“Una montagna di Guide – Parte II” di Giorgio Fantechi

Annuario 2009

Ci eravamo lasciati, nella parte precedente, parlando del Berti e della sua guida
delle Dolomiti Orientali del 1928. C’è da precisare che sempre come facenti parte di questa prima serie, vanno considerati anche alcuni fascicoli.
In particolare Gualtiero Laeng aveva pubblicato nel 1916 e nel 1917, rispettivamente Gruppo della Presanella e Sottogruppo Lares-Carè Alto, mentre nel 1930 Carlo Chersi pubblicava il fascicolo sul Tricorno e nel 1932 Vladimiro Dougan e Antonio Marussi compilavano quello sul gruppo del Montasio. Al 1932 la Guida dei Monti d’Italia vedeva quindi come pubblicati 12 titoli, suddivisi in 8 volumi e 4 fascicoli ed il piano stesso, ambizioso, prevedeva la pubblicazione di molti altri titoli, dalle Alpi Liguri, ai monti dell’appennino. Ma la commissione delle pubblicazioni, pur riconoscendo il valore dell’opera e l’apprezzamento che questa aveva riscosso anche oltralpe, dovette altresì constatare che al C.A.I. mancava un’ organizzazione adeguata per la compilazione e la redazione dei volumi. Fu così che nel 1933 il C.A.I. decise di  chiedere collaborazione al Touring Club Italiano, per dare anche una collocazione nazionale all’opera che senza dubbio meritava; inoltre il T.C.I. aveva già un accordo con il nostro sodalizio per l’edizione dei volumi della collana Da Rifugio a Rifugio, della quale parleremo magari in un’altra occasione. Questa futura collaborazione avrebbe portato il C.A.I. ad assumersi la responsabilità della parte tecnica, mentre il T.C.I. doveva assumersi quella organizzativa della compilazione e la parte editoriale. C’era anche la convinzione che queste nuove guide fossero la perfetta integrazione della serie di volumi della “Guida d’Italia” del Touring che descrivevano il nostro Paese nella sua complessa e generale visione, fino ai piedi delle Montagne. Ecco quanto Angelo Manaresi, l’allora Presidente, scriveva sulle pagine della Rivista Mensile nel febbraio del 1933:
(……) Tutti sanno che il Club Alpino aveva, da tempo, iniziato la pubblicazione di una serie di guide delle Alpi: i volumi, fino ad oggi usciti, sono nelle mani, da anni, di tutti gli alpinisti; enormemente invecchiati, ormai, essi riflettono solo un piccolo settore della cerchia alpina; qualche nuova edizione se ne stava predisponendo, qualche pubblicazione veniva ad aggiungersi, più per iniziativa di privati, che per impulso del massimo ente alpinistico: tutto questo era frammentario, sporadico, difettava di organicità: c’era da temere, davvero, che qualche ente straniero ci rubasse il tempo e si prendesse il lusso di infliggerci una sua serie di guide delle nostre Alpi. Club Alpino e Touring Club hanno affrontato, con realistico senso fascista e con spirito di fraterna collaborazione, il problema ed hanno unito gli sforzi per risolverlo in modo radicale. Verrà editata, ex novo, tutta la serie delle guide dei monti d’Italia. Alpi ed Appennini: la parte editoriale ed organizzativa spetterà al Touring, quella tecnica al Club Alpino (……). Il compito di queste guide sarà duplice: dare tutto il corredo di elementi necessari all’alpinista puro: incoraggiare, spingere verso l’Alpe anche il turista, smarrito ed ignaro.(…..). L’accordo è stato facilissimo: un breve scambio di idee di pochi minuti; la constatazione di una perfetta identità di vedute: la redazione scritta di un atto è apparsa formalità superata ed inutile. (……) Nessuna incognita finanziaria: il numero delle copie editate sarà in rapporto alla possibilità di vendita e varierà da gruppo a gruppo di montagne: ai soci dei due enti si darà la guida al puro prezzo di costo: l’utile della vendita ai non soci andrà a detrazione del prezzo per soci.(……) Questa perfetta guida dei monti d’Italia sarà, nel tempo, nuovo possente documento della capacità realizzatrice dell’era fascista”.
Presentazione pienamente in linea con il periodo storico, scritta da un presidente che rappresentava al massimo i principi dell’Italia fascista. Lo stesso Manaresi, a margine dell’accordo che per l’esattezza era stato firmato il 16 gennaio, precisava che erano già in cantiere i volumi sulle Alpi Marittime, sulle Alpi Graie Meridionali e sulle Retiche Occidentali, e che pertanto, le Sezioni di Genova Torino e Milano alle quali maggiormente interessavano per competenza di zona, dovevano dar prova del loro interessamento, con la prenotazione di almeno 750 copie per Genova, 2000 per Torino e 2500 per Milano. Il Presidente si auspicava poi che quali eventuali premi in manifestazioni alpinistiche, alle superatissime e insignificanti coppe e medaglie si sostituissero le ben più utili Guide. Queste dovevano avere una veste editoriale uniforme ed un aspetto ed una rilegatura resistenti ed eleganti. Relativamente al contenuto, dopo aver consultato le più famose guide (l’Hochtourist tedesca su tutte), fu stabilito che fosse unico per tutti i volumi. Questi ultimi dovevano essere redatti secondo il seguente schema: Parte Generale comprendente Geografia, Geologia Petrografia e mineralogia, Flora, Fauna, Storia, Demografia ed Economia, comunicazioni e ricettività turistica, Bibliografia, cartografia, e iconografia ( su due colonne). Parte Speciale, comprendente Notizie generali, accessi, Rifugi, Traversate, Ascensioni. Fu nominata la commissione per la Guida dei Monti d’Italia, nelle persone del dr. Umberto Balestreri accademico del C.A.I., del dr. Guido Bertarelli, del conte ing. Aldo Bonacossa e del dr Attilio Gerelli; alla direzione dell’ufficio di redazione in seno al Touring Club a Milano veniva nominato il dr Silvio Saglio.
