in quanto scenderemo e di nuovo saliremo in quota fino a 2018 mt. Tra una chiacchiera e l’altra il sole sta tramontando e la temperatura inizia a scendere tanto che ci stringiamo tutti intorno al caminetto in attesa della cena. Nonostante sia luglio si sta bene davanti al fuocherello! 

Il mattino seguente, lasciato il rifugio, ci addentriamo nuovamente nel bosco, dove raggiungiamo un tratto attrezzato, breve, non impegnativo ma non da sottovalutare. Continuiamo di buon passo fino al Rifugio Chiggiato, il quarto che troviamo sul nostro cammino; qui veniamo accolti da un amico a quattro zampe che ci dà il benvenuto ma che in cambio vorrebbe accaparrarsi i nostri spuntini. 

Marmarole viste dal Rifugio Chiggiato

La vista da quassù è magnifica e, tra giochi di nuvole e splendide cime, le foto ricordo non possono mancare! Ora inizia il tratto di ripida discesa, che per alcuni può essere addirittura il punto più difficoltoso ma siamo determinati a raggiungere il nostro obiettivo. In sottofondo ci accompagna il suono costante del fiume che scorre accanto a noi. Terminato questo tratto impegnativo decidiamo di concederci una rapida pausa pranzo lungo la riva del fiume. Siamo sempre più rilassati e spensierati, addirittura c’è chi si sdraia e si lascia andare ad un piccolo riposino, rapido ma rigenerante. 

Siamo appena a metà del percorso e a metà giornata ma, rinfrescati e ricaricati, ripartiamo verso il nostro “quinto timbro”, Rifugio Capanna degli Alpini. Sono le ore più calde, il sole batte forte e il letto del fiume secco che stiamo risalendo, con i suoi sassi bianchi splendenti, toglie il fiato. Passo dopo passo, come un’oasi nel deserto, si apre davanti a noi un viale alberato che ci conduce infine al rifugio dove ci aspetta una fantastica fontana di acqua ghiacciata. Messo il timbro e riempite le borracce, zaini in spalla ripartiamo verso la nostra meta; siamo in orario sulla tabella di marcia ma ha messo pioggia sul tardo pomeriggio quindi decidiamo di ripartire velocemente.  

Il sentiero si inerpica sulla pendice della montagna e ci fa capire fin da subito che ci darà filo da torcere. Presto le chiacchiere si affievoliscono ed ognuno di noi si trova a dover gestire le proprie forze. È uno dei momenti che preferiamo, quando qualcuno si misura con se stesso. Intanto, alzando la testa, il Rifugio Galassi inizia a farsi vedere sull’altopiano sovrastante. Sembra così vicino che quasi sembra di poterlo toccare, ma ci separa ancora un’ora abbondante di dura salita. Prima cosa, appena arrivati, mettiamo il timbro, come a voler sottolineare che l’obbiettivo della giornata è raggiunto. Una volta ripreso fiato mettiamo bene a fuoco ciò che la salita aveva per un attimo annebbiato: siamo letteralmente circondati da immense pareti di roccia. E in quel momento, con il Monte Antelao al nostro fianco, ti senti davvero piccolo e impotente. È un altro dei nostri momenti preferiti, quando la Natura mostra tutta la sua potenza, riportando alla giusta misura l’ego, spesso gonfiato, delle persone. La serata è piacevole e il gruppo è sempre più affiatato, ma quando arriva il momento di riposare nessuno prova ad opporre resistenza. 

Rifugio Galassi all’Antelao

La mattina l’aria frizzante ci aiuta a svegliarci del tutto e le nuvole, più basse rispetto alla nostra quota, rendono il paesaggio paradisiaco. Accompagnati da un gruppo di stambecchi giocherelloni che ci osserva da debita distanza, arriviamo a Forcella Piccola. Alle nostre spalle, adesso, iniziamo a vedere bene l’accaldato ghiacciaio dell’Antelao e davanti a noi, invece, la sagoma inconfondibile del Monte Pelmo fa da sfondo ad un paesaggio selvaggio e bellissimo. Proseguendo, l’ambiente muta in continuazione e questo alternarsi di saliscendi, ghiaioni e boschi ci culla finché non giungiamo ad uno degli scorci più belli visti finora. Il rifugio San Marco, osservato costantemente dall’occhio vigile del Monte Pelmo, ricorda molto un qualcosa che da bambini leggevamo nelle favole. Qui il timbro ha un sapore quasi amaro, è l’ultimo della nostra avventura, ma viene addolcito dall’ottimo succo di mela prodotto dai gestori. 

Il Sorapiss visto da Forcella Grande

Lasciato il rifugio riprendiamo la nostra via. Stiamo per raggiungere il punto più alto di tutta l’escursione, ma dobbiamo guadagnarcelo. La scotto da pagare è un bello strappo in salita che, complice il caldo e la fatica del giorno prima, si fa sentire eccome! Ma ad un tratto sentiamo l’aria che cambia, il che lascia ben sperare. È un vento diverso quello che ci sta venendo incontro e, come un maggiordomo fa con l’ospite che ha bussato alla porta, ci accompagna fino a Forcella Grande. 

Suk traverso in direzione Rifugio San Marco

Quello che ci si presenta davanti e le sensazioni che proviamo sono difficili da descrivere. L’imponente bellezza del gruppo del Sorapiss toglie il fiato con la sua maestosità e ci lascia letteralmente a bocca aperta; decidiamo a questo punto di pranzare al cospetto di cotanta bellezza. Per tutta la sosta non togliamo mai lo sguardo dalla Montagna, come per cercare di immagazzinare il più possibile l’energia e il senso di pace che diffonde. 

Rifugio Baion

È arrivato purtroppo il momento di proseguire e, osservando il sentiero che scende in maniera decisa, capiamo che quelle meravigliose cime che fino a quel momento ci hanno fatto compagnia spariranno e, quando ci voltiamo per guardarle un’ultima volta, capiamo che la perfezione esiste. Eccome se esiste! 

Rifugio San Marco – sullo sfondo il Monte Pelmo

Perdiamo velocemente quota percorrendo con cautela un sentiero aspro immerso in un ambiente che mostra le cicatrici causate dai recenti capricci della natura. 

Parete nord-ovest del Monte Antelao vista dal Rifugio San Marco

La posizione è privilegiata per ammirare il profilo affilato dei Cadini di Misurina, che hanno deciso di farsi guardare in tutto il loro splendore allontanando momentaneamente le nuvole che si fanno sempre più insistenti. Superati dei divertenti ghiaioni si entra nel bosco. E qui un ulteriore regalo, inizia a piovere! Una pioggerella innocua ma sufficiente a far sprigionare profumi indescrivibili. A mano a mano che proseguiamo il sentiero si fa più facile e meno scosceso; sembra fatto apposta per addolcire il ritorno alla routine di tutti i giorni. Lasciamo la Montagna con la speranza di farci ritorno presto perché, come diceva il buon Bonatti, “chi più in alto sale più lontano vede, chi più lontano vede, più a lungo sogna.” 

Il nostro gruppo all’ingresso del Rifugio Baion

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