“Aiguille Dibona” di Lelia Farini Nigrisoli

Annuario 2010

L’ho vista per la prima volta l’anno scorso in un libro sulle ascensioni nel Delfinato, regalatomi da una Guida alpina, e ne sono rimasta subito affascinata; l’estate però era ormai alla fine, per cui decisi di non pensare a una sua salita, almeno per il momento.

Deve il suo nome ad Angelo Dibona, Guida di Cortina, che dalle Sue Dolomiti all’inizio del secolo scorso venne ad aprire diverse vie in questa zona di bellissimi graniti. Nel 1913 salì per primo dalla parete nord, ora considerata la via normale, il Pain de Sucre, la cui cima era ancora inviolata e che fu poi chiamata Dibona per onorare quel grande scalatore.
Alain Kofler e Corrado Chatillard, che conosco da tanti anni, si mostrano entusiasti e partiamo la domenica 23 agosto alle 5 del mattino. Alle 10,30 iniziamo il sentiero per il Rifugio Soreiller (mt. 2.730) che trovo lungo e faticoso anche per il gran caldo.
Aiguille Dibona

Superato uno stretto vallone, all’improvviso ci appare l’Aiguille Dibona, come un miracolo! Da qui non si vedono altre montagne: solo lei, così esile e appuntita, altissima, sospesa nell’azzurro del cielo, pare scesa da un altro mondo. Non ho mai visto nulla di simile e credo sia unica! Molte persone, anche non alpinisti, affrontano la fatica di superare i 1.150 metri di dislivello per arrivare al rifugio ed ammirarla da vicino. Mi viene subito il desiderio di salire su quella minuscola punta che sembra inaccessibile, penso che sarebbe un trono davvero speciale per la Madonna di San Donato e Regina della Val d’Aosta.

Lunedì siamo in cammino già alle 6,30 con le lampade accese. Un buon sentiero un po’ ripido e con molti tornanti ci porta all’attacco della guglia sul suo versante nord, indossiamo imbracature, caschi, scarpette e ci leghiamo. Tre tiri di corda di III grado, con una breve variante di IV, che Alain ha voluto fare per rendere più interessante l’ascensione e dopo quattro ore siamo sulla stretta ed aerea cima.
L’emozione è grande, ringraziamo Dio, assaporiamo per un po’ quel senso di leggerezza, di libertà, di distacco dal mondo, come essere per un attimo in Paradiso.
Alle 22,30 dello stesso giorno siamo di nuovo a Cervinia, ma i nostri cuori sono rimasti là nel regno del granito più bello che esiste e ci ripromettiamo di tornare presto.
Domenica 6 settembre, ore 14. Scendo in auto da Cervinia a Valtournanche a prendere le guide Alain Kofler e Marco Barmasse, saluto le loro faniglie e partiamo, di nuovo dopo due settimane, per la Francia. Dormiamo a La Berard (Briançon), un paesetto vicino all’inizio del sentiero per il Rifugio Soreiller. Sono un po’ preoccupata per la lunghezza e la difficoltà dell’arrampicata: 35° metri verticali, 13 tiri di corda di grado V e VI, ho però due guide fortissime e dal grande cuore.
E’ arrivato il giorno della grande prova: la via Madier alla parete sud dell’Aiuguille Dibona.
Lasciamo il rifugio alle 8 e dopo pochi minuti di sentiero siamo all’attacco. La roccia è ancora in ombra e ho freddo alle dita, ma resisto, dato che il primo tiro è facile, il secondo ci porta dentro una galleria buia dove trovo gli appigli a tentoni. Alain ci fa sicurezza dall’alto e spesso, quando è alle soste, non lo vediamo nemmeno. Ma Marco mi è sempre vicino con i suoi consigli e persino reggendomi un piede quando teme che scivoli. Finito il tunnel si esce alla luce del sole, ma inizia il V grado e anche il V+ per quattro tiri che ci fanno superare un grande diedro. Il settimo tiro è un camino di 40 metri che porta alla cengia Boell, una traversata più o meno orizzontale da sinistra a destra. Marco continua ad aiutarmi in diversi modi, talvolta mi fa mettere un piede sopra un suo ginocchio, oppure sopra un suo braccio per farmi arrivare agli appigli troppo alti per me, quanto gli sono grata!
Dalla cengia Boell Alain, incurante delle mie proteste, va deciso verso i due tiri di VI e VI+ che supera con grande abilità e con i nostri complimenti. Si tratta di un’ampia fessura con i bordi lisci dove non so dove attaccarmi trovandomi davvero nei guai. Marco non può aiutarmi molto qui, perché è impegnato a salire lui stesso, però a un certo punto mi trovo, non so come, seduta sul suo casco e ricevo una spinta provvidenziale verso l’alto. Riesco così ad acchiappare un friend che Alain ha piazzato nel fondo della fessura per sua protezione, più su ve n’è un altro, e finalmente esco fuori dalle difficoltà maggiori.
Gli ultimi quattro tiri sono piacevoli, con intorno quel vuoto che mi piace perché mi da la sensazione di volare. Questa roccia è ottima e compatta, toccare la roccia arrampicando è un po’ come toccare Dio che si concede a noi anche in questo modo.
Alle 15,30 Alain ci urla “Vettaaaa …!”. E di nuovo l’Aiuguille Dibona, per un momento è nostra!
Dedico questa scalata, la mia più difficile e forse l’ultima perché ho quasi 77 anni, a Don Mario Boretti con immensa gratitudine. Nel 1973 mi guarì da una misteriosa malattia che mi stava paralizzando le gambe. Grazie Don Mario.
Ringrazio anche le Guide Alain e Marco che mi hanno aiutato con tanta pazienza, competenza e intelligenza.

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