“I Monti della Luna” di Roberto Masoni

Annuario 2009

Comincerò questa storia da Strabone.
Strabone? Fino a poco tempo fa non ne conoscevo l’esistenza nemmeno io.

Strabone

Dunque … Strabone nacque ad Amasea in Grecia allora in Cappadocia, oggi Turchia) e visse fra il 58 e il 21 a.c., il circa è d’obbligo. Di mestiere geografo si trasferì a Roma dove studiò con Tirannione e quindi con Senarco: tutti geografi. Viaggiò molto, per i tempi: nella Grecia antica, in Europa fino alla penisola Iberica, nell’Asia Minore, in  Egitto,  in  Libia.  In  età  matura  (anche  se  non esageratamente matura se è vero che morì a 37 anni ma teniamo conto che l’età media allora non è che fosse paragonabile a quella attuale) si trasferì sui Monti della Luna dai prende nome la Lunigiana, terra di paludi via via bonificate dai Romani. Paludi che si estendevano dall’attuale La Spezia fino a Massa, fino all’altra, importante colonia chiamata Luca dai romani, oggi Lucca, probabilmente dal toponimo Luk, anch’esso celto/ligure, come d’altronde il Lun di Luni, che stava per “palude”.

Il  fatto  di  aver iniziato dalla città  di  Luni  (Frazione del comune di Ortonovo nei pressi di Bocca di Magra) ha naturalmente un senso. Luni fu fondata nel 177 a.C. e fu fondata dopo anni di lotte, conflitti, scontri che evidenziano la presenza di coloro che sono considerati i primi abitanti di quelle che oggi sono chiamate Alpi Apuane. Queste popolazioni appartenevano al vasto ceppo degli antichi Liguri, più propriamente Liguri Montani (o Sengauni), più comunemente Liguri Apuani o Apuani, per i romani Apui. Erano organizzati in comunità che vivevano su un territorio molto vasto, dall’Appennino Tosco Emiliano (si parla fino al Monte Cimone) fino naturalmente alle odierne Alpi Apuane. Popolo sobrio, misurato ma orgoglioso, erano soprattutto popolo energico, molto resistente alla fatica e sicuramente di carattere. Peculiarità non molto dissimili, e fatti i giusti distingui, da quelle degli odierni abitanti. Vivevano principalmente di caccia e pastorizia senza sentire il richiamo della costa, del mare, salvo talvolta spinger visi in occasione di qualche scambio commerciale, tanto da rimanere, praticamente, sempre trincerati fra le loro montagne.

Sicuramente fu un popolo che non si arrese mai a Roma ed al suo espansionismo, schieratisi con Annibale durante la seconda Guerra Punica proseguirono nella loro personale guerra contro i romani anche dopo la sconfitta dei cartaginesi. Da tempo ormai, alla ricerca della completa egemonia commerciale del Mediterraneo, i romani avevano sottomesso, praticamente tutte, le comunità di Liguri ma non gli Apuani che divennero per loro un problema serio.

Da parte loro, gli Apuani, si spinsero fino a prendere d’assalto l’importante base militare romana di Pisa   ma   ciò   in   cui   erano particolarmente  abili   era  la  “guerriglia”. Un tipo di lotta che, sostenuta da una perfetta conoscenza del territorio montuoso, ove vivevano, permise loro di causare ingenti perdite alle legioni romane attirandole spesso in strette gole, come quelle sopra Seravezza, e lì dare loro scacco. Ma contro una macchina da guerra  come  quella  di  Roma (nonostante l’Impero Romano fosse ancora di là da venire), la sorte degli Apuani fu, tuttavia, pressoché segnata. Furono presto sopraffatti e quasi completamente deportati. Rimane, tuttavia, da parte di molti storici il dubbio che, nella realtà, le cose si svolsero in modo molto diverso tanto da supporre la presenza dell’inganno. Restano misteriose, infatti, le modalità di resa degli Apuani che, da fonti certe, risulterebbero essersi consegnati ai romani senza colpo ferire ponendo fine ad una guerra, breve si, ma feroce e nel corso della quale non si era manifestata alcuna volontà da parte degli Apuani di un accordo, un patto, un trattato. Misteri della storia.

Alpi Apuane meridionali

Resta l’effetto che questa guerra scatenò. La creazione, cioè, da parte di Roma, di due avamposti militari: Luni, appunto, che divenne porto di grande interesse sia per gli Etruschi che per i Greci, e Lucca. Avamposti che si trasformarono, ben presto, in vere e proprie comunità popolate da coloni romani.