Come per la prima serie, ebbe il compito di inaugurare la nuova collana il volume ALPI MARITTIME che aveva avuto una gestazione laboriosa essendo stato iniziato prima ancora dell’accordo di collaborazione con il T.C.I. ed esattamente nel 1927. A quella data la zona da trattare era stata divisa fra gli autori, Federici, Frisoni, Sabbadini e Zapparoli e la pubblicazione doveva essere divisa in due parti: la prima doveva trattare, a cura della Sezione Ligure, la zona Cadibona-Tenda, l’altra, a cura della sezione di Torino, la zona compresa fra il colle di Tenda ed il colle della Maddalena. Ma non tutto procedette come previsto: la sezione Ligure pubblicò per suo conto la Guida Sciistica delle Liguri, ed alcuni collaboratori non avevano contribuito con la loro parte. Di conseguenza Sabbadini dovette procedere da solo, procurandosi le pubblicazioni antecedenti, le carte topografiche, le fotografie e tutto quanto sarebbe stato lui necessario per la stesura del lavoro. Il volume, corredato di 1 carta d’insieme in scala 1:250000, 8 cartine, 150 schizzi e 16 fotoincisioni, fu pubblicato a fine giugno con una tiratura di 5000 copie e venne venduto al prezzo di lire 10. Giova senz’altro trascrivere una parte della prefazione del presidente del C.A.I. Manaresi sotto il titolo di ALPI SUL MARE: “Asciutta, nervosa, vibrante questa nostra generazione di soldati assale le cime con gagliardo impeto, espressione, a un tempo, di forza fisica e di decisa volontà di successo: l’alpinismo, la più individuale fra le espressioni sportive, trae infatti, dalla rinnovata coscienza collettiva unitaria, metodo di azione e certezza di successo, non conosciute e non raggiungibili un tempo, in altro clima politico e morale. La passione dell’alpe, eroico, superbo e spesso selvaggio impeto di poche anime elette, diventa vessillo e metodo, fiamma e disciplina di un popolo intero: non si esaurisce in sé nello sforzo generoso e, talora, nel sacrificio dell’unità «uomo», ma feconda e prepara fecondi eventi per la Patria. (……)Ed ecco il Club Alpino preparare il libro, la nuova completa guida dei monti d’Italia, sogno di generazioni d’alpinisti, segno di potenza del rinnovato alpinismo italico. Nella fatica creatrice, accanto al Club Alpino, il Touring Club Italiano, fratello della buona battaglia, alfiere della bellezza italica nel mondo; nomi illustri o nomi finora ignoti hanno creato o stanno creando il nuovo possente strumento d’ascesa: ma che contano i nomi? La nostra gioia è sempre stata questa, e lo è tanto più oggi: essere uno, solo ed ignoto, e avere, tutta, in sè la Patria: l’uomo nulla e tutto, perché bandiera di conquista della sua gente nel mondo. (……) Il Club Alpino e il Touring Club sono lieti di iniziare, con le Alpi Marittime, la loro feconda e concorde fatica:codeste Alpi, infatti, seppur meno eccelse delle consorelle, non sono certo meno belle, difficili e aspre, e soprattutto, men care al cuore di ogni Italiano.”
Dopo la pomposa prefazione, ecco il contenuto raccolto in 604 pagine, con la classica resistente copertina in tela grigia che contraddistinguerà, salvo rare eccezioni, tutta la serie fino al 1995.
Anche la suddivisione del contenuto, con il cenno generale, le vie di accesso, i rifugi ed i punti di appoggio, la parte alpinistica ed in chiusura quella sciistica, sarà filo conduttore di tutta la serie. Nel frattempo, siamo nel 1933, era stata contattata, per la stesura della Guida delle Pale di San Martino, la sezione di Treviso del C.A.I., che accettò di occuparsi del Gruppo delle Pale propriamente detto e del Gruppo del Cimonega. Ma all’insaputa della Commissione si era mosso nel frattempo il dott. Ettore Castiglioni che stava preparando il testo di una guida, pronto nel 1936, e che la stessa commissione ritenne poi valido.
Questo volume, PALE DI S. MARTINO, sarà uno dei più belli dell’intera collana, e formerà, assieme a quello sul Sassolungo-Catinaccio-Latemar e a quello dello stesso Castiglioni Odle-Sella-Marmolada, l’intero blocco delle dolomiti occidentali. Credo di non far del torto a nessuno nell’affermare che le guide del Castiglioni sono fra le migliori in assoluto. Attento osservatore, e fra i più forti alpinisti degli anni fra il 30 e il 40, era nato a Ruffrè (TN) nel 1908 e fin da giovanissimo (a 15 anni aveva compiuto la sua prima ascensione in dolomiti e a 19 pubblicato il suo primo articolo sulla rivista mensile) preferì la montagna al lavoro che la laurea in Giurisprudenza poteva procurargli. Castiglioni era un esteta, nella vita (appassionato di musica e di teatro) e nella sua attività alpinistica. Nel 1942 fu chiamato alle armi come sottotenente istruttore degli Alpini prima in Dolomiti e poi in Valle d’Aosta. E con l’armistizio si rivelò tutto l’orientamento democratico di Ettore Castiglioni, che lo fece trasferire, assieme ai suoi allievi, in un alpeggio sopra Ollomont. E questa sarà la base per aiutare i profughi del regime fascista ad espatriare nella vicina Svizzera attraverso la Fenetre Durand (fra questi anche colui che diventerà il futuro presidente della Repubblica, Luigi Einaudi). Arrestato una prima volta durante uno dei suoi passaggi illegali, venne rilasciato dopo cinque settimane. Ma l’11 marzo del 1944 partì alla volta della Svizzera con un passaporto falso (per sbrigare una “faccenda a Maloja”) e la polizia elvetica, accorgendosi del cambio di persona, lo arrestò di nuovo, rinchiudendolo, dopo averlo privato di scarpe e pantaloni, in una camera dell’Hotel Longhin. E qui comincia il mistero della sua fuga (e soprattutto il vero motivo di quell’ennesimo viaggio in Svizzera) che lo portò, alle 5 del mattino seguente, a calarsi dalla finestra avvolto semplicemente con delle coperte e con i ramponi legati ai piedi nudi. La fuga verso la libertà si interruppe ad un passo dall’Italia, in una piena tormenta di neve al Passo del Muretto. Il suo cadavere fu ritrovato semisepolto dalla neve solo mesi dopo.
La figura e le imprese di Ettore Castiglioni, ed i misteri che hanno interessato gli ultimi anni della sua breve vita, hanno appassionato, oltre il sottoscritto, anche lo scrittore e alpinista Marco Ferrari. A chi volesse approfondire la storia, consiglio i libri dello stesso Ferrari “Il vuoto alle spalle”, che ripercorre la vita di Castiglioni, e “I giorni delle Mesules” raccolta dei diari dell’alpinista. Fra le guide più belle da lui compilate, ricordo l’esemplare “Guida sciistica delle Dolomiti” e la “Guida Sciistica delle Dolomiti di Brenta” (ormai veri cimeli d’antiquariato) mentre fra le guide della Collana CAI-TCI, oltre alle sopracitate PALE DI S.MARTINO, e ODLE-SELLA-MARMOLADA anche le opere postume DOLOMITI DI BRENTA (1949) e ALPI CARNICHE (1954). Viceversa, per chi fosse interessato alla sua importante attività alpinistica, consiglio la lettura di un articolo di Aldo Bonacossa apparso sulla RM n. 6 del 1968.
