“Falterona invernale” di Marco Gori

Annuario 2009

Dalle mie parti, nel Levante Fiorentino, ci ripetiamo spesso che senza la falesia di Massanera d’estate e il Falterona d’inverno la nostra voglia di alpinismo si spegnerebbe tra le dolci colline a vigneti e la cronica mancanza di tempo.

Il Canale dell'Aquila

Ci penso un po’ su e sorrido, mentre percorro la statale verso San Godenzo, contento di aver trovato finalmente un po’ di tempo tra gli impegni familiari “d’eccezione” di quest’anno. In Apuane l’alternanza di giornate tiepide di libeccio marino e successive notti gelide ha reso molto pericolosi i pendii innevati, il sito del SAST ieri ne sconsigliava la salita e un cupo bollettino di guerra ne sottolineava la gravità: per questo si dice che, per una volta,  ci sarà una inversione del flusso migratorio del fine settimana, e già a Castagno d’Andrea si vedono le prime macchine targate Massa e Lucca. Castagno d’Andrea è una piccola perla ai piedi del massiccio del Falterona, antico centro di montagna che ospitò Dante e diede i natali ad Andrea del Castagno, pittore fiorentino del ‘400 di prolifica produzione artistica che solo la peste seppe arrestare. Qua e là enormi massi di arenaria testimoniano le numerose frane, alcune devastanti, che si sono abbattute nei secoli dalle cime sovrastanti.

E poi, la montagna: primo tra tutti Monte Acuto, severo nel suo aspetto invernale: da Castagno già si notano, tra gli speroni che precipitano ripidi dal versante Nord, le lingue biancastre delle cascate di ghiaccio e dei canali. Più in là il Falterona vero e proprio, infine Monte Falco. Un unico crinale che ho spesso percorso in ciaspole a Dicembre, dopo le prime nevicate della stagione, una bella camminata dal sentiero CAI 18, poi lungo i saliscendi del crinale che ogni tanto si aprono alla maestosa vista intorno, fino alla pista del lupo che scende da Monte Falco fino a Pian Cancelli, e da lì giù per la bella strada forestale fino alla fonte del Borbotto e ancora più giù seguendo il sentiero CAI 16, fino al punto di partenza. E’ questa una escursione che soprattutto nella sua prima parte si svolge in un paesaggio assolutamente selvaggio e raramente percorso, le uniche tracce incontrate sono quelle degli animali e il silenzio è totale. Nel suo versante Nord il massiccio si oppone come una barriera ai venti freddi di Nord-Est. L’aria gelida della Siberia attraversa l’Adriatico, caricandosi di umidità, infine entra nella Penisola, e si infrange sul Falterona come su una scogliera, lasciando il suo carico di neve ma anche creando una zona climatica particolarmente fredda.

Monte Falco questa mattina è a due colori, in basso bruno, il colore della roccia, del terreno e degli alberi senza foglie, solo strisce di neve e ghiaccio nei canaloni ma poca neve nel resto del pendio. A una certa quota, intorno ai 1200 metri, una linea netta segna l’inizio dei pendii bianchi di galaverna, la nebbia ghiacciata che si attacca agli alberi e alle rocce con miliardi di cristallini impalpabili e che solo il sole del primo pomeriggio inizia ad intaccare. Sono le condizioni ottimali per l’alpinismo, meglio approfittarne, più in là nella stagione arriveranno le grandi nevicate e il Falterona diventerà il regno dello sci escursionistico e delle ciaspole. Sul terreno gli aghetti di ghiacci che si accumulano giorno dopo giorno formano uno strato di polvere bianca simile a neve finissima, da considerare attentamente quando si accumula per metri all’uscita dei canali. Quando il sole scalda gli alberi e la galaverna inizia a staccarsi dai rami il bosco risuona di un finissimo tintinnare di cristalli.

La cascata della Stallattite - esercitazione SAST (archivio Stazione Falterona)

Oggi sono qui con Stefano e la cosa mi rende molto sicuro: Stefano, oltre che ad essere il capo stazione del locale Soccorso Alpino, è un vero esperto di Falterona invernale, nonché autore dell’unica guida dedicata all’alpinismo nella zona, Galaverna Verticale (S. Rinaldelli e F. Del Vecchio, 2001). Salendo ripercorro con lo sguardo le vie dell’Acuto: alcune le conosco, altre ne ho più che altro sentito parlare, altre ancora sono destinate a pochi coraggiosi con tanta fiducia nell’angelo custode. Do uno sguardo alla profonda scanalatura del canale dell’Aquila, un facile approccio a questo ambiente, con difficoltà di AD- (comunque assai variabili a seconda delle condizioni) . Il canale si risale facilmente per quasi un terzo della sua altezza, poi oppone la prima difficoltà con un muro liscio di 20 metri che a seconda della copertura di neve e ghiaccio può essere più o meno facile, ma in genere oppone meno resistenza sulla destra. Quindi segue un a bella goulotte incassata, se le condizioni sono buone sarà veramente un piacere percorrerla, e infine uscita sugli ultimi pendii che portano in vetta in un paesaggio algido che ricorda il grande Nord. Alla destra del canale, prima dell’inizio della parte alpinistica, si stacca sulla destra la bellissima cascata Diretta (TD), incassata e nascosta e per questo quasi sempre in ottime condizioni. Passato il primo salto facile (60°) la via diventa difficile con frequenti tratti di 80° e 90°. Con il suo notevole sviluppo (300 metri) la cascata esce sulla cima di Monte Falco, non lontano dal pratone sommitale.

