“Andrea Bafile” nel ricordo di Leandro Benincasi

Gennaio 2010
Caro Andrea, ora che ci hai lasciati, come possiamo ricordarti degnamente? Dico ricordarti, e non commemorarti. Perché sono certo che non ti sarebbe piaciuto essere “commemorato”. E voglio usare la parola “ricordarti”, nel suo significato più profondo, di ri-cordarti, nel senso di riportare al cuore. Vi

Andrea Bafile

sarebbero tanti modi per ricordarti, e su tanti argomenti. La tua personalità, così ricca e molteplice, potrebbe darci tanti spunti per riviverti in tanti momenti, in tante occasioni. Immediato pensarti come alpinista, ma altrettanto facile ricordarti sciatore, scrittore, stornellatore, intrattenitore, e tanto altro ancora. Ci hai allietato con i tuoi canti d’Abruzzo accompagnandoti con la chitarra, ci hai raccontato delle tue esperienze giovanili sul Gran Sasso, e poi come dimenticare le memorabili interpretazioni dei versi danteschi della Divina Commedia, scanditi a memoria e successivamente commentati per dimostrarci con lampante evidenza di come Dante avesse sicuramente frequentato il Procinto e fosse altresì pratico di come si prepara e si lancia una “corda doppia”.

Ma io qui, in queste poche righe, ti voglio ricordare soprattutto come alpinista, anzi come l’alpinista-ingegnere-divulgatore, come colui che, unico fra tanti, ha saputo trasmetterci una visione dell’alpinismo intensa ma prudente, spirituale ma spiritosa, poco elitaria ma rivolta ai più, con i piedi posati per terra e senza pericolose fughe eroiche. Sei stato un instancabile inventore di tecniche, di pratiche, di attrezzature, tutte indirizzate alla riduzione dei rischi dell’alpinismo. Lo hai fatto, ovviamente, da ingegnere, alternando le raccomandazioni “del buon padre di famiglia” con le fredde considerazioni scientifiche che miravano a scalfire alcune nostre infondate certezze di allora (avevamo corde che reggevano una tonnellata, dunque impossibili da rompere!). Celebri le tue prove a Maiano e a Monte Ceceri, nelle quali dimostravi quanto fossero fragili le nostre corde (prova questa, Andrea, questa corda ha solo 10 anni!) sottoponendole a strappi in simulazione del volo del primo di cordata. E poi l’orribile sorpresa di vederle spezzarsi dopo un paio di strappi.
Il tuo pensiero alpinistico può essere condensato nel nome di un attrezzo da te inventato, il famoso “dissipatore”. Si chiamava ABA, acronimo di “Arrampica Ben Assicurato”. Come dire: cari miei amici alpinisti, non dimenticatevi di unire, alla crescita delle capacità alpinistiche, anche le necessarie tecniche e metodologie indispensabili a ridurre i rischi di una caduta che, per quanto bravi possiate essere, può sempre succedere. Ma la tua passione per la ricerca e l’invenzione non si fermava all’interno della ristretta cerchia degli esperti, perché la tua massima aspirazione era quella di poterla trasmettere a tutti, anche a quelli che potevano avere qualche difficoltà con le leggi della fisica e della meccanica.
Hai saputo esporre in maniera semplice e comprensibile concetti complicatissimi, avvalendoti spesso di piccole simulazioni, o di modellini, le cui dimostrazioni hanno saputo chiarire, più di ogni altra parola erudita, i termini della questione sicurezza in alpinismo. Chi potrà mai dimenticare, tra i fortunati che ne sono stati spettatori, quella tua celebre lezione, in sede, con quel piccolo pupazzo che facevi cadere, simulando un volo da primo di cordata, e che si spezzava in due tronconi uniti da una molla oscillante e molto indicativa delle conseguenze di una cattiva gestione della assicurazione in cordata? Grazie Andrea. Noi ti porteremo sempre nel nostro cuore.
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