Ma tornando al volume Pale di S.Martino, Manaresi, che resse il CAI per tutto il periodo fascista, scrisse nella sua prefazione sempre intonata al regime: “La guida delle Pale di S.Martino, del Gruppo dei Feruc e delle Alpi Feltrine, compilata con alta competenza e viva passione dal camerata Castiglioni, è un nuovo, granitico blocco, di quel monumento di potenza e di volontà che è la nuova Guida dei Monti d’Italia, edita dal nostro Club Alpino, in collaborazione fraterna col Touring Club Italiano. Monumento solido, quadrato, intonato ai tempi: cifre precise, indicazioni complete, dizione chiara; viatico prezioso al camminatore della montagna, il libro apre, a tutti coloro che abbiano cuore e muscoli sani, lo scrigno meraviglioso di bellezza di uno fra i più noti gruppi dolomitici del mondo”(……). La guida, che al C.A.I. costò 12,20 lire, ebbe un tale successo da richiedere anche una traduzione in lingua tedesca.
Terzo volume in ordine di tempo a vedere la luce fu MASINO-BREGAGLIA-DISGRAZIA, affidato, fin dal 1933, al conte ing. Aldo Bonacossa, che con i suoi collaboratori confezionò, pubblicandolo nel 1936, una guida di 591 pagine, con 9 cartine, 57 schizzi del pittore Binaghi, e 57 fotoincisioni, avvalendosi ovviamente, anche se ampiamente superata, della precedente “Alpi Retiche Occidentali” facente parte della prima serie (1911). La tiratura fu di 5000 copie, 4700 delle quali furono ritirate dal C.A.I. al prezzo di costo di 17,30 lire. Di queste, ne furono assegnate 2000 alla sezione di Milano, 150 a quella di Torino, 80 a Desio, 70 a Sondrio e le altre alle sezioni minori o meno interessate. La guida fu dedicata “alla memoria di Sua Maestà il Re Alberto dei Belgi, per le belle ore passate assieme su queste vette”. La stessa dedica appare oggi sulla riedizione in due volumi del gruppo (1975-1977).
Il parlare delle dediche, mi da lo spunto per una precisazione che non sarà senz’altro sfuggita ai collezionisti: più di in volume della collana infatti, è uscito in una doppia versione, con o senza l’eventuale dedica. L’anno successivo, nel 1937, come da programma usciva, in 5000 esemplari, LE GRIGNE il cui autore, Silvio Saglio, era anche il capo dell’Ufficio di redazione della Guida dei Monti d’Italia. Ecco qualche stralcio della prefazione: “Un volume di 492 pagine per un ristretto gruppo prealpino di soli 160 chilometri quadrati di superficie, parrà forse eccessivo a chi non conosce il Gruppo delle Grigne, ma se si pensa che un torrione di poche decine di metri (e nelle Grigne ve ne sono parecchi) ha più itinerari ed è più frequentato di molte celebrate vette di 4000 metri, si è costretti a riconoscere l’utilità di una trattazione diffusa e completa, atta a soddisfare tutte le esigenze degli alpinisti lombardi, e in modo particolare di quelli di Milano, di Lecco e di Como, che ne gruppo trascorsero, trascorrono e trascorreranno le loro più belle giornate alpine, dedicate non solo a una sana e ardita ginnastica, ma anche alla preparazione per i più ardui cimenti delle Alpi.(……) A differenza di analoghe pubblicazioni, il presente volume non ha potuto valersi di precedenti contributi in materia, per la loro insufficienza e inesattezza.(……) Di conseguenza l’autore ha dovuto, con carta e matita alla mano, ripercorrere tutti i sentieri, compiere tutte le ascensioni e le più note arrampicate, e controllare sul posto una per una tutte le imprese più difficili, che si sono seguite con un ritmo sempre più accelerato fino a completare non solo l’esplorazione, ma anche a risolvere tutte le possibilità alpinistiche. (……) Nulla fu tralasciato perché la guida riuscisse adeguata allo scopo che essa si propone e perciò la raccomandiamo con fiducia al lettore.” La prefazione ci introduce ad una riflessione: la lunga gestazione di una guida con il lungo e meticoloso lavoro di esplorazione e ricerca per essa necessario, si porta dietro un ulteriore problema, più frequente ovviamente nelle guide datate; la veloce evoluzione dell’alpinismo ed il susseguirsi di nuove conquiste e nuove vie, rende di fatto, ma soprattutto rendeva, la guida quasi superata fin dal momento della sua uscita.
Il volume delle Grigne si porta dietro anche la prima volta della doppia versione: ne esistono infatti due, una senza dedica, ed una che riporta, “Da Barzio, dove Egli riposa in eterno, il ricordo di Nino Corsi accompagni gli scalatori delle Grigne che indicarono a Lui nella prima giovinezza la via dell’Alpe.”