Al centro della parete di Monte Falco serpeggia la cascata della stalattite, detta anche cascata centrale: anche questa piuttosto impegnativa, soprattutto nella scalata delle candele che gli danno il nome. La formazione di questa cascata è meno sicura della precedente, ma in caso il primo tiro non fosse formato è possibile aggirarlo sulla sinistra. La cascata della corda ghiaccia è l’ultima a sinistra del versante Nord di Monte Falco, e anche la più ripetuta per diversi motivi: prima di tutto l’avvicinamento, meno di 10 minuti dalla strada. Le dimensioni ridotte (circa 100 metri) e la disponibilità di alberi per assicurarsi hanno reso questa via il più classico approccio alla salita su ghiaccio in Falterona. La pendenza è media, i tratti verticali sono brevissimi. Decisamente da provare.

Intanto continuiamo a seguire la strada forestale che sale dal Borbotto, qui si formano piccole slavine dalla scarpata a monte creando caratteristiche girelle di neve che ho visto solo in questi posti. Come supponevo, Stefano ha in mente qualcosa di speciale. Eccoci ad un tratto quasi pianeggiante, sopraelevato sul versante sia a monte che a valle: niente di artificiale, è un risalto creato dalla enorme frana del Falterona, un corpo di rocce e detriti che crea, verso monte, una trincea allagata che senza dubbio è destinata a diventare la prossima nicchia di distacco. Dopo la frana si esce dalla strada buttandosi a capofitto nel bosco verso valle, per poi iniziare una lunga traversata sulla destra orografica nel mezzo di un paesaggio invernale incantato, dove la superficie della neve è corrotta solo dalle impronte delle lepri che vagano alla ricerca di qualcosa da mangiare. Stefano mi racconta delle cascate del Piscino, camminiamo sul suo bordo superiore: sono tre, bellissime, tecnicamente difficili e spesso in buone condizioni grazie alla loro posizione favorevole e alla giusta portata d’acqua. Si raggiungono con due doppie tra gli alberi, o seguendo le tracce di sentiero sulla sinistra orografica per scendere lungo il costone. All’improvviso si apre davanti a noi una parete a gradoni, una imponente muraglia verso Ovest, percorsa da canali e cascate: sono le Rondinaie, l’ultimo membro della prodigiosa famiglia del Falterona. L’esposizione del versante accoglie i primi raggi di sole già in tarda mattinata, salire tra i riflessi del sole che filtrano tra le stalattiti di ghiaccio sono eccezioni che si apprezzano dopo tante giornate sui canali nord di Monte Acuto. D’altronde, lo stesso sole permette l’arrampicata su ghiaccio solo con temperature particolarmente basse e per lunghi periodi .

Canale Centrale delle Rondinaie - Marco all'uscita del secondo tiro

Saliamo la via classica diretta, il canale è decisamente centrale nella parete delle Rondinaie e ben evidente: intorno, il paesaggio è stupendo. Il canale inizia subito con alcuni risalti che se ben formati costituiscono una cascata facile. Si sosta su ghiaccio o su roccia (con qualche chiodo) poco prima della ultima piccola goulotte di 10 metri che impenna fino a 75°, di più sulla destra. Per lo più si arrampica su paleo e terreno ghiacciato, non proteggibile ma ben piccozzabile e forse più sicuro del ghiaccio stesso. Il canale prosegue aperto e nevoso costeggiando un boschetto (50°) per poi aprirsi in un anfiteatro più largo. L’ultimo salto può essere fatto centralmente (difficile): noi proseguiamo per il canale di sinistra, nevoso, più impennato sulla destra (fino a 65°), fino in vetta. All’uscita si traversa verso destra, addentrandosi nel bosco per 10 minuti fino a incontrare la pista da sci di fondo, e quindi la strada a Pian Cancelli. La cima delle Rondinaie è piatta, una perfetta monoclinale:  ancora paesaggi glaciali, alberi cristallizzati nella loro corazza di galaverna e neve soffice sotto le ciaspole per il ritorno.

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