“Camminare oltre il Gruppo” di Adolfo Ciucchi (Gruppo Namasté – Montemignaio)

Gennaio 2010
Sono un socio ormai ventennale del CAI Firenze anche se da molti anni risiedo a Prato. Ho incontrato il Gruppo Namastè di Montemignaio e mi sono sentito subito in sintonia perché apprezzo quello che fanno, non solo per il CAI, ma per l’ambiente e il paese. Si sono infatti proposti come gruppo aggregante con gite e manifestazioni per i più piccoli ed organizzano con molto spirito di sacrificio eventi aperti a tutto il paese. E mi è piaciuta l’amicizia che li lega, la giusta competitivita ma anche il continuo aiutare chi resta indietro. Risiedendo a Prato ed amando la montagna in tutte le sue accezioni e non avendo la possibilità, a parte pochi giorni l’anno, di viverla dove è grande, ho girato in lungo e largo la Calvana e i monti vicini. E mi è piaciuto molto quando ho potuto portare il gruppo sulla “mia” Calvana che non conoscevano e che hanno trovato molto interessante. Far partecipi gli amici di quello che conosco, dei sentieri, della storia, di tutto quello di cui è ricca la montagna, mi fa sentire molto appagato. Ho avuto il piacere di accompagnarli per tre volte e quest’anno sarà per la quarta volta, con un percorso che oltre alla camminata e al panorama unisce la storia medioevale con costruzioni ben conservate e l’archeologia con tombe dell’età etrusca arcaica.
Quando mi è stato chiesto dal presidente di scrivere un articolo da pubblicare su “Alpinismo Fiorentino” ho accettato perché l’argomento era a mia discrezione, per cui scriverò non il resoconto di una gita o di una impresa ma di qualcosa a cui tengo molto e che spero possa essere condiviso da chi avrà la cortesia di leggermi.
Nonostante a me piaccia camminare in compagnia scambiando una battuta che alleggerisca il cammino o commentare quello che si vede, la mia passione vera e più grande è prendere lo zainetto, il bastone, la macchina fotografica oltre al, purtroppo necessario, cellulare e uscire di casa magari quando il sole deve ancora levarsi ed andare a camminare sulla Calvana o, in genere, sugli Appennini da solo.
Per sentieri ormai ben conosciuti dove il piede conosce tutti i sassi, ascoltando il mio respiro che si fa col passare degli anni sempre più rumoroso, sentire i rumori del bosco, degli animali che sempre più diminuiscono, il suono del vento e della pioggia. Camminare nella nebbia quando anche il sentiero conosciuto si fa arduo e nello stesso tempo sentirsi protetto e capito. Vedere il sole che si alza e solleva il vapore dai prati sommitali vuoti eppure pieni di vita e di pace. Cammino con i miei pensieri che lassù diventano piccoli, li condivido e li stempero nello sforzo fisico. Mi piacciono i cambiamenti che la montagna fa col cambiare delle stagioni, apprezzo come un’opera d’arte una foglia che è rimasta prigioniera in una pozza ghiacciata, un albero che cambia aspetto ad ogni stagione. Mi ritengo fortunato se sorprendo degli animali nelle radure del bosco e mi incanto a vedere un rivolo d’acqua che saltella tra i sassi.
Passo davanti a ruderi che furono case e penso alle vite, alle speranze, alle fatiche che si sono consumate tra quei muri di pietre dure come doveva essere la loro vita. Casupole piccole, senza aria che oggi sarebbero giudicate inabitabili ma che racchiudono le nostre radici. Vite vissute sul quotidiano nella serena e disperata accettazione di un destino duro che potrebbero insegnarci tante cose solo volessimo fermarci a riflettere.
Vedo con enorme dispiacere il degrado delle cose che l’uomo ha costruito con fatica in un passato che ci sembra, a noi moderni, così remoto ma che era solo ieri: fonti abbandonate, rogge che non portano più acqua, terrapieni che crollano, alberi da frutto cresciuti per l’amore e l’impegno di chi li aveva piantati ormai inselvatichiti e dovunque il bosco ha ripreso possesso.
Il degrado del bosco non più pulito con alberi sempre più malati che cadono attraverso il sentiero mi angoscia pensando alle opportunità che stiamo a poco a poco perdendo, ma mi solleva la sua ricchezza in frutti e in pace ed è bello immergersi in tale pace. A volte mi è capitato di sentirmi più vicino ad un creatore in un bosco che in una cattedrale. La Calvana, e qualsiasi altra montagna, è ricca di tutte queste cose, le positive e le negative. L’uomo l’ha abitata e sfruttata fin dall’età del ferro e sulle sue pendici si sono succeduti tutti i popoli che hanno fatto la nostra storia e tutti hanno lasciato qualcosa. Io ci vado come un poeta e quando torno giù sono senz’altro più ricco e incontrando quelli che, meno mattinieri di me, salgono spero che riescano a sentire e provare quello che io provo e sento.
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