Il volume che fece seguito, siamo nel 1938, fu ODLE-SELLA-MARMOLADA compilato da Ettore Castiglioni. Costituito da 778 pagine di testo, il primo della serie in carta india per renderlo più sottile, ebbe un grande successo, tanto che, le 4200 copie ritirate dal C.A.I. andarono ben presto collocate. Nella prima parte della guida, secondo l’ormai collaudato schema, vi sono i capitoli dedicati all’orografia, alla geologia alla morfologia ed ai ghiacciai (curati dal Prof. Bruno Castiglioni) quello relativo alla flora (curato dal Prof. Alberto Chiarugi),  quello relativo alla Fauna (curato dal Prof. Baldi), e quelli relativi al cenno storico, ed alla lingua ladina (curati dall’altro fratello di Ettore, il Prof. Manlio). Ecco qualche frase della prefazione di Castiglioni del giugno 1937 (XV dell’era fascista):
Odle, Sella e Marmolada: tre dei più belli e dei più interessanti gruppi delle Dolomiti vengono qui riuniti in un unico volume non perché costituiscano un’unità geografica ben definita, che anzi i gruppi, pur coi caratteri comuni all’ambiente dolomitico, hanno aspetti, forme e costituzione nettamente individuali, ma solo per un criterio di opportunità editoriale.(……). La zona considerata, (……) non è che un settore delle Dolomiti Occidentali, la cui trattazione, iniziata con le Pale di S. Martino, prosegue con questo volume e verrà completata con quello dedicato al Sassolungo, Catinaccio e Latemar. I tre volumi debbono quindi costituire un’unità organica ed è per questo che nella trattazione mi sono attenuto fedelmente ai criteri adottati per le Pale di S.Martino, criteri del resto che sono comuni a tutta la raccolta delle Guide dei Monti d’Italia, e che non hanno ragione di essere riformati dati i consensi ottenuti nell’ambiente alpinistico italiano ed estero.” E sempre a proposito della meticolosità, puntualità e precisione di Castiglioni nel compilare anche guide sciistiche, la prefazione continua con: “Forse più ancora che negli altri volumi, questa volta ho voluto dare una trattazione completa ed organica anche della parte turistica e sciistica, in considerazione del grande interesse che la regione dolomitica offre tanto al turista che valendosi  dell’ottima rete di sentieri passa di valle in valle e da rifugio a rifugio attraverso scenari fantastici e pittoreschi, quanto allo sciatore che trova qui un’inesauribile varietà di gite e di traversate.”(……)
A proposito di questo titolo possiamo dire che per una sua parte è tuttora “l’unico”. Ovvero, mentre la parte sul gruppo delle Odle (nel 2000) e del Sella (nel 1991) hanno avuto una riedizione, niente è stato più scritto, nei titoli della collana, sulla pur nobilissima Marmolada. A coloro che volessero approfondire le salite sulla sua parete sud (la nord ghiacciata ha solo un interesse, si fa per dire, sciistico ed è teatro di numerose battaglie ambientaliste), comprese le imprese di Castiglioni, consiglio di cercare in biblioteca, fra la stampa sociale, la R.M. n. 11 del 1964 e la più recente R.M. n. 6 del novembre-dicembre 1986. Arriviamo al 1939, anno “fecondo” per la Guida dei Monti d’Italia. Veniva prima pubblicato il volume ALPI VENOSTE PASSIRIE BREONIE e, successivamente, quello sul GRAN PARADISO. Ma andiamo con ordine, anche perché qui si introduce il primo degli elementi di discontinuità della collana:
comparvero infatti, nell’ambito di un processo di traduzione italico-fascista dei nomi in lingua straniera, le copertine classiche dove il C.A.I. era diventato il Centro Alpinistico Italiano, mentre il T.C.I. veniva modificato in C.T.I. (Consociazione Turistica Italiana). Questo cambiamento toccò anche alla stampa sociale. La ormai classica rivista mensile, sopravvissuta a mille vicende, dal 1938 diventava Le Alpi, Rivista del Centro Alpinistico Italiano. Saranno in totale quattro le guide che usciranno con i nomi dei sodalizi italianizzati, quelle comprese fra il 1939 e il 1942.
A proposito della guida sulle Alpi Venoste Passirie Breonie, Angelo Manaresi firma una presentazione in perfetto stile fascista: “La Guida dei Monti d’Italia che il nostro Centro Alpinistico, in fraterna collaborazione  con la Consociazione Turistica, viene pubblicando da qualche anno, si arricchisce, oggi, di questo primo volume sulle Alpi Atesine, dal Passo di Resia al Passo del Brennero.
E’ questa la prima Guida delle Alpi Venoste, Passirie, Breonie, interamente redatta in lingua italiana, italiana nel testo, nelle carte, nei toponimi, preziosa a tutti i camminatori della montagna.
Sia data lode al camerata Silvio Saglio che ha superato, con tenacia e passione, l’ardua fatica e all’ente che ha curato l’edizione e che già il mondo conosce come perfetto, in simile genere di pubblicazioni. Ma noi vogliamo, soprattutto, sottolineare che questa guida esce nell’anno diciassettesimo, quando, ormai, l’asse Roma-Berlino, reso infrangibile da avvenimenti di importanza mondiale, ha saldato i destini del nostro popolo a quelli del rinnovato popolo germanico, che, riconoscendo come divina, naturale ed intangibile la frontiera del Brennero, vede oggi, nella cerchia alpina, non più una barriera di divisione ma un altare di incontro dei due popoli.(……)”. Nella stessa annata, 1939, veniva pubblicata anche la guida del GRAN PARADISO. Impostata come tante altre già nel 1933, vede anch’essa i nomi dei sodalizi tradotti in italiano, ma è soprattutto curioso aprire la grande carta in scala 1:250000 ad inizio volume. “Con R.D. 22 Luglio 1939-XVII, n.1442, le denominazioni dei sottoindicati Comuni della Provincia di Aosta sono modificati come appresso: (……)” (Le Alpi, 1939-40 XVII Novembre). Segue un elenco dei comuni alcuni dei quali, per vicinanza, li ritroviamo con il nome tradotto sulla carta del Gran Paradiso di cui vi parlavo. Solo per citarne alcuni, in rigoroso ordine alfabetico, Allain diventa Alleno, Bionaz viene tradotto in Biona, Brusson in Brusone, Chamois in Camoscio, Courmayeur in Cormaiore, Gressoney in Gressonei, La Thuile in Porta Littoria, Ollomont in Ollomonte , Valgrisanche in Valgrisenza, Valpelline in Valpellina, Valsavaranche in Valsavara ecc. ecc. A chi vuol approfondire l’argomento sulla toponomastica appena accennato, consiglio l’articolo, sempre da ricercare in biblioteca, “A proposito della versione in Italiano dei nomi in francese dei comuni Valdostani” di Guido Brocherel (Le Alpi, Vol. LXI n. 1-2 Nov. Dic. 1941-XX, con continuazione sul numero seguente). Oltre alla carta, arricchiscono il volume 39 schizzi di Renato Chabod, 40 fotoincisioni,  e 5 cartine topografiche. La guida costò 15,60 lire a copia, 4200 delle quali furono consegnate al C.A.I. che le distribuì, in larga parte, alla sezione di Torino.
Una delle prime guide a descrivere il gruppo, era stata la Guida delle Alpi Occidentali,  (Martelli Vaccarone del 1889 e la Bobba Vaccarone del 1896) così citata dei tre autori Andreis, Chabod e Santi nella prefazione: “(……) La Bobba e Vaccarone (sia detto ciò pur mantenendo altissima la nostra ammirazione per l’opera non comune, dati i tempi in cui aveva visto la luce, compiuta dagli autori), presentava, accanto ai molti pregi, inevitabili lacune e alcuni gravi inconvenienti, quali ad esempio: la descrizione separata dei colli dalle punte, l’assenza di storia alpinistica, di bibliografia e di rappresentazione grafica, in quanto sui bellissimi schizzi del Perracchio non è segnato alcun itinerario. (……)”. Sempre sul Gran Paradiso, il dott. Renato Chabod pubblicava, sulla stampa sociale (Le Alpi 1939-40-XVIII, n. 5) un “Gran Paradiso: addenda e corrigenda” con la quale colmava lacune ed apportava correzioni.
