“Angelo Dibona, un precursore, simbolo delle Guide Ampezzane” di Roberto Masoni

Annuario 2010

Dibona nasce a Cadìn, frazione di Cortina, il 7 aprile 1879. Nipote del grande Angelo Dimai, suo nonno materno, abbandonò presto gli studi per dedicarsi alla montagna; all’età di 26 anni, nel 1905, presenta domanda per diventare Guida Alpina, qualifica che ottenne, dopo un apprendistato di due anni come portatore, nel luglio del 1907. Più o meno nello stesso periodo, si laurea anche Istruttore di Sci divenendo uno dei primi maestri di Cortina. Nel suo curriculum anche il ruolo di Istruttore e Guida militare in Val Gardena.
Angelo Dibona in un’immagine tratta da www.123people.com

L’importanza storica di Angelo Dibona è grandissima. Le sue vie coprono praticamente tutto l’arco alpino; l’ultima, in ordine di tempo, l’aprì nel luglio del 1944 (Punta Michele nel Gruppo del Cristallo) quando aveva ormai l’età di 65 anni. Dibona è stato un grande precursore dell’alpinismo, sicuramente il più grande del suo tempo, le sue vie sono spesso autentici capolavori non solo di estetica ma anche di logica. Itinerari di largo respiro che, nella maggior parte dei casi, risolvevano problemi mai affrontati prima anche se non dobbiamo giudicare Dibona solo con il metro delle difficoltà superate, e per quanto qualcuno parli delle sue vie in termini di VI grado che in caso di conferma sarebbe straordinario, ma anche, e soprattutto, per il modo d’intendere l’alpinismo; un filosofia molto in anticipo sui tempi, quella di un alpinismo pulito che evitava di ricorrere ai mezzi artificiali. Si dice che in vita sua non abbia messo più di una quindicina di chiodi, era quindi un arrampicatore di straordinaria modernità. Sembra che Mauro Corona nel ripetere la via Dibona al Campanile Dibona (Gruppo del Cristallo) abbia scomodato molti Santi del Paradiso salendone la “via Normale” in occasione della stesura della guida Visentini, una via aperta da Dibona in solitaria nel 1908.

Fra le sue vie più famose non possiamo non citare quella alla parete nord del Sassolungo, alla parete ovest del Sass Pordoi e naturalmente lo spigolo NE della Cima Grande di Lavaredo. Così come non possiamo non citare la “parete rossa”, cioè la ovest della Roda di Vael, quella di Dibona fu la prima via aperta (1908) su quella difficile parete. Ricordo anche la parete nord della Cima Una (1910), la parete SO del Croz dell’Altissimo (1910) nella quale DIbona stesso confessò di aver utilizzato due staffe, le uniche che abbia mai utilizzato, e ancora il Pic Central della Meje (parete dove, non dimentichiamolo, trovarono la morte Solleder e Zsgmondy), il Dent du Requin ed altre, fino in Inghilterra. Un curriculum di assoluta straordinarietà per l’epoca.
Fra queste vie non possiamo dimenticare quella al Pain de Sucre, nome poi sostituito in Aiguille Dibona, di cui parla l’articolo di Lelia Nigrisoli. Una via di raro intuito e di notevole impegno per le difficoltà del momento. Angelo Dibona morì il 21 aprile 1956 a 77 anni. Il giorno dopo, a Cortina, si tennero i funerali. Leggo dalla rivista “Le Alpi Venete” che “nelle Alpi del Delfinato, in terra di Francia, l’ardita Aiguille Dibona tramanda ai posteri il suo nome. Il nome di un uomo buono, calmo, gentile, buon cristiano, padre di otto figli di cui tre guide alpine. Angelo Dibona: un uomo apparentemente rude che invece amava i fiori, si interessava di musica, suonava la chitarra e il clarinetto, giocava tranquillo a bocce, a carte, agli scacchi… e adorava l’inseparabile pipa!”.
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