“Marino Stenico 1916 – 1978″ di Paolo Melucci

Annuario 2010

La definizione non appaia eccessivamente encomiastica poiché Marino Stenico fu veramente un “gentiluomo”, sulle montagne come nella vita quotidiana: irreprensibile nella tenuta, mai coinvolto in sterili polemiche, lontano dalle illusorie luci della pubblicità, generoso e altruista come pochi, distintosi in numerosi eroici salvataggi, quando il Corpo del Soccorso Alpino non era ancora stato costituito.

Marino cadde a 62 anni per un banale incidente in una palestra di roccia delle Giudicarie, avendo al suo attivo oltre 1.000 ascensioni, delle quali almeno 200 erano prime ripetizioni e 32 vie nuove ai massimi livelli.
(Rifugio Pedrotti alla Tosa) da sx: Cesare Maestri, Marino Stenico e Ginacarlo Maestri (foto P. Melucci)

Bisogna considerare, nel valutare queste aride cifre che ad alcuni potrebbero pure apparire forse modeste, che Marino andava in montagna nei pochi momenti concessi dal lavoro, soprattutto nei fine settimana e nei pochi giorni di ferie d’agosto e va sottolineata la sua straordinaria longevità alpinistica: oltrepassata la soglia dei cinquant’anni  effettuava  – fra molte altre – le seguenti ascensioni:

– Cima Grande di Lavaredo, parete nord, via Hasse-Brandler;
– Torre Trieste, via Cassin;
– Marmolada, via Vinatzer-Castiglioni;
– Marmolada, pilastro Micheluzzi
(in Marmolada aveva già effettuato nel 1949, con Marco Franceschini, la prima ripetizione della via Soldà alla parete sud-ovest e con le due succitate completava la significativa classica trilogia); e ancora:
– Cima Scotoni, via degli Scoiattoli;
– Pelmo, parete nord, via Simon-Rossi;
– Dente del Sassolungo, via Messner
– Civetta, parete nord-ovest, via Solleder…
La sua attività, incentrata principalmente in Dolomiti, ebbe però singolarmente inizio sulle Alpi Occidentali quando, richiamato alle armi, fu destinato a prestar servizio presso la Scuola Militare Alpina d’Aosta: nel 1937 s’impose all’attenzione del mondo alpinistico per la prima ascensione diretta della parete sud della punta Bich alla Noire de Peuterey, con i commilitoni Chiara, Perenni e Sandri (quest’ultimo caduto poco tempo dopo il congedo con Menti in un tentativo alla nord dell’Eiger) cui fece poi seguito l’ascensione invernale del Cervino per la cresta del Leone.
L’itinerario alla Punta Bich fu ripetuto solo 38 anni dopo da una cordata britannica che ne confermò la valutazione d’impegno (1).
Marino Stenico (foto P. Melucci)

Nel gruppo del Monte Bianco lo ritroviamo ancora nel 1969 (dopo trentadue anni!) a salire sia la classica, rocciosa cresta sud della Noire che la via  Major, grande itinerario di “misto” sul versante Brenva del Bianco, a dimostrazione che, da alpinista con la A maiuscola qual’era, poteva affrontare anche grandi itinerari in ambiente e quote del tutto diversi da quelli abituali.

Nelle Dolomiti ebbe la ventura d’essere attivo in un periodo particolarmente fecondo, ricco di esaltanti conquiste e si legò con i più bei nomi dell’alpinismo dell’epoca soprattutto, ma non solo, trentino  : Pino Fox, Carlo Furlani, Gino Pisoni, Marco Franceschini, Vitale Bramani, Carlo Claus, Claudio Zeni, Cesare Maestri, Settimo Bonvecchio, Giulio Gabrielli, Marco Comper, Armando Aste, Milo Navasa, Marco Dal Bianco, Graziano Maffei, Bepi Loss, Aldo Gross, Sergio Martini, i coniugi Livanos, Alberto Dorigatti…(2)
Marino non cercava solo la difficoltà pura, la grande impresa ma, con grande umiltà, saliva pure vie classiche ancorché non estreme per il puro piacere d’essere in montagna e la gioia d’accompagnare qualche amico: ad esempio sulla Fedele Bernard al Sass Pordoi, sulla  Preuss alla Piccolissima di Lavaredo, sulla parete sud della Marmolada ecc. (del pari era disponibile ad accompagnare all’attacco amici che volevano effettuare delle solitarie : ad esempio Cesare Maestri, 1953, prima solitaria della Solleder alla Civetta).
Il nostro primo incontro avvenne appunto su una di queste vie “minori”, la diretta Detassis alla Paganella, la bella parete che incombe su Trento: con Giancarlo Dolfi avevamo deciso d’andare a ripeterla e all’attacco trovammo Marino con Giovanni Rossi (3).
Nonostante il livello della cordata che ci precedeva riuscimmo a non perdere contatto e giungemmo in vetta tutti insieme, sotto i loro sguardi incuriositi dalla presenza d’arrampicatori toscani, all’epoca non molto frequenti sulle Alpi…
Anche se a Marino furono concessi titoli e onorificenze (4), sul suo maglione fece sempre spiccare sopratutto il distintivo del GHM (Groupe d’Haute Montagne, francese)
Marino, uomo d’azione più che di penna, ci ha nondimento lasciato anche due volumi, “Il Campanile Basso, storia d’una montagna”, Manfrini ed., 1975, vero inno alla vetta più nota ed elegante delle Dolomiti di Brenta (e forse di tutte le Dolomiti) e “Alpinismo perché”, Ghedina ed., 1981.
Una settimana prima del tragico incidente, salì da solo (lui che non aveva mai prediletto l’alpinismo solitario) la fessura Piaz alla Punta Emma, nel gruppo del Catinaccio, quasi un inconscio, estremo commiato da quelle montagne che aveva tanto amato.
Punta Emma - fessura Piaz (foto R. Masoni)

Note:

(1) Cfr.: Guida dei Monti d’Italia – MONTE BIANCO – vol I – itin. 89e, pag. 278
(2) Un elenco delle sue principali ascensioni è contenuto in: “Marino Stenico – Una vita di Alpinismo – Scritti di Marino Stenico e ricordi dei suoi compagni d’ascensione  raccolti da Annetta Stenico e Giovanni Rossi” – Nuovi Sentieri Editore, Belluno, s.d.
(3) Giovanni Rossi sarebbe poi divenuto  Presidente del Gruppo Orientale del CAAI e marito della forte alpinista d’origine fiorentina Luciana Innocenti.
(4) Membro del CAAI dal 1943, del GHM dal 1952 e dell’HG BERGLAND dal 1960; Medaglia di Bronzo al Valor Civile e Medaglia della Fondazione Carnegie per atti d’eroismo (entrambe nel 1960), Medaglia di Benemerenza del Corpo di Soccorso Alpino della SAT (1962), Medaglia d’Oro del CAI (1966), Aquila d’Oro con brillante della SAT (1972) e Cavaliere Ufficiale al Merito della Repubblica (1974).
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