Il regime fascista stabiliva un altro importante cambiamento per il nostro sodalizio. Nel numero 11-12 (sett-ottobre) 1940-41 del fascicolo Le Alpi, veniva pubblicato a piena pagina: “Presi gli ordini dal Duce, il Segretario del Partito ha stabilito che il Centro Alpinistico, di cui saranno intensificate, oltre alle normali attività sportive, anche quelle di propaganda e studio dei problemi della montagna, passi alle dirette dipendenze del P.N.F.Il coordinamento di tali attività è affidato all’ufficio di collegamento enti militari del Direttorio Nazionale del Partito.”. Sempre nel 1939 veniva dato incarico all’Ing. Arturo Tanesini di compilare la guida, che completava il quadro delle dolomiti occidentali, dei gruppi del SASSOLUNGO-CATINACCIO-LATEMAR, ottavo volume della collana. Questo usci con data 1942 in soli 2500 esemplari, sempre con i nomi dei sodalizi tradotti in italiano. Ma l’edizione del 1942 (la ristampa uscirà nel 1953) ha un’ulteriore particolarità: pur conservando l’aspetto classico che contraddistingue i volumi, ha la copertina in cartone (per ovvi motivi di costo), anziché in classica tela grigia. Questa, ahimè, ha fatto arrivare le copie ai nostri giorni (compreso la mia) in pessime condizioni. La copertina in cartone contraddistinguerà altri due volumi (Gran Sasso, sempre del 1942 e Prealpi Comasche Varesine Bergamasche del 1949). Scrive Tanesini nella prefazione  “(……) La compilazione è stata condotta con cura e con calma; ma le difficoltà del lavoro furono notevolissime e non sempre il consultatore potrà farsene un’idea. La consuetudine di avanzare riserve o di ottenere giustificazioni, che gli autori non dimenticano mai, qui diventano necessità ed ho messo perciò in bilancio critiche copiose che verranno mosse, non soltanto fra gli alpinisti, ma anche in altri ambienti collaterali. Con questo presupposto si può fin d’ora dichiarare che soltanto una futura nuova edizione potrà rispondere in pieno a tutte le esigenze, anche a quelle più sottili. Chiedo quindi ai consultatori di non lesinare nelle critiche, ma di presentarmele positivamente con lo scopo di arrivare al futuro perfezionamento.Ho studiato tutta la letteratura alpinistica italiana e straniera (quest’ultima abbondante ma a volte confusionaria) ed ho compiuto moltissimi sopralluoghi e ripetuto numerose ascensioni; mi sono valso anche dell’aiuto di altri alpinisti e di guide valligiane e, per la parte toponomastica, ho ottenuto l’autorevole collaborazione dell’Istituto di Studi per l’Alto Adige. Ciò nonostante il lavoro presenta ancora difetti e a malincuore lo licenzio alla stampa.(……)”. Ma per la futura edizione del solo Sassolungo dovremmo attendere ben 59 anni.
Nel 1942, l’E.N.I.T. (Ente Nazionale Industrie Turistiche) si rese disponibile a pubblicare una guida alpinistica sul Gran Sasso d’Italia, che era stata redatta da due soci della sezione di Roma. La Commissione della Guida dei Monti d’Italia ottenne il permesso di inserire detta pubblicazione nella collana. Ecco che nel 1943 uscì, sempre con la copertina in cartone e con i nomi dei sodalizi italianizzati, il volume GRAN SASSO D’ITALIA il volume più “sottile” fino ad allora pubblicato nella serie. Ne furono pubblicate, con il contributo economico dell’E.N.I.T. di lire 20.000 solo 2500 copie, messe poi in vendita a lire 15. Della quota parte ritirata dal C.A.I., 300 furono assegnate alla sezione di Roma, 200 a quella di Milano e le altre suddivise fra le sezioni meno interessate. Dalla presentazione degli autori, C. Landi Vittorj e S. Pietrostefani: “Il Gran Sasso d’Italia è l’unico gruppo montuoso dell’Appennino che si distacca nettamente dagli altri monti dell’Italia Centro-merdionale per le sue caratteristiche prettamente alpine. Mancano, è vero, i ghiacciai e le grandi altitudini dei principali gruppi delle Alpi; tuttavia esso nulla ha da invidiare ad alcuni rinomati complessi alpini, e come zona sciistica è indubbiamente tra le più belle d’Italia. Fatta eccezione della Guida del gran Sasso di E. Abbate, edita nel 1903 dalla Sezione di Roma del CAI e della Guida del Corno Piccolo di E. Sivitilli, edita nel 1930 dalla Sezione dell’Aquila del CAI, nessuna altra pubblicazione del genere esiste per il Gran Sasso, atta a illustrarlo sotto il triplice aspetto: turistico, alpinistico e sciistico. (……)
L’immediato Dopoguerra
L’ufficio di redazione, creato dal T.C.I. e diretto fin dalle origini dal dott. Silvio Saglio, man mano che si stava impostando un volume raccoglieva tutto quanto pubblicato, per poi verificarlo ed utilizzarlo per pubblicare i testi. Contestualmente veniva raccolto anche il materiale fotografico, da utilizzare poi per la compilazione degli schizzi. E durante la guerra, essendo sospese le pubblicazioni (anche la Rivista subì vari cambiamenti), ci fu modo di raccogliere molto materiale, compresi articoli della stampa straniera, ed archiviarlo utilizzando anche un nuovo sistema di riproduzione fotografica. Questo permise di riprendere poi le pubblicazioni dei volumi molto velocemente. Durante il 1934, era stata impostata la pubblicazione di un volume sulla zona delle Alpi Orobie  e delle  PREALPI COMASCHE VARESINE BERGAMASCHE. Come compilatori venivano proposti diversi autori (fra cui il prof. Alfredo Corti) che si sarebbero dovuti suddividere le zone. Ma una serie di rinunce costrinsero la commissione ad incaricare direttamente Silvio Saglio per i sopralluoghi e la successiva stesura del volume, che fu pubblicato nel 1948 (tiratura 5000 copie) e riguardò esclusivamente le Prealpi Comasche Varesine e Bergamasche. Una pubblicazione completa sulle Orobie avrebbe richiesto un gran numero di pagine, cosa che, unita al divieto di usare carta sottilissima di pura cellulosa, avrebbe prodotto un testo troppo ingombrante. Del sopracitato volume esistono due versioni: una in classica canapa grigia, l’altra con la copertina in cartone; inoltre con esso, scompaiano anche le traduzioni dei nomi delle due associazioni, che tornano ad essere Club Alpino e Touring Club. Al volume sono allegate due carte in scala 1:250000, quella in testa riguardante le Prealpi Comasche e Varesine, quella in coda le Prealpi Bergamasche.