Torniamo alla civiltà degli Apuani. Non ci deve meravigliare il perché si stabilirono in queste terre montuose. Veneravano infatti le forze della natura (fiumi, animali, stelle, monti naturalmente) con particolare predilezione per il sole tanto da portare i loro simboli, in modo particolare l’emblema del cigno, il più in alto possibile, fino alle cime dei monti che al sole erano più vicine. Diodoro Siculo, scrittore greco più anziano di Strabone, cita nella sua “Biblioteca” (40 libri di cui ce ne rimangono una quindicina) scrisse che gli Apuani abitavano una “terra sassosa e del tutto sterile e trascorrono un’esistenza faticosa ed infelice per gii sforzi e le vessazioni sostenute nel lavoro. E dal momento che la terra è coperta dì alberi, alcuni dì costoro per  l’intera giornata abbattono gli alberi, forniti di scuri affilate e pesanti, altri, avendo avuto l’incarico di lavorare la terra, non fanno altro che estrarre pietre… A causa del continuo lavoro fisico e della scarsezza di cibo, si mantengono nel corpo forti e vigorosi. In queste fatiche hanno le donne come aiuto, abituate a lavorare nel medesimo modo degli uomini. Vivendo di conseguenza sulle montagne coperte di neve ed essendo soliti affrontare divelli incredibili sono forti e muscolosi nei corpi. Trascorrono la notte nei campi, raramente in qualche semplice podere o capanna, più spesso in cavità della roccia o in caverne naturali… Generalmente le donne di questi luoghi sono forti come gli uomini e questi come le belve… Essi sono coraggiosi e nobili, non solo in guerra, ma anche in quelle condizioni della vita non scevre dì pencolo”.

Non possiamo dire con certezza quando gli Apuani si trasferirono nel territorio oggi caratteristico delle Apuane. Sicuramente tolsero questa fetta di territorio agli Etruschi che già abitavano la Versilia e la Valle del Serchio salvo la parte settentrionale dove gli Apuani risultano dagli studi come i primi abitanti in assoluto. Non molto è rimasto della loro presenza, causa anche una certa noncuranza da parte degli organi competenti. Uno dei più notevoli siti archeologici è situato poco sopra il paese di Levigliani, località  “Piane alte”, dove è stata portata alla luce una vasta necropoli dì quindici tombe. Altri ritrovamenti sono venuti alla luce a Minazzana di Seravezza.

Alpi Apuane (Monte Procinto - parete S e E)

Parliamo adesso del territorio. V’è un documento, unico, che riconduce al mondo conosciuto, e conquistato ovviamente da Roma, inclusa la rete stradale dell’epoca. Diciamo il primo “navigatore” ante litteram. Questo documento che si chiama, come molti sapranno, Tabula Peutingeriana, non e tuttavia una carta come molti potrebbero pensare. E’, più semplicemente, la raccolta degli itinerari stradali, quindi senza alcun rapporto proporzionale e perciò raffigurante solo gli elementi fisici di percorso, che segnalava un sistema viario incluso di città e di tutto ciò che poteva essere utile al viaggiatore incluso le distanze fra un centro abitato e l’altro espresse miglia romane. Oltre a ciò anche un minimo di informazioni turistiche come ad esempio la citazione di “Ad fìcum” (cioè Osteria del Fico) oppure “Ad Sandalum Herculis” (Al sandalo di Èrcole). Imprenditori dell’epoca. La rappresentazione dell’area interessata dalle Alpi Apuane indica i centri di Pisa, Lucca e, naturalmente, Luni. Le paludi che interessavano la parte pedemontana delle Apuane vengono definite come “Fossae Papirinanae. Chiudo tornando a Luni e quindi ai monti della Luna. E vi torno citando Strabone, di nuovo, che definiva le Apuane Lunae montes, e citando Dante, sapete quanto lo ami, che le definì Monti di Luni. Il sommo poeta lo fa nel ventesimo Canto dell’Inferno quando passato il ponte che lo separa dalla nuova bolgia la vede bagnata dal pianto dei dannati. Guardando meglio scorge che ognuno di costoro ha il busto girato tanto da dover camminare all’indietro senza poter guardare avanti. Piange pietà verso costoro, nonostante sia severamente ripreso da Virgilio che lo stimola invece a non averne, ed identifica questi dannati in indovini che lì trovano punizione costretti a vagare in silenzio e lacrimando. Fra questi Aronta (nome che sicuramente dice qualcosa ai frequentatori delle Apuane), indovino che predisse la vittoria di Cesare e descritto con spalle e terga davanti. Aronta vive in una spelonca racchiusa da bianchi marmi dalla quale può, tuttavia, guardare le stelle e il mare dove vivono i carraresi, coltivatori che usano la ronca, ovvero la roncola come strumento per disboscare. Sentiamo il Maestro:

Aronta è quei ch’al ventre li s’atterga,
Che ne’ monti di Luni, dove ronca
Lo Carrarese che di sotto alberga
Ebbe tra bianchi marmi la spelonca
Per sua dimora; onde a guardar le stelle
E’l mar non gli era la veduta tronca

Molto vi sarebbe ancora da dire ma mi limito, e concludo, ad una breve annotazione riguardante l’origine del nome “Alpi” con il quale identifichiamo le Apuane. Breve nota che serve per rimarcare, una volta di più, l’importanza della nostra Sezione di Firenze che da poco ha festeggiato i 140 anni di vita. E’ proprio il 1868, anno della sua fondazione, che si svolge a Firenze una delle prime adunate del Club Alpino Italiano alla quale partecipa Felice Giordano, uno dei fondatori. E’ in programma una gita sulle Apuane (occasione nella quale risultano essere state effettuate molte prime ascensioni alle quali partecipò anche il Budden, a lungo Presidente della Sezione). In questa occasione Giordano ebbe a dire che il nome Alpi stava “bene invero a questa giogaia che proietta nei ciclo un profilo scabro, stradato e irto di picchi alti“. La prima pubblicazione ufficiale che cita esplicitamente il termine Alpi Apuane è pubblicata dalla Sezione di Firenze nel 1876, gli Autori erano Bertini e Triglia. Chiudo qua.

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