Nel mese di giugno del 1949 un nuovo volume andava ad arricchire la già numerosa collana: veniva pubblicato DOLOMITI DI BRENTA del compianto Ettore Castiglioni, che Bartolomeo Figari, presidente del C.A.I., ricorda nella prefazione: “(……) Il volume Dolomiti di Brenta di Pino Prati, edito dal CAI nel 1926, precedendo di due anni quello del Berti sulle Dolomiti Orientali, fu la prima pubblicazione veramente alpinistica uscita dopo la prima grande guerra: ed era da tempo esaurito. Poichè il Prati aveva trovato la morte il 12 agosto 1927 in un tentativo di salita per la Parete Preuss del Campanile Basso, maturò in Ettore Castiglioni, nato a Ruffrè, in vista del grandioso complesso del Brenta, il proposito di continuare l’esplorazione e preparare una nuova edizione. Già fin dal 1933 lavorò intensamente a questo scopo, aprendo numerose vie nuove; ma assorbito poi dallo studio di altri gruppi montuosi, che ci procurarono i due bellissimi volumi della Guida dei Monti d’Italia (Pale di San Martino e Odle-Sella-Marmolada), e dalla preparazione del testo della guida delle Alpi Carniche che speriamo vedere presto pubblicata, vi ritornò solo nel 1942 e vi lavorò intensamente. Purtroppo un destino crudele non permise al Castiglioni di vedere pubblicato il suo lavoro; nel marzo 1944 trovava la morte nell’alta Val Malenco, dopo una tragica traversata del Passo del Forno. Il manoscritto già da lui compilato, veniva riveduto dagli alpinisti trentini e quindi passato alla commissione della Guida dei Monti d’Italia, che ne impostava la stampa e incaricava il dott. Silvio Saglio di rivedere il testo, coordinarlo, completarlo e aggiornarlo dove necessario; di ricercare e ritrarre le fotografie per la preparazione degli schizzi e delle illustrazioni; di tracciare i numerosi itinerari delle ascensioni su tali schizzi e le cartine schematiche (……)”. Il volume, di 498 pagine, venne a costare lire 1100.
In un articolo sulla Rivista Mensile (n. 9-10 del 1949) veniva fatto il punto sulla collana: nonostante grosse difficoltà (gli anni dal 1933 al 1940 non favorevoli per le restrizioni nella libera circolazione nella regione alpina, proibitive le condizioni dal 1940 al 1945), erano stati fin qui pubblicati undici volumi per complessive 5795 pagine, 76 cartine, 381 fotoincisioni e 742 schizzi. Ma trapelava anche un leggero rammarico, poiché la guida non era così sentita, soprattutto dalle nuove generazioni. “(……)Come potreste conoscere i nostri massicci alpini senza la Guida dei monti d’Italia? La Guida è veramente il mezzo più efficace per diffondere l’amore alla montagna, per creare nuovi proseliti all’alpinismo.(……)”. Nell’articolo si affrontava anche il problema delle ristampe: i primi dieci volumi erano praticamente esauriti e vani erano stati gli appelli ai soci da parte della Sede Centrale per ricomprarne qualche esemplare. Si faceva inoltre il punto sui volumi pronti per la stampa e su quelli in preparazione. A fine articolo la classica carta schematica, che rappresenta  graficamente il piano dell’opera (testi pubblicati e da pubblicare con relativi numeri) e che arricchirà sulla seconda e/o penultima di copertina (seppur con grossolani errori) molti volumi, fino agli attuali.
Gli anni ’50-‘60
Nel 1950 veniva pubblicato il primo volume della guida delle Dolomiti Orientali, DOLOMITI ORIENTALI Vol.I compilata da Antonio Berti, che venne presentato come terza edizione anche se in realtà, per questa nuova collana, si trattava della prima uscita. Berti aveva infatti pubblicato una prima guida (Le Dolomiti del Cadore -Guida Alpinistica- ) nel 1908 e la guida delle Dolomiti Orientali nel 1928, della quale abbiamo parlato nel precedente articolo. Questa del 1950, è un’opera in pieno “stile Berti” : 752 pagine in carta sottile ricche di schizzi, con numerose carte, arricchita da citazioni poetiche, e da un’appendice di Toponomastica allogena. Ad inizio volume sono riportate anche le prefazioni delle edizioni sopra menzionate (una tendenza, quella di riportarle nelle edizioni successive, che si diffonderà nei volumi a seguire) ed a fine (per la prima volta) il piano schematico di tutta la collana. Nel 1953 veniva pubblicata la prima ristampa di un volume della collana, quello del Sassolungo Catinaccio Latemar dell’ Ing. Tanesini, che vi ricordo era stato stampato in origine (1942)  in sole 2500 copie. Ovviamente, a differenza dell’edizione del 1942, questa aveva i nomi dei sodalizi non tradotti e la copertina in classica canapa. Nel 1954 uscì la guida di Ettore Castiglioni ALPI CARNICHE, il cui manoscritto era già stato consegnato dall’autore nel luglio del 1939. Ma le difficoltà politiche ed il periodo bellico, ma soprattutto la prematura e tragica scomparsa dell’autore, avevano imposto un’accurata revisione, messa in atto dal solito Saglio e da valenti alpinisti della Società Alpina Friulana. L’opera, che descrive le vette fra la Sella di Dobbiaco e quella di Caporosso, uscì in 709 pagine, arricchita, oltre che da numerose foto dell’autore, da 148 schizzi di Mario Alfonsi e da 10 cartine di Silvio Saglio.
Fra le guide impostate nel 1933, anno dell’accordo fra i sodalizi, vi era anche quella dell’Adamello-Presanella, i cui compiti per la stesura erano stati così suddivisi: il dr. Luigi Fenaroli doveva tenere i contatti con la commissione, Arrigo Giannantonj si sarebbe occupato del gruppo dell’Adamello, il dr Walter Laeng di quello della Presanella e Umberto Catina di quello della catena meridionale e della parte sciistica. Ma fra rinunce, ritardi, e difficoltà dovute alla guerra, il volume dell’ADAMELLO uscì solo nel 1954. Il lavoro di compilazione si era rivelato faticoso; il gruppo dell’Adamello era stato, nel corso del primo conflitto mondiale, uno dei più elevati campi di battaglia degli alpini e dei reparti di sciatori. Era una zona per lo più sconosciuta alla grande massa degli alpinisti e degli sciatori, che pian piano ricominciarono ad avvicinarsi a queste montagne. Ecco che dovette essere compilata, mancando pubblicazioni precedenti veramente significative, una guida “sul campo” ripercorrendo la gran parte degli itinerari. Un anno dopo, nel 1955, si pubblicava APPENNINO CENTRALE, di Carlo Landi Vittorj, nella quale venivano descritti i gruppi montuosi dell’Italia centrale, ad esclusione del Gran Sasso, (già pubblicato nel 1943) e che l’autore, nella sua prefazione, così introduceva:” (……) Nella compilazione della guida, non mi è stato possibile consultare proficuamente altre pubblicazioni, poiché la letteratura appenninica è quanto mai scarsa; anche la cartografia è antiquata, imprecisa e toponomasticamente piena di lacune. Ho cercato, servendomi delle note raccolte personalmente e delle relazioni di amici, di essere il più possibile completo nella descrizione degli itinerari più interessanti e spero di essere riuscito abbastanza chiaro anche nell’esposizione; debbo però far notare che una descrizione dettagliata a nulla serve, se il lettore non è in grado di usare la carta topografica, l’altimetro e in alcuni casi la bussola (……)”.
Nel 1956, visto il grande successo ottenuto dal volume del Berti sulle Dolomiti Orientali del 1950 da tempo esaurito, ne uscì una ristampa con un’appendice di aggiornamenti a fine volume. Il 1957 vide uscire ALPI OROBIE, la cui storia è per una parte comune al volume sulle Prealpi Comasche Varesine Bergamasche, cosa che la Commissione per la Guida dei Monti d’Italia rimarca nella prefazione. Ne furono autori il prof. Alfredo Corti, il prof. Bruno Credano e l’oramai solito dr. Silvio Saglio. Quest’ultimo nel 1956 aveva ottenuto, dal Consiglio Centrale, una medaglia d’oro di benemerenza, “(……) per l’opera appassionata ed intelligente che da una ventina d’anni dedica con costante assiduità alla realizzazione di questa nostra importante attività”  (R.M. n. 3-4, 1956). Arriviamo al 1958, quando si pubblicava, per cura di Angelo Nerli ed Attilio Sabbadini, la guida ALPI APUANE, antenata di quella che molti soci avranno  sicuramente sistemato svariate volte nello zaino. “(……) Sono le Alpi Apuane quella prestigiosa catena montuosa, asperrima nella sua parte mediana per gli squarci della cave e per le balze verticali, che incuneata fra gli Appennini, ne ha ripudiato il nome, per assumere quello che maggiormente ne caratterizza il suo aspetto e lo imparenta agli altri settori della Catena Alpina che hanno la stessa origine geologica e la medesima costituzione litologica (……)”. Della nostra regione montuosa per eccellenza, era stata pubblicata una guida, la Bozano-Questa-Rovereto, nel 1905 con una seconda edizione nel 1922.
Alla guida delle Apuane fece seguito, nell’anno successivo, il lavoro BERNINA, firmato Silvio Saglio. Questo era stato pianificato fin dal 1938, anno in cui, essendo ormai esaurita la pregevolissima guida sulle Alpi Retiche Occidentali facente parte della prima serie, venne dato incarico in un primo tempo al dr. Ettore Castiglioni e poi al dr. Saglio, di compilare un testo che descrivesse la regione del Bernina e che si allineasse allo stile della Guida dei Monti d’Italia. Anche se nel giro di due anni il testo poteva dirsi pronto, varie vicessitudini, compreso il sopravvenuto secondo conflitto mondiale, fecero si che soltanto nel 1959 il volume potesse vedere la luce. Quest’ultimo uscì con o senza la dedica “Alla memoria di Luigi Bombardieri animatore dell’alpinismo valtellinese caduto nel primo tentativo di raggiungere il suo rifugio Marinelli in elicottero”.
Il presidente del C.A.I. Virgino Bertinelli scriveva nella prefazione “(……) La collaborazione tra il Club Alpino Italiano ed il Tourng Club Italiano, così fertile di iniziative, offre oggi a tutti gli appassionati della montagna, alpinisti di grande o media esperienza, un’altra pubblicazione tanto attesa e tanto utile: la guida del Bernina, del gruppo del Bernina, con le innumeri vette e cime che al pizzo omonimo fanno corona, dando prestigio e nobiltà alla Valtellina.(……) Altre regioni montane d’Italia, forse perché più attrezzate turisticamente e di più agevole frequentazione, hanno un maggior favore di notorietà, specie fra i turisti, e sembrano affidare la Valtellina, le sue fresche valli e le sue assolate montagne, ai soli lombardi, per i loro riposi di villeggiatura e per le loro audacie di scalata; (……)” . Nell’assemblea del C.A.I. del 1959, il presidente della Commissione per la Guida dei Monti d’Italia, dott. Guido Bertarelli ricordando gli ultimi volumi prodotti e presentando il piano di quelli allo studio o in via di pubblicazione, si lamentava però di un certo ristagno della richiesta, al contrario di quanto avveniva prima dell’ultima guerra quando, viceversa, le edizioni andavano subito esaurendosi. Per la cronaca, la massa dei volumi (calcolata a prezzo di costo al 31.12.1958) che giacevano invenduti, ammontava a 10.677.090 lire.
Già prima dell’ultima guerra, il piano della collana includeva la descrizione del tratto dal Passo del Teodulo al Passo del Sempione, che sarebbe stato suddiviso in due volumi. La trattazione avrebbe dovuto dividersi fra il col. Felice Boffa (settore ad ovest del Colle del Lys), il dott. Silvio Saglio (dal Colle del Lys al Passo del Moro) ed il conte Ing. Aldo Bonacossa (dal Monte Moro al Passo del Sempione). Ma al momento dell’impostazione del volume, venne constatato che la sola parte presentata del conte Ing. Aldo Bonacossa era così puntigliosa e diffusa che da sola avrebbe richiesto un volume. E per non sacrificare questo poderoso lavoro, questa trattazione fu esclusa dall’opera. MONTE ROSA uscì nel 1960, in 575 pagine in carta sottile, 98 schizzi di Mario Alfonsi e 40 fotoincisioni. Fu omesso, per ragioni di costo, tutto l’apparato cartografico. Nel 1961 arrivava il secondo volume delle Dolomiti Orientali, che descriveva le Dolomiti d’oltre Piave. Antonio Berti aveva infatti lavorato su  DOLOMITI ORIENTALI Vol. II,  che uscì come opera postuma aggiornata dal figlio Camillo. Il Berti si era spento a Padova l’8 dicembre 1956 dopo aver dato alle stampe l’appendice di aggiornamento del Vol. I. La guida comprende i gruppi del Cridola, degli Spalti e Monfalconi, del Duranno, del Col Nudo-Cavallo e del Pramaggiore ed è scritta ovviamente con lo stile del primo volume con una bella prefazione del Prof. Giovanni Angelini. Esattamente un anno dopo, nel 1962, usciva la seconda edizione della guida del GRAN SASSO D’ITALIA,  notevolmente ampliata ed aggiornata da Carlo Landi Vittorj e Stanislao Pietrostefani. Questa sarà la prima riedizione di un volume della collana. Ci avviciniamo a grandi passi al 1963, anno del centenario della fondazione del Club Alpino ed era ferma intenzione del nostro sodalizio pubblicare, per quella data, la guida del Monte Bianco.
La commissione aveva dato incarico al dott. Saglio di provvedere alla preparazione del materiale ed alla ricerca dei collaboratori. La prefazione del tanto atteso MONTE BIANCO Vol. I, volume ovviamente dedicato al Primo Centenario del Club Alpino Italiano, cosi recita: “La guida è frutto della collaborazione di tre anziani, di diversa formazione e preparazione. Ben può darsi quindi che essa presenti contrasti, errori e lacune: che, soprattutto, manchi della originale freschezza e di quella auspicabile opera di un solo giovane autore, di cui è peraltro venuta a mancare la immediata possibilità. L’urgente necessità di una guida italiana del Bianco, ormai attesa da troppo tempo, ha costretto i tre anziani a cercare di comporre al meglio un’opera sia pure imperfetta, ma comunque realizzata e così preferibile all’opera perfetta di là a venire. Saglio ha pertanto raccolto ed approntato il materiale, che Chabod e Grivel hanno poi elaborato; giovandosi, per quelle zone che non conoscevano personalmente (il gruppo del Monte Bianco è così vasto e complesso che nessuno, professionista o dilettante, potrà mai pretendere di conoscerlo in tutti i suoi particolari!) della collaborazione di amici e colleghi (……)”. A queste parole, gli autori Renato Chabod, Lorenzo Grivel e Silvio Saglio, fanno seguire un lungo elenco di persone che hanno collaborato, fra le quali ricordo il Conte Carlo Passerin D’Entrèves, il dr. Ercole Martina, le guide Walter Bonatti, Franco Garda, dott. Toni Gobbi, gli accademici Piero Fornelli, Andrea Mellano, Massimo Mila; ed inoltre Piero Nava e Carlo Alberto Pinelli. Per la trattazione si prese spunto, soprattutto per il versante francese del massiccio, dalla chiarissima ed esemplare Guida Vallot. Nel volume, che descrive la parte della catena compresa fra il Col della Seigne ed il colle del Gigante, compaiono per la prima volta le foto a colori (di Silvio Saglio) ed una grande carta (1:50000) custodita in un’apposita tasca del risguardo posteriore. All’epoca della stesura del volume, come recita del resto il piano della collana al suo interno e la stessa nota finale alla prefazione firmata da Guido Bertarelli, la descrizione del massiccio doveva dividersi in tre trattazioni: il presente volume, un secondo che descrivesse il tratto Colle del Gigante Valle del Rodano ed un terzo che trattasse la parte Aiguilles de Chamonix – Aiguille Verte. Ma la descrizione del massiccio si riterrà poi conclusa con il solo secondo volume (dal Colle del Gigante al Col de Grapillon) che uscirà nel 1968. L’anno 1963 vide uscire anche la nuova edizione della guida del GRAN PARADISO – Parco Nazionale, curata da Emanuele Andreis, Renato Chabod e Mario C. Santi. Parlando della prima edizione del 1939, Renato Chabod scrisse nella prefazione: “(……) La guida incontrò il favore degli alpinisti, tanto da andare presto esaurita ed essere ormai commercialmente irreperibile. Da più parti se ne chiedeva dunque quella nuova edizione aggiornata, che è stata infine resa possibile dalla richiesta del consiglio di amministrazione del Parco Nazionale del Gran Paradiso, di completarla descrivendo anche lo spartiacque Valsavarenche Rheme e così, praticamente, l’intero territorio del Parco, con le seguenti due sole eccezioni: 1) continua esclusione del tratto Colle dell’Arietta-Rosa dei Banchi-Finestra di Champorcher, per la opportunità di non variare la numerazione della vecchia guida (…….). 2) perdurante inclusione della costiera Moncimour-Lazin-Colombo, siccome compresa nel Gruppo del Gran Paradiso anche se oltre il confine del Parco. (……)” . La guida uscì in 662 pagine con gli schizzi di Renato Chabod e corredata, come quella precedente sul Monte Bianco, di foto a colori. Sempre a proposito del Gran Paradiso, nel 1964 uscì un dettagliato aggiornamento (errori e lacune) di Renato Chabod e Piero Falchetti pubblicato sia sulle pagine della R.M. (in due puntate), sia come fascicolo.
Il 1964 fu anche un anno di grave lutto per il C.A.I.. Nel luglio decedeva il dr. Silvio Saglio e la collana subì un inevitabile rallentamento, rischiando addirittura la chiusura. Nel 1965, come si rileva dal verbale dell’assemblea, restava da decidere come dar corso agli eventuali altri volumi in preparazione: innanzitutto il secondo volume del Monte Bianco (il progetto di un terzo venne per il momento accantonato); le Alpi Ossolane I (Aldo Bonacossa) il cui testo già pronto era in fase di studio presso l’Ufficio Guide; Il Monte Cervino (restava da trovare l’autore); Ortles Cevedale, il cui probabile autore, Aldo Bonacossa, doveva rivedere il testo uscito nel lontano 1915. L’ufficio di Silvio Saglio al Touring Club venne praticamente smantellato e l’unico superstite, Carlo Ferrari, affiancò Gino Buscaini nel frattempo nominato dal presidente Chabod per portare all’uscita il secondo volume del Monte Bianco. Prima della sua uscita, nell’aprile del 1968, erano stati pubblicati in totale 24 volumi per un totale di 13068 pagine di testo, 2439 tavole fuori testo, 641 schizzi, 194 cartine schematiche e 21 cartine topografiche; il tutto stampato per un totale di 114500 copie. MONTE BIANCO Vol. II che fra gli autori, oltre ai tre del primo volume vedeva ovviamente Gino Buscaini, ricalcò la prima parte uscita del 1963, ed era corredato di un’analoga carta della rispettiva parte del massiccio nella tasca a fine volume. Aveva inoltre, prima e fin qui unica volta nella collana, le foto sostituite da vedute a colori di Renato Chabod.
Con questi due ultimi volumi si tocca forse il punto più basso di tutta la collana: la trattazione non ha niente a che vedere con l’ asciutta precisione della Guide Vallot. Nel 1969 vennero pubblicati sulla R.M., entrambi a cura di Ercole Martina, gli aggiornamenti sulle Alpi Orobie e sull’Adamello.
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